La gerontecnologia è un nuovo campo di studi, nato dalla fusione di gerontologia e tecnologia. Negli ultimi anni, infatti, per mitigare il problema della demenza e per sopperire ai troppo lenti progressi della ricerca farmacologica, molti ricercatori hanno cercato di mobilitare la cavalleria delle tecnologie digitali, in particolare dell’intelligenza artificiale. Le “Tecnologie assistive intelligenti” (in inglese, Intelligent Assistive Technologies o IAT) sono le tecnologie digitali atte a compensare i deficit fisici, cognitivi e comportamentali specifici delle persone anziane e/o con demenza, quindi di ridurre anche l’onere del caregiver legato all’assistenza a lungo termine e all’istituzionalizzazione[1].
Ad oggi, infatti, ancora non esiste alcun trattamento medico in grado di arrestare o invertire la progressione della malattia. Nel migliore dei casi, le terapie possono temporaneamente migliorare i sintomi. Le persone colpite si affidano sempre più ad altri per l’assistenza, spesso ponendo un peso sui caregiver. I problemi comportamentali o le psicosi dovute alla demenza sono spesso trattati con antipsicotici, ma questo non è solitamente raccomandato, in quanto vi è poco beneficio e un aumentato rischio di morte prematura.
Tra le IAT di maggiore utilità per i pazienti con demenza ricordiamo le tecnologie di training cognitivo, la robotica assistiva e sociale, i sistemi di domotica e assisted living, le app di screening del deficit cognitivo, ed altri sistemi.
Sebbene la gerontecnologia e le IAT aprano scenari assolutamente promettenti, bisogna evitare di cadere nell’onnipresente hype del digitale e ricordare che l’IA in quanto tale non è una panacea, ma uno strumento utile solo se utilizzato correttamente.
Cosa è la demenza e cosa comporta la malattia di Alzheimer
Demenza è un termine usato per identificare una sindrome “di solito di natura cronica o progressiva, in cui vi è un disturbo di molteplici funzioni corticali superiori, tra cui memoria, pensiero, orientamento, comprensione, calcolo, capacità di apprendimento, linguaggio e giudizio”[2]. Secondo la Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati (ICD) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per essere classificata come demenza questa condizione di declino della capacità mentale dovrebbe essere sufficientemente grave da interferire con la vita quotidiana di una persona [ivi].
Il morbo di Alzheimer (in inglese, Alzheimer’s Disease o AD) è la forma più comune di demenza in quanto rappresenta il 60-80% dei casi di demenza in tutto il mondo[3]. L’AD è un disordine neurodegenerativo progressivo con una neuropatologia distinta caratterizzata dalla presenza di placche amiloidi e ammassi neurofibrillari nel cervello[4]. La prevalenza dell’AD in tutto il mondo sta rapidamente aumentando nel tempo come conseguenza di una tendenza demografica globale, l’invecchiamento della popolazione.
La probabilità di sviluppare l’AD, infatti, aumenta drammaticamente con l’età. Uno studio statunitense ha rilevato che la demenza colpisce il 5% delle persone di età compresa tra i 71 e i 79 anni, salendo al 37,4% delle persone di 90 anni e più. Tra questa popolazione, l’AD era la causa della demenza per il 46,7 % delle persone di 70 anni e per il 79,5 % delle persone di 90 anni[5].
La progressione neurodegenerativa dell’AD è descritta in tre macrostadi: lieve (stadio iniziale), moderato (stadio medio) e grave (stadio finale). La malattia di Alzheimer lieve (≤1 secondo la Clinical Dementia Rating Scale) è lo stadio in cui il paziente conserva ancora in gran parte l’indipendenza nonostante i frequenti vuoti di memoria. Durante la malattia di Alzheimer moderata (CDR-2), al contrario, il paziente di solito ha bisogno di maggiore assistenza per compensare i gravi danni alla memoria a breve termine e ad altre funzioni.
Infine, durante la malattia di Alzheimer grave (CDR-3) i pazienti richiedono un’assistenza a tempo pieno perché sperimentano gravi deficit cognitivi, ridotta consapevolezza e cambiamenti di personalità. Gradualmente, il procedere della malattia fa sì che le funzioni corporee vengano perse, portando infine alla morte. Anche se la velocità di progressione può variare, l’aspettativa di vita tipica dopo la diagnosi è da tre a nove anni.
Gerontecnologia e IAT: l’importanza del design incentrato sul paziente
Il primo requisito fondamentale per le IAT è che tali sistemi tecnologici si adattino il più possibile alle esigenze specifiche delle persone con demenza. In particolare, la conoscenza dei deficit cognitivi specifici o dei disturbi emotivi e comportamentali causati dall’AD e da altre demenze è essenziale per produrre dispositivi tecnologici che possano effettivamente alleviare o compensare tali deficit e disturbi.
Inoltre, la conoscenza della correlazione tra demenza ed età è fondamentale per prendere in considerazione non solo i deficit specifici della demenza, ma anche i deficit motori e di apprendimento generali che sono tipici della vecchiaia.
Infine, la conoscenza del carattere progressivo dell’AD e di altre demenze è fondamentale per riconoscere l’importanza di progetti adattivi che possano far fronte al progressivo declino intellettuale e fisico degli utenti, così come per identificare le specifiche esigenze tecnologiche degli utenti in ogni fase della malattia.
Gerontecnologia e IAT: l’obbligo del consenso informato
Prima di testare IAT su pazienti con demenza vige l’obbligo etico e legale di ottenere il consenso informato. Questo obbligo si applica in parte anche all’installazione e all’utilizzo di un robot sia in ambiente domestico che residenziale allo scopo di interagire con un adulto con demenza.
L’obbligo del consenso informato, postulato in numerosi codici e dichiarazioni come la Dichiarazione di Helsinki (1964-2008) e il Protocollo aggiuntivo sulla Convenzione dei diritti dell’uomo e della biomedicina riguardante la ricerca biomedica (2005), è un meccanismo essenziale per la protezione del benessere e dell’autodeterminazione di una persona.
Nel contesto del morbo di Alzheimer e di altre demenze, il problema di ottenere il consenso informato è aggravato dalla maggiore difficoltà di determinare se una persona ha la capacità di dare il consenso informato come conseguenza dei deficit cognitivi ed emotivi causati dalla malattia. La capacità di dare consenso, infatti, è in gran parte – seppur non esclusivamente – legata alla capacità cognitiva.
Il consenso informato può essere ottenuto da o per conto di persone con demenza in tre modi: (i) direttamente, (ii) proattivamente attraverso direttive avanzate, (iii) o attraverso il processo decisionale per procura.
Il consenso diretto può essere ottenuto quando il paziente mostra esplicitamente competenza e capacità cognitiva, di solito nella fase iniziale della AD o in caso di decadimento cognitivo lieve. Le direttive avanzate sono esteriorizzazioni (di solito scritte) delle decisioni e dei desideri di una persona riguardo ai futuri corsi di azione medica. Attraverso queste direttive, i pazienti allo stadio iniziale dell’AD o di altre demenze possono esternare le decisioni sulle loro scelte future in anticipo, cioè prima che la progressione della malattia li renda incapaci di fare scelte autonome e competenti. Il processo decisionale per procura si verifica quando la decisione coinvolge una persona diversa dal paziente (chiamata procuratore), di solito il rappresentante legale del paziente secondo la legge locale o una persona che è stata precedentemente nominata dal paziente.
Alzheimer Europe ha prodotto diverse raccomandazioni per ottenere il consenso informato dalle persone con demenza. Anche se progettate per guidare la ricerca, tali raccomandazioni sono ampiamente applicabili anche all’implementazione e all’uso di IAT come i robot. Le raccomandazioni di Alzheimer Europe sono articolate in sette compiti principali: valutazione della capacità e della volontà, fornitura di informazioni, consenso continuo e ritiro, perdita di capacità, coinvolgimento di terzi, direttive avanzate, ulteriore uso dei dati.
Gerontecnologia e IAT: come valutare capacità di intendere e consenso
A livello di valutazione della capacità di intendere e volere, è importante sapere che i livelli cognitivi richiesti variano a seconda della complessità della decisione da prendere.
In generale, una diagnosi di demenza dovrebbe essere considerata come ragionevole motivo di dubbio sulla capacità di consenso di una persona e per giustificare la valutazione della sua capacità; tuttavia, non dovrebbe mai essere considerata da sola una giustificazione sufficiente.
Mentre una persona con demenza lieve potrebbe essere competente per molte decisioni mediche, i sintomi in questo stadio della malattia potrebbero già interferire con la competenza per situazioni molto complesse. Per qualsiasi tipo di demenza più avanzata, i medici avrebbero bisogno di argomentare attivamente perché hanno valutato un paziente come competente per una data decisione. Il solo test cognitivo potrebbe essere insufficiente [36]. Quando pertanto si fa ricerca con persone affette da demenza è necessario assicurarsi che i potenziali soggetti di ricerca abbiano accettato di partecipare liberamente e volontariamente dopo essere stati ampiamente informati sul processo di ricerca e dimostrato una chiara comprensione di tali informazioni senza pressioni indebite da parte di terzi e attraverso risposte soddisfacenti a eventuali domande.
Simili pressioni esterne dovrebbero essere evitate anche a livello di uso domestico o residenziale dei robot. In particolare, dovrebbero essere evitati gli scenari in cui i membri della famiglia o altri caregiver informali costringono un paziente con capacità di intendere e di volere ad avere una IAT come un robot di servizio in casa, ad esempio perché vogliono ridurre il loro investimento di tempo e il carico di lavoro di cura. Come altrove affermato, la combinazione di direttive avanzate, osservazione comportamentale e conferma per procura può offrire una tripla protezione[6].
Uno scenario in cui (i) un paziente nella fase iniziale della malattia dà direttive avanzate per l’uso del dispositivo quando è ancora mentalmente competente, (ii) mostra piacere e nessun segno osservabile di sofferenza durante l’uso continuativo del dispositivo dopo la progressione della malattia, (iii) un delegato conferma le direttive avanzate basate sull’osservazione comportamentale, dovrebbe essere considerato il modello ottimale.
Quando si forniscono informazioni ai fini del consenso informato, i ricercatori o gli operatori sanitari dovrebbero adattare la loro comunicazione al paziente, rispondere alle domande, utilizzare ausili visivi e di altro tipo se necessario, e facilitare la comunicazione della decisione da parte del paziente. Se il consenso viene richiesto allo scopo di installare e utilizzare una IAT come un robot nella casa del paziente, ci si deve assicurare che l’utente comprenda le funzionalità di base del robot e la sua potenziale utilità per la sua vita quotidiana.
Un requisito cruciale della ricerca che coinvolge i pazienti affetti da demenza è che il consenso informato deve essere ottenuto in più occasioni durante lo studio o l’implementazione di un dispositivo. A causa del carattere progressivo e mutevole della malattia, i pazienti devono avere il diritto e la possibilità di revocare il loro consenso iniziale e devono essere liberi di ritirarsi in qualsiasi momento. Nel setting di ricerca, i ricercatori dovrebbero monitorare i possibili segni di disagio derivanti dalla partecipazione allo studio e, se necessario, chiedere ai partecipanti se desiderano ritirarsi dallo studio. Nel setting di implementazione, i caregiver dovrebbero essere attenti ai segni di disagio associati all’uso del robot o alla sua presenza in casa.
Se un partecipante alla ricerca con demenza perde la capacità durante lo studio, e non ha espresso prima dello studio il desiderio di continuare, dovrebbe essere ritirato dallo studio. Per questo motivo, le clausole riguardanti la continuazione della partecipazione e l’uso futuro dei dati dovrebbero essere incluse presto nel processo di consenso informato quando la persona è ancora competente. Al contrario, nel caso dell’uso di un robot in casa o in un ambiente istituzionale, l’uso può continuare dopo che il paziente ha perso la capacità di intendere e di volere se l’applicazione fornisce un beneficio terapeutico o assistenziale riconoscibile e non sono osservabili segni di sofferenza.
Idealmente, le terze parti, specialmente i coniugi o i partner, dovrebbero essere coinvolti nel processo di consenso. Se la terza parte si oppone alla volontà di una persona con demenza che ha la capacità di acconsentire, la sua opposizione non è sufficiente per annullare la volontà di quella persona. Per prevenire tali conflitti ed evitare i rischi associati all’improvvisa perdita di capacità, dovrebbe essere incoraggiata la pratica di scrivere direttive avanzate per esternare le preferenze future. Mentre nel contesto dell’iscrizione alla ricerca tali direttive dovrebbero dichiarare esplicitamente se la persona con demenza vorrebbe o non vorrebbe partecipare alla ricerca, nel contesto dell’uso della tecnologia potrebbero contenere preferenze più specifiche sulla vita quotidiana e le attività sociali: invece di scelte sì-robot o no-robot, gli utenti dovrebbero essere in grado di esternare quali caratteristiche, funzionalità o attività del robot desiderano continuare o interrompere.
Nel contesto della ricerca, i moduli di consenso dovrebbero includere clausole esplicite di opt-out sul riutilizzo delle loro registrazioni per studi futuri. Nel contesto domestico e istituzionale, i dati dovrebbero essere raccolti dagli utenti solo per gli scopi che sono stati chiaramente spiegati all’utente e ai quali l’utente ha acconsentito. Qualsiasi uso aggiuntivo dei dati dovrebbe richiedere un ulteriore consenso. Per esempio, i dati di monitoraggio raccolti dai robot di telepresenza allo scopo di aumentare la sicurezza e di trasmettere la presenza dei caregiver non dovrebbero essere usati per scopi aggiuntivi (ricerca, marketing ecc.) a meno che (i) la persona affetta da demenza non abbia precedentemente ed esplicitamente acconsentito a questo ulteriore uso, (ii) il riutilizzo di quelle informazioni possa fornire un beneficio terapeutico o assistenziale riconoscibile per il paziente.
Si può osservare che, dal punto di vista della ricerca, la promozione di studi guidati dall’utente e i rigidi criteri per il consenso nella ricerca delineati sopra pongono un dilemma etico. Infatti, mentre l’inclusione su larga scala di pazienti con demenza è altamente auspicabile per massimizzare i benefici della robotica per le persone con demenza in tutto il mondo, le rigide procedure per il consenso informato limitano e regolano rigorosamente questo processo di inclusione tra i singoli partecipanti. La principale sfida etica è quella di risolvere questo dilemma promuovendo la ricerca guidata dall’utente in un contesto di rigorosa applicazione delle norme etiche per il consenso informato.
Gerontecnologia: sicurezza, non-maleficenza e privacy nelle IAT
Le buone norme di sicurezza del sistema richiedono che un robot o altra IAT usati in ambito sanitario o come applicazione commerciale siano sicuri e che il loro uso non causi alcun aumento del rischio di danno per gli utenti.
La sicurezza dovrebbe essere raggiunta attraverso strategie scientifiche, tecniche ed etico-sociali di identificazione del rischio, analisi del rischio, ed eliminazione, controllo o gestione continua dei rischi durante tutto il ciclo di vita di una IAT come un robot e delle sue attività.
Nel linguaggio etico, la sicurezza si traduce ampiamente nel concetto di non-maleficio, cioè il principio di evitare (prevenire e non infliggere) un danno. Questo principio etico è di solito abbinato al principio di beneficenza, cioè il principio di promuovere ciò che è nel migliore interesse dell’utente.
Nel contesto delle IAT per la demenza, i principi di beneficenza e non-maleficenza richiedono un’attenta valutazione dell’equilibrio tra il beneficio terapeutico, assistenziale o psicosociale, da un lato, e i rischi potenziali o il disagio, dall’altro.
La promozione del miglior interesse dell’utente richiederebbe anche una valutazione attenta e continuativa delle sue esperienze positive e negative, con la consapevolezza che le preferenze e le esperienze dell’utente possono cambiare nel corso della progressione della malattia e che la sua capacità di comunicare tali preferenze ed esperienze può diminuire nel tempo.
Oltre alla sicurezza, anche la sicurezza dei dati deve essere presa in considerazione. Infatti, più dati una IAT è in grado di raccogliere ed elaborare, più alto è il rischio che tali dati possano essere usati per scopi non desiderati dall’utente, inclusi scopi malevoli o dannosi per l’utente e/o terzi.
Gli standard di sicurezza dei dati sono particolarmente rilevanti per i dispositivi di monitoraggio e tracciamento, così come per i dispositivi che possono accedere ed elaborare informazioni personali identificabili e mediche degli utenti. La privacy informativa è particolarmente rilevante nel contesto dei robot di telepresenza.
IAT Robot come Giraff e VGo possono creare un problema per la privacy informativa poiché possono essere usati come un sistema di videosorveglianza e registrazione 24 ore su 24. Seguendo la direttiva europea sulla protezione dei dati, raccomandiamo che la raccolta e l’uso di informazioni visive da persone anziane con demenza soddisfi le condizioni di trasparenza, scopo legittimo e proporzionalità.
La trasparenza implica che il paziente controllato sia consapevole di essere monitorato e abbia dato il consenso informato sia all’installazione del robot che al processo di monitoraggio. Inoltre, implica anche che chi raccoglie e gestisce i dati (per esempio il responsabile informale o formale dell’assistenza) abbia dichiarato perché i dati vengono raccolti ed elaborati. Questa procedura può essere percepita come ridondante dal punto di vista dei membri della famiglia il cui obiettivo è aumentare la sicurezza, l’interazione o trasmettere un senso di presenza personale. Tuttavia, serve a prevenire che terze parti illegittime gestiscano quei dati. Le eccezioni dovrebbero essere consentite per gli interventi di monitoraggio che impediscono ai pazienti di essere danneggiati (specialmente i pazienti nelle fasi moderate o gravi della malattia), seguendo standard normativi simili a quelli che regolano la tecnologia di monitoraggio per i pazienti gravemente malati e incompetenti in assistenza residenziale (ad esempio le unità di terapia intensiva). Inoltre, i pazienti da cui vengono raccolti i dati dovrebbero essere ragionevolmente informati sui potenziali rischi associati all’accesso illecito ai dati da parte di agenti malintenzionati.
Scopo legittimo è quando il monitoraggio viene eseguito per uno scopo specifico che è nel migliore interesse del paziente e al quale il paziente o chi lo cura ha precedentemente acconsentito. Gli scopi legittimi del video-monitoraggio includono l’aumento della sicurezza, la riduzione dei rischi e la facilitazione della comunicazione. Gli scopi illegittimi, al contrario, possono includere la sorveglianza non autorizzata o lo spionaggio.
Infine, il principio di proporzionalità richiede che l’acquisizione di dati non sia sproporzionata ai reali bisogni terapeutici, assistenziali o emotivi del paziente. Per esempio, una sorveglianza video non-stop di un paziente altrimenti indipendente con demenza lieve o moderata potrebbe non essere proporzionata ai bisogni del paziente e alle sue condizioni.
Gli interventi robotici che sono nel migliore interesse dei pazienti sono quelli che impediscono al paziente di essere danneggiato, e proteggono o promuovono il benessere fisico, cognitivo, emotivo e sociale del paziente.
Prevenire i danni e proteggere o promuovere il benessere devono essere gli obiettivi comuni delle applicazioni dell’AI per la demenza, in modi che sono specifici e appropriati per ogni tipo di dispositivo.
Per esempio, IAT come i robot di telepresenza sono progettati principalmente per prevenire i danni, i robot di riabilitazione per promuovere il benessere fisico e cognitivo, e i robot sociali o di compagnia per il benessere emotivo e psicosociale.
Come detto in precedenza, in circostanze specifiche, il miglior interesse del paziente può ragionevolmente giustificare eccezioni parziali ai diritti morali competitivi come la privacy o il consenso. Per esempio, quando un intervento di roboterapia supporta le funzioni di mantenimento della vita in un paziente con demenza avanzata, questo intervento può essere consegnato anche in assenza di un consenso esplicito da parte del paziente o del procuratore per perseguire il miglior interesse del paziente – a meno che non sia stato precedentemente rifiutato dal paziente tramite direttive avanzate o valutato come futile dall’équipe medica locale e dal comitato etico.
Gerontecnologia: come evitare il rischio di infantilizzazione
Infine, alcuni autori hanno sostenuto che l’uso di IAT come robot nella cura della demenza, specialmente gli animali domestici robotici e altri robot da compagnia, solleva il rischio morale e psicologico di rendere i pazienti più infantili e disumanizzare le cure riducendo l’interazione umana. Questi rischi potrebbero essere evitati aumentando la consapevolezza e il ruolo decisionale attivo dei pazienti. Il paziente non dovrebbe essere scavalcato ma costantemente incluso nel processo decisionale sull’uso di una IAT come una nuova applicazione robotica. Questo non solo ridurrà il rischio di infantilizzazione ma anche, e soprattutto, promuoverà la loro percezione dell’applicazione robotica come potenziante, quindi come un valido strumento per la promozione della loro autonomia e indipendenza.
Conclusione: il paziente al centro per IAT a misura di umano
Per concludere, quando si sviluppano IAT come le applicazioni robotiche per la demenza è giusto riconoscere i bisogni speciali dei pazienti, le loro differenze dagli utenti sani, e il fatto che non sono responsabili delle loro condizioni di salute. Alcune misure correttive potrebbero aiutare a ridurre la disuguaglianza e fornire un risarcimento, come la promozione di impostazioni sperimentali con robot assistivi nelle case di riposo statali, l’istituzione di incentivi statali per lo sviluppo di tecnologie migliori (quando è il caso, per esempio nell’UE), e la promozione della ricerca incentrata sull’utente che coinvolga pazienti e caregiver. Il benessere dei pazienti non dovrebbe dipendere esclusivamente dalle loro risorse economiche.
_____________________________________________________________________________________
- Ienca, M., Fabrice, J., Elger, B., Caon, M., Scoccia Pappagallo, A., Kressig, R. W., & Wangmo, T. (2017). “Intelligent assistive technology for Alzheimer’s disease and other dementias: a systematic review”, Journal of Alzheimer’s Disease, 56(4), 1301-1340. ↑
- World Health Organization (2015) “International statistical classification of diseases and related health problems 10th revision: ICD-10 version: 2015”. WHO, Geneva 11. ↑
- Alzheimer’s Association (2015) 2015 “Alzheimer’s disease facts and figures”. Alzheimers Dement 11(3):332–384 4. ↑
- Reitz C, Mayeux R (2014) “Alzheimer disease: epidemiology, diagnostic criteria, risk factors and biomarkers”. Biochem Pharmacol 88(4):640–651 12. ↑
- Plassman BL, Langa KM, Fisher GG, Heeringa SG, Weir DR, Ofstedal MB, Burke JR, Hurd MD, Potter GG, Rodgers WL (2007) “Prevalence of dementia in the United States: the aging, demographics, and memory study”. Neuroepidemiology 29(1–2): 125–132 13. ↑
- Ienca, M., Jotterand, F., Vică, C., & Elger, B. (2016). “Social and assistive robotics in dementia care: ethical recommendations for research and practice”, International Journal of Social Robotics, 8(4), 565-573. ↑
Bibliografia
Ienca, M., Wangmo, T., Jotterand, F., Kressig, R. W., & Elger, B. (2018). “Ethical design of intelligent assistive technologies for dementia: a descriptive review”. Science and engineering ethics, 24(4), 1035-1055.
Ienca, M., Jotterand, F., Vică, C., & Elger, B. (2016). “Social and assistive robotics in dementia care: ethical recommendations for research and practice”. International Journal of Social Robotics, 8(4), 565-573.
Ienca, M., Fabrice, J., Elger, B., Caon, M., Scoccia Pappagallo, A., Kressig, R. W., & Wangmo, T. (2017). “Intelligent assistive technology for Alzheimer’s disease and other dementias: a systematic review”. Journal of Alzheimer’s Disease, 56(4), 1301-1340.