Il Fascicolo Sanitario Elettronico è ancora molto lontano da un livello minimo di accettabilità e di efficienza, nonostante il quadretto ottimistico tratteggiato lo scorso 12 ottobre dai dati presentati alla Conferenza Stato Regioni sullo stato di attuazione del progetto.
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Scrive testualmente il comunicato stampa della Conferenza Stato regioni: “Il progetto dopo una fase di sperimentazione con progetti pilota fatti in 6 regioni -Regioni Basilicata, Campania e Piemonte (incremento alimentazione) e le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Puglia (trasferibilità automatica) – dovrebbe ora passare a tutto il territorio nazionale utilizzando le risorse del PNRR. I dati presentati relativi alle 6 regioni pilota sembrano confortanti: “Per quanto riguarda l’alimentazione, in appena sette mesi, la Regione Basilicata è passata dal 27% dei documenti disponibili sull’FSE al 95%; la Regione Campania dal 1,5% al 53%; e la Regione Piemonte dal 50% al 80%.Sulla portabilità interregionale, la percentuale di successo nella migrazione dei documenti tra le Regioni pilota è passata dal 14% al 93% nel periodo ottobre 2021-giugno 2022; allo stesso tempo è stata riscontrata la riduzione degli errori rispetto alla migrazione, passati dal 5% al 0,60% dei documenti interessati nello stesso periodo di riferimento”.
Come vedremo in seguito, però questo quadro viene smentito da un’analisi più seria ed approfondita dei dati disponibili, analisi che mette in evidenza tutti i ritardi e tutte le criticità del progetto.
Lo stato di attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia
Appare opportuno, però a questo punto fare alcune considerazioni sullo stato di attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia, in particolare andando a confrontare cosa è stato fatto negli ultimi 6-9 mesi non solo nelle regioni pilota e in relazione agli ambiti di intervento dei progetti pilota a cui i riferiscono i dati precedentemente esposti, ma nel progetto nazionale complessivo riguardante la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Per fare questo possiamo utilizzare i dati sullo stato di attuazione e sull’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico.
Se guardiamo i dati sullo stato di attuazione la situazione sembrerebbe addirittura idilliaca: tutte le regioni superano il 90% di attuazione e la maggioranza dichiara un’attuazione del 100%. Il dato però che lascia perplessi è che i dati relativi al quarto trimestre 2021 sono quasi identici a quelli del terzo trimestre 2022, con l’eccezione di un leggero avanzamento per ciò che riguarda il Piemonte. Questa fotografia fa pensare quasi ad una fase di stasi dell’attuazione del progetto.
I dati sull’utilizzo del FSE
Se guardiamo, però, i dati sull’utilizzo, che non sono così elevati, vediamo come ancora in Italia, sia pur con l’esclusione di alcune regioni che costituiscono delle eccellenze, siamo ancora all’anno zero. Nel quarto trimestre del 2021 solo due regioni possono vantare un utilizzo pieno da parte dei cittadini e sono il Lazio e la Sardegna.
Solo altre due superano il 50%, mentre le rimanenti hanno tassi di utilizzo inferiori al 50% con tre regioni e due province autonome che dichiarano un utilizzo pari a zero. Nel terzo trimestre 2022 l’utilizzo dei cittadini crolla, nessuna regione ha un utilizzo pieno solo l’Emilia-Romagna raggiunge un grado di utilizzo dell’80%, Lazio e Lombardia sono al 50%, 8 regioni, tra cui il Veneto, sono a utilizzo zero e le rimanenti sotto la soglia del 30%. Questi dati smentiscono forse l’eccessivo ottimismo che emergeva dalla presentazione dei dati in Conferenza Stato Regioni
Il grado di utilizzo da parte dei medici
Lo stato di attuazione mostra tutte le sue criticità quando si tratta di considerare il grado di utilizzo da parte dei medici. Nel quarto trimetre del 2021 non solo era a macchia di leopardo il grado di abilitazione dei medici, che presenta sette regioni con un’abilitazione al 100% e sei regioni con tassi di abilitazione fra 0e il 5%, ma quando si tratta di considerare l’effettiva alimentazione del fascicolo da parte dei medici, solo la Valle d’Aosta si attesta al 50%, Sicilia e Umbria si attestano tra il 20 e il 30% mentre i rimanenti territori presentano un valore zero (quasi zero solo nel caso del Friuli Venezia Giulia).
Nel terzo trimestre del 2022 la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. I grafici dei diversi periodi sono perfettamente identici. Se il fascicolo non viene alimentato dai medici, non si capisce bene cosa ci possa essere dentro, ma la cosa più grave è l’evidenza del completo immobilismo su questi aspetti negli ultimi nove mesi come plasticamente mostrato dal confronto dei grafici dei diversi periodi.
L’alimentazione da parte delle aziende sanitarie
A macchia di leopardo è anche l’alimentazione da parte delle aziende sanitarie e il grado di abilitazione degli operatori sanitari. Anche in questo caso il confronto fra il 2021 e il 2002 mostra una regressione in relazione alla variabile utilizzo che peggiora fortemente con 9 regioni che evidenziano un utilizzo pari a zero nel 2020 (erano solo 6 nel 2021) e solo due che mostrano un pieno utilizzo (erano 4 nel 2021). In relazione alla variabile operatori abilitati i due grafici sono sostanzialmente uguali con un miglioramento evidente solo nelle regioni Campania e Piemonte e con ancora 5 regioni che dichiarano un livello di abilitazione pari a zero.
Fascicolo Sanitario Elettronico: l’uso dei big data per una vera medicina predittiva e preventiva
La creazione del fascicolo sanitario elettronico che si arricchisce continuamente anche con il monitoraggio di valori rilevati in remoto è uno strumento insostituibile per un sistema sanitario moderno perché contribuisce, a rendere diagnosticabili in una fase molto iniziale molte patologie, a individuare situazioni di rischi, a gestire a distanza l’assistenza e la cura. La tecnologia costituisce il mezzo fondamentale per fronteggiare le esigenze di un servizio continuo di assistenza da remoto, da costruire intorno al paziente, sulla base della patologia esistente. Il monitoraggio continuo consentirà l’individuazione tempestiva di criticità, permettendo l’adozione di interventi e misure correttive prima che appaiano complicazioni più gravi, con ricadute positive sia per il paziente, sia per il sistema sanitario in termini di riduzione di costi.
La possibilità di utilizzare i big data e l’intelligenza artificiale stravolge l’assunto epistemologico principale della pratica clinica contemporanea, la Evidence-Based Medicine (EMB), ossia “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematico dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche”. Con l’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale nasce, invece, la medicina basata su ciò che non è evidente per il singolo medico umano, ma può diventare evidente con l’utilizzo dei big data e delle tecniche di deep learning in quanto in grado di considerare e processare molte più informazioni di quanto sia possibile ad un essere umano.
Oggi con l’utilizzo dei big data in Sanità e delle tecniche di deep learning siamo in grado di fare una effettiva medicina predittiva e preventiva molto tempo prima della comparsa dei sintomi e per le patologie croniche e ingravescenti questo costituisce un notevole vantaggio. L’accesso istantaneo all’intero set di dati consente di prevedere l’evoluzione del quadro clinico attraverso algoritmi decisionali di supporto che rendano maggiormente efficiente l’intero processo. Il tutto può essere realizzato enfatizzando la natura costruttivistica del processo, finalizzata a portare un notevole vantaggio a tutti gli stakeholder interessati nel percorso di cura e assistenza dell’individuo. Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, quindi, un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche.
FSE, Regioni a macchia di leopardo
Le dichiarazioni ottimistiche fatte in sede di conferenza Stato Regioni appaiono del tutto ingiustificate. L’attuazione del fascicolo sanitario elettronico, guardato su base nazionale, è in una fase di stasi. I dati positivi presentati si riferivano a singoli aspetti di progetti regionali che però non cambiavano il quadro di sostanziale immobilismo a livello nazionale. Ad oggi, lo stato di attuazione del fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle regioni in maniera disomogenea, cosa che potrebbe anche comportare una non intercomunicabilità dei dati. In Italia, quindi, il fascicolo sanitario elettronico oggi è un miraggio per un numero consistente di cittadini. Anche le regioni che hanno avviato progetti in questo campo non hanno sempre tenuto in debito conto la necessità dell’interoperabilità nello scambio dei dati.
Senza fascicolo sanitario elettronico non solo diventano impossibili le applicazioni avanzate della sanità 4.0, ma perdono di efficacia anche le normali procedure sanitarie. Le grandi difficoltà che molte regioni hanno avuto nell’implementazione di una strategia vaccinale efficace sono causate da questa mancata digitalizzazione. Se avessimo avuto un sistema di gestione nazionale del fascicolo sanitario elettronico, avremmo potuto procedere alla vaccinazione chiamando nominativamente e in base alle priorità i singoli cittadini, sapendo in anticipo quali erano i più fragili, andando a vaccinare a domicilio quelli che non erano in grado di spostarsi. Avremmo quindi velocizzato la procedura ed evitato il costo del ricorso a piattaforme di prenotazione esterne al sistema sanitario.
Conclusioni
I divari nell’introduzione nel Fascicolo Sanitario Elettronico, come anche il divario tecnologico nella sanità digitale italiana, possono essere ricondotti alla frammentazione regionale delle politiche sanitarie. Una sanità regionale gestita e governata da 19 regioni e due province autonome ha prodotto il frutto malato di una scarsa capacità innovativa, una gestione più attenta ai bilanci che ai reali bisogni dei cittadini con il contorno di fenomeni corruttivi e di illegalità diffuse che in maniera generalizzata hanno colpito tutti i sistemi sanitari regionali. Una recente ricerca (Marino D., Priolo M., “La Governance della Sanità in Italia dopo la Riforma del Titolo V, conflitti costituzionali e divari regionali, pubblicata su “Economia Politica”) ha messo in evidenza tutte le criticità di una sanità regionalizzata.
Una governance regionalizzata di questo tipo non può che ampliare i divari della sanità e il sostanziale flop, almeno fino ad oggi, dell’attuazione del fascicolo sanitario elettronico non è che uno dei fallimenti più evidenti.