L’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare molti aspetti dell’ambito sanitario, dalle terapie alla diagnosi, passando per la ricerca. E siamo ancora agli inizi del suo sviluppo. Si registra tuttavia un gran fermento, anche in Italia, dove non mancano le esperienze e le sperimentazioni di Università, ospedali, enti pubblici e privati.
Il fuoco dell’IA in Sanità
Quello dell’intelligenza artificiale è un po’ come il dono del fuoco agli umani da parte di Prometeo dopo averlo rubato agli dèi.
Come il fuoco è servito per illuminare, scaldare, bruciare, trasformare e divampare distruttivamente, così l’intelligenza artificiale potrebbe percorrere l’intero spettro dei suoi impieghi strumentali, dal più semplice e utile al più invasivo e incontrollato, ma per fortuna, a mio parere, al momento non abbiamo che solo una scintilla tra le mani se “pensiamo” che siamo soltanto agli inizi e se “proviamo a pensare” alla potenza di calcolo che sbloccherà la computazione quantistica.
Le prospettive dell’IA in ambito sanitario
E la promessa di Prometeo vale anche in sanità dove l’intelligenza artificiale:
- può sostituire in efficienza ed efficacia il medico nelle attività di diagnosi per la possibilità di accedere, confrontare ed elaborare in brevissimo tempo e maggiore precisione campioni digitali dell’organismo umano;
- può supportare il medico nell’attività terapeutica, togliendogli attività a minore impatto relazionale come i monitoraggi di routine, i follow-up semplici di sicurezza, consentendogli di vedere un minor numero di pazienti avendo più tempo per l’aspetto relazionale della visita;
- può aiutare il medico ad assumere decisioni migliori e tempestive sulla base di previsioni sempre più attendibili del probabile esito di salute di una condizione clinica, migliorando risultati di salute ed efficienza di costo;
- può accelerare i tempi della ricerca scientifica perché può analizzare una mole spropositata di dati e informazioni in pochissimo tempo e passare in rassegna in simultanea una grande quantità di articoli e lavori scientifici allo scopo di riscontrare evidenze di correlazione e causalità o semplicemente la direzione più opportuna su cui proseguire.
Applicazioni sperimentali dell’IA in Sanità
Il settore delle applicazioni sperimentali o già solide di intelligenza artificiale in sanità è in pieno fermento.
Un recentissimo articolo di “Technology in Society” ha passato in rassegna 378 studi pubblicati sul tema contando più di 2.700 start-up attualmente all’opera sul pezzo in tutto mondo.
Ma per fugare il dubbio dei più scettici su una provvisoria sperimentalità della tecnologia in sanità può valere la pena scorrere l’elenco delle tecnologie AI autorizzate dalla severissima Food & Drug Administration per il loro uso corrente e relativa commercializzazione.
Dispositivi AI-enabled: le autorizzazione della FDA
A settembre 2022 (ultimo aggiornamento disponibile alla data) erano 521 le autorizzazioni finali rilasciate per dispositivi AI-enabled, datando la primissima al 1995; di queste il 75% appartengono all’area specialistica della radiologia, l’11% a quella cardiovascolare, il 3% per ematologia e neurologia e a seguire le altre discipline. E già questo dato indica qual è il setting assistenziale – la diagnosi – attraverso cui l’IA si sta facendo strada e si allargherà in tempi brevissimi anche agli ambiti clinici come la terapia, il monitoraggio e finanche la promozione della salute.
Sintomatico del ritmo esponenziale di avanzamento del settore è anche il trend annuo delle autorizzazioni rilasciate: se dal 1995 al 2015 la FDA dava luce vere a una media annua di 2-3 dispositivi, è dal 2016 che si assiste a un’impennata dei rilasci da 18 a 115 nel 2021 e 95 nel 2022 quando mancano ancora all’appello gli ultimi 3 mesi dell’anno.
La situazione in Italia ed Europa
Più complicato fare la stessa analisi per l’Europa dove un elenco armonizzato e univoco delle autorizzazioni CE ancora non esiste, ma non per questo non significa che non esista speculare fermento scientifico e tecnologico.
E proprio una manciata di esperienze italiane ed europee mi piace riportare a solo titolo esemplificativo e senza la pretesa che siano le migliori ma semplicemente le mie preferite con tutti i limiti di soggettività personale.
L’esperienza dell’Università Aldo Moro e del Politecnico di Bari
Cominciamo da Bari dove Roberto Bellotti e il suo team di Fisica Medica del Dipartimento Interateneo di Fisica dell’Università Aldo Moro e del Politecnico, ha sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale capace di identificare, in immagini di risonanza magnetica, cambiamenti patologici dovuti alla malattia di Alzheimer in una fase precocissima della malattia, la cosiddetta fase di lieve indebolimento cognitivo. Questa fase è strategica perché da una parte è la fase in cui le alterazioni non possono ancora essere viste ad occhio nudo dai medici e dall’altra è la fase in cui eventuali trattamenti sperimentali possono essere efficaci. L’algoritmo si basa sulla costruzione di un innovativo modello di rete cerebrale costituito da nodi e connessioni che vengono usati rispettivamente per rappresentare le diverse aree cerebrali e le loro similarità. Questo modello viene usato per addestrare sistemi di Explainable Artificial Intelligence (XAI) che non solo permettono di classificare accuratamente stadi precoci della malattia ma permettono anche di identificare quali aree cerebrali e quali informazioni ad esse associate influenzano maggiormente la classificazione.
Questo diventa cruciale nell’ottica di una medicina personalizzata che superi il limite di inesplicabilità degli algoritmi comuni di AI che spesso vengono identificati come “black box”; queste “scatole nere” ti danno una risposta, ma non ti spiega in base a quale criterio o regola hanno preso quella determinata decisione, mentre i più avanzati modelli XAI ti spiegano il perché, e nel caso della diagnosi di alzheimer restituiscono anche informazioni sui distretti anatomici più rilevanti che hanno determinato la risposta.
Il Generator Heart Failure DataMart del Policlinico Gemelli di Roma
A Roma, presso il Policlinico Gemelli, un team guidato da Domenico D’Amario ha sviluppato il Generator Heart Failure DataMart, una piattaforma digitale che integra e combina una grande quantità di dati e informazioni di fonte e contenuto eterogeneo (consulti cardiologici, misurazione eco-cardiografiche, farmaci assunti, esami di laboratorio, diagnosi cliniche standard, ricoveri, eventi in urgenza, diari infermieristici, contatti familiari e sociali) per progettare e addestrare dei modelli predittivi a più parametri allo scopo di individuare in anticipo la re-ospedalizzazione del paziente dopo l’ultima dimissione ospedaliera per scompenso cardiaco. La stessa piattaforma viene addestrata per raggruppare i pazienti scompensati in base alla variazione della loro “frazione di eiezione” (la percentuale di sangue espulsa dal cuore ogni volta che si contrae) allo scopo di valutarne l’impatto potenziale sul decorso clinico di un ricovero ospedaliero.
La piattaforma dell’ASST della Brianza
A Vimercate presso l’ASST della Brianza Hernan Polo Friz è il principal investigator in un team di ricerca che impiega una piattaforma CDSS (Computerized Decision Support System), che acquisisce i dati della cartella clinica elettronica dei pazienti su cui testa e addestra modelli predittivi a supporto delle decisioni cliniche, basati su 270 reminder sviluppati a livello internazionale e più di 16.000 interazioni farmacologiche ed eventi avversi. Il risultato è un sistema articolato di “allarmi e promemoria” per tenere sotto controllo il decorso clinico del ricovero di uno specifico paziente fornendo non solo un supporto predittivo alle decisioni ma anche personalizzato. In questo caso può capitare che l’IA suggerisca al medico di verificare se il sig. Mario soffre di ipertiroidismo visto che ha avuto di recente insorgenza di fibrillazione atriale, o di somministragli i farmaci ACE-inibitori perché soffre di diabete e ipertensione ma senza microalbuminuria.
Big Data, IA e IoT: il progetto Gatekeeper
Ma se finora ho citato tre casi “ospedalieri” in Europa è in corso da ormai quattro anni un progetto multipartner che combina le tecnologie di BigData, IA e Internet of Things per individuare precocemente gli eventi acuti legati all’invecchiamento, prima che il nonnino arrivi in ospedale.
Il progetto – Gatekeeper – coinvolge 43 partner tra pubblici e privati, provenienti da 13 Paesi europei, oltre che da Singapore, Taiwan e Hong Kong, e sta testando 24 protocolli di ricerca su quasi 40.000 cittadini europei.
AReSS Puglia, che dirigo da cinque anni, è capofila di uno dei nove siti pilota dell’intero progetto che stanno ingaggiando grandi quantità di dati, algoritmi di intelligenza artificiale e dispositivi medici per intervenire precocemente su: consumi sanitari legati ai cattivi stili di vita, riacutizzazioni della broncopatia, squilibri dello status glicemico nei diabetici, trattamento del Parkinson, re-ospedalizzazioni o riacutizzazioni nellos compenso cardiaco, prevenzione primaria e secondaria dell’ictus, gestione della poli-morbidità e della poli-medicazione nei pazienti anziani.
I provvedimenti legislativi che facilitano il percorso dell’IA in Sanità
Ma se la scienza e la tecnologia promettono tanto e realizzano molto di più anche il livello decisionale politico sta dando strada alla rivoluzione dell’IA. Tra i tanti provvedimenti legislativi dell’Unione Europea approvati o in via di approvazione (Pharmaceutical Strategy, Medical Devices Regulation, Position su rischi e impieghi dell’IA) uno molto importante su questo argomento è il Regolamento in corso di discussione dello Spazio Europeo dei Dati Sanitari (European Health Data Space). Pensato con il duplice scopo di fornire libertà di accesso e gestione dei propri dati sanitari al cittadino e di favorire lo scambio e l’impiego dei dati sanitari per finalità di ricerca e innovazione, il Regolamento punta a realizzare anche due infrastrutture tecnologiche per tutta l’Unione destinate all’uso primario dei dati – MyHealth@EU – da parte dei cittadini e all’uso secondario dei dati – HealthData@EU – da parte degli enti di ricerca. In palio non solo una maggiore libertà e trasparenza nell’accesso al patrimonio informativo sanitario ma, stime della Commissione Europea, anche risparmi fino a 11 miliardi di euro per i prossimi dieci anni e una crescita del 20-30% del mercato della sanità digitale.