La necessità di rispondere alla crescente domanda di salute dei cittadini in un contesto di riduzione del finanziamento del Servizio Sanitario comporta una profonda revisione dei modelli organizzativi per un uso più efficace delle risorse. In questo scenario si evidenziano tendenze che hanno delle profonde implicazioni sui modelli assistenziali quali quelle che derivano dall’aggregazione funzionale delle cure primarie, pur nelle diverse declinazioni organizzative delle Regioni:
- la riorganizzazione della rete ospedaliera in base al modello hub & spoke;
- la creazione di reti e di modelli per la gestione integrata delle patologie finalizzati a ripartire in modo ottimale il carico assistenziale tra le cure primarie, il territorio e gli ospedali.
A fronte delle evidenti esigenze di innovazione, la situazione attuale dell’ICT e della sanità elettronica rispecchia ancora il modello organizzativo tradizionale, con una rigida separazione di ruoli, di banche dati e di processi assistenziali.
Stato e problemi dei gestionali medici
I gestionali delle cure primarie (che gestiscono tra l’altro la “Scheda Sanitaria Individuale”, chiamata impropriamente “Cartella Clinica Elettronica” – CCE) sono presenti nella quasi totalità degli studi di Medicina Generale e dei Pediatri, ma non sono integrati con i sistemi informativi degli ospedali e del territorio, nei quali la diffusione della cartella clinica elettronica è ancora molto ridotta. In entrambi gli ambiti esiste una notevole eterogeneità delle soluzioni informatiche presenti, anche in presenza di un forte processo di aggregazione per acquisizioni da parte di alcuni gruppi industriali, in quanto questi aggiungono al proprio catalogo i prodotti che acquisiscono sul mercato senza realizzare una convergenza su sistemi di riferimento (per resistenza al cambiamento da parte degli stessi utenti; per aspetti contrattuali con la sanità pubblica; per la presenza di personalizzazioni difficili da replicare ed altri motivi ancora).
Anche a livello funzionale i gestionali attuali non sono allineati o lo sono poco con le esigenze indotte dai fenomeni sopra descritti. In larga parte sono impostati su un modello di medicina di attesa, non implementano in modo efficace i Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) e non integrano in alcun modo contenuti e informazioni basati sull’Evidence Based Medicine.
Poiché sono nati per supportare la gestione dello studio medico, i gestionali attuali non possiedono inoltre funzioni e strumenti per la condivisione e la collaborazione con medici fuori dal proprio ambito (l’ospedale per le cure primarie e viceversa), funzioni assolutamente necessarie per una sanità moderna che mette i pazienti cronici al centro dei percorsi di cura sui quali intervengono numerose figure professionali.
Sanità digitale, il problema politico
Un iter non concluso. Così si può descrivere lo stato dell’e-health (Sanità digitale) nel nostro Paese. L’Italia sconta, infatti, un ritardo sulla attuazione della sanità elettronica dovuto allo stato di fermo che subisce, ormai da tempo, la messa a regime dell’intero sistema.
La principale criticità è la mancanza di un governo e di una strategia dell’innovazione digitale collegata alla visione olistica sulla salute appena descritta, sia al livello di aziende sanitarie, sia al livello regionale e nazionale. Il gap che la sanità ha, rispetto ad altri settori, non si è ridotto ma al contrario si sta ulteriormente ampliando.
Facendo un’analisi su dati nazionali, i medici consultano dati clinici prevalentemente su carta, spesso portati a mano dai pazienti e questi, salvo poche eccezioni, fanno prenotazioni, pagamenti e ritirano i referti nello stesso modo di 20 anni fa.
Va altresì evidenziato che i modelli organizzativi regionali ed aziendali hanno contribuito ad una fortissima diversificazione dei sistemi informativi rivolti a ottimizzare le attività di cura. Diversificazione dapprima sostenuta dalle grandi imprese che offrono tecnologie e che solo oggi si accorgono che non è remunerativo lavorare per singoli progetti non replicabili. Anche se oggi i risultati di tutte le ricerche effettuate sui processi ICT in Sanità dicono che è sufficientemente digitalizzata nella parte gestionale e sanitaria, mentre l’informatizzazione della cartella clinica è ancora poco diffusa e, tuttavia, permangono evidenti carenze sulla parte di prevenzione e su quella territoriale.
È stato messo in atto, sia a livello nazionale che regionale e locale, un grande sforzo per mettere a punto due strati di infrastrutture:
- uno strato abilitante, con la banda larga, le anagrafiche dei professionisti e dei cittadini, con i sistemi di identificazione certa e di firma elettronica;
- uno strato di servizi operativi, per gestire certificati, prenotazioni, prescrizioni, referti e l’infrastruttura del Fascicolo Sanitario Elettronico.
Le tecnologie disponibili permettono oggi di realizzare un ulteriore strato trasversale di servizi sanitari e sociali per il coordinamento tra gli operatori e per il supporto al cittadino-paziente, ad esempio per facilitare una transizione coerente dall’ospedale al territorio oppure per promuovere una maggiore aderenza del paziente al piano di cura. È innegabile che una diffusione pervasiva e graduale dei tre strati porterebbe un grande vantaggio in termini di servizi ai cittadini-utenti oltre che un miglior apporto, in varia misura, ai programmi “verticali” per la gestione delle cronicità e della non-autosufficienza.
I progetti sanità digitale bloccati
In sostanza, nonostante tutti dicano di possedere sistemi informativi adeguati, o adeguabili a breve, non riesce a decollare né il Piano e-Health 2012 (parte del piano e-Gov), né la standardizzazione delle informazioni di base (nomenclatori) che consentirebbero una immediata trasferibilità dei dati ed un potenziale benchmark tra le prestazioni erogate.
In particolare l’integrazione socio-sanitaria (incontro tra politiche sociali e salute) sconta un ritardo eccessivo per il quale, con l’aumento dell’aspettativa di vita, diventa sempre più urgente chiedersi quali sono gli ostacoli.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico
Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è stato concepito come una collezione di documenti sanitari prodotti, attraverso sistemi informatici, dai medici che assistono e curano i pazienti. È stato quindi disegnato con una visione “verticale” su due livelli: i sistemi alimentanti e le componenti del FSE.
I documenti che lo compongono sono le ricette, i certificati, i referti diagnostici, le schede di dimissione ospedaliera (SDO) cui si aggiungono, in alcune Regioni, altri tipi di documenti. Uno dei limiti di questa impostazione che vede il FSE come un “grande contenitore di informazioni” è che un medico, per avere una visione clinica di un paziente, deve interrogare una elevata quantità di documenti per poterne ricostruire la storia (problemi, terapie, allergie / intolleranze, procedure chirurgiche, etc..).
Per ovviare a questo limite è stata introdotta una nuova tipologia di documento, il Patient Summary, che fornisce la sintesi della storia clinica del paziente, compilata e aggiornata con un atto medico del medico di medicina generale.
Nonostante si tratti di innovazioni ormai consolidate dal punto di vista tecnologico, sia FSE che Patient Summary, vivono in una costante fase sperimentale che non consente a cittadini che si spostano in altre Regioni di fruire delle informazioni sul proprio stato di salute.
La situazione è ancora più grave se si pensa che il FSE è pensato per gestire esclusivamente le prestazioni erogate dal SSN mentre nessun obbligo di inserimento dati c’è per le prestazioni erogate in regime assicurativo, dai fondi integrativi o privatistico.
I passi da fare
Per superare i limiti che sono stati descritti e realizzare una soluzione che salvaguardi gli investimenti fin qui effettuati, rispetti la libertà di scelta dei professionisti sanitari e sia compatibile con le risorse disponibili per i nuovi progetti, è necessario concepire un’architettura di sanità elettronica che veda, in aggiunta ai due strati già presenti, una piattaforma orizzontale che fornisca i servizi territoriali di base idonei a supportare i processi clinici e assistenziali, tra cui le principali funzioni per la continuità dell’assistenza e l’engagement del paziente.
Un elemento essenziale di tale piattaforma è la “cartella territoriale condivisa”, ad uso del Team Funzionale locale che si forma – in modo implicito o esplicito – intorno ai problemi sanitari e sociali specifici del singolo paziente, e che comprende il paziente stesso e i suoi caregiver. Essa dovrebbe essere l’equivalente sul territorio della cartella clinica ospedaliera; contiene, nel rispetto della privacy, una copia dei dati rilevanti provenienti dai gestionali dei singoli attori e fa da tramite verso il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Nel suo complesso una massa critica di servizi territoriali di questo terzo strato offre, in aggiunta ai due strati tecnologici sottostanti, importanti vantaggi: consente il governo e la gestione centralizzata dei processi di “salute in rete”; comporta minori investimenti; può essere implementato in tempi brevi; offre servizi a tutte quelle strutture che ne sono sprovviste; sopperisce alle mancanze dei sistemi sottostanti; permette una gestione agevole, anche per miglioramenti incrementali; può essere rapidamente estesa con una sequenza di iniziative “verticali”, coerenti tra loro, sulle reti per le patologie croniche e la non-autosufficienza.
Quali possibili piste di miglioramento?
La messa in opera a livello nazionale di una piattaforma di interoperabilità sovraordinata ai sistemi gestionali locali, con lo scopo di catturare entro ogni sistema gestionale i dati afferenti alla stessa persona e di ricomporli in automatico entro una base dati unificata, che viene poi resa accessibile. Tra i molti nodi di questo disegno vi sono la costruzione dei canali di comunicazione tra piattaforma e singoli archivi gestionali, ovviamente con i necessari criteri di sicurezza, e la fattibilità della cattura dei dati dai singoli archivi gestionali senza che ciò comporti eccessivi costi, anche locali.
Oppure (meglio) prevedere di alimentare un data base unificante tramite un documento che il cittadino debba utilizzare per ricevere le prestazioni, come supporto sul quale vengano registrate le erogazioni effettuate. Questo supporto dovrebbe essere della massima semplicità per il cittadino, e potrebbe consistere nella tessera sanitaria/carta dei servizi.
C’è un’altra opportunità da non perdere: è in via di implementazione l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) che raccoglie a livello statale le singole anagrafi comunali, e che potrebbe giocare un ruolo decisivo sia per importare negli archivi gestionali dei servizi in automatico i nuclei familiari (evitando errori di scrittura degli operatori), sia per garantire che le variazioni anagrafiche siano di default sempre connesse con tutte le prestazioni e le aggiornino (basti pensare all’utilità di bloccare in automatico una erogazione, come un assegno di cura per non autosufficienti, quando decede il beneficiario). Tra l’altro il legame tra Anpr e Tessera Sanitaria, entro un utilizzo della tessera anche per interventi non strettamente sanitari, garantirebbe un comune basamento informativo (ossia il nucleo anagrafico sempre aggiornato entro ogni servizio) a diversi e importanti rami del welfare.
Rimane un grandissimo vuoto da colmare legato al fatto che le norme sulla privacy oggi non consentono di mettere insieme i dati di salute con quelli di welfare. E, purtroppo, senza questi dati, è complesso per il Sistema Paese programmare interventi strutturali poiché è noto che la condizione socio-economica è una variante da cui dipende lo stato di salute del cittadino.
La necessità di migliorare l’appropriatezza delle cure e la sostenibilità del sistema sanitario esige la messa a punto di modelli organizzativi innovativi. Da più di un decennio molte esperienze dimostrano– anche con studi caso-controllo formali – l’efficacia di un cambiamento strutturale nei processi di cura, in cui le tecnologie digitali svolgono un ruolo cruciale. Pertanto, le soluzioni tecnologiche efficaci ci sono ma occorre riqualificare la domanda.
Il livello attuale di adozione raggiunto dalle infrastrutture digitali di base permette di portare a sistema le tecnologie digitali già oggi disponibili, con benefici significativi per il Sistema Salute nel breve e medio periodo. Inoltre, un piano d’azione regionale può promuovere la collaborazione tra le varie iniziative locali sulle precondizioni comuni e può definire i criteri omogenei per progettare – anche in collaborazione con il mercato – le roadmap locali e per misurare gli outcome in modo uniforme e confrontabile. Tuttavia la carenza di appropriati modelli di rimborsabilità e di partnership pubblico-privato contribuisce a frenare sia la domanda che l’offerta di servizi sanitari e sociali innovativi.
Diventare sanità digitale è un obbligo
L’obbligo di essere sanità digitale è stato stabilito dal Codice dell’Amministrazione Digitale (dal 2005) e altre norme che regolamentano il Fascicolo Sanitario Elettronico, i certificati telematici di malattia, le ricette mediche elettroniche; le Linee guida in materia di telemedicina.
Il ruolo della informazione (dati, documenti, informazioni) risulta essere basilare, indispensabile, necessario e soprattutto l’informazione deve essere “nativamente” digitale per garantire la “condivisione”, i servizi in rete, la protezione dei dati personali. Lo scopo ed insieme la condizione sono formare dati digitali nel rispetto di requisiti di legge per assicurare la qualità dell’informazione, la sicurezza e la privacy.
I sistemi di dati misti (analogico/digitale) come ostacolo nell’evoluzione verso la sanità digitale
La formazione di sistemi di informazione “misti” costituisce il più grande vincolo alla formazione di una sanità digitale (come di un’amministrazione pubblica digitale). I sistemi misti contribuiscono ad una gestione ridondante, costosa, inutile e scarsamente funzionale dei dati. Soprattutto i sistemi misti “bloccano” i processi innovativi relativi ai nuovi modelli di organizzazione e di servizi, processi di qualificazione dei servizi e della spesa di settore. I sistemi misti certamente costituiscono un blocco nello sviluppo di nuove condizioni operative delle professioni sanitarie e permettono di tenere in vita sistemi procedurali con oneri diretti ed indiretti molto elevati. La definizione e la formazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, del dossier sanitario, delle cartelle cliniche digitali, dei siti web per un sistema salute trasparente, di sistemi di prenotazione realmente e compiutamente in rete, la condivisione delle informazioni: tutto procede “senza dubbi” verso una gestione digitale della sanità che non ammette sistemi misti.
Monitorare i requisiti dei dati, dei documenti e delle informazioni come da normativa
Nella formazione e nella gestione dei dati, dei documenti e delle informazioni è necessario rispettare una serie di “requisiti” che il legislatore ha definito nel Codice dell’Amministrazione digitale e che riguardano tutte le amministrazioni pubbliche (art. 50 e ss)
- Requisiti del documento informatico: valido se sono rispettati i requisiti della forma scritta (qualità, sicurezza, integrità, immodificabilità) (art. 20) e sottoscrizione elettronica (art. 21)
- Requisiti delle firme elettroniche (art. 24 e ss.)
- Le amministrazioni formano i documenti in formato nativamente digitale (art. 40)
- Requisiti della gestione documentale informatica: applicazione delle regole tecniche (DPCM 3.12.2013)
- Requisiti della conservazione dei documenti informatici: art. 44 e ss.
- Requisiti della conservazione dei documenti informatici (regole tecniche DPCM 3.12.2013)
- I documenti dematerializzati sono conservati nella loro nuova versione documentale (digitale) e non c’è obbligo di conservare i documenti analogici (nel rispetto delle regole tecniche)
- Requisiti della trasmissione dei documenti informatici: art. 45 e ss.
- Requisiti dei dati pubblici digitali:
– Disponibilità (art. 50)
– Sicurezza dei dati, dei sistemi, delle infrastrutture (art. 51)
– Accesso telematico e riutilizzo dei dati (art. 52)
– Fruizione (art. 58)
- Requisiti per le modalità di accesso ai servizi in rete (art. 64) (sistema SPID)
- Requisiti per la presentazione di dichiarazioni ed istanze digitali (art. 65)
- Requisiti dei dati aperti (art. 68)
- Siti Web: requisiti di cui all’art. 53 (principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di’ consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità)
Uniformare le codifiche
Uno dei problemi più evidenti nella gestione dei dati clinici è la mancanza di un insieme coerente di nomenclature e codifiche su tutti i dati gestiti e condivisi nei processi sanitari e sociali. È questo l’elemento base per riuscire a realizzare “progetti Paese” che sostituiscano i progetti aziendali o regionali per poi avere dati analitici che possano essere confrontati tra loro e replicati.
Storicamente sono stati adottati e mantenuti i sistemi di classificazione delle malattie (ICD), i sistemi utili per i DRG (ICD-9-CM per le procedure), i tariffari basati sul nomenclatore delle procedure, i sistemi sui dispositivi medici, il thesauro MeSH per le ricerche bibliografiche.
Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi tentativi di razionalizzare altre nomenclature internazionali adattandole alle necessità nazionali:
- Portale Italiano delle Classificazioni: si è concentrato sulla versione italiana dell’ICD 10 (non ancora adottato in quanto in uso la versione 9) ed ICF;
- la rete internazionale “SNOMED-IHTSDO” ha il nomenclatore clinico più completo e complesso; al momento l’Italia non vi partecipa;
- la codifica dei risultati dei test diagnostici può avvalersi del sistema LOINC, il più diffuso a livello internazionale. LOINC Italia è coordinato dall’Istituto di linguistica dell’università di Cosenza (prof. Guarasci), che ha tradotto il sistema in italiano ed ha realizzato uno strumento per la transcodifica dei dati dei singoli laboratori e lo standard LOINC;
- Singole voci del sotto-insieme di LOINC sui nomi dei documenti clinici e sulle relative sezioni sono stati inseriti da HL7 Italia negli standard adottati dalla Cabina di Regia per il FSE;
- La Regione Veneto attraverso Arsenal ha realizzato un proprio sottoinsieme di LOINC;
- La Regione Lombardia ha realizzato un proprio nomenclatore per il proprio CRS-SISS (orientato ai prescrittori);
- La Regione Emilia Romagna ha realizzato un proprio nomenclatore per il proprio progetto SOLE (orientato ai prescrittori);
- Una serie di nomenclature per singole specialità, gestite indipendentemente dalle rispettive Società Medico-Scientifiche.
La soluzione proposta è quella di creare un servizio permanente di coordinamento, sviluppo e diffusione, che gestisca il “Sistema Nazionale delle Nomenclature e delle codifiche dei dati nei processi sanitari e sociali”. Tali nomenclature, rese fruibili ai fornitori ICT per essere utilizzate nei loro sistemi per la gestione all’assistenza, costituiranno anche il riferimento per la costruzione di Nomenclatori Tariffari nazionali e regionali, di sistemi di indicatori, e di altri strumenti specifici che via via saranno ritenuti opportuni.
Basta con sistemi informativi frantumati
La sanità, è bene ricordarlo, è, dopo la spesa previdenziale, il capitolo di spesa produttivo più importante del nostro Paese, 112 MLD di spesa annua a carico dello Stato e circa 40 MLD di spesa privata (comprensiva delle spese assicurative e di quelle dei fondi integrativi), oltre un milione di addetti nel settore e circa 400.000 nell’indotto. Numeri destinati a crescere nei prossimi anni unitamente all’incremento delle aspettative di vita e delle correlate cronicità e non autosufficienze.
Il tema centrale per il futuro sarà proprio la governance di questo fenomeno, per garantire che il SSN rimanga universalistico e non selettivo.
Dai sistemi informatici al sistema informativo nazionale
Detto che occorre una moratoria sui nomenclatori per uniformare i dati che ogni struttura sanitaria utilizza e non condivide col resto della nazione con gravi sprechi di risorse economiche, tecnologiche ma soprattutto umane, occorre anche ripensare agli assetti dei sistemi informativi sanitari passando “dai registri” “al Registro”. Che senso ha, soprattutto nel campo della ricerca e della programmazione, avere 21 registri per il tumore o per il diabete o per la BPCO o per le malattie rare?
Le tecnologie sono mature ed il Codice dell’Amministrazione Digitale impone il “cloud”, è tempo di passare al Sistema informativo sanitario nazionale.