Dal da Vinci a Excelsius GPS, sono tanti i passi avanti nel campo della chirurgia robotica grazie alla sinergia uomo-macchina. Investire nella robotica significa aumentare la precisione, l’accuratezza, la minore invasività degli interventi e la riduzione dei tempi di recupero.
Ecco quali sono i rischi, anche sotto il profilo della responsabilità giuridica nel caso di eventuali errori.
Chirurgia robotica: una realtà in rapida evoluzione
C’è stato un tempo in cui il tema della robotica evocava gli scenari fantascientifici dei libri di Isaac Asimov o di film come Blade Runner. Quel tempo è passato. Insieme all’intelligenza artificiale, la robotica è diventata una realtà, tanto entusiasmante quanto inarrestabile.
Uno dei settori che ha visto le applicazioni più interessanti della robotica è quello sanitario, che si conferma così uno degli ambiti in cui l’impiego delle nuove tecnologie ha già condotto a risultati di particolare rilevanza.
Numerosissime sono le strutture ospedaliere che si sono dotate di costosi robot chirurgici. L’Italia si colloca al terzo posto in Europa, dopo Germania e Francia, per numero di interventi eseguiti grazie all’aiuto di strumenti robotici: 25mila operazioni in un anno.
Gli interventi che possono essere condotti mediante chirurgia robotica sono oramai i più diversi: dal trapianto di rene (a Firenze, nel 2017, il primo), all’impianto di protesi di ginocchio e anca tramite il sistema robotico Mako (al Koelliker di Torino, dal 2017).
Applicazioni robotiche
Le applicazioni robotiche alla chirurgia sono oggetto di ricerche e sviluppi in ogni parte del mondo. Lo scorso 22 maggio Galaxy System, un sistema integrato per la broncoscopia robotica navigata, è stato utilizzato per la prima volta negli Stati Uniti presso l’Università di Chicago. Il sistema offre potenzialità di localizzazione dei tessuti cancerosi e di navigazione verso i linfonodi potenzialmente colpiti che sembrano
consentire un trattamento chirurgico del cancro assolutamente improponibile per la mano umana.
Vediamo cosa sia esattamente la robotica. E soprattutto, come funziona la robotica applicata in campo medico, se dobbiamo immaginarci un robot completamente autonomo che sostituisce l’operato del vero chirurgo, se sono (e saranno sempre) soltanto dispositivi d’ausilio a un operatore in carne e ossa.
Definizione di chirurgia robotica
Gli studiosi Stuart Russell e Peter Norvig, pionieri dell’intelligenza artificiale, hanno dato una definizione molto chiara e pratica del concetto di robotica. La robotica ha come obiettivo principale la costruzione di “agenti fisici capaci di modificare il mondo reale. A tal fine sono muniti di effettori come braccia, gambe, ruote e pinze”.
I sistemi robotici offrono diversi gradi di capacità motorie. Alcuni sono capaci di spostarsi liberamente nell’ambiente, e proprio in ambito sanitario sono numerosi gli esempi di robot che prendono ascensori, individuano i vari reparti, consegnano il cibo o, come fa Polly – il delivery robot attivo presso lo Sheba Medical Center in Israele – distribuiscono medicinali.
Sistemi robotici sono ormai sempre più spesso impiegati in area riabilitativa e assistenziale. Ma è l’area clinica quella di maggior interesse.
L’esempio di Robot Assisted Surgery
La forma più nota di impiego in questo ambito è la Robot Assisted Surgery, in cui l’attività dell’uomo è coadiuvata da strumenti tecnologici in grado di eseguire manovre telecomandate. In sostanza, si tratta di strumenti di ausilio all’intervento diretto del chirurgo, che è comunque imprescindibile.
In questa prospettiva rientra anche la telechirurgia che consente di eseguire interventi chirurgici a distanza. Il primo caso, noto come “Lindberg Operation”, è stato eseguito nell’ormai lontano 2001, mentre il chirurgo era a New York e il paziente si trovava a Strasburgo.
Occorre inoltre ricordare che alla chirurgia in senso stretto si è affiancata di recente l’anestesia assistita: una piattaforma computer-assisted gestisce la somministrazione di farmaci anestetici, provvedendo a calibrarli in maniera ottimale tramite un monitoraggio continuo del paziente.
I risultati che possono essere raggiunti oggi sono del tutto incomparabili con quelli possibili solo fino a pochi anni fa. Si tratta, naturalmente, di uno sviluppo legato alla maggiore potenza di calcolo degli elaborati e alla diffusione di sistemi di IA, ma non dobbiamo dimenticare che questi successi sono il frutto di intuizioni e ricerche avviate nel secolo scorso.
I pionieri
Sono passati esattamente 38 anni da quando James McEwen, Brian Day e Geof Auchinleck svilupparono ArthRobot il primo sistema robotico usato in sala operatoria. Dopo l’artroplastica all’anca, i sistemi robotici sono stati impiegati per assistere le procedure di posizionamento di protesi ortopediche (RoboDoc), per arrivare a operazioni delicatissime in neurochirurgia (Puma 200).
Sistema Da Vinci: come funziona, possibili rischi e vantaggi
Il sistema più noto e diffuso è il Da Vinci. Oggi si contano più di 100 di questi sistemi sul nostro territorio.
Sviluppato nel 2006 dalla Intuitive Surgical, azienda con sede nella Silicon Valley, ha conosciuto numerosi aggiornamenti e sviluppi. L’ultima generazione è il Da Vinci XI HD (IS4000), ed è considerata la piattaforma più avanzata di chirurgia robotica.
Il robot Da Vinci viene utilizzato prevalentemente in urologia, ma la sua applicazione è possibile anche in altre branche della medicina quali, ad esempio, la ginecologia e la chirurgia generale.
Occorre precisare che l’intervento non è eseguito in via autonoma dal robot, ma quest’ultimo coadiuva il lavoro del chirurgo. Da un punto di vista strutturale, il sistema si compone di tre elementi:
- il carrello paziente;
- il carrello visione;
- la console chirurgica;
Il carrello paziente è la struttura del sistema, composta da quattro braccia robotiche mobili. La consolle chirurgica rappresenta invece il centro di controllo da cui il chirurgo comanda le quattro braccia robotiche per mezzo di due manipolatori e di due pedali.
Il carrello visione costituisce il cuore del sistema e contiene l’unità centrale di elaborazione dell’immagine.
I vantaggi offerti da da Vinci sono numerosi. Tramite questa tecnica operativa mininvasiva si riescono ad ottenere altissimi livelli di precisione, in quanto il robot è in grado di riprodurre i movimenti della mano del chirurgo in spazi estremamente ridotti: incisioni piccole, minor sanguinamento, maggiore facilità nell’esecuzione delle manovre chirurgiche complesse, e quindi maggiore sicurezza per il paziente.
Excelsius GPS nella chirurgia robotica spinale
Nel campo della chirurgia spinale, l’ultima novità è invece Excelsius GPS. La clinica Fornaca di Torino è stata la prima in Europa a utilizzare questo sistema che rappresenta ad oggi l’unico sistema di navigazione e robotica integrata.
Excelsius GPS agisce come un satellite, indicando al medico la “strada” migliore da
seguire per eseguire l’intervento. Il robot è indicato in modo particolare per le patologie che richiedono una stabilizzazione vertebrale (come, per esempio, gravi forme di scoliosi negli adulti).
Il braccio robotico guida il chirurgo con una precisione millimetrica. L’estrema accuratezza nel posizionamento delle viti eseguita dal robot risulta del 98,2% a
fronte dell’85% di quello eseguito a mano libera.
Benefici
Le applicazioni delle nuove tecnologie in sanità presentano indubbi vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali. I robot chirurgici consentono una maggiore stabilità e precisione nell’intervento, riducono il rischio di errori umani, diminuiscono il rischio di complicanze, abbassano i tempi di degenza ospedaliera, garantiscono una ripresa post-operatoria notevole in termini quantitativi e qualitativi. Dunque, gli aspetti
positivi sono davvero tanti, giustificando ampiamente gli elevati costi di acquisto, manutenzione e programmazione di un sistema robotico.
Tali sistemi non possono (almeno fino ad oggi) sostituire tout court il medico nella cura del paziente. Pertanto, non siamo, almeno per il settore sanitario, ancora nel pieno della completa surrogazione uomo-macchina. Ma è chiaro che all’evolversi delle tecnologie/capacità della macchina deve necessariamente accompagnarsi l’evoluzione delle competenze del medico.
In ambito sanitario un’evoluzione delle tecnologie non sorretta da una parallela azione di “aggiornamento” delle competenze umane è assolutamente rischiosa.
L’adozione della chirurgia robotica solleva alcune sfide etiche e giuridiche molto importanti: prima fra tutte è la questione della responsabilità in caso di errore.
Più in generale, quando un sistema di IA coadiuva l’attività del medico – inserendosi tra medico e paziente – stabilire se la causa di un danno del paziente sia riconducibile ad un malfunzionamento del dispositivo, o ad una pratica non corretta del medico è una questione di non facile soluzione.
Chirurgia robotica: gli interrogativi giuridici
Ora vediamo cosa succede se un braccio robotico va in tilt, chi risponde di un danno scaturito dall’intervento – se l’equipe medica o il vendor del sistema -, se possono essere chiamati in causa gli sviluppatori del software o ancora, l’ospedale in cui è stato praticato l’intervento.
L’interrogativo fondamentale è chiaro: se le questioni derivanti dall’impiego delle nuove tecnologie possano trovare adeguata risposta nelle norme già esistenti o se, invece, sia necessario il ricorso a nuove forme di regolamentazione.
Le questioni giuridiche connesse all’uso dei sistemi intelligenti – come la responsabilità per danni causati da tali sistemi – sono al centro di importanti dibattiti e iniziative legislative, come per esempio la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme
di diritto civile sulla robotica (2015/2103), o ancora il documento della Commissione Europea relativo alle strategie sull’intelligenza artificiale e il lavoro del Gruppo di Esperti di Alto Livello sull’AI.
Il caso di Roland Mraceck
Riguarda un malfunzionamento del sistema da Vinci avvenuto nel 2005 in Pennsylvania. Il caso di Roland Mraceck è esemplare. A seguito di una diagnosi di tumore alla prostata, al paziente fu consigliato un intervento di prostatectomia radicale. Durante l’intervento, lo strumento si bloccò, dando segnali di errore sul
display. Nonostante i diversi tentativi svolti da parte dell’equipe medica, tutti risultarono vani e, così, il chirurgo fu costretto a terminare l’intervento in laparoscopia. Dopo una settimana, il paziente ebbe una serie di complicanze: ematuria, disfunzioni e diversi dolori, decidendo così di fare causa all’ospedale e alla Intuitive Surgical Inc., casa produttrice del da Vinci.
In questa vicenda, per xstabilire il responsabile del danno subito da Mraceck, il caso fu risolto con il rigetto della domanda dal momento che il paziente non fu in grado di fornire una prova certa in relazione alla ricostruzione del nesso causale tra l’errore del robot e i danni alla salute del paziente, ma i problemi che rimangono dietro quella soluzione sono ancora in cerca di risposte.
La responsabilità nella chirurgia robotica
La responsabilità derivante dall’uso di strumenti intelligenti dipende principalmente dal riconoscimento che viene dato a tali sistemi all’interno degli ordinamenti giuridici. È chiaro che qualora questi siano riconosciuti come entità autonome, allora si potrebbe configurare l’imputabilità di tali sistemi. Viceversa, qualora non siano riconosciuti come entità dotate di una qualche forma di soggettività giuridicamente rilevante, resteranno fuori dalla catena di possibili “soggetti” coinvolti.
Con riferimento allo scenario attuale, i danni causati ai pazienti da dispositivi medici basati sull’AI possono essere imputati: al produttore della tecnologia, agli operatori sanitari in casi presenza di un nesso causale con l’errore o, infine, alla struttura sanitaria responsabile della manutenzione. Ma andiamo per gradi.
In primo luogo, occorre considerare che il sistema robotico può essere qualificato come un prodotto oppure come un dispositivo che utilizza la tecnologia dell’IA. Da questa prima considerazione è possibile imboccare due diverse strade: la prima, conduce alla disciplina che si occupa dei danni da prodotto; la seconda, oggi
considerata preferibile, fa riferimento alle norme generali in tema di responsabilità tanto contrattuale quanto extracontrattuale.
La disciplina generale sembra la strada più giusta da seguire, perché il settore della robotica, e più in generale delle nuove tecnologie, è un settore in rapidissimo sviluppo. Man mano che la rivoluzione prosegue, l’autonomia di questi dispositivi aumenterà sempre più. Potrebbe accadere, dunque, che al momento della messa in circolazione del prodotto, esso non presenti difetti, che emergeranno soltanto in un secondo
momento. Dunque, far leva sui danni da prodotto potrebbe portare a un affrancamento del produttore da responsabilità in un gran numero di ipotesi. Il paziente rischierebbe di trovarsi privo di tutela.
Nella seconda ipotesi, valutando le nuove prospettive offerta dalla legge Gelli Bianco, è possibile guardare all’art. 2043 cc per l’attività del professionista e quindi del medico e all’art. 1218 cc per determinare l’eventuale responsabilità della struttura sanitaria. Il paziente che subisca un danno, derivante dall’impiego di beni dotati di AI può percorrere due vie, avendo l’onere di dimostrare l’inadempimento e di provare il nesso di causalità tra quest’ultimo e il danno. Ovviamente, qualora il medico abbia assolto tali compiti, anche la struttura sanitaria potrà andare esente da responsabilità, dimostrando che l’inadempimento dipenda da causa ad essa non imputabile.
Percorrendo questa tesi, sono sorti molti dubbi in riferimento ai dispositivi self-learning: in questo caso si verrebbe a creare una prova liberatoria per la struttura sanitaria; quindi, ancora una volta il paziente rimarrebbe privo di tutela.
Davanti a questo ulteriore scenario, da alcuni anni la dottrina ha vagliato la possibile declinazione della responsabilità extracontrattuale in termini di responsabilità oggettiva. In particolare, si è cercato di far leva sulla compatibilità degli artt. 2050 e 2051 del cc.
Conclusioni
Cercare di tirare le somme in un panorama così variegato non è affatto semplice. Apparentemente le norme attualmente vigenti – quindi i criteri stabiliti dalla l. n. 24/2017 e i criteri di responsabilità da prodotto difettoso – grazie a notevoli sforzi interpretativi, sembrerebbero in grado di coprire i diversi scenari configurabili. Ma adottare un atteggiamento che non sia al passo con i tempi, vorrebbe dire correre il rischio di avere “una coperta troppo corta”.
La perdita del controllo umano sulle azioni robotiche sembra rendere le tradizionali norme sulla responsabilità incapaci di disciplinare efficacemente l’impiego di queste nuove tecnologie.
Il ricorso a macchine sempre più autonome rende urgente la codificazione di norme ad hoc, senza le quali non sarà possibile assicurare il pieno rispetto delle tradizionali garanzie giuridiche previste in ambito medico e assistenziale.
Bibliografia
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