l'analisi

Big data e AI per una Sanità efficiente: la svolta digitale che serve

La realizzazione di un modello sanitario focalizzato sull’ efficienza e sulla continuità nella cura della salute e basato sui dati e l’intelligenza artificiale sarà fondamentale nel post-covid. Ma per un vero cambio di paradigma si dovrà anche superare la regionalizzazione della Sanità: gli step necessari

Pubblicato il 20 Apr 2021

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Smart Pills, pro e contro dell'uso dei sensori nei trattamenti sanitari

Il cambiamento di paradigma nei sistemi sanitari, reso evidente e necessario dalla pandemia – comporta una diversa focalizzazione nei livelli di cura e nei percorsi di salute del mercato sanitario: dalla centralità dell’ospedale per le cure intensive occorre passare al territorio e alla continuità assistenziale presso il domicilio del cittadino, ponendo l’accento quindi sull’aspetto della prevenzione e del monitoraggio pre-acuzie.

Le linee programmatiche presentate recentemente dal Ministro Speranza mirano a colmare il divario esistente nella sanità digitale rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale sia per realizzare soluzioni sempre più olistiche e personalizzate, sia per abbattere i costi spesso insostenibili dei sistemi sanitari regionali.

Alla luce, però delle esperienze maturate durante la gestione della pandemia, appare imprescindibile, per poter efficacemente realizzare il modello proposto dal ministro, superare la regionalizzazione della Sanità e virare decisamente verso una sanità basata sull’utilizzo dei dati e dei sistemi di intelligenza artificiale.

Le linee programmatiche del ministro della Sanità

Il Ministro Speranza durante la presentazione alle Commissioni riunite di Camera e Senato delle linee programmatiche del Ministero ha individuato 5 assi di azione per costruire una nuova sanità in Italia.

I cinque assi sono:

  • Lea, disuguaglianze e territorio;
  • l’approccio One Health;
  • revisione della rete ospedaliera;
  • digitalizzazione e nuove tecnologie;
  • ecosistema “innovazione per la salute”.

Si tratta di un programma molto ambizioso che mira a far compiere alla Sanità italiana un balzo in avanti epocale, quanto mai necessario non solo per affrontare le nuove sfide sanitarie che il post Covid ci lascerà in eredità, ma anche per far recuperare efficienza ed efficacia ad un sistema di cui il Covid non ha fatto che mettere continuamente in evidenza i grandi limiti, soprattutto in relazione alle regioni meridionali.

Per attuare questo piano però occorrono certo investimenti, e questi probabilmente saranno reperibili all’interno del PNRR, ma soprattutto occorre un cambiamento copernicano di mentalità per superare quell’idea di Evidence-Based Medicine (EMB) che ancora oggi costituisce il mainstream di tutta una generazione di medici.

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Big data e AI: la medicina basata su ciò che non è evidente

La medicina basata sull’osservazione degli eventi, infatti, è stata per molto tempo, a partire da Ippocrate, il criterio guida epistemologico della professione sanitaria. Tale criterio si è poi evoluto con il progredire della medicina fino ad arrivare alla formulazione della Evidence-Based Medicine (EMB). Questa può essere definita come “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematico dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche” o anche come “l’uso di stime matematiche del rischio, dei benefici e dei danni derivate da ricerche di alta qualità su campioni di popolazione, per supportare il processo decisionale clinico nelle fasi di indagine diagnostica o nella gestione di singoli pazienti”.

La possibilità di utilizzare i big data e l’intelligenza artificiale stravolge questo assunto epistemologico della pratica clinica contemporanea. Infatti, con l’’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale nasce la medicina basata su ciò che non è evidente per il singolo medico umano, ma può diventare evidente con l’utilizzo dei big data e delle tecniche di deep learning in quanto in grado di considerare e processare molte più informazioni di quanto sia possibile ad un essere umano.

Un numero sempre maggiore di lavori in letteratura mostra come si possano con successo impiegare tecniche di Intelligenza Artificiale (AI) e Machine Learning (ML) per la risoluzione di problemi in ambito biomedicale. Tra i molti casi di studio vi sono lavori sull’analisi del tracciato elettroencefalografico per realizzare paradigmi Brain-Computer Interface (BCI) per l’interpretazione dei pattern di attività cerebrale, i numerosi esempi di applicazioni nel campo della interpretazione di tracciati elettrocardiografici, nella previsione di eventi di scompenso cardiaco, nel diabete fino all’impiego di moderne tecniche di visione artificiale come ausilio alla diagnosi in ambito di immagini medicali. Questi risultati sono indispensabili per progettare le strategie di interazione con le pratiche cliniche correnti ed i sistemi sanitari, sia per l’acquisizione e il trattamento dei dati clinici e genetici di interesse e sia per l’integrazione dei risultati dell’elaborazione dei modelli nei protocolli e nelle infrastrutture di gestione dei sistemi.

La soluzione del problema del piegamento delle proteine

Il piegamento delle proteine (proteine folding) è sempre stato un problema considerato quasi irresolubile nella biologia e nella biochimica. Qualcuno (Chemestry World) si era addirittura spinto a consideralo il Sacro Graal della Chimica.

La risoluzione del problema del piegamento delle proteine attraverso l’Intelligenza Artificiale è un risultato che potenzialmente può costituire per la biologia e la biochimica una scoperta confrontabile con quella della penicillina e degli antibiotici potrebbe essere in grado di rivoluzionare molti ambiti connessi con la biologia e la biochimica.

Questa scoperta, realizzata attraverso la simulazione di modelli 3D delle proteine, potrebbe, ad esempio, aprire straordinarie possibilità in termini di sviluppo di nuovi farmaci specifici per le singole patologie. Infatti, le malattie che derivano da errori proteici stanno progressivamente aumentando la loro incidenza per tutta una serie di fattori. L’Alzheimer è forse quella più diffusa e più nota, ma vi è tutta una categoria di malattie che in termini tecnici vengono chiamate da misfolding proteico. Sono malattie per le quali oggi la prognosi è in genere infausta e per le quali non esistono cure o esistono solo cure sintomatiche in grado solo di ritardare, ma non di curare la malattia. La caratteristica comune a queste malattie è che le proteine alterate perdono la loro funzione originaria e si legano con altre proteine causando la morte cellulare. L’Alzheimer appartiene ad un gruppo di patologie dette neurodegenerative che hanno in comune la formazione di amiloidosi che portano alla morte die neuroni. Fanno parte di questa categoria anche il Parkinson e la sindrome di Creutzfeld Jakob (conosciuta anche con il nome di variante umana del morbo della mucca pazza). Altre malattie sono legate la trasporto delle proteine e sono il diabete insipido, il morbo di Gaucher, la Retinite pigmentosa, il morbo di Fabry. Inoltre, molti tumori sono causati da un errato piegamento delle proteine.

Per individuare un singolo errore di piegamento fino ad oggi occorrevano diversi anni di studio ed è questo il principale ostacolo che ha limitato lo sviluppo di nuovi farmaci per queste patologie. La possibilità, quindi, di poter ottenere modelli tridimensionali di proteine alterate in poche ore è un passo in avanti enorme nel drug design per queste gravissime patologie.

La ricerca di nuovi farmaci e il monitoraggio della salute

Anche la ricerca di nuovi farmaci o di usi terapeutici diversi per farmaci già disponibili è un campo di ricerca molto interessante che è stato ampiamente utilizzato per tentare di combattere la pandemia da Covid 19, ma che in futuro potrà essere un ulteriore arma a disposizione dei medici per trovare sistemi di cura sempre più efficienti ed efficaci.

Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, poi, un ambito applicativo emergente, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche: tra queste, rientrano quelle legate malattie diabetiche e autoimmuni. In quest’ottica riveste particolare importanza la prevenzione del declino funzionale e la cura della fragilità fisica e cognitiva e lo sviluppo di soluzioni per la vita indipendente, attraverso anche lo studio di nuovi modelli diagnostici e strumenti di monitoraggio in grado di prevedere il rischio clinico e ridurre nel contempo la spesa sanitaria e assistenziale.

Un tema importante da esplorare entro la fine di questo decennio è come le tecnologie dell’Intelligenza artificiale applicate al contesto sanitario possono incrementare ulteriormente la qualità dell’attuale sistema e se gli odierni sforzi sono ottimizzati e sufficienti per il raggiungimento di nuovi obiettivi. In particolare, la capacità di elaborazione di grandi quantità di dati catalizzerà un elevatissimo numero di benefici in ambito sanitario a scopo di prevenzione, diagnosi, cura dell’individuo.

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Un modello sanitario efficiente ed efficace

Nel contesto socio-economico attuale sarà quindi fondamentale la realizzazione di un modello sanitario focalizzato sull’ efficienza e sulla continuità nella cura della salute, che porterà a migliorare la qualità della vita dei pazienti (non solo anziani), ottimizzando le risorse esistenti e riducendo i costi. In questa prospettiva, è di particolare importanza il decentramento del trattamento, andando, ove possibile, dall’ospedale al sistema di assistenza domiciliare, migliorando nel contempo la qualità e l’efficacia delle cure mediche professionali dei pazienti.

In sintesi, i fenomeni più importanti che caratterizzano e accompagnano la crescita della domanda di servizi di sanità digitale sono:

l’invecchiamento della popolazione e la limitata capacità di fornire assistenza a tempo pieno in centri di cura per gli anziani;

• i programmi di governo per combattere malattie e stili di vita sbagliati, anche attraverso azioni di prevenzione su larga scala;

• l’aumento del numero di pazienti affetti da malattie croniche, che risiedono permanentemente in casa;

• la diminuzione del numero di professionisti nella sanità e un più facile accesso agli specialisti;

• le nuove tecnologie di trattamento e la diffusione del 5G

I servizi di sanità digitale, in particolare puntano a:

intervenire in una fase precoce della malattia attraverso il monitoraggio, e quindi ridurre il tasso d’aggravamento e di mortalità;

ridurre il numero di giorni di degenza ospedaliera;

razionalizzare le decisioni attraverso la consultazione a distanza con gli specialisti;

ridurre il costo della cura del paziente.

L’insostenibile onerosità dei costi sanitari e la “svolta” digitale

L’onere economico derivante dal funzionamento dei sistemi sanitari rischia ormai di essere insostenibile, esso assorbe in media circa il 10% del PIL nazionale dell’Unione Europea e in Italia circa il 9 %. Un dato destinato ad aumentare con il crescente incremento delle malattie croniche che rappresentano il 75% della spesa, anche per il costante invecchiamento della popolazione. Esiste un’aspettativa di aumento della popolazione d’età superiore a 65 anni dal 21% degli anziani di oggi, fino al 34% nel 2051. Il rapporto di dipendenza degli anziani (oltre 65 anni) rispetto all’assistenza dei giovani (fino a 64 anni) è destinato a crescere di oltre 1/3 (oggi esistono 3 giovani per ogni anziano, nel 2051 saranno 1,9 giovani per anziano).

Se analizziamo la crescita della domanda dei servizi di assistenza domiciliare (e quindi del mercato di riferimento pubblico e privato) possiamo notare che essi sono praticamente gli stessi di quelli esaminati esponendo la “crescita dei servizi di sanità digitale”.

Obiettivo imprescindibile della sanità elettronica non può che essere anche quello di contribuire alla profonda ristrutturazione del sistema sanità, alla sua razionalizzazione e ottimizzazione, migliorando l’efficienza complessiva e riducendone contemporaneamente i costi di gestione.

Anche a livello internazionale la sanità digitale viene considerata la migliore soluzione possibile per fronteggiare le esigenze dell’assistenza sanitaria in termini di efficienza, di attenzione alla persona e di contenimento della spesa.

La sanità digitale inoltre viene definita nei predetti Documenti dell’Unione europea come prestazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso alla tecnologia dell’informazione e della comunicazione, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente non si trovino nella stessa località. Essa comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti.

Se analizziamo la crescita della domanda dei servizi di assistenza domiciliare (e quindi del mercato di riferimento pubblico e privato) possiamo notare che essi sono praticamente gli stessi di quelli esaminati esponendo la “crescita dei servizi di sanità digitale”.

Grazie all’uso di una strumentazione fino a poco tempo fa indisponibile e con lo sviluppo della tecnologia di comunicazione mobile, del 5G e di dispositivi di controllo non invasivi, si è aperto un nuovo mercato che si evolve in modo assai dinamico. I dispositivi utilizzabili devono essere “organizzati” secondo una logica specifica di processo che parte dall’individuazione dei device da utilizzare per adattarli alle esigenze dei modelli di servizio proposti.

Il modello assistenziale prevede infatti di collegare il paziente beneficiario dell’assistenza domiciliare al medico curante attraverso un Centro Operativo di controllo.

Questo richiede la realizzazione di soluzioni (tecnologia e organizzazione del Sistema che verrà costruito) innovative, basate su l’utilizzazione di specifico hardware esistente e software da sviluppare con l’ottica di integrarne le funzioni per raggiungere gli obiettivi previsti.

La soluzione proposta si basa sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione utilizzata come metodo di raccolta e scambio di informazioni sanitarie a distanza (un flusso continuo di informazioni inviate ad una banca dati alla quale potranno accedere in maniera protetta lo staff clinico che assisterà il paziente o gli interessati che ne hanno titolo).

La tecnologia applicata sarà in funzione della diagnosi precoce e terrà costantemente sotto controllo la situazione clinica e l’appropriatezza della cura (“compliance” destinata anche ad evitare l’errato impiego di medicinali).

Si tratterà di dispositivi (collegati al sistema operativo) miniaturizzati e non invasivi per consentirne l’uso (in forme automatiche a domicilio) direttamente da parte del paziente, escludendo quindi il ricorso a laboratori o interventi di badanti/infermieri.

La tecnologia costituisce il mezzo fondamentale per fronteggiare le esigenze di un servizio continuo di assistenza da remoto, da costruire intorno al paziente, sulla base della patologia esistente.

I controlli continuativi consentiranno l’individuazione tempestiva di sintomi/parametri abnormi, permettendo l’adozione di interventi e misure correttive prima che appaiano complicazioni più gravi, con ricadute positive sulla salute del paziente e sui costi (affrontati a livello privato o del SSN, qualora interessato).

Superare la regionalizzazione della Sanità

Gli indicatori del sistema sanitario mostrano una situazione di divario regionale evidente, sia nei Lea che nella mobilità regionale. La considerazione fondamentale è che occorre ripensare il modello del regionalismo italiano e soprattutto correggere alcune anomalie nate dalla riforma del titolo V della Costituzione che hanno dimostrato limiti evidenti nell’applicazione alla sanità.

Il Covid-19 ha contribuito a mettere a nudo chiaramente tutta la debolezza di un sistema che dietro un’apparente aura di efficienza, nascondeva i limiti di un modello organizzativo che non aveva il paziente come riferimento finale. Si è costruito un sistema ospedalicentrico misto pubblico-privato, che insegue i DRG più sostanziosi e che drena risorse, attraverso la mobilità sanitaria, ad altre regioni. La sanità territoriale viene penalizzata e ridotta al lumicino, lasciando ai pronto soccorso degli ospedali il compito di diventare il trait d’union fra il paziente e il sistema sanitario.

Un modello, in sostanza, che tende sostanzialmente ad ampliare i divari regionali della sanità piuttosto che ridurli.

Nella gestione della pandemia è stato immediatamente evidente che è difficile avere una strategia di contrasto unica, che è pur necessaria, se 20 regioni possono decidere in maniera difforme, ma a ben pensare anche in condizioni di normalità una sanità regionale non fa che amplificare le disparità, alimentando una competizione sulle risorse fra le diverse regioni il cui effetto è la mobilità sanitaria. La ricetta è, quindi, quella di tornare ad una sanità nazionale e all’interno di questo quadro le linee guida del Ministro Speranza possono costituire, se attuate, un netto miglioramento per l’organizzazione sanitaria e di conseguenza per il benessere dei cittadini.

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