Sarà possibile applicare la tecnologia CRISPR/Cas9 per modificare i geni responsabili della apparentemente misteriosa molteplicità di risposte all’infezione di Sars-Cov-2?
La tecnica della CRISPR/Cas9, che è valsa il Nobel alla microbiologa francese Emmanuele Charpentier e alla chimica statunitense Jennifer Doudna, è molto “giovane” e deve essere ancora affinata per raggiungere una elevata affidabilità e ridurre il rischio di mutazioni genetiche non programmate. Come vedremo, la possibilità di modificare spermatozoi o cellule uovo prima di condurre una fecondazione in vitro per dare ai nascituri protezione da malattie ereditarie e magari vantaggi cognitivi, implica considerazioni etiche, legali e anche scientifiche. Modificare il DNA della futura generazione è un evento irreversibile che verrà ereditato da tutta la discendenza nei futuri millenni. Possiamo assumerci questa responsabilità? Ne abbiamo diritto? È eticamente accettabile? Cosa dicono le varie comunità scientifiche e le varie religioni del mondo su questo tema?
Quel che è certo è che ci aspettano anni di studio, di confronti e di importanti decisioni circa questa tecnologia che potrà aiutare anche nella crescita economica se si pensa all’impatto che potrebbe avere anche in agricoltura, oltre che in medicina molecolare.
Ma andiamo per gradi.
Il caso di He Jiankui
Il 30 dicembre 2019, mentre il virus Sars-coV-2 iniziava a diffondersi a Wuhan e in altre regioni in Cina e fuori dalla Cina, la Corte popolare del distretto cinese Nanshan di Shenzhen condannava il biofisico e ricercatore He Jiankui a due anni di prigione e tre milioni di yuan di multa (circa 390.000 euro). Lo scienziato, tanto criticato anche a livello mondiale nei due anni precedenti, perseguendo “fama e profitto”, aveva infranto le leggi cinesi, nonché l’etica della medicina e della ricerca. He Jiankui aveva alterato attraverso la metodica della CRISPR/Cas9 il DNA di cellule pre-embrionali umane, poi impiantate in due donne che avevano dato alla luce i primi bimbi con una specifica variazione genetica. Ma la notizia della condanna dello scienziato è passata inosservata a causa del coronavirus che dilagava a Wuhan e poi dell’avanzata della pandemia nel resto del mondo.
Nel “lontano” novembre 2018 (sembra tanto lontano oggi a causa dell’intenso periodo di cambiamento che stiamo vivendo), era stato dato l’annuncio di questa sperimentazione genetica su pre-embrioni umani (le prime cellule che si formano dopo la fecondazione in vitro) in un congresso sull’editing del genoma umano ad Hong Kong. Le due gemelle nate grazie a questa sperimentazione, Lulu e Nana, sono potenzialmente resistenti al virus HIV (Human Immunodeficiency Virus) che provoca l’AIDS e di cui era malato un genitore.
He Jiankui, applicando lo storico concetto machiavellico “il fine giustifica i mezzi”, aveva pensato che fosse etico e utile tentare di dare una soluzione genetica di nuovo tipo alla coppia di genitori che temevano che i loro figli potessero infettarsi con il virus HIV. Anni prima era stato scoperto che alcuni individui sono naturalmente resistenti al virus HIV perché hanno ereditato una particolare mutazione che rende non funzionale un gene che codifica un recettore per le citochine. Questa proteina recettoriale normalmente è presente sulla superficie esterna di globuli bianchi, cellule chiave del sistema immunitario. Il recettore riceve dall’esterno (dal sangue e dagli spazi interstiziali) il segnale delle citochine e lo trasmette all’interno delle cellule, provocando un’infiammazione e allertando così il sistema immunitario a preparare le difese e ad agire di conseguenza contro le minacce virali o batteriche. È interessante notare che la variante genetica che rende non funzionale il recettore 5 per le citochine si è diffusa nel corso di alcuni millenni in varie regioni del mondo. Il 10-15% degli individui di alcune popolazioni umane (ad esempio, della popolazione europea) sono portatori di una copia non funzionale del gene, chiamata CCR5-Δ32, che manca di 32 coppie di basi di DNA. L’altra copia del gene presente nelle loro cellule è invece normale e tecnicamente viene definita selvatica. La copia del gene mutante è rara o assente, invece, in Africa e Asia. Si ritiene che la mutazione CCR5-Δ32 sia comparsa casualmente circa 3000 anni fa in Nord Europa e si sia diffusa grazie alle migrazioni vichinghe, soprattutto di individui maschi. La rapida diffusione della copia mutata CCR5-Δ32 in varie altre popolazioni è dovuta all’azione della selezione naturale perché conferisce uno o più vantaggi evolutivi, tra i quali probabilmente la protezione dal vaiolo e forse anche dalla peste bubbonica. Quel che è certo, perché dimostrato da vari studi scientifici, è che gli individui portatori di una copia di CCR5-Δ32 e di una copia normale sono altamente protetti dall’infezione del virus HIV. Inoltre, inaspettatamente, topi portatori della medesima mutazione genica hanno mostrato un miglioramento del 30-60% delle capacità cognitive (orientamento spaziale e memoria).
È sorprendente la scoperta che anche in alcune specie di primati, i cercocebi, si è originata e diffusa una simile mutazione di questo recettore per le citochine, probabilmente come protezione contro le infezioni del virus dell’immunodeficienza delle scimmie (Simian Immunodeficiency Virus, SIV).
Nonostante ci possano essere molti vantaggi ad avere la fortuna di ereditare una mutazione CCR5-Δ32 e nonostante molti, tra noi che non la posseggono, possano essere tentati di modificare i loro spermatozoi o le loro cellule uovo prima di condurre una fecondazione in vitro per dare ai loro figli protezione e magari vantaggi cognitivi, ci sono considerazioni ed implicazioni etiche, legali e anche scientifiche da affrontare.
La Cina allineata sulle regole etiche internazionali
Il recente esito del processo cinese con la condanna dello scienziato He Jiankui è stato un ottimo segnale da parte della Cina che ha mostrato di allinearsi con gli altri Paesi in cui gli scienziati e i comitati bioetici avevano espresso preoccupazioni e suggerito di essere ancora cauti nell’uso della tecnica CRISPR/Cas9 sugli esseri umani. La Cina, quindi, intende rispettare le regole etiche e le buone prassi che alcune istituzioni internazionali, soprattutto statunitensi ed europee, si sono date per quanto concerne la modifica genetica stabile ed ereditaria delle cellule di un essere umano. Molti in Cina però temono che ciò possa rallentare la ricerca genetica di avanguardia con CRISPR/Cas9 in campo medico e non solo. Anche in Cina, ad esempio, sta crescendo il timore del cibo derivato anche indirettamente da mais o soia transgenici, un timore legato ad una moda antiscientifica occidentale di stile “new age” e ad una contrapposizione ideologica contro grandi corporazioni che hanno avuto un enorme successo economico con appena un paio di prodotti transgenici messi in commercio.
Certamente sarà più facile accettare l’editing genetico delle cellule somatiche invece che di quelle della linea germinale. Nel primo caso, la modifica rimane in quella generazione e non è ereditata dai futuri figli, nel secondo caso invece la discendenza potrà ereditarla. Già altre terapie geniche pre-CRISPR che permettono di sostituire un gene che funziona male usando vettori virali sono state autorizzate di recente per curare, ad esempio, la rara malattia retinica di Leber (LCA) che colpisce 1 su 40.000 nati, l’atrofia muscolare spinale (SMA1) che colpisce 1 su 10.000 nati e la beta-talassemia che ogni anno colpisce nel mondo 100.000 persone e in Italia interessa 7000 persone che necessitano di frequenti trasfusioni e hanno una aspettativa di vita in media di 40 anni. La terapia genica di queste malattie genetiche mediante Cas9 potrebbe essere più rapida e precisa.
La tecnologia CRISPR/Cas9 può modificare la risposta al Covid?
Dopo i vari articoli pubblicati in questi ultimi anni sulla CRISPR/Cas9, che hanno aiutato a diffondere la conoscenza di questa biotecnologia moderna, in questi mesi di pandemia il coronavirus ha forzato la gente comune a incuriosirsi ed informarsi su altri argomenti di Biologia: le infezioni virali e l’evoluzione dei virus. Molti oggi sanno che il virus Sars-Cov-2 entra nelle cellule umane grazie a proteine virali che si trovano sulla sua superficie, le “spike” che agganciano una proteina specifica umana presente sulla superficie delle cellule del naso, del polmoni e di vari altri organi. E molti oggi sanno che il virus Sars-Cov-2 cambia il suo genoma producendo nuove varianti, alcune delle quali potrebbero essere più infettive (come lo è la variante D614G) o più letali (al momento nessuna). Meno diffusa è invece la conoscenza dell’importanza che ha il nostro passato genetico sull’evoluzione dell’infezione da Sars-Cov-2. Ad esempio, se abbiamo ereditato dai nostri lontani antenati una zona del genoma contenente una specifica variante genica abbiamo un rischio tre volte più alto di aver bisogno di ventilazione in caso di malattia da covid rispetto a chi non ha ereditato questa variante. Nelle popolazioni dell’Asia meridionale e dell’Europa questa variante è presente con frequenza di 1 su 6 persone, invece è assente in Africa e in Asia orientale. Sarà possibile applicare la tecnologia CRISPR/Cas9 per modificare i geni responsabili della apparentemente misteriosa molteplicità di risposte all’infezione di questo virus? È noto a tutti, infatti, che a volte vi sono esiti letali anche in pazienti giovani e senza malattie pregresse e che in altri casi pazienti molto anziani invece sopravvivono alla malattia. Anche la nostra specie ha avuto una espansione che potremmo metaforicamente definire pandemica. Noi esseri umani siamo passati da 10.000-100.000 persone di 60.000 anni fa ad un miliardo di persone nell’Ottocento e poi in due secoli a 7 miliardi. Abbiamo accumulato un po’ di variabilità genetica che è presente soprattutto all’interno di ciascuna popolazione e meno tra differenti popolazioni. Nella nostra specie questa variabilità genetica si continua ad originare ad ogni generazione riproduttiva grazie alle mutazioni inevitabili che accadono nel DNA degli spermatozoi e degli ovociti. In totale si stima che siano esistiti 100 miliardi di esseri umani da quando è emerso l’Homo sapiens, quindi negli ultimi 300.000 anni. In varie popolazioni umane buona parte degli individui non digerisce a stadio adulto il latte ed altre invece questa capacità enzimatica ereditaria è molto diffusa, e ciò grazie ad una mutazione genetica che si è verificata in alcuni nostri antenati e si è diffusa in quelle popolazioni che hanno iniziato a praticare la pastorizia per poi diffondersi in altre regioni del mondo. Il discorso si complica se però consideriamo che i virus evolvono, cioè cambiano, come tutti i viventi. Ma i virus, quindi anche Sars-coV-2, evolvono molto molto velocemente, a differenza degli esseri viventi pluricellulari. Per un virus, il replicarsi fino a produrre miliardi di particelle figlie è questione di pochi giorni. Trovare casualmente una mutazione che permette al virus di evadere da una specie e conquistare una nuova nicchia ecologica, una seconda specie, è relativamente facile.
Oggi sappiamo che una persona diviene infetta se almeno 1000 particelle di Sars-coV-2 entrano nelle sue cellule e il virus si replica, diffonde nel suo corpo e poi con un singolo colpo di tosse ne rilascia circa 200.000.000 copie. Bastano 500 colpi di tosse (che corrispondono a circa un giorno) di un singolo individuo infetto per rilasciare nell’ambiente 100 miliardi di particelle virali, originatesi nell’arco di una settimana a partire da 1000 virus iniziali. Potete fare voi i calcoli di quanti coronavirus sono stati prodotti nella nostra specie in questi mesi, considerando che abbiamo avuto ad oggi (28 ottobre 2020) oltre 40 milioni di infettati: 40 milioni x 100 miliardi = 4 x 1018, cioè 4 miliardi di miliardi di virus al giorno per i vari giorni di infezione massima raggiunta da ogni individuo infetto. E più virus vengono prodotti, maggiore è la probabilità che si sviluppino nuove varianti più pericolose anche se i fenomeni coevolutivi selezionano positivamente i virus meno aggressivi in grado di convivere “pacificamente”. Anche questa considerazione evolutiva dovrebbe essere considerata nelle politiche del contenimento dei contagi, come prevenzione di ulteriori futuri problemi.
Come si è originato il SARS-CoV-2
Ma come si è originato questo virus? Nel 2002, nella provincia cinese del Guandong ci sono stati i primi casi di SARS-CoV che ha ucciso 800 persone in varie parti del mondo, fermandosi poi nella sua avanzata. Il SARS-CoV era prima presente solo in alcune specie di pipistrelli e poi ha conquistato la nostra specie. Nel 2016, nella medesima provincia, un’altra “specie” di virus di pipistrelli, il virus SADS-coV, ha fatto il salto di specie, riuscendo a infettare e uccidere 25.000 maiali. Alla fine del 2019, un terzo coronavirus, il Sars-Cov-2, nella provincia cinese di Hubei, si è evoluto saltando nella nostra specie e uccidendo ad oggi oltre un milione di persone ed infettandone oltre 44 milioni.
Per spiegare come questi coronavirus hanno fatto il salto da una specie ad un’altra possiamo usare una metafora informatica: i virus, come gli hacker, sanno come decriptare e trovare la chiave giusta per entrare in un conto corrente bancario, ovvero in una cellula di una nuova specie, provando e riprovando miliardi di combinazioni tramite mutazioni casuali. È un metodo che la Natura in tutte le sue forme viventi usa da miliardi di anni per trovare nuove soluzioni a nuovi problemi. Si chiama evoluzione darwiniana e sopravvivenza del più adatto, per mutazione casuale e selezione naturale. Sopravvive solo chi vince con il biglietto della lotteria che ha la giusta combinazione, e la tramanda ai figli e ai figli dei figli. Se uno dei figli sbadatamente (per nuova mutazione) perde una della cifre della giusta combinazione, è molto probabile che soccomba. Oppure più raramente acquisisce una nuova combinazione che lo rende ancor meglio capace di sopravvivere nella nuova nicchia ecologica. Le nuove combinazioni si generano cambiando il software con cui il virus e gli organismi viventi cellulari funzionano: il software è scritto con un antichissimo linguaggio della vita inventato 3.7 miliardi di anni fa, che si è arricchito di nuove parole ed ha permesso di comporre nuovi libri (individui e specie) e di riempire nuove biblioteche (gruppi di specie) sempre più complesse ed ampie. Tutti i viventi usano un unico linguaggio (codice genetico) e un unico sistema operativo di base (insieme minimo di funzioni genetiche e proteiche, che fanno funzionare una cellula).
La tecnica della CRISPR/Cas9 per cambiare il testo del software della vita
Ma oltre alla evoluzione genetica e genomica causata da mutazioni casuali, dal 17 agosto del 2012 sappiamo indurre mutazioni in punti specifici del genoma di qualsiasi specie, in modo rapido, economico e preciso, grazie alla chimica statunitense Jennifer Doudna ed alla microbiologa francese Emmanuelle Charpentier che hanno ricevuto il premio Nobel per la chimica per aver scoperto come una proteina di origine batterica possa essere usata in cellule animali per indurre mutazioni specifiche. Quello che la Natura fa in tempi lunghissimi oggi noi possiamo farlo in poche ore ed anche nel genoma della nostra specie. Con la tecnica della CRISPR/Cas9 è possibile cambiare il testo del software della vita in un punto specifico della lunghissima sequenza di basi che caratterizzano una determinata specie di vivente. Il sistema CRISPR/Cas9 fa due cose:
- analizza la sequenza di un genoma in modo ultrarapido e compara la sequenza lineare di un breve RNA guida artificiale di riferimento (che appaia con il gene bersaglio),
- trova t il punto del DNA complementare e lo taglia, entra poi in gioco la cellula eucariotica che ripara il DNA tagliato, o introducendo una mutazione che inattiva la sequenza nucleotidica, o introducendo una sequenza normale (grazie ad un DNA sintetico di riferimento “iniettato” nella cellula insieme con la Cas9), in un gene “malattia”, curandolo.
Le più recenti applicazioni della CRISPR/Cas9 in campo umano prevedono il suo uso per risolvere non solo malattie genetiche rare ma anche malattie genetiche più frequenti, come quelle che portano a problemi cardiocircolatori e coronarici. Ma Cas9 può essere rimodificata a tal punto da riuscire a fare cose ancor più innovative. Ad esempio, è usata per sviluppare nuovi test rapidi per Sars-Cov-2 ed è in corso di studio una tecnologia PAC-MAN (Prophylactic Antiviral CRISPR in huMAN cells (CRISPR profilattica antivirale in cellule umane) per combattere le infezioni da vari coronavirus. In questo secondo approccio, è stata scelta la proteina batterica Cas13 che taglia l’RNA invece che il DNA (i coronavirus hanno un genoma a RNA).
Con uso del computer, della bioinformatica e delle sequenze virali studiate e messe a disposizione dai ricercatori di tutto il mondo, sono state individuate le regioni genomiche che si mantengono costanti durante l’evoluzione molecolare nella famiglia dei coronavirus. In questo modo sono state scelte le sequenze nucleotidiche comuni da usare come molecole RNA guida generali per vari tipi di coronavirus e per indirizzare PAC-MAN contro i suoi nemici-bersagli. Nanoparticelle lipidiche potrebbero contenere varie molecole di Cas13, ciascuna con un RNA guida differente per colpire in simultanea più punti, ed essere introdotte ad esempio con aerosol nelle vie respiratorie e quindi nelle cellule epiteliali magari ancora non infettate.
Conclusione
La CRISPR/Cas9 è considerata da molti come una scoperta e una rivoluzione pari all’atterraggio sulla luna e allo sviluppo della energia atomica-nucleare. È importante essere sempre più informati sia come cittadini che come politici. Tutti dobbiamo necessariamente diventare “esperti di Biologia”, come lo siamo diventati di smartphone in pochi anni.
Ringraziamenti e risorse per approfondimenti:
L’autore ringrazia i professori di Genetica Luciano Gaudio e Serena Aceto del medesimo Ateneo per le utili discussioni, i suggerimenti e l’editing del testo.
Per approfondire la disciplina della Genetica si può accedere anche gratuitamente al corso dell’autore su piattaforma EdX in collaborazione con FedericaX.