ricerca di base

Astropath, l’astronomia applicata allo studio dei tumori: i big data e le nuove frontiere della ricerca

La possibilità di usare big data e moderne tecniche di analisi sta cambiando la ricerca medica, stravolgendo l’assunto epistemologico della medicina basata sull’evidenza. Il progetto Astropath integrando immunologia, patologia, informatica e astronomia permette di mappare il cancro come fosse l’universo. gli obiettivi

Pubblicato il 17 Giu 2021

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

cancer research

Il caso del progetto AstroPath è forse una delle migliori dimostrazioni di come l’unione di diverse conoscenze appartenenti a diversi campi scientifici, anche abbastanza lontani fra di loro, possa produrre sinergie e innovazioni importanti. Apparentemente l’osservazione del macrocosmo delle galassie e del microcosmo delle cellule non ha nessun punto in comune. Tuttavia, gli stessi metodi di studio e di analisi possono utilmente essere applicati a entrambi i settori.

Questa intuizione ha guidato il lavoro di due ricercatori: Alexander Szalay, un astronomo della Johns Hopkins University di Baltimora che negli ultimi 20 anni ha contribuito a creare le mappe più dettagliate del cosmo mai realizzate e Janis Taube, un’anatomopatologa che ha pensato di studiare le dinamiche delle cellule tumorali con le stesse metodologie che venivano utilizzate per la mappatura del cielo.

Il loro progetto combina le conoscenze acquisite nel processo di mappatura del cielo, tipico dell’astronomia con la mappatura dell’evoluzione dei tessuti neoplastici tipico dell’anatomopatologia. Detto in maniera riduttiva, ma forse più esplicativa, è come sostituire il telescopio con il microscopio per l’analisi del microcosmo costituito dalle cellule tumorali.

Come funziona Astropath

AstroPath, applicato allo studio dei tumori, utilizza l’immunofluorescenza per realizzare le sue immagini. Si usano gli anticorpi per attaccare tag fluorescenti a specifici tipi di molecole proteiche con l’obiettivo di mappare le distribuzioni di queste proteine in un tumore, cellula per cellula. Finora, si è riusciti a fare questo contemporaneamente per alcune decine di proteine. L’obiettivo a lungo termine è quello di fare altrettanto per centinaia di classi di tumori anche con tipologie diverse, consentendo confronti sia tra le classi, sia tra le tipologie.

Attualmente, AstroPath ha scansionato più di 226 milioni di cellule da tre tipi di tumore: carcinoma polmonare e due tumori della pelle, melanoma e carcinoma a cellule Merkel. Attraverso l’uso di questi big data, che i responsabili del progetto immaginano di ingrandire ancora di un fattore 1000, sarà possibile a sviluppare esami semplici del sangue per il melanoma e il carcinoma polmonare e si miglioreranno le conoscenze su come i tumori rispondono all’immunoterapia. L’obiettivo più ampio del progetto, tuttavia, è quello di rendere i risultati disponibili sotto forma di un atlante del tumore in un formato simile a Google Maps. In modo che, qualsiasi oncologo interessato, possa analizzare l’evoluzione spaziale delle cellule e trarre conclusioni rilevanti per la propria area di interesse e competenza.

Oggi l’immunoterapia permette il trattamento con successo di alcuni tumori metastatici avanzati, quelli a più alto tasso di mortalità. Tuttavia, i pazienti che rispondono rappresentano una minoranza di casi. La scoperta di nuovi biomarcatori predittivi è fondamentale per migliorare la nostra capacità di prevedere se un paziente è in grado di rispondere ai farmaci disponibili e guidare le decisioni di trattamento.

Le piattaforme che possono chiarire la relazione spaziale tra le cellule del sistema immunitario e il tumore sono fondamentali per questo sforzo. Astropath facendo un uso integrato di immunologia, patologia, informatica e astronomia è una risposta avanzata a questo problema e getta anche le basi per una rapida ed efficiente scoperta dei biomarcatori.

I big data per la ricerca medica

La possibilità di utilizzare i big data e le moderne tecniche di analisi sta cambiando la ricerca medica, stravolgendo l’assunto epistemologico della medicina basata sull’evidenza. Infatti, con l’utilizzo dei big data nasce invece la medicina basata su ciò che non è evidente per il singolo medico umano, ma può diventare evidente con l’utilizzo delle tecniche di avanzate di analisi in quanto in grado di considerare e processare molte più informazioni di quanto sia possibile ad un essere umano.

Spesso, però, la ricerca medica fa i conti con la necessità di avere dei ritorni economici nel breve periodo. Questo è un approccio miope. Un progetto ambizioso e visionario dal punto di vista scientifico non sempre si rivela immediatamente un successo commerciale. Questo non significa che non bisogna fare ricerca avanzata, ma piuttosto che bisogna separare gli ambiti della ricerca avanzata da quelli delle applicazioni commerciali, perché le ricerche di oggi daranno origine a scoperte ed invenzioni che potremo tradurre anche dopo molti anni in prodotti commerciali e sono, quindi, un investimento da sostenere.

La tecnologia utile è quella che rivolve problemi reali in maniera efficiente ed è quella che deve essere legata alle applicazioni commerciali e che può tradursi in un aumento anche sostanziale degli utili di bilancio dell’impresa. Ma per arrivare a sviluppare tecnologie utili bisogna avere alle spalle tanta ricerca di base. Progetti come Astropath sono degli esempi di come si possa innovare attraverso la contaminazione dei saperi e di come la ricerca di base, prima ancora che contribuire allo sviluppo di prodotti commerciali, può contribuire allo sviluppo e all’innovazione di altri settori del mondo scientifico. Se rinunciamo a finanziare ricerche perché non hanno apparentemente ritorni commerciali immediati ci stiamo precludendo una parte consistente dell’innovazione possibile.

Conclusioni

Dall’analisi di questi esempi si evince fortissima la necessità di garantire la ricerca di base, che è principalmente pubblica e legata alle università con finanziamenti consistenti e, inoltre, la necessità di far fare alla sanità il salto verso la digitalizzazione spinta che permette di per migliorare le cure e le possibilità di guarigione, sia di ridurre i costi. La digitalizzazione della sanità e il finanziamento della ricerca di base producono, quindi, un doppio vantaggio e investire una quota consistente dei fondi del Recovery Fund su questi temi dovrebbe essere non solo un obiettivo strategico su cui riflettere, ma in primo luogo un fatto quasi scontato alla luce di una seria valutazione costi benefici.

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