È ormai acquisito che nell’ambito del programma (e della legge) attuativo dell’Agenda digitale Italiana alcune particolari soluzioni tecnologiche, a valenza consumer, come l’FSE (Fascicolo sanitario elettronico), sono diventate di fatto trainanti sul tutto. Mentre, diversamente, si registra una notevole difficoltà a posizionare l’Italia tra i paesi emergenti per la digitalizzazione complessiva dei servizi ai cittadini della PA. Tra i paesi europei – come ha rilevato l’Osservatorio del Politecnico di Milano (Meeting di Roma del 17 dicembre 2017), siamo posizionati tra il 24 e il 25 posto in base all’indicatore Desi, su 28 paesi della EU.
I ritardi italiani sul digitale
Il DESI (Digital Economy and Society Index) è l’indice elaborato dalla Commissione Europea per valutare lo stato di avanzamento degli Stati membri dell’UE in un’economia e una società digitali avanzate: utilizza, infatti, come indicatori la connettività, il capitale di competenze umane impiegato, l’uso di internet, l’integrazione della tecnologia digitale e – appunto, come nel caso del FSE – i servizi pubblici digitali.
Come è nota l’Italia è particolarmente indietro nella diffusione della banda larga – nonostante lodevoli sforzi fatti da alcune regioni – e ha un parterre di competenze digitali in crescita, ma ancora largamente sotto la media europee.
Però – e questo è il fatto che vorrei sottolineare – l’88% delle famiglie ha comunque una discreta connettività a Internet e un hardware di ottima qualità, fatto di PC, tablet e smartphone di ultima generazione.
Fascicolo sanitario elettronico, a che punto è
In questo quadro, in movimento ma non certo entusiasmante per l’Agenda Digitale Italiana, si registra un fatto di importanza europea: è il Fascicolo Sanitario Elettronico che traina la stessa AD e sta assumendo la funzione di servizio digitale per eccellenza di indubbia in Europa.
È vero che molte regioni italiane sono indietro nella realizzazione del FSE rispetto alla legge del 2012-13; doveva essere pronto, per alcuni servizi al cittadino, entro il 31.12.2017 e soltanto cinque regioni hanno oggi raggiunto pienamente l’obiettivo.
Ma sono vere anche altre quattro cose:
- nel corso del 2017 quasi tutte le regioni italiane – con la sola eccezione della Sicilia, Campagna e Calabria – hanno investito seriamente nel FSE e si sono poste con serietà l’obiettivo di realizzarlo;
- l’Europa è più in ritardo di noi su questo avanzato terreno innovativo, in un campo strategico dei servizi pubblici come la sanità (con la sola eccezione della Svezia, dell’Austria e della Danimarca).
- Già il 20% degli Italiani hanno avuto un primo contatto con l’FSE o forme embrionali di Fascicolo in uso.
- Alcune regioni particolarmente dinamiche – come la Lombardia, in primis, ma anche la Valli d’Aosta, il Trentino, l’Emilia Romagna, il Veneto – si stanno ponendo concretamente l’obiettivo di mettere il FSE al centro di un nuovo modello di sanità pubblica basato su continuità assistenziale e presa in carico del paziente, soprattutto cronico.
Quest’ultimo aspetto – presa in carico dell’utente – pone da subito il tema di un’estensione del progetto Fascicolo ai dati e alle informazioni socio-sanitarie (l’assistito può essere anziano e malato, ma anche, ad esempio, solo, a basso reddito, con una rete di rapporti sociali limitati, ecc.; e queste informazioni non sono memo importante di quelle sanitarie).
Al di là di questo aspetto, altri servizi possono al più presto entrare e quindi trasformarlo nel ‘Fascicolo del Cittadino’, come spieghiamo in un articolo dedicato.