Sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale del 24 maggio 2022 le linee guida organizzative contenenti il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, contenute nel decreto che il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il decreto 29 aprile 2022, dopo aver acquisito il parere favorevole dalla Conferenza Stato Regioni.
Assistenza territoriale e telemedicina: i nuovi standard mettono al centro il cittadino
I cinque assi di intervento su cui si basano le nuove linee guida sono:
- Lea, disuguaglianze e territorio;
- l’approccio One Health;
- revisione della rete ospedaliera;
- digitalizzazione e nuove tecnologie;
- ecosistema “innovazione per la salute”.
Si tratta di un’idea innovativa che mira a far compiere alla Sanità italiana un balzo in avanti epocale, quanto mai necessario non solo per affrontare le nuove sfide sanitarie che il post Covid ci lascerà in eredità, ma anche per far recuperare efficienza ed efficacia ad un sistema di cui il Covid non ha fatto che mettere continuamente in evidenza i grandi limiti, soprattutto in relazione alle regioni meridionali.
Per attuare questo piano però occorrono certo investimenti, e quelli resi disponibili all’interno del PNRR sono importantissimi, ma soprattutto occorre un cambiamento copernicano di mentalità per superare quell’idea di Evidence-Based Medicine (EMB) che ancora oggi costituisce il mainstream di tutta una generazione di medici.
Le sfide per la Sanità digitale
Ma per comprendere meglio il quadro in cui deve muoversi la nuova sanità digitale bisogna fare riferimento ai fenomeni più importanti che caratterizzano e accompagnano la crescita della domanda di servizi di sanità digitale e che sono:
• l’invecchiamento della popolazione e la limitata capacità di fornire assistenza a tempo pieno in centri di cura per gli anziani;
• i programmi di governo per combattere malattie e stili di vita sbagliati, anche attraverso azioni di prevenzione su larga scala;
• l’aumento del numero di pazienti affetti da malattie croniche, che risiedono permanentemente in casa;
• la diminuzione del numero di professionisti nella sanità e un più facile accesso agli specialisti;
• le nuove tecnologie di trattamento e la diffusione del 5G
Un cambio di paradigma, col digitale
I servizi di sanità digitale, in particolare puntano a:
• intervenire in una fase precoce della malattia attraverso il monitoraggio, e quindi ridurre il tasso d’aggravamento e di mortalità;
• ridurre il numero di giorni di degenza ospedaliera;
• razionalizzare le decisioni attraverso la consultazione a distanza con gli specialisti;
• ridurre il costo della cura del paziente.
Il cambiamento di paradigma nei sistemi sanitari comporta quindi una diversa focalizzazione nei livelli di cura e nei percorsi di salute del mercato sanitario, che vede il passaggio dalla centralità dell’ospedale per le cure intensive, al territorio e alla continuità assistenziale presso il domicilio del cittadino, ponendo l’accento quindi sull’aspetto della prevenzione e del monitoraggio pre-acuzie.
Il modello diagnostico-assistenziale basato sul FSE personalizzato
In questo contesto il modello diagnostico-assistenziale basato sul Fascicolo Sanitario Elettronico personalizzato, diviene fondamentale in quanto è in grado di rispondere alle richieste di servizi di diagnosi, prognosi e cura sempre più efficaci, efficienti e di qualità per il paziente il cui trade-off tra livello di servizio e costi di realizzazione, potrà essere attenuato grazie all’applicazione di tecnologie, sistemi e procedure innovative di gestione del processo clinico secondo una logica di e-Health Service Management.
La creazione del fascicolo elettronico sanitario che si arricchisce continuamente con il monitoraggio di valori rilevati in remoto contribuisce a rendere diagnosticabili in una fase molto iniziale molte patologie, a individuare situazioni di rischi, a gestire a distanza l’assistenza e la cura.
Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, quindi, un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche.
Secondo alcune stime il semplice tele-monitoraggio a casa dei malati cardiologici ridurrebbe il numero di giorni di degenza del 26% e consentirebbe un risparmio del 10% dei costi sanitari, con un aumento dei tassi di sopravvivenza del 15%. Obiettivo imprescindibile della sanità elettronica non può che essere anche quello di contribuire alla profonda ristrutturazione del sistema sanità, alla sua razionalizzazione e ottimizzazione, migliorando l’efficienza complessiva e riducendone contemporaneamente i costi di gestione.
La soluzione proposta si basa sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione utilizzate come metodo di raccolta e scambio di informazioni sanitarie a distanza. La tecnologia applicata sarà in funzione della diagnosi precoce e terrà costantemente sotto controllo la situazione clinica e l’appropriatezza della cura.
La tecnologia costituisce il mezzo fondamentale per fronteggiare le esigenze di un servizio continuo di assistenza da remoto, da costruire intorno al paziente, sulla base della patologia esistente. Il monitoraggio continuo consentirà l’individuazione tempestiva di criticità, permettendo l’adozione di interventi e misure correttive prima che appaiano complicazioni più gravi, con ricadute positive sia per il paziente, sia per il sistema sanitario in termini di riduzione di costi.
FSE, ancora un miraggio: l’interoperabilità dei dati è il problema
Ma, ad oggi, lo stato di attuazione del fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle regioni in maniera disomogenea, cosa che potrebbe anche comportare una non intercomunicabilità dei dati.
In Italia, quindi, il Fascicolo Sanitario Elettronico oggi è un miraggio per un numero consistente di cittadini. Anche le regioni che hanno avviato progetti in questo campo non hanno sempre tenuto in debito conto la necessità dell’interoperabilità nello scambio dei dati. Senza fascicolo sanitario elettronico non solo diventano impossibili le applicazioni avanzate della sanità 4.0, ma perdono di efficacia anche le normali procedure sanitarie. Le grandi difficoltà che molte regioni hanno avuto nell’implementazione di una strategia vaccinale efficace sono causate da questa mancata digitalizzazione. Se avessimo avuto un sistema di gestione nazionale del fascicolo sanitario elettronico, avremmo potuto procedere alla vaccinazione chiamando nominativamente e in base alle priorità i singoli cittadini, sapendo in anticipo quali erano i più fragili, andando a vaccinare a domicilio quelli che non erano in grado di spostarsi. Avremmo quindi velocizzato la procedura ed evitato il costo del ricorso a piattaforme di prenotazione esterne al sistema sanitario.
La causa dei divari nell’introduzione nel Fascicolo Sanitario Elettronico
I divari nell’introduzione nel Fascicolo Sanitario Elettronico, come anche il divario tecnologico nella sanità digitale italiana, possono essere ricondotti alla frammentazione regionale delle politiche sanitarie. Una sanità regionale gestita e governata da 19 regioni e due province autonome ha prodotto il frutto malato di una scarsa capacità innovativa, una gestione più attenta ai bilanci che ai reali bisogni dei cittadini con il contorno di fenomeni corruttivi e di illegalità diffuse che in maniera generalizzata hanno colpito tutti i sistemi sanitari regionali.
Tutte le criticità di una sanità regionalizzata e di un sistema ospedalicentrico
Una recente ricerca (Marino D., Priolo M., “La Governance della Sanità in Italia dopo la Riforma del Titolo V, conflitti costituzionali e divari regionali, pubblicata su “Economia Politica”) ha messo in evidenza tutte le criticità di una sanità regionalizzata. Alla luce, infatti, delle esperienze maturate durante la gestione della pandemia, appare imprescindibile, per poter efficacemente realizzare il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, superare la regionalizzazione della Sanità. Gli indicatori del sistema sanitario mostrano una situazione di divario regionale evidente, sia nei Lea che nella mobilità regionale. La considerazione fondamentale è che occorre ripensare il modello del regionalismo italiano e soprattutto correggere alcune anomalie nate dalla riforma del titolo V della Costituzione che hanno dimostrato limiti evidenti nell’applicazione alla sanità.
Il Covid-19 ha contribuito a mettere a nudo chiaramente tutta la debolezza di un sistema che dietro un apparente aura di efficienza, nascondeva i limiti di un modello organizzativo che non aveva il paziente come riferimento finale. Si è costruito un sistema ospedalicentrico misto pubblico privato, che insegue i DRG più sostanziosi e che drena risorse, attraverso la mobilità sanitaria, ad altre regioni.
La sanità territoriale viene penalizzata e ridotta al lumicino, lasciando ai pronto soccorso degli ospedali il compito di diventare il trait d’union fra il paziente e il sistema sanitario.
Un modello, in sostanza, che tende sostanzialmente ad ampliare i divari regionali della sanità piuttosto che ridurli.
Conclusioni
Nella gestione della pandemia è stato immediatamente evidente che è difficile avere una strategia di contrasto unica, che è pur necessaria, se 20 regioni possono decidere in maniera difforme, ma a ben pensare anche in condizioni di normalità una sanità regionale non fa che amplificare le disparità, alimentando una competizione sulle risorse fra le diverse regioni il cui effetto è la mobilità sanitaria. La ricetta è, quindi, quella di tornare ad una sanità nazionale e all’interno di questo quadro il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare” può costituire, se attuato, un netto miglioramento per l’organizzazione sanitaria e di conseguenza per il benessere dei cittadini.