Il modello diagnostico-assistenziale basato fascicolo sanitario elettronico personalizzato è in grado di rispondere alle richieste di servizi di diagnosi, prognosi e cura sempre più efficaci, efficienti e di qualità per il paziente, il cui trade-off tra livello di servizio e costi di realizzazione potrà essere attenuato grazie all’applicazione di tecnologie, sistemi e procedure innovative di gestione del processo clinico secondo una logica di e-Health Service Management.
Ma, a oggi, lo stato di attuazione del fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle regioni in maniera disomogenea, cosa che potrebbe anche comportare una non intercomunicabilità dei dati.
Appare opportuno, allora, fare un’analisi sullo stato di attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in Italia, individuando le criticità e le possibili soluzioni, grazie anche al PNRR.
Fascicolo sanitario elettronico, sfide e priorità da affrontare
L’evoluzione e i vantaggi del FSE
La creazione del fascicolo sanitario elettronico che si arricchisce continuamente con il monitoraggio di valori rilevati in remoto contribuisce, a rendere diagnosticabili in una fase molto iniziale molte patologie, a individuare situazioni di rischi, a gestire a distanza l’assistenza e la cura. Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, quindi, un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche.
Secondo alcune stime il semplice tele-monitoraggio a casa dei malati cardiologici ridurrebbe il numero di giorni di degenza del 26% e consentirebbe un risparmio del 10% dei costi sanitari, con un aumento dei tassi di sopravvivenza del 15%. Obiettivo imprescindibile della sanità elettronica non può che essere anche quello di contribuire alla profonda ristrutturazione del sistema sanità, alla sua razionalizzazione e ottimizzazione, migliorando l’efficienza complessiva e riducendone contemporaneamente i costi di gestione. La soluzione proposta si basa sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione utilizzata come metodo di raccolta e scambio di informazioni sanitarie a distanza. La tecnologia applicata sarà in funzione della diagnosi precoce e terrà costantemente sotto controllo la situazione clinica e l’appropriatezza della cura.
La tecnologia costituisce il mezzo fondamentale per fronteggiare le esigenze di un servizio continuo di assistenza da remoto, da costruire intorno al paziente, sulla base della patologia esistente. Il monitoraggio continuo consentirà l’individuazione tempestiva di criticità, permettendo l’adozione di interventi e misure correttive prima che appaiano complicazioni più gravi, con ricadute positive sia per il paziente, sia per il sistema sanitario in termini di riduzione di costi.
Big data e AI per superare la Evidence-Based Medicine
La possibilità di utilizzare i big data e l’intelligenza artificiale stravolge l’assunto epistemologico principale della pratica clinica contemporanea, ossia la Evidence-Based Medicine (EMB), ossia “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematico dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche”. Con l’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale nasce, invece, la medicina basata su ciò che non è evidente per il singolo medico umano, ma può diventare evidente con l’utilizzo dei big data e delle tecniche di deep learning in quanto in grado di considerare e processare molte più informazioni di quanto sia possibile ad un essere umano.
Oggi con l’utilizzo dei big data in Sanità e delle tecniche di deep learning siamo in grado di fare una effettiva medicina predittiva e preventiva molto tempo prima della comparsa dei sintomi e per le patologie croniche e ingravescenti questo costituisce un notevole vantaggio. L’accesso istantaneo all’intero set di dati consente di prevedere l’evoluzione del quadro clinico attraverso algoritmi decisionali di supporto che rendano maggiormente efficiente l’intero processo. Il tutto può essere realizzato enfatizzando la natura costruttivistica del processo, finalizzata a portare un notevole vantaggio a tutti gli stakeholder interessati nel percorso di cura e assistenza dell’individuo. Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, quindi, un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche.
Lo stato di attuazione del FSE
Per fare un’analisi dello stato di attuazione del FSE possiamo utilizzare i dati dell’AGID sullo stato di attuazione e sull’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico.
Se guardiamo i dati sullo stato di attuazione la situazione sembrerebbe addirittura idilliaca: Tutte le regioni superano il 90% di attuazione e la maggioranza dichiara un’attuazione del 100%
Ma se guardiamo i dati sull’utilizzo vediamo come ancora in Italia, sia pur con l’esclusione di alcune regioni che costituiscono delle eccellenze, siamo ancora all’anno zero. Solo due regioni possono vantare un utilizzo pieno da parte dei cittadini e sono il Lazio e la Sardegna Solo altre due superano il 50%, mentre le rimanenti hanno tassi di utilizzo inferiori al 50% con tre regioni e due province autonome che dichiarano un utilizzo pari a zero.
Lo stato di attuazione mostra tutte le sue criticità quando si tratta di considerare il grado di utilizzo da parte dei medici. Non solo è a macchia di leopardo il grado di abilitazione dei medici, che presenta sette regioni con un’abilitazione al 100% e sei regioni con tassi di abilitazione fra 0e il 5%, ma quando si tratta di considerare l’effettiva alimentazione del fascicolo da parte dei medici, solo la Valle d’Aosta si attesta al 50%, Sicilia e Umbria si attestano tra il 20e il 30% mentre i rimanenti territori presentano un valore zero (quasi zero solo nel caso del Friuli Venezia Giulia). Se il fascicolo non viene alimentato dai medici, non si capisce bene cosa ci possa essere dentro!
A macchia di leopardo è anche l’alimentazione da parte delle aziende sanitarie e il grado di abilitazione degli operatori sanitari.
Inoltre, come dichiarato dai ministri Roberto Speranza e Vittorio Colao in un articolo sul Corriere della sera lo scorso 8 gennaio: “Nel 2021 abbiamo approvato un programma che prevede di omogeneizzare le modalità con cui vengono raccolti i dati sul territorio nazionale (unificando i cosiddetti Data models) e di creare un’architettura sicura a livello sia Regionale sia Nazionale”.
FSE, un miraggio per troppi cittadini
In Italia, quindi, il fascicolo sanitario elettronico oggi è un miraggio per un numero consistente di cittadini. Anche le regioni che hanno avviato progetti in questo campo non hanno sempre tenuto in debito conto la necessità dell’interoperabilità nello scambio dei dati. Senza fascicolo sanitario elettronico non solo diventano impossibili le applicazioni avanzate della sanità 4.0, ma perdono di efficacia anche le normali procedure sanitarie. Le grandi difficoltà che molte regioni hanno avuto nell’implementazione di una strategia vaccinale efficace sono causate da questa mancata digitalizzazione. Se avessimo avuto un sistema di gestione nazionale del fascicolo sanitario elettronico, avremmo potuto procedere alla vaccinazione chiamando nominativamente e in base alle priorità i singoli cittadini, sapendo in anticipo quali erano i più fragili, andando a vaccinare a domicilio quelli che non erano in grado di spostarsi. Avremmo quindi velocizzato la procedura ed evitato il costo del ricorso a piattaforme di prenotazione esterne al sistema sanitario.
Conclusioni
I divari nell’introduzione nel Fascicolo Sanitario Elettronico, come anche il divario tecnologico nella sanità digitale italiana, possono essere ricondotti alla frammentazione regionale delle politiche sanitarie. Una sanità regionale gestita e governata da 19 regioni e due province autonome ha prodotto il frutto malato di una scarsa capacità innovativa, una gestione più attenta ai bilanci che ai reali bisogni dei cittadini con il contorno di fenomeni corruttivi e di illegalità diffuse che in maniera generalizzata hanno colpito tutti i sistemi sanitari regionali. Una recente ricerca (Marino D., Priolo M., “La Governance della Sanità in Italia dopo la Riforma del Titolo V, conflitti costituzionali e divari regionali, pubblicata su “Economia Politica”) ha messo in evidenza tutte le criticità di una sanità regionalizzata.
Una governance regionalizzata di questo tipo non può che ampliare i divari regionali della sanità e il sostanziale flop ad oggi del fascicolo sanitario elettronico non è che uno dei fallimenti più evidenti.
I ministri Speranza e Calo nello stesso articolo scrivono poi che: “I contributi PNRR verranno utilizzati per arricchire e armonizzare i Fascicoli Sanitari Regionali, collegare le infrastrutture tra loro e per realizzare le componenti centrali per la ricerca e le politiche sanitarie. Le gare per le infrastrutture partiranno in primavera, da giugno ogni regione conoscerà le linee guida stabilite e come intervenire per disporre dei fondi PNRR”.
Non resta che sperare che alle parole seguano i fatti!