Le norme istitutive del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) sono state completamente ridefinite dal decreto-legge n. 4 del gennaio 2022, convertito nella Legge 25 del 28 marzo 2022, che ha potenziato il ruolo dell’Agenzia per la sanità nelle Regioni (AGENAS) e reso obbligatorio l’inserimento dei dati da parte degli operatori del Sistema Sanitario Nazionale e da parte dei privati.
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Si passa quindi da un ruolo “orientativo” a una imposizione con sanzioni nel caso di inadempienza. Viene poi invocato il potere sostitutivo che il governo può esercitare in caso di inadempienza della regione e si stabilisce la promulgazione di linee guida per l’attuazione del FSE e dell’ecosistema dei dati sanitari (EDS). Quest’ultimo, che costituisce l’infrastruttura portante del FSE integrato della tessera sanitaria e con l’Anagrafe degli Assistiti, verrà realizzato da Sogei su incarico di AGENAS.
Con queste scelte viene compiuto, dal punto di vista tecnologico e di mercato, il salto che potrà essere decisivo.
Ma sarà davvero così?
Le nuove linee guida sul FSE e cosa è mancato finora
Il FSE è stato introdotto nel nostro Paese da molti anni, a partire dal 2012 con il decreto-legge n. 219 articolo 12.
Fin dall’inizio l’argomento è stato trattato in modo “orientativo”, ovvero indicando che cos’era l’oggetto e che bisognava che altri, in particolare le Regioni, provvedessero a realizzarlo[1]. È successo quel che accade quando, come si dice in linguaggio organizzativo, non è stato identificato il process owner, ossia il responsabile dei risultati, Questa mancanza costituisce l’ostacolo principale che si oppone al funzionamento della nostra amministrazione pubblica, ed è alla base dei ritardi, delle indecisioni, dei cambiamento di orientamento, della farraginosa gestione dei contratti, della assenza di controlli sulla realizzazione, della inadeguatezza dei risultati rispetto agli obiettivi. Ma nel nostro caso, ossia quando si tratta di un tema che sta a cavallo tra competenze centrali e competenze locali, questa mancanza diventa uno scoglio insuperabile, un freno che non si limita ad incidere sui tempi e sulla qualità della realizzazione, ma rischia di renderla impossibile.
FSE, le verità nascoste
È eloquente la discrasia tra il sito (curato da AGID) del Ministero della Salute dedicato al FSE, i cui dati riportiamo in figura 1 e le dichiarazioni e i dati contenuti nelle Linee Guida, pubblicate con il recente decreto dello scorso 11 luglio per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), Linee Guida previste dal Decreto del 20 maggio 2022, che ha inaugurato l’utilizzo degli investimenti del PNRR.
La figura 1 riporta lo screenshot del sito dedicato al FSE con i dati del monitoraggio in tempo reale: 21 Regioni attive, 400 milioni di referti caricati, 57 milioni di FSE attivi. Meglio di così sembra che non si possa fare, a meno che i dati non siano, in realtà, molto parziali e incomplete siano le spiegazioni. Parzialità e incompletezza volute con il fine di nascondere amare verità e precise responsabilità.
Purtroppo, crediamo che questo sia il nostro caso, e ciò solleva la domanda legittima: perché affidare il monitoraggio di sistemi così importanti e complessi da cui dipendono servizi pubblici essenziali alle amministrazioni che ne sono responsabili? Ogni monitoraggio degno di questo nome dovrebbe essere affidato ad un ente certificatore indipendente e non ad una Agenzia in-house come AGID.
Come il governo valuta lo stato dell’arte del FSE
Vediamo ora come il governo valuta lo stato dell’arte del FSE (figura 2) e del Patient Summary (PS, figura 3), nella fotografia scattata con l’emissione delle Linee Guida appena uscite per avviare l’utilizzo dei fondi PNRR.
La fotografia innanzitutto dice che il FSE non funziona e che il PS praticamente non esiste.
Ma addita con insistenza la categoria dei medici di base o MMG come i principali responsabili della mancata attuazione del PS (figura 3) e quindi anche del FSE. Una accusa che ha sollevato le proteste della categoria, per altro motivate dall’evidente intendimento della comunicazione e del monitoraggio del governo che sia nel sito, sia nelle Linee Guida non ha inteso caricare eccessive responsabilità sulle Regioni e sull’amministrazione centrale che le dovrebbe, quantomeno, controllare e coordinare.
I medici non negano la mancata implementazione del FSE ma, forse non del tutto a torto, negano di essere -come categoria essenziale all’implementazione del FSE – i responsabili di una parte significativa dei problemi insorti[2].
FSE: sarà davvero la volta buona?
Il FSE si inquadra nel contesto istituzionale e operativo del Sistema Sanitario Nazionale. La Costituzione (art. 32) stabilisce che “la Repubblica tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Inoltre, con la riforma del Titolo V nel 200, la Sanità è stata affidata alle Regioni, con due importanti prerogative rimaste in mano allo Stato. La prima consiste nella determinazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ossia dello strumento che assicuri un accesso a servizi sanitari non differenziati per territorio ed eviti quindi l’attuale situazione di forte discrepanza nei servizi tra le Regioni, in particolare tra quelle del Mezzogiorno e quelle del Centro-Nord. La seconda è di vitale importanza, come ci ha insegnato la vicenda della pandemia, ed è la competenza esclusiva dello Stato sulla legislazione in materia di profilassi internazionale (art 117, comma 2, lettera q).
I problemi legati all’assetto federalista della Sanità
Sabino Cassese attribuisce molte delle inefficienze e dei contrasti emersi nell’affrontare il diffondersi dell’epidemia COVID-19, ad una interpretazione sbagliata delle Costituzione allorquando il secondo governo Conte cercò un farraginoso dialogo dello Stato con le Regioni, che interpretavano il loro ruolo a seconda del colore politico della giunta o degli interessi economici prevalenti nel territorio[3]. La Costituzione, all’articolo 117, prevede esplicitamente che la competenza normativa sulla profilassi internazionale sia esclusivamente dello Stato.
L’assetto federalista, temperato da alcune competenze dello Stato, ha portato a sistemi sanitari diversi tanti quante sono le Regioni, ed è questo uno dei nodi che stringono in una catena di intollerabili differenziazioni il nostro sistema sanitario. Un nodo che ha pesato nella fase di avvio del contrasto alla pandemia, ma che ha pesato e potrebbe continuare a pesare nella fase di implementazione del FSE[4].
Conclusioni
Il decreto-legge n. 4 del gennaio 2022, convertito nella Legge 25 del 28 marzo 2022, ha ridefinito completamente le norme istitutive del FSE, potenziando il ruolo dell’Agenzia per la sanità nelle Regioni (AGENAS), e rendendo obbligatorio l’inserimento dei dati da parte degli operatori del Sistema Sanitario e da parte dei privati. Si passa da un ruolo “orientativo” ad una imposizione con sanzioni nel caso di inadempienza. Viene invocato il potere sostitutivo che il governo può esercitare in caso di inadempienza della regione e si stabilisce la promulgazione di linee guida per l’attuazione del FSE e dell’ecosistema dei dati sanitari (EDS). Quest’ultimo, che costituisce l’infrastruttura portante del FSE integrato della tessera sanitaria e con l’Anagrafe degli Assistiti, verrà realizzato da Sogei su incarico di AGENAS.
Con queste scelte viene compiuto, dal punto di vista tecnologico e di mercato, il salto che potrà essere decisivo. Non nutro particolare simpatia per il monopolio pubblico di Sogei, che opera in un mercato protetto, scarsamente controllabile sia in termini di costi che di prestazioni. Tuttavia, occorre riconoscere che in presenza di una architettura istituzionale confusa, come quella stabilita dal Titolo V della Costituzione che dovrebbe delimitare le competenze tra Stato e Regioni, la soluzione di un operatore centrale unico responsabile della messa in opera del FSE e dell’interoperabilità e unica repository dei dati della sanità, appare una scelta inevitabile.
Anche il potenziamento dell’AGENAS sembra una scelta operativa inevitabile, motivata anche dalle indubbie capacità dell’attuale direttore generale dell’Agenzia.
Ma il passaggio organizzativo fondamentale per far funzionare il FSE e il PS sta nel coinvolgimento dei MMG. Questo coinvolgimento non può essere affidato a prescrizioni, come è avvenuto fino ad ora, che si scontravano contro la farraginosità della gestione del caricamento dei dati e, peggio ancora, contro l’evidente inutilità del loro caricamento, stante che nessun processo reale della sanità pubblica veniva “agevolato” dall’esistenza del FSE. In particolare, l’attività del MMG non riscontrava alcun beneficio, ma anzi doveva far fronte ad un carico di lavoro burocratico evidentemente fine a sé stesso.
Questo rimane il punto dolente dell’attuazione del FSE, anche dopo l’emanazione del recente decreto e delle relative Linee Guida: o l’implementazione renderà più semplici ed efficaci le attività ordinarie di gestione dell’assistenza di base, oppure verrà a mancare il vero motore dell’attuazione del FSE e del PS: la collaborazione interessata dei MMG.
- ) Per una chiara definizione operativa e giuridica del FSE vedi: Anna Francesca Pattaro, Fascicolo Sanitario Elettronico, cos’è, a che serve e come attivarlo, Agenda Digitale, 16 settembre 2021. ↑
- ) Il presidente della Federazione dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, Filippo Anelli, ha contestato sia la mancata audizione della Federazione nella predisposizione delle Linee Guida, sia l’analisi in esse contenuta, dove si attribuisce al medici di base una inabilità tecnologica ad operare su sistemi informatizzati, o la loro scarsa diligenza nel caricare i dati del patient summary e ribalta la responsabilità sulle Regioni: “Il ritardo con cui le Regioni hanno implementato le previsioni di legge sull’attivazione del FSE oggi non solo non favorisce il cittadino, che così non ritrova le ricette e i referti nel suo FSE, ma rappresenta un aggravio enorme per il Medico di Medicina Generale che, nella maggior parte dei casi,. È costretto ad aggiornare manualmente i referti e i dati sanitari, potendo, qualora fossero invece digitalizzati, acquisirli automaticamente”. Difficile non concordare con una visione dell’innovazione tecnologica che non deve penalizzare ad aggravare il lavoro con nuovi adempimenti burocratici, ma deve usare gli strumenti disponibili di integrazione dei data base e di estrazione e dei metadati e dei dati più rilevanti al fine di semplificare l’attività diagnostica, terapeutica, e di scelta delle strategie di cura.Fascicolo sanitario elettronico. I medici contro le nuove linee guida. Fnomceo: “L’analisi del contesto è errata, lontana dalla realtà professionale”, quotidianosanità, 15 luglio 2022. ↑
- ) Sabino Cassese, Titolo V, sanità e pandemia. Cassese: “Regioni non possono andare ognuna per proprio conto. Ci vorrebbe un Parlamento sanitario Stato-Regioni”, intervista raccolta da AGENAS e riportata da Quotidianosanità,it, 20 aprile 2021. ↑
- ) Il monitoraggio dei LEA contiene alcuni indicatori che denunciano un dualismo assai marcato tra le regioni. Alcuni esempi dimostrano la rilevanza delle divergenze. Per la copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per ciclo base (3 dosi) (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Hib) l’escursione tra regione al minimo e quella al massimo è di 14 punti (83,1%-97,1%). Per il test di screening di primo livello per cervice uterina, mammella, colon retto le percentuali vanno dal 3% al 15%. Il tasso di ospedalizzazione (per 100.000 ab.) in età pediatrica (< 18 anni) per asma e gastroenterite varia da 34 a 233. Il numero di posti per assistenza agli anziani ≥ 65 anni in strutture residenziali per 1.000 anziani residenti varia da 0,8 a 42,6. Ministero della Salute, Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA. Metodologia e Risultati dell’anno 2018, luglio 2020. ↑