Ad oltre un anno dall’approvazione in Conferenza Stato-Regioni del Piano Nazionale Cronicità (PNC), avvenuta il 15 settembre 2016, Paola Pisanti (Programmazione sanitaria malattie croniche del Ministero della Salute) ha dichiarato che in questi giorni sarà consegnato alle Regioni “il Manuale d’istruzioni, con la lista degli strumenti che consentiranno di verificare i dati e di procedere all’opportuna attività di benchmarking”. Il PNC, dunque, dovrebbe, entrare nella sua fase esecutiva e consentire alle diverse Regioni di proporre modelli di remunerazione che saranno poi valutati da un tavolo ministeriale, che deciderà come integrare o utilizzare le diverse proposte. Il fine ultimo del Piano è quello di migliorare la cura e la qualità della vita delle persone affette da malattie croniche, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini.
Nel Piano viene dato spazio al tema della Sanità digitale e, in particolare, si raccomanda la “promozione e l’impiego di modelli, tecniche e strumenti digitali per la gestione della cronicità al fine di garantire continuità e migliore qualità dell’assistenza, migliore efficacia, efficienza e appropriatezza”.
Le ricerche dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano mettono in luce come il percorso su questo fronte sia solo iniziato, analizzando due ambiti principali di innovazione digitale che consentirebbero una migliore gestione dei pazienti cronici e a cui si fa riferimento nel Piano stesso.
- Le soluzioni per l’interscambio di dati e documenti sul paziente tra i diversi attori che sono coinvolti nel percorso di cura del paziente così da garantire una migliore continuità di cura. In questo ambito l’individuazione e lo sviluppo di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) sta assumendo rilievo come strumento finalizzato alla continuità assistenziale personalizzata. Ad oggi, però, le soluzioni che abilitano l’interscambio informatizzato di dati e documenti sui pazienti attraverso PDTA sono ancora poco diffuse, seppur in crescita rispetto a quanto rilevato nel 2016: il 28% delle aziende lo fa all’interno di una rete di patologia, il 22% con altre aziende ospedaliere e il 16% con i MMG, mentre solo una minoranza con strutture che erogano cure intermedie (14%) o servizi socio-sanitari e/o socio/assistenziali (8%).
- I servizi di Telemedicina che consentono ai pazienti cronici di essere monitorati o curati presso il proprio domicilio, evitando inutili ospedalizzazioni. Anche in questo caso le soluzioni di Telemedicina sono ancora poco diffuse tra le strutture sanitarie italiane e solitamente si tratta di progetti sperimentali: le soluzioni di Tele-monitoraggio, ad esempio, sono presenti solo nel 39% delle aziende del campione, ma solo nel 10% di queste con servizi a regime. Ancora meno diffuse le soluzioni di Tele-visita (17%), Tele-riabilitazione (14%) e Tele-assistenza (12%). L’assenza di tariffe per i servizi di Telemedicina rappresenta una sostanziale barriera alla diffusione.
Alla luce della strategicità del PNC per il sistema sanitario italiano, le Regioni sono quindi chiamate a intervenire concretamente per definire e promuovere nuovi modelli organizzativi per la gestione delle cronicità, che non possono prescindere dall’adozione di soluzioni digitali e dalla definizione di modelli di remunerazione delle prestazioni effettuate sul territorio, come quelle relative ai servizi di Telemedicina.
Ad oggi non mancano esempi di Regioni (ad esempio Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Puglia, ecc.) che stanno già mettendo in atto riforme sanitarie che prevedono una maggiore integrazione tra ospedale e territorio al fine di migliorare la gestione delle cronicità e la continuità assistenziale. La sfida sarà quella di investire e utilizzare al meglio il digitale per riuscire a cogliere appieno tali benefici.