L’analisi della Sanità digitale in Italia richiede la coniugazione di molti elementi: una ricerca metodologicamente solida; la lettura organica di fenomeni reali che si declinano nella pratica all’interno di pubbliche amministrazioni nazionali, regionali e locali (le aziende sanitarie, i policlinici universitari, gli IRCCS) ma anche all’interno delle aziende sanitarie private (che hanno pesi molto diversi nei diversi contesti regionali, dalla Lombardia alla Calabria); la conoscenza pratica degli ambiti di innovazione digitale all’interno dei sistemi sanitari regionali e dei singoli ospedali, dove gli stessi concetti di Cartella Clinica Elettronica e di Telemedicina sono variamente interpretati e declinati, nonostante la presenza di linee guida nazionali e regionali in merito.
L’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano lavora ormai da un decennio proprio per analizzare lo stato della Sanità digitale in Italia, con un approccio poliforme ma organico: le rilevazioni annuali con le Direzioni Strategiche e i CIO delle aziende sanitarie, le Regioni, i cittadini, i Medici di Medicina Generale, e dal 2017 anche con i medici di medicina interna (ospedalieri) e le associazioni di pazienti; il lavoro di approfondimento sul significato reale dell’innovazione nelle aziende, con gli incontri dell’Advisory Board, l’Innovation Workshop e il Premio Innovazione Digitale in Sanità; l’esperienza di progetti pratici di pianificazione dell’innovazione digitale in Sanità per contesti regionali e aziendali, sia in ottica di pianificazione delle azioni di innovazione sia per supportarne l’attuazione.
Da questo lavoro ogni anno emergono dei risultati di ricerca che diventano spunto di riflessione e di discussione con la comunità ampia di chi si occupa di Sanità digitale in Italia e all’estero. Discussione che aiuta a chiarire e comunicare meglio i risultati delle analisi svolte, ma soprattutto permette di affinare e migliorare la ricerca dell’anno successivo, aggiungendo nuovi temi di approfondimento e ulteriori punti di vista.
In quest’ottica la ricerca 2016-2017, i cui principali risultati sono stati presentati durante il convegno “La Sanità alla rincorsa del cittadino digitale” del 4 maggio a Milano, è partita dal reale utilizzo che i cittadini fanno dei servizi digitali in Sanità. Questo punto di vista ha permesso di considerare anche il fenomeno del Fascicolo Sanitario Elettronico – molto dibattuto recentemente, anche in termini di utilità e fruibilità al di là della sua valenza normativa – in termini di utilizzo reale, significativo per il sistema sanitario.
I servizi digitali al cittadino sono i servizi realizzati dall’azienda sanitaria o dalla Regione ed erogati attraverso i canali digitali (sito web, App per dispositivi mobili, ecc.). In questa categoria sono inclusi i servizi di comunicazione (informazioni sulla struttura sanitaria, tempi medi di attesa, ecc.), di accesso alle informazioni cliniche da parte del paziente (dati clinici, referti, ecc.), di supporto all’utilizzo delle risorse sanitarie (prenotazione e pagamento visite online, ecc.), i servizi di CRM (gestione della relazione proattiva con il paziente: alerting di scadenze, ecc.), i sistemi di supporto alla prevenzione (informativi e interattivi, con strumenti di autodiagnosi) e i servizi di supporto all’interazione con e tra i pazienti (chat, videoconferenza, forum, blog, social network, ecc.).
Dalla fotografia dei servizi digitali in Sanità emerge uno scenario sicuramente influenzato dalle infrastrutture applicative regionali e dalla proattività delle aziende sanitarie, pubbliche e private, nei diversi territori. Lombardia e Trentino, ad esempio, dispongono di servizi digitali a livello regionale, che – facendo perno sul Fascicolo Sanitario Elettronico – permettono alle aziende sanitarie di offrire a cittadini e pazienti servizi digitali a valore aggiunto anche molto evoluti (si pensi alla gestione delle cronicità anche a domicilio a Trento o alla digitalizzazione completa della cartella clinica disponibile al cittadino in alcune realtà ospedaliere di Milano). Anche Regioni del sud, come la Puglia, stanno mettendo a sistema esperienze di Sanità digitale attuate nel tempo in un sistema regionale che ha recentemente attivato il Fascicolo Sanitario Elettronico e sta lavorando per ampliare la sua interazione con i sistemi delle singole aziende sanitarie. Nonostante siano presenti territori molto più arretrati dal punto di vista delle iniziative di Sanità digitale, i cittadini e i pazienti sono pronti a fruire di servizi digitali, anche mutuando esperienze e abitudini da altri settori, a partire dall’utilizzo di App per il monitoraggio dello stile di vita. Secondo la ricerca svolta dall’Osservatorio in collaborazione con Doxapharma su un campione di 1.000 cittadini, rappresentativo della popolazione italiana, le App più diffuse sono quelle per monitorare gli allenamenti e i passi, utilizzate dal 13% del campione. I cittadini fruiscono sempre più spesso di contenuti e servizi via web anche in ambito sanitario, così come fanno per il pagamento di un bonifico online o la lettura di un libro dal proprio tablet. Il servizio più utilizzato si conferma essere l’accesso alle informazioni relative alle strutture sanitarie (32% dei cittadini contro il 26% del 2016), seguito dalla prenotazione online di esami e di visite, utilizzata dal 22% dei cittadini, e dall’accesso ai propri documenti clinici via web (18%).
Certo, questa predisposizione del cittadino a utilizzare i servizi digitali in Sanità deve trovare risposta in sistemi e servizi usabili e affidabili. Esperienze di successo in alcuni territori sono però presenti e la strada è tracciata. In questo ambito lo spunto che raccogliamo dalla discussione che ha avuto origine dai dati presentati dalla nostra Ricerca riguarda la misura dell’utilizzo significativo per il sistema sanitario – il “meaningful use” – e che sarà un punto di ricerca e analisi nel prossimo anno dell’Osservatorio.
Passando, invece, al punto di vista dei professionisti nelle aziende sanitarie, in particolare i medici internisti ospedalieri (di cui abbiamo rilevato la visione grazie alla collaborazione con FADOI e Digital SIT), la nostra ricerca ha cercato di distinguere le modalità di utilizzo degli strumenti di Sanità digitale in base ai differenti contesti d’uso. Spesso si parla di Cartella Clinica Elettronica (CCE) senza specificare l’ampiezza del supporto digitale e la reale diffusione e utilizzo dello stesso da parte dei medici. Noi, invece, abbiamo rilevato che esistono tre livelli di sviluppo della CCE:
- chi dispone di un supporto digitale solo per alcune funzionalità di gestione della Cartella Clinica, tipicamente di consultazione di referti diagnostici e immagini del paziente (una delle funzionalità più diffuse, utilizzata dal 76% degli internisti ospedalieri);
- chi porta questo supporto anche in mobilità al letto del paziente (con l’ambito che abbiamo chiamato Mobile Hospital, che è ancora poco diffuso tra le strutture ospedaliere);
- chi dispone di una gestione ampia in digitale, che arriva alla prescrizione e somministrazione (utilizzata dal 36% del campione) e al diario clinico (27%), anche in mobilità (rispettivamente l’11% e il 9% dei rispondenti).
I casi che raggiungono quest’ultimo livello non sono più solo episodici. Lo testimonia anche la maggior frequenza di attestazione dei livelli di maturità più elevati delle soluzioni di Cartella Clinica Elettronica di strutture ospedaliere italiane, pubbliche e private, rispetto alla scala internazionale EMRAM di HIMSS (con cui l’Osservatorio dialoga da anni e che ha portato nel 2017 all’istituzione della HIMSS Italian Community). Dobbiamo ancora lavorare per confrontarci, in termini di Sanità digitale, con Paesi come Svezia o Spagna, ma i casi di eccellenza che stanno procedendo in questa direzione sono presenti anche in Italia e il loro numero sta crescendo.
Un altro ambito esplorato dalla nostra ricerca è stato quello della Telemedicina. Siamo chiaramente partiti dalle linee di indirizzo nazionali su questo tema, rilevando soprattutto la presenza di soluzioni che non prevedono il coinvolgimento diretto del paziente, come ad esempio il Teleconsulto, inteso come un’indicazione di diagnosi e/o di scelta di una terapia senza la presenza fisica del paziente (un’attività di consulenza a distanza fra medici che permette a un medico di chiedere il consiglio di uno o più medici, in ragione di specifica formazione e competenza, sulla base di informazioni mediche legate alla presa in carico del paziente) o di Telecooperazione sanitaria, intesa come un atto consistente nell’assistenza fornita da un medico o altro operatore sanitario ad un altro medico o altro operatore sanitario impegnato in un atto sanitario (il termine viene anche utilizzato per la consulenza fornita a quanti prestano un soccorso d’urgenza). Complessivamente questa tipologia di soluzioni è presente ormai a regime in un’azienda su tre. Seguono i servizi di Telesalute – che collegano i pazienti, in particolar modo i cronici, con i medici per assistere nella diagnosi, monitoraggio, gestione, responsabilizzazione degli stessi – presenti a regime solo nel 10% delle strutture, e la Televisita (4%), atto sanitario in cui il medico interagisce a distanza con il paziente e che può dar luogo alla prescrizione di farmaci o cure.
Tutte le analisi di cui sopra sono state fatte incrociando la visione di differenti interlocutori. Ad esempio, i dati su diffusione e utilizzo della Cartella Clinica Elettronica sono stati raccolti sia dai CIO delle aziende sanitarie sia dai medici internisti ospedalieri, i dati sui servizi digitali ai cittadini integrano la visione delle Direzioni Strategiche e dei cittadini, ecc. Queste analisi permettono di validare i singoli punti di vista, minimizzando l’effetto di visioni polarizzate o auto-referenziali.
Infine, la ricerca ha previsto la raccolta del punto di vista delle Regioni, dell’Agenzia per l’Italia Digitale e del Ministero, sia con interviste telefoniche sia con il confronto diretto all’interno di workshop e incontri dell’Advisory Board, con obiettivo di rilevare la roadmap regionale della Sanità digitale. Sono state, inoltre, analizzate le barriere e i driver abilitanti l’innovazione digitale in Sanità. Da queste attività emergono i ritardi normativi che richiedono azioni concertate e allineate tra i vari livelli di governo della Sanità (nazionale, regionale e aziendale) e che devono poi tradursi in risorse coerenti per investire nell’evoluzione della Sanità digitale, e abilitare benefici a livello sistemico, che rendano sostenibili a regime le nuove modalità organizzative e di presa in carico del paziente. Normativa e risorse devono essere allineate per non creare ulteriori barriere all’innovazione. Si pensi ad esempio alle risorse umane su cui far leva per sviluppare innovazione digitale nelle aziende sanitarie, che devono essere correttamente inquadrate e motivate nei loro percorsi professionali.
In conclusione, da tutte le analisi emerge un quadro coerente della Sanità digitale in Italia, con luci e ombre legate a specifici contesti locali (solitamente regionali), e rilevanti ambiti di miglioramento soprattutto per quanto riguarda l’integrazione di diverse infrastrutture e servizi e, in particolare, l’interazione di reali cartelle cliniche elettroniche ad ampio spettro con il Fascicolo Sanitario Elettronico, per abilitare poi servizi digitali al cittadino sempre più completi ed evoluti. Emergono inoltre spunti rilevanti per ulteriori analisi, ma su questo fronte continueremo a lavorare per aumentare la conoscenza e la consapevolezza sulla Sanità digitale in Italia.