sanità digitale

Fascicolo sanitario elettronico: come allineare procedure e costi

Poste le basi per la standardizzazione funzionale e tecnica del FSE, Regioni e Asl devono procedere con l’adeguamento di tutti i sistemi che lo alimentano. Urgente individuare modelli che consentano a tutti di pagare la stessa cifra, creando magari, una specie di albo centrale delle soluzioni conformi alle specifiche FSE

Pubblicato il 09 Ott 2017

Lorenzo Sornaga

LAZIOcrea S.p.a. Area Sanità e Sistemi Centrali

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Il progetto del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), sta avanzando in quasi tutte le Regioni italiane sia grazie a realizzazioni proprie, sia attraverso le modalità previste dalla ultima legge di bilancio. Quest’ultima, infatti, ipotizza una forte accelerazione nella realizzazione dei FSE attraverso l’implementazione da parte del MEF dell’Infrastruttura Nazionale per l’Interoperabilità (INI) fra i FSE delle regioni e la messa a disposizione, in sussidiarietà, di una infrastruttura centrale di FSE per quelle regioni che non abbiano ancora provveduto in maniera autonoma.

Nel corso degli ultimi mesi, grazie al lavoro di AgID e Ministero della Salute, che hanno coordinato i lavori, si sono susseguiti gli incontri dei tavoli tecnici, che hanno posto le basi per una standardizzazione sia in termini funzionali sia in termini tecnici del FSE.

La necessità di standardizzare il FSE nasce, ovviamente, dall’esigenza che i documenti prodotti siano sempre visualizzabili anche se il cittadino non si trova nella propria regione di assistenza o se nel tempo, cambiando residenza, decide di aprire il FSE in un’altra regione mantenendo però la possibilità di vedere i documenti presenti nel fascicolo precedente.

Questa necessità, pone tutte le Regioni e tutte le Aziende Sanitarie, di fronte al fatto di dover procedere con l’adeguamento, sostanzialmente, di tutti i sistemi che alimentano il FSE. Infatti non essendoci stato un unico standard a livello nazionale, ogni singola regione, ma addirittura in alcuni casi, ogni singola azienda all’interno della regione, ha provveduto a produrre i documenti in formato elettronico secondo le modalità più disparate, tutte valide e legalmente riconosciute ma, di fatto, l’una diversa dall’altra. Questo ha fatto sì che nella stessa Regione, lo stesso produttore, per lo stesso software, avesse realizzato versioni diverse per la produzione di documenti sanitari digitali.

Il grande lavoro che aspetta adesso le Regioni e le aziende sanitarie è, quindi, quello di mettere ordine e di procedere in maniera uniforme all’adeguamento di tutti i sistemi alimentanti il FSE, alcuni dei quali già attivi.

A questo punto però è necessario fare una riflessione seria su come procedere con l’attività. È evidente a tutti che, a parte sporadiche eccezioni, in un determinato ambito, i fornitori delle soluzioni alimentanti il FSE sono piò o meno gli stessi a livello nazionale e che quindi tutte le Regioni e/o le ASL si rivolgeranno più o meno agli stessi fornitori per implementare quanto stabilito dai tavoli tecnici.

Non sfugge a nessuno, inoltre, che ogni qualvolta si parla di FSE, tutti gli atti normativi e di indirizzo emanati, parlano di “invarianza economica”.

Il rischio vero, però, è che oltre a non essere ad invarianza economica, sia a “varianza aziendale e/o regionale”. Si corre fortemente il rischio, cioè, che per ottenere la stessa cosa, sullo stesso sistema, la modifica sia pagata più volte e a costi differenti a seconda dell’abilità del commerciale di turno o della capacità della pubblica amministrazione a gestire il fornitore.

Il nuovo codice degli appalti e le nuove linee guide per gli acquisti all’interno della PA spingono, da anni, tutte le amministrazioni verso l’acquisto di beni e servizi a dei costi più o meno standard e comunque a tariffe di riferimento.

È possibile ipotizzare di individuare dei modelli che consentano a tutti di pagare la stessa cifra, di non pagare più volte la stessa attività ma, invece, di suddividerla?

È ovvio, la realizzazione è solo una parte del costo, ci sono poi le specificità dovute al roll-out (es. uno o più sedi, formazione, …) che non potranno essere gestite centralmente, ma sicuramente è possibile provare a fare uno sforzo.

Il modello potrebbe essere quello di gestire, centralmente, una sorta di albo delle soluzioni che dichiarino di essere conformi alle specifiche tecniche del FSE e che abbiano già passato una sorta di pre-verifica dell’“Add-On FSE” da parte del gestore centrale; di definire il “quantum” economico da riconoscere al fornitore per l’acquisizione dell’“Add-On FSE”, per esempio ad installazione e di consentire quindi alla regione e/o alla azienda la possibilità di accedere al costo definito.

Questa possibilità oltre a semplificare e a velocizzare il processo di acquisizione, elemento quest’ultimo non banale considerando anche le scadenze e gli adempimenti previsti sul FSE, aiutano ad avere una uniformità nella gestione economica a livello nazionale, probabilmente anche a ridurre complessivamente l’importo speso dalla PA locali, tema sempre caro alla PA centrale, e soprattutto consente anche alle Regioni che oggi sono più indietro, di accelerare il processo di realizzazione e alimentazione del FSE.

Abbiamo una forte necessità di procedere con la realizzazione del FSE, perché sul FSE molte Regioni stanno investendo in termini di piattaforma abilitante a nuovi servizi per i cittadini e per gli operatori della sanità. Semplificare e accelerare il processo di “cucitura” del FSE vuol dire consentire alle Regioni di dedicare tempo e risorse alla progettazione di questi nuovi servizi.

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