Il fascicolo sanitario elettronico è senza ombra di dubbio il più importante progetto del PNRR, nato dalla drammatica esperienza Covid19 e dall’esigenza di mettere in sicurezza la salute degli italiani.
Non a caso, è stato il tema di tre incontri di grande interesse per il futuro della sanità digitale che si sono tenuti tra giugno e luglio di quest’anno rispettivamente a Roma, Cernobbio e Bari con una presenza istituzionale importante: quella del Ministro della Salute Oreste Schillaci, del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’Innovazione Tecnologica Alessio Butti e del Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
Era la prima volta che un governo nazionale si misurava con un grande progetto di “cambio di medium” in sanità, con una riforma radicale come quella del FSE: un progetto da oltre 1 miliardo di euro finanziato dal PNRR.
I capisaldi dell’FSE 2.0
Il sottosegretario Butti, intervenendo a questi appuntamenti, ha messo in chiaro che l’FSE 2.0 non è un progetto informatico. Certo, porta nuove tecnologie, si qualifica come un gioiello tecnologico in ambito europeo, ma è innanzitutto un progetto culturale e sociale che apre la strada a un ‘cambio di paradigma’ nel sistema comunicativo della sanità italiana, per usare un’espressione che ha reso famoso il filosofo Thomas Kuhn.
Riassumiamo i capisaldi di questo progetto su cui tanto sta investendo l’attuale Governo:
- Tutti i dati clinici degli italiani saranno disponibili per la cura personalizzata e per la prevenzione degli assistiti. Con il completamento del sistema EDS, ecosistema dati sanitari, il nuovo fascicolo offrirà qualcosa che nella storia della sanità italiana non si era mai visto: la disponibilità non solo di dati amministrativi, dati del sistema sanitario, ma di tutti i dati della persona, dello stato di salute della popolazione. La disponibilità per la prima volta di questi dati è un fatto di importanza epocale che incide non soltanto nell’organizzazione del sistema sanitario ma perfino, potremmo dire, nella convivenza democratica del paese e nelle sue prospettive economico-sociali. Il COVID ci ha insegnato che senza salute non c’è, infatti, economia.
- Il progetto ha un’architettura federata e non soltanto centralizzata: un’architettura partecipata che valorizza il protagonismo dei territori, delle Regioni e delle Province Autonome, delle aziende sanitarie; e ancor più dei medici e dei cittadini, per non dimenticare i produttori di tecnologia e le comunità locali che assieme alle associazioni sono impegnate a tutelare la salute in una prospettiva One Health, come richiede appunto il PNRR.
- Con i dati clinici in formato strutturato, adottando nuovi standard tecnologici, il nuovo sistema garantirà su tutto il territorio nazionale la continuità assistenziale del paziente assieme alla governance: anche gli amministratori, i manager della sanità, potranno finalmente operare nell’ambito di una cultura data-driven. Tutti i soggetti poi avranno possibilità di accedere, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, a modelli preventivi e predittivi per conoscere e combattere l’evoluzione delle malattie.
Voglio qui fare un inciso quasi personale: molti anni fa, quando io ero ragazzo, si era diffusa una cultura ‘ottimistica’ o più esattamente ‘neo-positivista’ in fatto di malattie: si pensava che le grandi malattie infettive che avevano tormentato il passato ormai erano un ricordo; si pensava che molte calamità che affliggono l’umanità, come i tumori, sarebbero state ben presto debellate da una scienza medica in rapida evoluzione e che comunque erano il frutto di condizioni ambientali certamente modificabili. Oggi sappiamo dalla scienza che le malattie hanno purtroppo una complessità ben maggiore. Le cause genetiche delle stesse, come peraltro quelle derivanti da profondi mutamenti ambientali, vanno affrontate in una prospettiva sistemica e innanzitutto con strumenti deep information networks come quelli offerti dal FSE2.0 e dalla rivoluzione del dato clinico.
- Per utilizzare il nuovo medium e soprattutto le enormi potenzialità che il fascicolo sanitario elettronico offre, occorre una nuova cultura digitale, nuove competenze a livello sociale, in particolare da parte degli operatori sanitari ma anche degli assistiti. Per questo il cambio di paradigma si accompagna anche a un grande piano di formazione per creare nuove competenze digitali come parte integrante di una strategia di nuova sanità.
La sanità italiana verso una “rivoluzione del dato clinico”
Riassumendo quello che stiamo dicendo, si può senz’altro affermare che siamo in presenza di una “rivoluzione del dato clinico”. La sanità italiana non è più governata soltanto con dati amministrativi ma può avvalersi di questo straordinario patrimonio di conoscenza delle condizioni di salute del singolo e della comunità.
Inoltre abbiamo un’innovazione tecnologica in funzione del dato, dove prevale l’anima sociale – la socialità delle informazioni da condividere tra professionisti e cittadini per curare e assistere le persone – rispetto al fattore puramente tecnico.
Infine, dobbiamo rilevare che questa potenzialità ci mette di fronte ad un fattore di grande responsabilità. Conoscere, raccogliere e conservare con strumenti informatici i dati clinici di tutti gli italiani – mediante standard di ultima generazione che permettono informazioni fortemente “atomizzate“ – costituisce un problema di responsabilità enorme, tecnica, giuridica, professionale, politica.
In questo caso la tutela della privacy diventa un fattore di democrazia e per questo il Governo ha giustamente dedicato grande attenzione alle osservazioni del garante della privacy sull’FSE fatte fin dall’agosto del 2022; fornendo risposte concrete ai quesiti che sono stati posti e partendo dal principio che il dato clinico individuale è un dato innanzitutto di proprietà del cittadino.
Quale evoluzione per la sanità digitale
Siamo ormai nell’epoca dell’utilizzo profondo (Deep) dei dati clinici e possiamo senz’altro parlare di big data clinici, di machine learning clinica, di intelligenza artificiale clinica. Rispetto a quest’ultimo aspetto voglio ricordare la recente legge del 2024 che il Governo italiano ha approvato in funzione dell’uso dell’intelligenza artificiale attraverso i dati del fascicolo sanitario elettronico. Potremmo inoltre parlare senz’altro di una prospettiva clinical data driven.
Quale evoluzione verso il futuro? Abbiamo vissuto fin dagli anni ‘70, poi più intensamente negli anni ‘80 e ‘90, l’informatizzazione e la dematerializzazione delle informazioni in sanità che riguardavano essenzialmente la macchina amministrativa e molto più raramente, attraverso le rare cartelle cliniche elettroniche mediche (CCE), l’utilizzo clinico dei dati. A partire dai primi anni del 2000 abbiamo vissuto la fase della dematerializzazione, con la diffusione dei sistemi Cup, delle CCE soprattutto tra i medici di famiglia; dei flussi dei dati amministrativi dematerializzati; raramente dei flussi professionali dei dati clinico per patologia.
Verso la virtualizzazione delle informazioni sanitarie
Negli stessi anni ha preso corpo l’innovativa esperienza del fascicolo sanitario elettronico che ha avuto una durata quasi ventennale. Con le realizzazioni del PNRR in sanità digitale – che il governo ha voluto consolidare soprattutto a partire dal 2023 – siamo entrati in una fase nuova e tutt’ora in corso che ci permetterà ben presto la virtualizzazione delle informazioni sanitarie, il metaverso, il digital twin clinico-sanitario.
In sintesi: avremo dati per ricostruire virtualmente l’ambiente reale dal punto di vista del corpo e della salute dell’individuo e, non secondariamente, della comunità. Già si parla infatti di un digital twin della persona sotto l’aspetto della salute e del digital twin well, di comunità, in termini di analisi degli equilibri di salute tra ecosistemi.
Un passaggio epocale che in gran parte è stato concepito e aperto dal movimento culturale e sociologico del welfare di comunità. In questo dibattito teorico il dato assume un’importanza decisiva e non a caso si parla già di dati sintetici che presto sostituiranno quelli reali nei modelli predittivi e di realtà aumentata.
Le cinque sfide digitali da affrontare
Riassumo le cinque sfide digitali che abbiamo di fronte:
- La realizzazione dell’FSE 2.0 con il sistema EDS federato presentato nei recenti eventi pubblici dal Governo. La rivoluzione del dato clinico.
- La telemedicina (TMD) che si avvarrà di questi dati (il dato clinico è il “carburante“ della TMD) gettando così le basi dell’economia della distanza in sanità.
- Una nuova evoluzione dei sistemi Cup – si parla ormai di un UltraCup – che va oltre i CUP regionali e crea un sistema unico nazionale di prenotazione e gestione delle liste d’attesa integrato con il fascicolo e supportato da una tecnologia di intelligenza artificiale nell’uso e nell’interpretazione dei dati comportamentali dell’utente in sanità.
- Le cartelle cliniche elettroniche di nuova generazione per tutti i medici sia di famiglia che pediatri di libera scelta, per i medici specialisti ambulatoriali e ospedalieri. La cartella clinica del medico di famiglia è quella del medico specialista costituiscono un ‘triangolo comunicativo’ con il fascicolo sanitario del cittadino. Questi tre elementi si alimentano in modo reciproco, partendo dalla constatazione – ormai riconosciuta a livello europeo nel Digital Act e nel progetto degli Spazi clinici europei – che l’FSE non è una cartella clinica medica ma una base dati di proprietà dell’utente per alimentare i device medici.
- Un profondo rinnovamento della tecnologia ICT della sanità italiana – ormai in atto e realizzato dal PNRR al 60% (luglio 2024) – basato su nuovi standard tecnologici per i documenti sanitari, dati strutturati e un cloud di ultima generazione. Questo rinnovamento tecnologico interessa tutte le strutture sanitarie italiane pubbliche (oltre 200) e tutte le strutture sanitarie private accreditate e a autorizzate.
L’EDS, il cuore del nuovo sistema di condivisione dei dati clinici
Parlavo poco fa di un triangolo che ha ai tre vertici: il fascicolo, la cartella clinica del medico di famiglia e del pediatra di libera scelta, la cartella clinica ospedaliera o specialistica. Provate a disegnare questo triangolo e mettete al centro di questo sistema di condivisione dei dati clinici un nuovo cuore, un nuovo motore tecnologico: l’EDS che il Governo sta realizzando dopo il perfezionamento del decreto che lo riguarda.
Questo nuovo cuore produrrà dati clinici in formato de-materializzato, che potranno essere letti in chiaro per la cura e l’assistenza del paziente nonché per la continuità assistenziale e la personalizzazione dell’intervento medico; in formato anonimo o pseudo anonimo per attività e funzioni di governo e di ricerche medica.
Si tratta di un motore a base federata – come già ampiamente è stato illustrato nei tanti convegni che ricordavo – perché ogni regione avrà a disposizione un data-repository contenente i dati estratti dai documenti sanitari in nuovo formato e un gateway per estrarre e validare questi dati.
Questo motore tecnologico aprirà la nuova era della sanità digitale e della condivisione ad alta comunicazione dei dati clinici per la personalizzazione della cura e per il governo del rapporto tra domanda e offerta di salute.
Una network society per la Sanità
Ritornando al nostro ‘triangolo’ appena descritto possiamo immaginare che ognuno dei suoi tre lati, che collegano il fascicolo alle cartelle cliniche dei medici sia luogo di condivisione di informazioni per il cittadino, per la comunità in cui lo stesso vive e lavora (e il COVID ci ha insegnato l’importanza della salute di comunità rispetto alla sola salute individuale) e di intensa condivisione di informazioni tra medici e operatori sanitari.
Il nostro ‘Triangolo’ altro non è che una rappresentazione di una network society in sanità. Un modello ormai ampiamente analizzato teoricamente in sociologia fin dall’inizio degli anni ‘90: una rete in grado di produrre ‘cose’ e ‘servizi’ utilizzando bit prima ancora degli atomi. Dai bit agli atomi, quindi, e non solo dagli atomi ai bit.
Dalla conoscenza alla dematerializzazione delle cose e infine ai servizi e alla sanità. Come accade per il telefonino che abbiamo in tasca, prodotto in bit in California e realizzato in atomi in Cina o in qualche altro lontano distretto industriale. Anche la cura e la prevenzione, come servizio alla persona e alla comunità, subiràanno la stessa evoluzione: sarà prima realizzate in bit e poi materializzate in atomi.
Non posso a questo punto non richiamare gli studi di inizio anni 90, agli albori della primissima Internet, di Jan van Dijk, di Manuel Castels, di Achille Ardigò. Con i loro scritti – “ The network society“, “La nascita della società in rete”, “Salute e società” – questi autori hanno gettato le basi per un’interpretazione della società come ‘società delle reti’.
Una combinazione di reti mediatiche e sociali può diventare ‘produttiva’ non soltanto attraverso strutture materiali ma anche immateriali, de-materializzate. Siamo alla base teorica della economia della distanza e quindi anche dalla sanità a distanza che si esprime con i dati clinici del fascicolo sanitario elettronico e dell’EDS e con le reti di telemedicina.
L’apporto, poi, della Scuola ardigoiana è stato quella di pensare a una società delle reti non solo in senso tecnologico-organizzativo, ma anche socio-tecnico, ovvero attraverso la partecipazione diretta dei cittadini utenti. In altre parole, la rete che attraverso i bit crea i presupposti della nuova produzione di massa dei servizi di welfare – e quindi anche di salute – non registra la presenza passiva del cittadino ma un suo diretto coinvolgimento nell’ambito della nuova Internet socializzata.
D’altronde è quello che sta accadendo nei social, con l’accesso in massa delle famiglie a Internet e ai servizi consumer in rete. Tutto ciò non è altro che il presupposto di questa rivoluzione che interessa il welfare sanitario.
La telemedicina ha avuto una via crucis ancora più lunga. 100 anni fa era già un’idea che affascinava i lettori di Radio News, il più importante magazine di radio e tecnologia fondato da Hugo Gernsnack, pubblicato dal 1919 al 1959: The Radio Doctor-Maybe! Sono passati cent’anni ma oggi, con il fascicolo sanitario elettronico-EDS, la telemedicina italiana progettata efficacemente nell’ambito del PNRR ha finalmente il suo ‘carburante’.
I progressi dell’Italia nella sanità digitale
L’Italia è la prima nazione europea che si avvicina a questo traguardo sconvolgente della sanità digitale e della rivoluzione del dato clinico in rete. Possiamo senz’altro affermare che dal 2023 l’Italia ha compiuto notevoli progressi in sanità digitale, in particolare sbloccando definitivamente il progetto FSE 2.0. con la progettualità particolarmente dinamica negli ultimi sei mesi.
In Italia le famiglie hanno fatto un balzo tecnologico e 51,5 milioni di persone sono collegate ad Internet, mentre 43 milioni utilizzano i social e passano 5-6 ore al giorno su Internet e possiedono 1,3 smartphone a testa.
Se questo dato, riferito all’anno 2024, può sembrare per certi versi un’espressione di consumismo di massa riferito alla rete, nello stesso tempo indica un’enorme potenzialità che può essere messa al servizio di quello che in sintesi chiamiamo eWelfare: un nuovo e potente sistema di comunicazione in rete tra cittadino e sistema dei servizi pubblici, che ha un cuore nell’FSE.
Conclusioni
Questi dati indicano che il salto tecnologico può essere facilmente compiuto dalle famiglie assieme alle strutture del servizio sanitario pubblico. I cittadini sono ormai una comunità socio-tecnica in grado di interloquire con la comunità tecnico organizzativa dei sistemi di welfare: è la strada che vogliamo percorrere.