Una delle future sfide della medicina è quella della delocalizzazione domiciliare delle cure. Fino a poco tempo fa il concetto di cura domiciliare era alternativo a quello di cura ospedaliera con le cure domiciliari che erano in genere destinate alla cura delle patologie più semplici o all’assistenza al malato terminale. Vi era, infatti, la diffusa convinzione che le cure domiciliari fossero meno efficaci di quelle ospedaliere e che alla fine per la maggior parte delle patologie il paziente avrebbe avuto un maggiore vantaggio dal ricovero ospedaliero. Questa convinzione era anche radicata tra i pazienti che spesso percepivano le cure domiciliari come cura di serie b.
Questa convinzione, diciamolo una volta per tutte, è assolutamente sbagliata perché oggi le cure domiciliari non solo non sono possibili, ma molto spesso sono anche preferibili alle cure ospedaliere.
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Le cure domiciliari nella gestione della dialisi
Il New York Times riporta un caso molto interessante di sanità domiciliare che potrebbe avere molta rilevanza anche in Italia e potrebbe rendere meno difficile la gestione di una pratica medica invasiva come quella della dialisi, ma che è una terapia imprescindibile per i pazienti con gravi forme di insufficienza renale. Il caso presentato è quello del Sig. Hall che è un paziente che ha bisogno di dialisi o di un trapianto per vivere. Infatti, è un paziente che ha subito un trapianto 20 anni fa e ha sperimentato una nuova insufficienza con l’organo trapiantato. Senza reni funzionanti, le tossine non smaltite si accumulano e avvelenano il corpo. Ogni anno, circa un paziente su sei che intraprende la dialisi di mantenimento muore, mentre altri sono costretti a rinunciare al trattamento per comorbidità. Il caso del Sig. Hall è interessante perché sta sperimentando un device della Outset Medical dal nome Tablo Hemodialysis System che permette la dialisi domiciliare. Con questo strumento il sig. Hall avrebbe potuto guardare i suoi tre nipoti giocare in giardino mentre faceva il suo trattamento di dialisi.
I costi
La macchina ha le dimensioni di un frigorifero, ha uno schermo touch con animazioni in 3D attraverso il quale può essere programmata ed è in grado di guidare il paziente attraverso dei feedback vocali. Il costo della dialisi domiciliare può essere stimato in 50000 dollari e questo costo, ovviamente, potrebbe scendere nel momento in cui questa diventasse una prassi comune, ma è comunque notevolmente più basso di quanto costa al servizio sanitario un paziente in dialisi, senza considerare quanto costa in termini di qualità della vita al paziente il doversi sottoporre periodicamente a questa procedura salvavita. L’importanza dei sistemi domestici è, quindi, immediatamente evidente.
La maggior parte dei pazienti in dialisi si reca in cliniche per l’emodialisi, con poca flessibilità per lunghe distanze qualunque siano le condizioni meteo. I pazienti spesso si valutano come aventi una bassa qualità della vita, poiché manifestano crampi, insonnia, depressione e ansia. A causa della dialisi i pazienti non possono programmare la loro vita, hanno costantemente bisogno di assistenza per gli spostamenti e nei periodi festivi o nei lunghi week end in cui non possono accedere agli ospedali per le cure si ritrovano con liquido nei polmoni e difficoltà a respirare. Oggi solo il 14% dei pazienti negli Stati Uniti fa la cura domiciliare, in Italia siamo un po’ indietro con solo poche migliaia di malati seguiti domiciliarmente.
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Potenzialità e vantaggi dell’implementazione su larga scala della telemedicina
Quello della dialisi domiciliare non è che uno degli esempi delle potenzialità e dei vantaggi dell’implementazione su larga scala della telemedicina.
Il monitoraggio dei pazienti attraverso sensori collegati con il medico di base può rendere più efficiente ed efficace la gestione del paziente e anche migliorare la prognosi della malattia, miglioramento della prognosi che significa anche un minor tasso di utilizzo della terapia intensiva e del pronto soccorso. Per attuare una vera telemedicina occorre, però, una rivoluzione che potrebbe dare risultati concreti solo tra qualche anno.
Occorre riprogettare la rete dei servizi territoriali, valorizzando il ruolo dei medici di base e introducendo strumenti di teleassistenza e di telemedicina. Sono interventi a costo zero, che non necessitano di risorse aggiuntive, ma che hanno bisogno solo di capacità di programmazione e di competenza. La telemedicina, quindi, può rappresentare la frontiera per seguire tutti gli altri pazienti, rendendoli autonomi il più rapidamente possibile e agevolandone l’autogestione (autosufficienza nella propria casa, nel “quartiere” in cui si sono abituati a vivere).
Una rete integrata ospedale-territorio-domicilio
Si attiverebbe una rete integrata ospedale-territorio-domicilio, in cui dovrebbero interagire le varie figure professionali che sono già in campo (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri e podologi esperti, medici e chirurghi specialisti nei vari settori di competenza delle patologie interessate) e si potrebbe pensare alla discesa in campo di forze nuove utili (come i farmacisti esperti in tale settore), cui demandare altri compiti come la gestione degli appuntamenti con i professionisti prima menzionati, la preparazione di prodotti galenici ad hoc, la sensibilizzazione e l’educazione sanitaria di pazienti e caregivers.
L’esperienza di dialisi domiciliare, che dovrebbe essere resa accessibile a tutti i malati, migliorando la loro qualità di vita e riducendo anche i costi del sistema sanitario, è un chiaro esempio dei margini di miglioramento che può avere la sanità utilizzando le nuove tecnologie.