Digital Health

FemTech: l’ascesa delle tecnologie per la salute femminile



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L’industria delle FemTech, aziende che si occupano della salute femminile attraverso l’uso di tecnologie, è in costante crescita. Le soluzioni spaziano da wearable ad app e IA e puntano a affrontare temi spesso trascurati dalla ricerca medica tradizionale. Tuttavia, l’uso di questi strumenti solleva questioni critiche, in particolare in termini di privacy e gestione dei…

Pubblicato il 9 gen 2024

Valeria Martino

post-doc presso l’Università di Torino



women in tech2

Il settore delle cosiddette FemTech è in continua espansione, con un investimento che si prevede continuerà a crescere nei prossimi anni: a seconda dell’ambito di applicazione, le stime sulle dimensioni attuali del mercato FemTech variano da 500 milioni a 1 miliardo di dollari e le previsioni suggeriscono opportunità di crescita dei ricavi a due cifre (McKinsey 2022a).

FemTech: quando la tecnologia incontra la salute femminile

Il termine FemTech è stato coniato nel 2016 dall’imprenditrice danese Ida Tin, fondatrice di Clue, una app per il monitoraggio del ciclo mestruale e della fertilità. Con FemTech si indicano una serie di aziende, soprattutto giovani e perlopiù a conduzione femminile, rivolte alla salute delle donne, laddove quest’ultima è intesa in un senso molto ampio. Le FemTech, infatti, si applicano ad ambiti variegati come la salute delle donne in età fertile, nel periodo della gravidanza o dell’allattamento, nel periodo della menopausa o a malattie tipicamente femminili, come l’endometriosi, e alcune tipologie di tumore (McKinsey & co. 2022 a). Ma riguardano anche temi come la salute della pelle, per esempio nel periodo mestruale, interesse rivelato da L’Orèal che ha dichiarato una sua collaborazione in tal senso con l’app Clue, o il benessere sessuale. In una analisi del settore, la McKinsey (2022a) ha preso in considerazione 763 aziende FemTech, definendole come soluzioni per lo più tecnologiche e incentrate sul consumatore che si occupano della salute delle donne.

Il punto di partenza è il riconoscimento che la biologia femminile è differente da quella maschile e che la ricerca medica si è finora concentrata perlopiù sulla seconda (notoriamente dopo l’esclusione delle donne in età fertile dalla sperimentazione dei nuovi farmaci con la decisione della Food and Drug Administration del 1977, successivamente rivista. Cfr. Mckinsey & co. 2022 b), con il conseguente aumento della difficoltà di individuazione delle malattie nelle donne (alcuni riferimenti bibliografici sono Women, Penguin Random House, March 2019, Doing Harm, HarperOne, March 2019 e Sex Matters, Hachette Book Group, June 2021).

L’IA per soluzioni personalizzate nel FemTech

Come dice il nome stesso, però, per essere un’azienda FemTech non basta occuparsi delle donne e della loro salute, ma questo interesse viene sviluppato attraverso tecnologie. Si tratta, infatti, di soluzioni tecnologiche alla prevenzione delle malattie femminili o a temi legati alla salute delle donne, come tecnologie indossabili, app, microdispositivi, applicazioni di IA (alcuni esempi interessanti si trovano in Livelli 2021).

I vantaggi della FemTech anche per le minoranze

L’idea, in un’ottica di stampo intersezionale, è quella di raggiungere non solo le donne, la cui salute come abbiamo accennato è stata lungamente trascurata in quanto tale e valutata sul modello maschile, ma anche gruppi marginalizzati, per provenienza geografica, reddito, o altre discriminazioni di genere (in particolare con riferimento alla comunità LGBTQ+).

Secondo Kate Batz, direttrice e co-fondatrice di FemTech Analytics, l’IA sta aumentando la possibilità di esperienze personalizzate, fornendo soluzioni su misura e facilitando la comprensione delle diverse esigenze di salute delle donne, “dalla diagnostica di precisione all’analisi predittiva, le piattaforme alimentate dall’AI non solo stanno riplasmando paradigmi tradizionali, ma stanno attivamente smantellando le barriere di accesso alle cure” (2023).

Anche le big tech investono nella salute delle donne

Il settore FemTech, però, non include solo aziende nuove, ma ha anche attirato l’interesse delle Big tech più note. Tra queste, come segnalato dalla stessa piattaforma di FemTech Analytics c’è Google che sta investendo su modelli di intelligenza artificiale mirati ad analizzare le immagini ecografiche delle gestanti e utili ad individuare segni precoci di tumore al seno.

Questo ci permette di passare dalla definizione delle FemTech e dalle sue promesse di emancipazione e parità a una questione più critica, quella dell’utilizzo dei dati (cfr. Canali e Hesselbein 2024, forthcoming)[1].

La gestione dei dati nelle FemTech: privacy e sovranità

Naturalmente, la raccolta di dati non è di per sé un male, anzi: è proprio la mancanza di dati sanitari sulle donne (e sulle donne appartenenti a minoranze) che costituisce una delle critiche di partenza delle aziende del settore FemTech. Aumentare la quantità e la varietà dei dati sulle donne permette di sviluppare prodotti, favorire le diagnosi precoci, in generale aumentare la capacità diagnostica, e aiutare le donne a programmare le fasi della propria vita e a trarne maggiore benessere. Il problema arriva nel momento in cui, però, essendo così varie le tipologie di aziende FemTech, non sempre abbiamo chiarezza sulla tipologia di dati raccolti e su tutti gli usi che ne verranno fatti. Infatti, si tratta di una grande quantità di dati personali messi a disposizione delle aziende che, naturalmente, posseggono delle informative sulla privacy.

Queste però non sempre sono chiare o possono essere controllate dalle utenti. Inoltre, come accade spessissimo, essendo lunghe e noiose, vengono accettate senza essere lette. Per esempio, l’app Clue possiede una informativa in cui si dichiara che l’app condivide i dati che raccoglie solo con scienziati selezionati. Tra questi, come abbiamo accennato, l’azienda L’Orèal. Ma naturalmente non tutti i dettagli possono essere forniti tramite l’informativa iniziale.

Uno dei problemi sollevati, allora, è il pericolo che coloro che utilizzano queste app perdano la sovranità sui propri dati. Naturalmente, la questione di per sé non è univocamente risolvibile, come sempre quando si tratta di dati, ma ancora di più quando si tratta di dati sensibili e difficili da anonimizzare (una completa anonimizzazione, infatti, diminuirebbe l’efficacia delle previsioni fatte sulla base di quegli stessi dati).

Da una parte, è evidente che avere meno dati sulle donne o sulle donne che appartengono a minoranze è un problema sia medico sia etico-politico (si pensi agli strumenti di IA di diagnostica di tumori della pelle che hanno un’efficacia molto minore sulle persone di colore). Dall’altra, non è detto che una raccolta dati fatta in questo modo vada a risolvere proprio questo problema sia per il tipo di selezione sia per l’uso che ne viene poi fatto.

Tuttavia, in una chiave di stampo ottimista (Ferraris 2021; Ferraris forthcoming) si può pensare che la moltiplicazione dei dati vada a incrementare il patrimonio dell’umanità, un capitale digitale del tutto nuovo che permetterebbe di migliorare le condizioni dell’umanità, pur attraverso un bene, vale a dire i dati, dal trattamento economico ambiguo (in quanto attualmente sottoposti alle regole dello scambio solo tra piattaforme, ma non tra utenti e piattaforme) e di andare incontro a una equità basata sui bisogni che ci accomunano in quanto esseri umani.

In questa ottica, sebbene degli standard di chiarezza e possibilità di scelta debbano essere rispettati, tuttavia non si dovrebbe eccessivamente insistere sulla privacy, quanto piuttosto permettere una consapevolezza di tutte le utenti perché possano prendere decisioni consapevoli. In questa direzione, si potrebbe pensare che coloro che scelgono di fruire dei servizi delle FemTech stanno svolgendo un servizio per la comunità equiparabile a quello svolto da chi partecipa alla sperimentazione dei farmaci.

A causa del fatto che si tratta di servizi che si ottengono, però, questo parallelo sembra difficile da accogliere nell’opinione pubblica e il valore dei dati che ormai siamo tutti pronti a riconoscere resta un capitale enorme nelle mani di quei pochi che sanno trarne profitto.

Bibliografia

Canali S. and Hesselbein, C. (2024, forthcoming). “Using and Interpreting FemTech data: (Self)knowledge, empowerment, and sovereignty”. In Balfour, L. (ed.). FemTech: Intersectional Interventions in Women’s Digital Health. London: Palgrave Macmillan.

Ferraris, M. (2021). Documanità. Filosofia del mondo nuovo. Laterza: Roma-Bari

Ferraris, M. (forthcoming). Webfare. Transcript: Bielefeld.

Livelli, F.M.R. (2021). “FemTech”, un nuovo mercato sanitario che avanza: cos’è e prospettive di sviluppo, Agenda digitale, 7 maggio. https://www.agendadigitale.eu/sanita/femtech-un-nuovo-mercato-sanitario-che-avanza-cose-e-prospettive-di-sviluppo/

McKinsey & co. (2022a). The dawn of the FemTech revolution, February 14. https://www.mckinsey.com/industries/healthcare/our-insights/the-dawn-of-the-femtech-revolution#/

McKinsey & co. (2022b). Unlocking opportunities in women’s healthcare, February 14. https://www.mckinsey.com/industries/healthcare/our-insights/unlocking-opportunities-in-womens-healthcare

(2023) FemTech, l’intelligenza artificiale apre una nuova era per la salute delle donne, Corcom, 24 agosto, https://www.corrierecomunicazioni.it/pa-digitale/e-health/femtech-lintelligenza-artificiale-apre-una-nuova-era-nella-salute-delle-donne/


[1] Ho assistito a una presentazione del loro paper in occasione del convegno annuale SWIP Italia (Società italiana per le donne in filosofia), tenutosi a Torino il 9 e il 10 novembre 2023.

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