Come fare e cosa serva per massimizzare l’impatto degli investimenti della PA in tecnologia digitale è un argomento che, in realtà, presuppone una piena consapevolezza dei percorsi che si intendono seguire in direzione della qualità dei servizi ai cittadini. In sanità, in particolare, ciò significa definire lo scenario di servizio, ovvero avere la visione della sanità pubblica da qui ai prossimi 20/25 anni.
In taluni casi, infatti, le politiche di investimento attuate anche nel recente passato sono apparse scollegate da una prospettiva di sviluppo dei servizi di medio-lungo periodo e non sempre hanno prodotto una reale innovazione ed un miglioramento della qualità, così penalizzando anche la parte di mercato più “virtuosa”.
L’evoluzione tumultuosa delle tecnologie digitali non sembra aver trovato sempre un corrispettivo nella capacità di concreto adeguamento dell’organizzazione e del modus agendi della pubblica amministrazione.
Senza quindi voler semplificare, o peggio, banalizzare questioni di grande complessità, si ritiene indispensabile che la politica degli investimenti venga ricondotta ai tre valori fondamentali che debbono ispirare i servizi pubblici alla persona:
- l’equità di accesso
- la qualità dei servizi
- la sostenibilità economica
Ciò deve avvenire attraverso l’analisi dei vincoli determinati dello scenario socio-sanitario e demografico nell’ambito dei quali la capacità di innovazione creata dal mercato può contribuire efficacemente al miglioramento del sistema, in termini di outcome, anche attraverso nuove modalità di relazione (partnership) tra i vari attori del sistema.
A fianco della tecnologia digitale a stretto supporto delle tradizionali attività cliniche, che certamente che deve essere costantemente sviluppata, si evidenziano due ambiti di innovazione di lungo periodo: i sistemi di governo dei bisogni e lo sviluppo della telemedicina.
I moderni sistemi sanitari, infatti, condizionati dal processo di invecchiamento della popolazione, dalla crescita della domanda di servizi e dalla non corrispondente crescita delle risorse disponibili, si stanno orientando sempre più verso strumenti di governance basati sulla capacità “predittiva”, mediante una classificazione dei bisogni di salute di un territorio.
Questi sistemi rappresentano un’evoluzione del Chronic Care Model e quindi della sanità di iniziativa e sono oggi realizzabili proprio grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia digitale, in primis attraverso lo sviluppo dei Big Data. Si cita ad esempio l’esperienza italiana forse più avanzata, rappresentata dagli ACG (Adjusted Clinical Groups) della Regione Veneto, ma anche le esperienze nascenti di Lombardia, Friuli, Toscana, che puntano agli stessi obiettivi. Tali strumenti, pienamente coerenti con il Piano Nazionale delle Cronicità, consentono un utilizzo retrospettivo dei risultati in termini di monitoraggio dello stato di salute, di valutazioni di performance e di analisi dei costi, ma anche (vero valore aggiunto) un loro utilizzo prospettico in direzione della identificazione dei livelli di rischio della popolazione, dei target di intervento e di previsione dei costi. Sistemi del genere diventeranno i principali strumenti di management, in ottica di qualità e sostenibilità complessiva.
Una attenta politica di investimento in tecnologia digitale dovrebbe quindi essere impostata sulla realizzazione di questa fondamentale infrastruttura di governo da cui, a ben vedere, potranno discendere tutte le ulteriori scelte di Tecnhology Assessment.
L’altro settore prioritario, in Italia ancora in verità ai primordi, è rappresentato dalla telemedicina, quale strumento per l’inevitabile “ridisegno strutturale ed organizzativo della rete dei servizi” (Piano Nazionale della Telemedicina, Ministero della Salute). In particolare lo sviluppo della telemedicina è richiamato anche dall’Agenda Digitale di Europa 2020.
Il Piano Nazionale riconosce alla telemedicina la possibilità di introdurre modelli assistenziali innovativi sul cittadino facilitando l’accesso alle prestazioni sul territorio nazionale e contribuendo ad assicurare equità di accesso alle cure. Di fronte alle ancora sporadiche esperienze realizzate a livello nazionale, è necessario anche in questo caso poter disporre di un modello di governance complessivo, da tradurre in coerenti politiche di investimento.
L’uno e l’altro degli aspetti indicati, sistemi di monitoraggio dei bisogni e sviluppo della telemedicina, costituiscono senza dubbio alcuno una vera e propria “rivoluzione culturale” .
Il gap italiano nei due settori citati deve essere rapidamente colmato e per fare ciò è necessaria un’alleanza strategica tra i vari attori e stakeholder del sistema, in un quadro politico-istituzionale auspicabilmente concorde almeno su questi obiettivi fondamentali di medio-lungo periodo; committenza pubblica, imprese e cittadini singoli o associati debbono operare il più possibile in logica di partnership, sfruttando le potenzialità offerte anche dalle recenti innovazioni del Codice degli Appalti, sempre nel doveroso rispetto dei principi della concorrenza. Su quest’ultimo aspetto, massima attenzione dovrà essere data all’adozione di soluzioni contrattuali che aprano il mercato, contenendo il più possibile l’effetto “lock-in” spesso generato dall’introduzione delle tecnologie digitali.