La dematerializzazione delle informazioni e dei dati della sanità italiana (l’eHealth) è la condizione per una riorganizzazione etico-economica complessiva del settore, che vive ancora in un contesto ordinativo delle riforme novecentesche. Essa è inoltre obiettivo indispensabile per una personalizzazione delle cure (sanità di precisione o di complessità) e per raggiungere nuove traguardi nella ricerca cinica. Infine, la governance dell’ecosistema salute-sanità ha bisogno oggi di recepire ‘in tempo reale’ i dati del rapporto domanda di salute – offerta di servizi (i big data), in un rapporto immediato con i cittadini, come si fa ormai in ogni Smart City.
L’Agenda Digitale Italiana definisce standard, linee guida e obiettivi di questa imponente dematerializzazione, ma non, con altrettanta chiarezza, architettura tecnologica e culturale: Il Digital Hospital, in un contesto di continuità assistenziale e presa in carica del paziente.
Cosa sono le reti centrate sul paziente
I pilastri culturali, condivisi e innovativi, dell’eHealth europea sono, senza dubbio, le reti patient centered e generative assieme all’accesso human factors (personalizzato) di medici e cittadini agli aggregati dematerializzati (come FSE e Cartella Clinica Elettronica).
Per reti patient centered s’intende un’informatica sanitaria ribaltata di 180 gradi rispetto al passato. Qui il dato prioritario è quello individuale di salute e tutti gli altri dati e le altre reti (i cosiddetti sistemi informatici sanitari) sono secondari e derivati dai primi. Quindi reti o sistemi informativi non più basati sull’infrastruttura tecnologica-amministrativa, ma centrate sulla trasmissione e condivisione delle informazioni del paziente.
Per reti generative si intende un sistema interoperabile, con standard condivisi e protocolli di generazione Internet, in grado di far comunicare tutti gli attori (in primis, cittadini e medici) senza impostazioni gerarchiche o frammentarietà.
Per fare un esempio: una comunità di cittadini (o di medici curanti) che si trovano già in rete per condividere dati di salute, non dovranno modificare le loro piattaforme tecnologiche (software) per estendere questa area di comunicazione verso nuove reti, anche istituzionali come quelle del FSE: basterà adottare, appunto come avviene in Internet, standard condivisi.
Questo concetto, per altro banale al tempo del web dove io scrivo con Page e il mio interlocutore legge con Word, senza alcun problema, demolisce la vecchia cultura del software unico, che impone, soprattutto ai medici, di sostituire i loro sistemi tecnologiche (ad esempio, una cartella clinica elettronica), ogni volta che c’è una innovazione da introdurre, con grave danno in termini di perdita di informazioni e di disadattamento (tempo che in computer ruba al paziente!).
La modalità tecnologica di comunicazione di generazione Internet è in realtà la più semplice ed è quella che ormai tutti noi utilizziamo. Nei sistemi e-Health regionali-nazionali è sufficiente implementare un backbone, una dorsale condivisa, che permetta a tutti gli interlocutori della sanità – poi dell’assistenza sociale – di comunicare usando software diversi e personalizzati.
Si forma così un’interoperabilità tra sistema (l’organizzazione sanitaria) e ambiente (il mondo dei cittadini), tra la pluralità delle esperienze in atto, in particolare con quelle che vedono protagonisti i cittadini (le reti sociali), oltreché con le reti eHealth istituzionali progettate dalle regioni per generare il FSE e nelle aziende il Dossier Sanitario.
Quindi un’architettura condivisa di comunicazione del dato di salute del cittadino, sfruttando le potenzialità delle reti eHealth che già oggi generano in molte regioni Italiane l’FSE e alimentano la CCE del medico di famiglia.
La dematerializzazione in Sanità e la Cartella clinica elettronica
La necessità urgente è quella di completare la parte ‘verticale’ del sistema (Digital Hospital), quella aziendale, con la completa dematerializzazione dei flussi informativi ospedalieri-ambulatoriali e la realizzazione di una Cartella Clinica Elettronica (CCE) ‘verticale’ (ambulatoriale e di reparto). Sotto questo aspetto occorre un particolare sforzo culturale per abbandonare il concetto di CCE come semplice dematerializzazione di quella cartacea in uso da oltre un secolo.
Quella che continuiamo a chiamare ‘Cartella’ ha ben poco a che vedere con la sua omonima di carta, in quanto si va configurando piuttosto come un ‘nodo’ della rete eHealth: un EPR (Electronic Patient Record), interoperabile con ogni applicativo tecnologico dipartimentale, settoriale, di reparto, diagnostico. In sostanza un Back End Temporale del Dossier Sanitario Elettronico (cioè con la storia clicca del paziente a livello aziendale). La somma delle diverse cartelle cliniche dello stesso paziente generate nel tempo in un ospedale o in una azienda sanitaria diventa, così, di fatto, il Dossier Sanitario.
Lo strumento di aggregazione intelligente dei dati del paziente che collega la CCE con il FSE è, invece, il PAI (Piano assistenziale integrato di presa in carico del paziente cronico o patologico). È l’organizzazione dei dati, in formato elettronico, per la continuità assistenziale ospedale-territorio (medici di base – Case della Salute o strutture poliambulatoriali- Hospital), che trova già concreta attivazione nella Regione Lombardia.
Si avverte così, sempre più, la necessità, anche in sede di riflessione teorica, di definire delle Road Map condivise tra tutti gli attori, ma anche in modo pre-competitivo tra i player di mercato, le aziende ICT; tra quelli orizzontali (medici di famiglia) e verticali (medici specialisti).
L’obiettivo deve essere quello di completare l’architettura tecnologica del dato in ogni regione e in ogni azienda sanitaria. La gestione di queste informazioni di salute dematerializzate, necessità, poi, di strategie di empowrment (del cittadino) e di governance (dei decisori, manager, politici) su cui ritorneremo prossimamente.