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Controlli Green Pass e documento d’identità: ecco le regole (confuse)

Gli esercenti devono sempre chiedere il green pass a persone dai 12 anni in su. Possono -e devono solo in caso di palesi frodi – chiedere il relativo documento d’identità . Sono sanzionabili in questi due casi. Ma le norme stanno ingenerando confusione

Pubblicato il 11 Ago 2021

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

revoca green pass

Chi deve fare i controlli per il green pass, per cui è scattato l’obbligo, deve anche chiedere il documento d’identità? L’utente si può rifiutare? Per stabilire regole su questi aspetti, da cui dipende l’effettiva attuazione dell’obbligo green pass, il Governo ha prima emanato un decreto (della presidenza del consiglio, quindi non una legge), poi una circolare (10 agost0), del ministero dell’Interno.

Controlli green pass e del documento d’identità: le regole

In breve, alla luce della circolare gli esercenti devono sempre chiedere il green pass a persone dai 12 anni in su. Possono – ma non sempre devono – chiedere il relativo documento d’identità contro possibili frodi, ossia utilizzo di green pass di altre persone. Sono sanzionabili sia se non chiedono il green pass sia se in caso di palese frode (green pass di uomo usato da donna ad esempio) non chiedono il documento.

  

La normativa green pass

La disciplina base sui controlli è contenuta nel D.P.C.M. 17.06.2021, che ha già ricevuto il parere positivo del Garante privacy e che affida l’attività di controllo:

  • ai pubblici ufficiali
  • al personale addetto al servizio di controllo delle attività di intrattenimento e spettacolo in luoghi aperti al pubblico
  • ai titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi a cui è possibile accedere solo previa esibizione del Green Pass
  • ai proprietari o detentori di luoghi o locali in cui si svolgano eventi o attività a cui è possibile accedere solo previa esibizione del Green Pass
  • ai vettori di mezzi di trasporto aerei, marittimi e terrestri o loro delegati
  • ai gestori delle strutture sanitarie

Questi soggetti possono delegare (con atto formale) altri soggetti ad effettuare i controlli per loro conto (fornendo le opportune istruzioni).

Il D.P.C.M., 17.06.2021, all’art. 13 co. 4, prescrive l’obbligo per i soggetti che accedono ad attività riservate ai possessori di Green Pass di esibire, oltre al certificato verde, il loro documento di identità a richiesta del soggetto preposto al controllo.

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Questa normativa era stata interpretata nel senso di consentire ai gestori di non richiedere il documento di identità ai loro ospiti nel caso in cui si trattasse ad esempio di clienti abituali o comunque conosciuti per nome dal verificatore, imponendo in tutti gli altri casi la richiesta del documento di identità (pena il rischio sanzione in capo al verificatore che avesse fatto accedere qualcuno presentatosi con un Green Pass magari “chiesto in prestito” ad un amico).

Il D.P.C.M., pur emanato prima del “fiorire” di casi d’uso del Green Pass, continua ad oggi a normare l’attività di verifica da parte di soggetti pubblici e privati e prescrive quindi un’attività di controllo che si fonda su una produzione del Green Pass e sulla contestuale esibizione di un documento per effettuare un necessario confronto fra le informazioni (meno chiara invece è la normativa sui certificati medici di esenzione dal Green Pass, ad oggi in attesa di un D.P.C.M. che ne disciplini il controllo).

La Circolare del 10 agosto su controlli documento d’identità per green pass

Su questo punto è però intervenuta a ingenerare confusione, il Ministro dell’Interno Lamorgese con dichiarazioni poco comprensibili circa gli oneri dei soggetti tenuti a controllare i Green Pass.

Se il D.P.C.M. 17.06.2021, come abbiamo visto, consente a tutti soggetti preposti ai controlli (ivi inclusi i gestori dei locali) di chiedere il documento di identità dei soggetti che accedono ai locali/servizi di loro competenza, il Ministro il 9 agosto ha promesso una circolare o una FAQ per chiarire che i gestori non dovranno chiedere i documenti agli utenti.

Peccato che la normativa, in realtà, sia abbastanza chiara in senso contrario e che se è prevista una facoltà in capo a chi controlla di pretendere l’esibizione di un documento è evidente l’intenzione del D.P.C.M. di porre in capo al soggetto che effettua il controllo anche una responsabilità nel caso in cui ad esempio un soggetto entri con il Green Pass di un altro (magari reperito online da qualcuno che ha avuto la cattiva idea di condividerlo).

Il D.P.C.M., fonte di rango secondario, prevale infatti su una circolare (peraltro, come chiarito recentemente sia dal Consiglio di Stato con sentenza 567/2017 che dalla Cassazione con sentenza n. 6185/2017, la circolare non è che un atto interno vincolante solo per gli organi operativi sottordinati al Ministero o all’Ufficio cui sono rivolte) così come su una FAQ che dovesse essere pubblicata sul sito del Ministero dell’Interno (come recentemente chiarito dal Consiglio di Stato nell’Adunanza del 16.06.2021, che riconosce loro una funzione meramente pratica/operativa prescrivendo una tutela dell’affidamento dell’interessato solo se le direttive contenute nelle FAQ risultano conferenti con le disposizioni normative ed interne all’Ente).

La circolare è arrivata la sera del 10 agosto e dice una cosa diversa da quella “promessa” dal Ministro in quanto ribadisce il potere di controllo dei documenti di identità in capo agli esercenti ma ne precisa la portata, chiedendo:

  • al personale addetto al controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo di effettuare “controlli saltuari” dei documenti;
  • ai titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi (es. ristoratori) di effettuare controlli sui documenti di identità solo in caso di “abuso o elusione delle norme”, formula criptica che fortunatamente è esemplificata dalla circolare nell’ipotesi di “manifesta incongruenza” dei dati riportati nella certificazione Green Pass rispetto al soggetto che si ha davanti (ad esempio il ristoratore sarà tenuto a chiedere il documento nel caso di un Green Pass evidentemente incompatibile, ad esempio per sesso o per età, con il soggetto che lo esibisce).

La circolare cerca infatti un componimento fra quanto affermato dal Ministro (non verrà richiesto ai soggetti privati di chiedere i documenti), e il limite della normativa (D.P.C.M. 17.06.2021), che prevede quantomeno un potere di verifica dei documenti di identità in capo ai soggetti privati tenuti ai controlli.

Il risultato è una circolare che comunque risulta più efficace, giuridicamente, di quanto ci si sarebbe atteso dalle dichiarazioni della Lamorgese (una circolare intesa a “rovesciare” il D.P.C.M.) e che potrebbe davvero essere considerata uno strumento efficace e meramente “esplicativo” della portata della normativa in tema di verifica delle certificazioni verdi.

Insomma stiamo parlando comunque di uno strumento giuridicamente errato per la soluzione della problematica, ma il malcostume delle “circolari esplicative” rivolte all’esterno della Pubblica Amministrazione è talmente diffuso che un simile documento può davvero orientare legittimamente gli operatori.

Il governo fa inoltre salva, nella circolare, una residua possibilità di sanzione per il gestore che faccia accedere al proprio locale un soggetto che presenta il Green Pass di un altro, ma solo nel caso in cui siano riscontrabili “palesi responsabilità” in capo all’esercente (il Ministero non precisa in cosa le stesse possano consistere ma ci si può forse riagganciare all’esempio che precede, ovvero all’ipotesi di una persona che presenta un Green Pass che, per elementi evidenti all’esercente, non corrisponde al soggetto che si ha di fronte).

Resta il fatto che questa scelta di limitare i controlli dei documenti, per una presa di posizione governativa, mina in radice la complessa architettura tecnologica che ha portato al Green Pass e alle sue modalità di verifica (peraltro già avallate dal Garante Privacy) e rischia di essere svilita da un intervento correttivo “riduttivo” eliminando il puntuale controllo ipotizzato fin dal D.P.C.M. 17.06.2021.

Il Garante privacy e i controlli sui documenti

Peraltro il Garante privacy, con un comunicato coevo alla circolare del 10 agosto, ha diffuso un parere diretto alla Regione Piemonte in cui esplicitamente afferma la legittimità, dal punto di vista della normativa, privacy, del controllo dei documenti di identità da parte dei soggetti privati preposti alla verifica, ricordando solamente che gli stessi dovranno unicamente essere esibiti agli esercenti e non ne dovrà essere trattenuta copia.

Le sanzioni per chi non controlla o non ha il pass

Il decreto prevede da 400 a mille euro di sanzione per esercenti e utenti se qualcuno di questi non ha un pass. Per gli esercenti colpevoli di tre violazioni in tre giorni diversi, sospensione dell’attività da uno a dieci giorni.

In caso di palese falso, l’esercente che non controlla il documento d’identità rischia la stessa sanzione. Per l’utente c’è il reato di falsificazione e truffa se usa un green pass falsificato.

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