Con la sanità digitale (digital health) è oggi tecnicamente possibile arrivare a rendere una compagnia assicurativa capace di stimare il rischio vero e individuale per una polizza sanitaria. E il campo delle potenziali informazioni ottenibili si allarga se si aggiunge anche la possibilità, utilizzando dati genomici, di ottenere la previsione di particolari patologie che potranno manifestarsi nel corso degli anni.
Sicuramente l’utilizzo degli strumenti di digital health in campo assicurativo potrebbe avere delle ricadute positive sui contraenti perché permetterebbero un maggior livello di prevenzione delle patologie.
Tuttavia, va rimarcato, a fronte della possibilità effettiva di effettuare queste forme di monitoraggio sanitario, che, nel bilanciamento dei benefici e dei rischi, la bilancia pende fortemente dal lato delle compagnie assicurative.
Serve pertanto un intervento del legislatore. Ma andiamo per gradi.
La valutazione del rischio e le clausole di esclusione
Il profilo della valutazione del rischio è sicuramente uno dei più importanti passaggi che una compagnia assicurativa deve sviluppare per avere una gestione efficiente e sicura. In determinati campi dell’attività assicurativa il rischio è ormai quantificabile in maniera certa. Se, ad esempio, prendiamo il caso delle polizze vita (o anche dette caso morte), allora è abbastanza facile, partendo dalle tabelle di mortalità della popolazione, calcolare il rischio associabile ad ogni individuo in relazione all’appartenenza ad una determinata classe d’età. Le clausole di esclusione (da leggere attentamente nei contratti di assicurazione) garantiscono la compagnia assicurativa dal maggior rischio che può derivare da un evento inatteso, ma molto rilevante in termini di incidenza. Le tipiche clausole di esclusione che riguardano le polizze vita sono legate ad eventi catastrofici (terremoti o guerre) o da epidemie. Nel caso del Covid, infatti, dal momento in cui l’OMS ha dichiarato ufficialmente la pandemia, le polizze sanitarie e le polizze vita non proteggevano più il contraente nel caso in cui fosse colpito da Covid 19, a meno che la particolare polizza non contenesse quella specifica clausola di esclusione.
La gestione del rischio relativo alle polizze sanitarie
La richiesta di certificare le condizioni di salute prima di stipulate una polizza sanitaria è, poi, un modo per evitare che nel gruppo degli assicurati vi sia un maggiore incidenza di soggetti malati rispetto al resto della popolazione. Per questo motivo nella maggior parte delle polizze vita è previsto un periodo variabile da uno a sei mesi prima che queste diventino attive per determinate patologie. Nel caso in cui si verifichi un sinistro (morte dell’assicurato) causato da queste patologie si deve dimostrare, per ottenere il risarcimento, che all’atto della stipula il contraente non ne era a conoscenza. Con questi accorgimenti il rischio per la compagnia non sarà superiore a quello che può essere dedotto a partire dalle tavole di mortalità e, quindi, diversificabile e gestibile mediante l’opportuno calcolo del premio.
Più difficile è la gestione del rischio relativo alle polizze sanitarie pure perché in questo caso non abbiamo a che fare con tabelle di mortalità ben definite, ma la rischiosità dell’assicurato dipende da una serie di fattori che difficilmente sono controllabili dalla compagnia assicurativa e che si riferiscono non solo all’età, ma anche allo stile di vita, al tipo di lavoro svolto, al luogo in cui si abita, alle condizioni pregresse.
Avere quindi a disposizione più informazioni correlate con lo stato di salute del contraente potrebbe rendere la valutazione del rischio per le compagnie più efficace e potrebbe portare in linea di principio alla possibilità di elaborare polizze sanitarie individualizzate.
Tecnologia e assicurazioni sanitarie
Nel caso delle polizze Rca automobilistiche la tecnologia è venuta in aiuto prevedendo dei dispositivi satellitari che permettono il monitoraggio del tipo di guida del veicolo potendo, quindi, anche personalizzare la polizza in relazione all’effettivo uso del veicolo. Lo sconto che viene applicato a chi sceglie di accettare simili dispositivi è l’incentivo a tollerare un maggior livello di controllo.
Uno schema analogo si potrebbe applicare anche alle assicurazioni sanitarie. Se, cioè, l’assicurato accettasse, a fronte di uno sconto, di permettere un monitoraggio delle condizioni di salute da parte della compagnia assicurativa, quest’ultima avrebbe la possibilità di costruire una polizza personalizzata e di far pagare il premio al cliente calcolandolo sul suo rischio sanitario reale e individuale e non su quello medio.
I rischi, a partire dalla privacy
Tuttavia, alla possibilità tecnologica di acquisire informazioni si associano, quando si tratta di dati sanitari, sempre dei rischi. Il primo rischio è legato alla privacy e all’uso che di questi dati sensibili raccolti si può fare. Il contraente che accetta il monitoraggio da parte della compagnia assicurativa si espone al rischio che qualcuno che, lecitamente o illecitamente è venuto in possesso di quei dati, possa, senza autorizzazione e senza il suo consenso, utilizzarli. Un datore di lavoro avrebbe interesse, ad esempio, ad avere informazioni sullo stato di salute dei suoi dipendenti. Se, poi, nel ventaglio dei dati acquisibili nel monitoraggio si inseriscono anche i dati genomici, allora i rischi di un utilizzo improprio diventano ancora più rilevanti, fino a poter essere usati anche come strumento di discriminazione.
Indubbiamente, l’utilizzo degli strumenti di digital health in campo assicurativo presenta lati positivi per gli assicurati. Ad esempio, i dati del monitoraggio, elaborati con l’intelligenza artificiale, potrebbero individuare delle patologie nella loro fase iniziale, permettendo una cura precoce che in molti casi potrebbe essere risolutiva, migliorando le qualità della vita del contraente e anche l’esborso per la compagnia assicurativa.
Tuttavia, la bilancia pende fortemente dal lato delle compagnie assicurative.
Il contraente avrebbe dei benefici limitati a fronte dell’accettazione di una invasione forte nella propria sfera privata e della cessione di una rilevante quantità di dati e di informazioni sensibili.
Conclusioni
Quello che emerge come necessario è un intervento legislativo di regolamentazione che determini esattamente le regole di condotta e i limiti che il connubio fra digital health e mercato assicurativo può generare.
Bisogna evitare che la richiesta eccessiva di dati sanitari e la richiesta di monitoraggio delle condizioni di salute diventi un prerequisito per accedere alle polizze sanitarie o che il mancato consenso per queste pratiche comporti una eccessiva lievitazione del premio, creando di fatto delle condizioni di discriminazione.
L’utilizzo degli strumenti di digital health all’interno del mercato assicurativo dovrebbe essere basato su un sistema premiale in cui i soggetti che accettano il monitoraggio ricevono dei vantaggi, che, però, non penalizzano coloro che, invece, non vogliono accettare questa forma di controllo.
I dati sanitari sono molto delicati, ma nello stesso tempo molto appetibili e, pertanto, a tutela di tutti, una regolamentazione del futuro e prossimo matrimonio fra digital health e risk assesment delle compagnie assicurative è quanto mai urgente.
Domenico Marino