Condividere i propri dati sanitari con un medico o altro professionista della salute per ricevere prestazioni e assistenza medico-sanitarie è qualcosa che le persone sono naturalmente disposte a fare. Si tratta in questo caso dei propri dati condivisi per un uso primario come quello della cura della salute individuale.
Quando, invece, questi dati sono utilizzati – o, meglio, riutilizzati – per analisi statistiche, ricerca scientifica, misurazione della qualità e della sicurezza del servizio sanitario, motivi di sanità pubblica e altro ancora, la condivisione ha finalità secondarie [1] ed è strettamente legata alla approvazione delle persone.
L’uso secondario (riuso) dei dati sanitari è progressivamente cresciuto a partire dal 2002, quando l’importanza della condivisione dei dati primari al di fuori della relazione paziente-medico è stata riconosciuta dalla Dichiarazione di Taipei della World Medical Association sui Principi Etici riguardanti i database sanitari e le biobanche. [2] Importanza al tema è stata data anche dal Medical Research Council e dal Welcome Trust, che hanno sottolineato la necessità di ottimizzare la condivisione dei dati a fini di ricerca. [3] Da allora, il Welcome Trust, la Hewlett Foundation, l’International Committee of Medical Journal Editors, l’Institute of Medicine e varie altre organizzazioni, hanno rilasciato dichiarazioni volte a rafforzare l’idea di un “obbligo etico di condividere” i dati sanitari anche mediante un maggiore accesso, per migliorare la ricerca scientifica. [4] [5] [6]
I vantaggi della condivisione dei dati sanitari per la ricerca clinica
Ai sensi del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), considerando 35, “nei dati personali relativi alla salute dovrebbero rientrare tutti i dati riguardanti lo stato di salute dell’interessato che rivelino informazioni connesse allo stato di salute fisica o mentale passata, presente o futura dello stesso.” [7]
I dati sanitari includono quindi informazioni derivate da esami clinici, test di laboratorio, analisi genetiche nonché parametri raccolti tramite dispositivi medici e tramite App mobili, la cui condivisione a scopo di riuso (uso secondario) apporta benefici alla ricerca clinica aumentandone ad esempio la velocità di sviluppo e l’efficienza dei risultati con meno duplicazioni e maggiori successi circa i trattamenti per i pazienti. [8] [9]
I vantaggi per la programmazione sanitaria e l’organizzazione dei servizi di cura
Altri benefici della condivisione riguardano la programmazione sanitaria e l’organizzazione dei servizi di cura. Tra il 2015 e il 2019, il Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito è riuscito ad esempio a ridurre i tempi di intervento nei casi di emergenza da pronto soccorso mediante una piattaforma tecnologica per la condivisione e lo scambio di dati sanitari primari.[10]
La creazione di digital twin e big data per l’IA
La condivisione di dati sanitari per finalità secondarie è inoltre utile per il progresso tecnologico, come osservato nel campo dei digital twins (“gemelli digitali”) di materia fisica – inclusa quella biologica costitutiva di cellule, tessuti e organi – i quali consentono di replicare virtualmente stimolazioni esercitate sul vivo, per prevederne i risultati e migliorare i trattamenti sui pazienti e la preparazione dei professionisti. [11]
La condivisione di dati sanitari per finalità secondarie è altresì funzionale alla creazione di grandi set di dati (big data) utili per informare e addestrare algoritmi di intelligenza artificiale utilizzati con finalità di ricerca, di diagnostica e altro ancora. [12]
Le problematiche
La condivisione dei dati sanitari personali per usi secondari richiede – fatta eccezione per le finalità di interesse pubblico come, ad esempio, le emergenze di sanità pubblica [13] – l’adesione dei pazienti, il cui atteggiamento iniziale non è sempre positivo.
Con l’avvento del nuovo regolamento sullo Spazio Europeo dei Dati Sanitari (European Health Data Space – EHDS), sarà inoltre possibile per l’interessato esercitare un diritto di rifiuto (opt-out) volto a bilanciare l’autonomia delle persone fisiche con l’esigenza degli utilizzatori di dati di disporre di dataset esaustivi e rappresentativi.
I motivi che possono influenzare l’adesione alla donazione dei dati
Le persone fisiche non saranno tenute a fornire alcuna motivazione per l’opt-out e avranno la possibilità di riconsiderare la propria scelta di rifiuto in qualsiasi momento. Di converso, sussisterà l’obbligo di fornire loro informazioni sufficienti e complete sul diritto di opt-out (compresi vantaggi e svantaggi nell’esercizio di tale diritto) da parte degli Organismi competenti. [14]
Il trattamento dei dati sanitari personali per finalità secondarie è dunque necessario che sia quanto più possibile allineato con gli interessi dei donatori di dati e che il valore della condivisione sia ben compreso dalla popolazione generale.
Le persone fisiche tendono infatti a essere più disponibili a condividere i propri per finalità secondarie con chi ha già fornito loro cure e assistenza. [15] Ma al di fuori di tale perimetro, la specifica finalità di trattamento secondario influenza fortemente il grado di approvazione. Ad esempio, la ricerca in campo di salute pubblica risulta vincente rispetto alla ricerca con interessi commerciali. [16] [17] [18]
Anonimizzazione e privacy
In aggiunta, le garanzie di anonimizzazione e/o le protezioni in materia di privacy hanno un ruolo chiave. [19] [20]
Storicamente, sono state condotte poche ricerche sull’opinione pubblica in merito alla condivisione dei dati sanitari personali. [21] Sulla base di quanto disponibile in letteratura, il pubblico è più favorevole alla condivisione dei propri dati quando ciò sia per un ‘bene’ superiore e quando vi è fiducia nelle istituzioni che gestiranno e accederanno ai propri dati.
La paura di danni alla persona
La paura si annida infatti nella possibilità che dal riuso dei dati derivino danni alla persona, direttamente o indirettamente. La sfiducia è inoltre alimentata da preoccupazioni riguardanti interessi del settore privato che non siano in linea con quelli del paziente o dal timore che i dati personali sanitari siano venduti ad insaputa del soggetto interessato.
L’opinione pubblica generalmente concorda con i vantaggi della ricerca del settore privato e con la sua importanza, ma prima di condividere i propri dati per questa finalità, desidera assicurarsi che i risultati della ricerca siano in linea con i vantaggi per la popolazione generale. L’opinione pubblica vuole dunque conoscere i risultati della ricerca e l’impatto della condivisione dei dati oltre alle misure di salvaguardia. [22]
Accettazione pubblica della condivisione dati: i fattori che la influenzano
Nonostante la spinta, comune a molti settori della società civile, ad espandere l’uso dei dati sanitari personali per finalità secondarie (ricerca clinica, politiche sanitarie, salute pubblica, statistiche nazionali e internazionali, assistenza sanitaria personalizzata, eccetera), l’accettazione pubblica verso tale pratica di condivisione non è uniforme [23], e vi sono differenze anche tra tipi di dati sanitari condivisibili.
Le posizioni più controverse
Le posizioni più controverse si concentrano sui dati riguardanti in primis le biobanche e appresso i dati genomici.
Giocano un ruolo importante nella propensione alla condivisione anche fattori come il modello di consenso, gli strumenti di protezione della privacy, la finalità del trattamento, il tipo di utente dei dati (ossia il destinatario che li utilizzerà). Ad esempio, in modo coerente per tutti i tipi di dati, le organizzazioni nonprofit e le istituzioni pubbliche (università, istituti di ricerca) ricevono un supporto maggiore dall’opinione pubblica rispetto ad organizzazioni che utilizzano i dati per trarre profitto o sono aziende private come le farmaceutiche. [23]
Istruzione e consapevolezza sulla condivisione dei dati sanitari
L’istruzione e la consapevolezza della popolazione sul tema della condivisione dei dati a fini di riuso sono inoltre fattori chiave per incentivare la volontà di condividere. La Finlandia, ad esempio, che ha un sistema informativo sanitario completamente digitalizzato anche per finalità secondarie, ha registrato un incremento nella propensione alla condivisione dei dati da parte di studenti universitari coinvolti in una campagna di sensibilizzazione sulle modalità e il valore della condivisione di dati genomici per finalità secondarie. [24]
Un’età più giovane e un livello di istruzione più elevato sono fattori predittivi positivi anche in relazione a tipi di dati particolarmente sensibili come i dati genomici e quelli delle biobanche. Inoltre, le persone che usano dispositivi mobili ogni giorno sono più propense a condividere i propri dati generati da dispositivi personali rispetto a chi non ne fa uso. [23] Vi sono anche preferenze rivolte a scienziati, medici di base o psicoterapeuti rispetto alla cerchia degli amici. [25]
L’aspetto etico della condivisione dei dati sanitari personali
L’aspetto etico della condivisione dei dati sanitari personali è un elemento importante per quanto riguarda l’opinione dei donatori di dati, i quali considerano i possibili benefici a livello sanitario o scientifico. Tuttavia, la percezione dei benefici legati alla finalità secondaria non è di per sé sufficiente, poiché vi sono diverse implicazioni etiche correlate anche alle pratiche di condivisione sulle quali i donatori di dati desiderano essere istruiti. [26]
La privacy e la sicurezza rimangono, in ogni caso, le preoccupazioni più espresse dai donatori di dati, anche se l’adozione obbligatoria di adeguati strumenti di protezione della privacy (come la deidentificazione e l’anonimizzazione) allevia queste preoccupazioni. [23]
L’imposizione è controproducente
Infine, l’imposizione alla condivisione dei dati rivolta al paziente è controproducente: nel Regno Unito, ad esempio, un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester ha registrato una alto tasso di rifiuto nei confronti del programma governativo ‘General Practice Data for Planning and Research (2021), poiché questo non consentiva ai pazienti di decidere sulla condivisione dei propri dati, con quale destinatario e a quale scopo. [27]
La necessità di nuovi approcci informativi e trasparenza
In un’epoca – quella del digitale – in cui i progressi della scienza medica e dell’assistenza sanitaria potrebbero trarre immenso vantaggio dalla condivisione di dati sanitari per finalità secondarie, l’evidenza è ancora che la maggior parte degli individui è disposta a condividere i propri dati per scopi primari, ossia per ricevere cure mediche individuali ottimali.
La letteratura internazionale sul tema evidenzia, per la condivisione con finalità secondarie, la necessità di nuovi approcci informativi, oltre che normativi, idonei a contrastare una certa mancanza di fiducia da parte dell’opinione pubblica per quanto riguarda i processi di condivisione. Le preferenze e gli atteggiamenti positivi o negativi sono infatti significativamente guidati da diversi fattori sociodemografici ed etici, ma soprattutto dalla cultura della condivisione (intesa anche come istruzione sul processo). Ad esempio, una delle maggiori influenze sulla volontà di un paziente di condividere i propri dati è la percezione che questi saranno utilizzati per qualcosa di ‘accettabile’ come la ricerca clinica e la salute pubblica, anziché per qualcosa di ‘inaccettabile’ come la ricerca per scopi commerciali.
Più controllo da parte del donatore di dati, e più trasparenza e garanzie (di riservatezza, sicurezza ed etica) da parte del titolare del trattamento dei dati, sono le richieste prevalenti della popolazione generale senza voler compromettere gli obiettivi del riuso dei dati sanitari.
La restituzione delle modalità e dei risultati della condivisione
La restituzione delle modalità e dei risultati della condivisione, ad esempio da parte dei ricercatori nei confronti dei pazienti donatori, innescano inoltre un meccanismo virtuoso che affianca le rassicurazioni offerte dall’anonimizzazione/deidentificazione dei dati, tra gli altri strumenti.
Il rispetto di requisiti FAIR
In aggiunta, il rispetto di requisiti FAIR (Findable, Accessible, Interoperable e Reusable) per quanto riguarda la raccolta e la conservazione dei dati sanitari da parte di titolari dei dati come organizzazioni sanitarie, istituzioni ed enti preposti sulla materia della salute, semplificherebbe il percorso verso il riuso del dato sanitario per finalità secondarie.
Standard di sicurezza solidi e sforzi collaborativi di alto livello
Sono dunque necessari standard solidi e sforzi collaborativi di alto livello per affrontare le barriere che ostacolano il processo di condivisione dei dati. In proposito, è un esempio per tutti l’European Health Data Space, che prevede infrastrutture e regole pensate per il riuso dei dati sanitari per finalità secondarie nel rigoroso rispetto della privacy e della cybersicurezza. In particolare, mediante l’infrastruttura tecnologica HealthData@EU, i dati sanitari non sono fisicamente accessibili da terze parti, ma sono gli algoritmi per l’elaborazione dei dati ad essere trasferiti ai dati stessi in ambienti di trattamento sicuri. Solo i risultati delle analisi svolte negli ambienti sicuri vengono quindi rilasciati a terze parti. Si tratta, in questo caso, di un approccio coerente con la preoccupazione di garantire riservatezza e sicurezza delle informazioni sanitarie sensibili, promuovendo al contempo lo sviluppo della ricerca scientifica e di altre finalità secondarie.
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- Il regolamento n. 679 del 27 aprile 2016 (General Data Protection Regulation – GDPR) all’art. 17, lett. c) ha previsto che il trattamento ulteriore (uso secondario) dei dati sanitari personali, in presenza dell’opposizione dell’interessato all’utilizzo degli stessi, possa avvenire se si deve eseguire un compito di interesse pubblico. Quanto all’ambito sanitario, sulla base del considerando 52 del GDPR rientrano in questo concetto la sicurezza sanitaria, la prevenzione o il controllo di malattie trasmissibili e altre minacce gravi alla salute, limitatamente a ciò che è necessario per raggiungere l’obiettivo per il quale si procede, nel rispetto dei principi di proporzionalità e necessità. In Italia, le finalità di pubblico interesse in materia sanitaria sono disciplinate nell’art. 2 sexies del decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 (Codice Privacy), le cui basi di legittimazione del trattamento dei dati personali sono state recentemente ampliate con il Decreto Legislativo n. 139 dell’8 ottobre 2021 (Decreto Capienze).
- Considerando 37c del testo dell’European Health Data Space Regulation, oggetto di accordo tra Parlamento e Consiglio dell’UE, che chiarisce quanto stabilito nell’articolato di legge all’articolo 35f sul diritto di opporsi al trattamento dei dati sanitari elettronici personali per uso secondario che recita “ Natural persons shall have the right to opt-out at any time and without stating reasons from the processing of personal electronic health data relating to them for secondary use under this Regulation. The exercise of this right shall be reversible.
2. Member States shall provide for an accessible and easily understandable opt-out mechanism to exercise this right, whereby natural persons shall be offered the possibility to explicitly express their will not to have their personal electronic health data processed for secondary use.
2a. After natural person has opted out, and where personal electronic health data relating to them can be identified in a dataset, personal electronic health data relating to them shall not be made available or otherwise processed pursuant to data permits pursuant to Article 46 or data requests pursuant to Article 47 granted after the natural person has opted out. This shall not affect the processing of personal electronic health data relating to that natural person for secondary use pursuant to data permits or data requests that were granted before the natural person has opted out.
3. Member States may establish by national law a mechanism to make data in regard of which an opt-out mentioned in paragraph 1 has been exercised, available under the following conditions:
(i) The data access or request application is submitted by a public sector body or a Union institution, body, office or agency with a mandate in carrying out tasks in the area of public health, or by another entity entrusted with carrying out public tasks in the area of public health, or acting on behalf of or commissioned by a public authority, when necessary for any of the following purposes:
a. the purposes referred to in Article 34(1), points (a) to (c);
b. scientific research for important reasons of public interest;
(ii) the data cannot be obtained by alternative means in a timely and effective manner under equivalent conditions;
(iii) the applicant has provided the justification referred to in Articles 46(1), point (h), or Article 47(2), point (be).
Conditions listed under points i), ii) and iii) shall be cumulatively fulfilled.
The national law providing for such a mechanism shall contain, specific and suitable measures so as to protect the fundamental rights and the personal data of natural persons.
Where a Member State has decided to provide for the possibility to request access to data in regard of which an opt-out has been exercised referred to in this paragraph in its national law and these criteria are met, the data for which an opt-out pursuant to paragraph 1 has been exercised may be included when carrying out the tasks under Article 37(1), points (a) (iii), (vi) and (d).
4. The exceptions in paragraph 3 shall respect the essence of the fundamental rights and freedoms and be a necessary and proportionate measure in a democratic society to fulfil public interest in the area of legitimate scientific and societal objectives.
5. Any processing according to the exception in paragraph three shall comply with the requirements of this Chapter, notably the ban on re-identification, including attempts, in accordance with Article 41(2a). Any legislative measure referred to in paragraph 3 shall contain specific provisions for safety and protection of the rights of natural persons.
6. Members States shall notify the Commission of the provisions of their law which they adopt pursuant to paragraph 3 of this Article, without delay, any subsequent amendment affecting them.
7. If the purposes for which a health data holder processes personal electronic health data do not or do not longer require the identification of a data subject by the controller, the health data holder shall not be obliged to maintain, acquire or process additional information in order to identify the data subject for the sole purpose of complying with the right to opt out under this Article.
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