SANITA' DIGITALE

Gli smartphone aiutano a curare le dipendenze, ecco gli strumenti utili

La digital transformation in ambito sanitario sta rivoluzionando metodi diagnostici e terapeutici nei fenomeni di addiction. Ecco come lavorerà il nuovo modello di e-health che integra risorse tecnologiche, digitali e cliniche

Pubblicato il 25 Nov 2019

Roberto Mollica

medico, componente direttivo nazionale e referente nazionale formazione e e-health Società Italiana Tossicodipendenze

Roberto Scarano

Presidente Brain&Care Group srl

Gabriele Zanardi

psicologo e psicoterapeuta, Professore a Contratto, Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università degli studi di Pavia

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Anche i disturbi da dipendenza, compreso il gioco d’azzardo, sono coinvolti nella rivoluzione della Sanità digitale e in un recente articolo un gruppo di colleghi francesi ha pubblicato una interessante overview in cui coniano il termine e-addictology.

Tanti i nuovi strumenti, app e servizi che possono servire di supporto al paziente.

In questo lavoro sono stati tenuti in considerazione 595 abstracts e 92 articoli dalla cui lettura e analisi sono state identificate e create sette categorie di classificazione in base ai contenuti: 1) applicazioni per e-health e interventi web-based 2) machine learning 3) test computerizzati adattativi (CAT) 4) indossabili e fenotipizzazione digitale 5) ecological momentary assessment (EMA) ed ecological momentary intervention (EMI) 6) biofeedback e neurofeedback 7) realtà virtuale, a cui si aggiunge il sistema di supporto alle decisioni cliniche come ottavo elemento.

E-addictology: integrazione di tecnologie

Ogni categoria è stata discussa singolarmente ma spesso si sono osservate ampie sovrapposizioni tra loro: ad esempio, EMA, quando arricchito con machine learning, può trasformarsi in CAT, mentre EMI, se strutturato su particolari tecniche terapeutiche (terapia cognitivo comportamentale, approccio motivazionale) con dimostrata validazione scientifica, diventa terapia digitale (Dtx), in cui il principio attivo è lo stesso software. Infine, se introduciamo interfacce con avatar o sviluppi in realtà virtuale otteniamo prodotti con maggiore appeal e che sono in grado di coinvolgere i pazienti con maggiore efficienza ed efficacia.

Ne deriva che la singola soluzione o il singolo prodotto di per sé non esiste, per cui, dal mio punto di vista, il termine e-addictology dovrebbe rappresentare un modello o sistema costituito dalla reciproca convergenza di risorse di tipo tecnologico, digitale e clinico che si integrano, facilitandolo, all’approccio tradizionale (TaU – Treatment as Usual).

Anche il confine tra EMA e fenotipizzazione digitale è molto sottile. Per fenotipizzazione digitale si intende la profilatura personale di un soggetto attraverso la raccolta passiva di elementi comportamentali e biometrici tramite i sensori dello smartphone e di indossabili come gli smartwatch: i parametri oggetto di rilevazione continua e in tempo reale sono localizzazione, frequenza cardiaca, conduttanza cutanea, attività fisica e movimento.

Le app che monitorano le dipendenze

Inoltre, attraverso sistemi di interazione vocale e dall’analisi del flusso verbale, sono identificabili eventuali elementi alterati dell’eloquio (fluenza fonemica, coerenza verbale, prosodia, sentiment, ecc.). Modificazioni significative di questi parametri ecologici possono essere accertate attraverso alert attivati da app dedicate che, come già detto più sopra, sono progettate con tecnologia CAT o sono Dtx a tutti gli effetti.

I vantaggi del sistema che sostiene un modello convergente sono molteplici. In molti casi i disturbi psichici generano stigma e pregiudizio, personale e sociale, comportando la tendenza a negare la loro esistenza e a nasconderla da parte di chi ne è affetto e del proprio entourage: recarsi presso i centri cura espone al rischio di essere connotati e quindi peggiorare la situazione.

La possibilità di accedere a risorse fruibili a distanza e all’interno della propria comfort zone facilita sicuramente la compliance e, aspetto non secondario, aumenta la consapevolezza della patologia favorendo la capacità di gestirla direttamente da parte del paziente e dei caregiver (empowerment) e, offrendo risorse terapeutiche presenti e fruibili in tempo reale, permettere di accedere a interventi occasionali o anche strutturati.

Inoltre, la raccolta dati sistematica e sistematizzata consente di ovviare ai cosiddetti recall bias, lacune nella memoria che non consentono, ad esempio, di ricostruire dettagli di episodi vissuti nel mesi trascorsi: infatti, in sede di visita di controllo, generalmente il clinico chiede al paziente di raccontare l’andamento della situazione in riferimento al periodo compreso dalla visita precedente a quella attuale, e il paziente spesso può dimenticare o non riportare volutamente situazioni occorse mesi addietro.

L’uso di diari giornalieri (Time Line Follow Back – TLFB) da consegnare al clinico è un utile supporto che permette una verifica più accurata degli eventi passati, ma, in quanto riferiti a periodi pregressi, queste informazioni sono acquisite a posteriori. Con le tecnologie attualmente disponibili il monitoraggio a distanza e in tempo reale, attraverso app e indossabili, è implementabile con buona facilità.

Personal digital assistant a sostegno dei medici

L’ottavo elemento, cioè il sistema di supporto alle decisioni cliniche, è forse quello cruciale ai fini dell’efficienza ed efficacia (ed economicità) del modello clinico convergente; l’eterogeneità dei dati, ma anche la loro quantità e velocità di trasmissione e cambiamento, devono essere gestiti in modo accurato per consentire ai clinici di beneficiare al massimo delle informazioni generate dai dati raccolti, archiviati e processati.

Grazie alla creazione di cruscotti dinamici supportati da logiche di machine learning la gestione clinica ne risulta facilitata e, attraverso specifiche funzioni, il paziente può visionare e tenere sotto controllo il proprio andamento (ad esempio consumo di sigarette o di unità alcoliche associato alla determinazione transdermica del livello di alcol o carbossiemoglobia, numero di accessi a gioco d’azzardo e andamento della perdita di denaro, numero e intensità di episodi di craving, ecc.) in relazione al livello di programma terapeutico che sta svolgendo.

A fronte degli ingredienti già disponibili la definizione, ideazione e sviluppo di un Personal Digital Assistant non sembra essere così distante dalla realtà: se immaginiamo che per ognuno di noi ci possa essere un supporto virtuale, “istruito e competente”, e sempre disponibile a venirci in aiuto, molti aspetti di salute personale e pubblica potrebbero cambiare radicalmente.

Tutto questo non deve fare alzare le barricate da parte dei clinici, che potrebbero sentirsi minacciati dalla tecnologia se intesa come competitor professionale, ma anzi ne gioverebbero in quanto una gran parte del loro lavoro (sporco) può essere svolto sotto la loro supervisione in modo standardizzato, automatizzato e personalizzato liberando tempo e risorse per dedicarsi all’interazione umana con i propri pazienti.

“What we need now is not a technological revolution but a culture of transformation in healthcare” (Bertalan Meskò, TMF Director))

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