Il mondo della sanità sta attraversando un momento di grandi cambiamenti, non tutti positivi. Tra liste d’attesa lunghissime, fuga dei talenti dalla sanità pubblica, diminuzione del numero di medici di medicina generale e altre problematiche, spesso i pazienti si sentono sfiduciati e percepiscono come indebolito il rapporto coi propri medici curanti.
Quali sono dunque i problemi e le difficoltà che colpiscono la relazione tra medico e paziente, e quali le possibili soluzioni? Tre sono le principali sfide individuate: l’impatto negativo della burocrazia, la disomogeneità dell’assistenza a livello territoriale e la necessità di una maggiore spinta alla digitalizzazione. Quest’ultima peraltro può essere vista anche come risposta e soluzione alle prime due criticità.
Le tecnologie digitali possono avere un ruolo cruciale per, al contempo, abbattere le disuguaglianze nell’accesso alle cure e dare nuova vita al rapporto medico-paziente.
La burocrazia: un ostacolo per il rapporto tra medico e paziente
In generale, sia da parte dei cittadini, sia da parte dei professionisti sanitari, emerge il fatto che la burocrazia è un problema primario nella relazione medico-paziente, non facilitando la creazione di un rapporto fiduciario né la possibilità da parte del medico di avere i giusti tempi di ascolto del paziente.
Un recente studio svolto da MioDottore in collaborazione con PKE che ha coinvolto specialisti e medici di famiglia fa emergere come proprio il carico burocratico sia ritenuto il fattore meno soddisfacente da più della metà dei rispondenti:
- Per il 77% dei medici di medicina generale è proprio questo il fattore più frustrante;
- Per gli specialisti, il carico burocratico eccessivo è un problema apparentemente meno impattante, ma è identificato come tale dal 41% di essi: una percentuale meno alta, ma comunque notevole.
Il problema dell’assistenza territoriale e della cronicità
Un’altra problematica, in parte connessa alla burocrazia, è rappresentata dalle lunghe liste di attesa, che colpiscono sia la prenotazione della prima visita che i follow-up, particolarmente problematici per i pazienti con patologie croniche.
Come emerso anche dal XX Rapporto sulle politiche della cronicità, spesso le Regioni non seguono adeguatamente i pazienti nei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, spingendoli a rivolgersi sempre più spesso a strutture private.
Ciò rappresenta una sfida significativa, considerando che il 40% degli italiani soffre di una patologia cronica, e il 43,5% di loro ha pi di 65 anni. Inoltre, circa l’80% delle associazioni dei pazienti affetti da malattie rare o croniche evidenzia notevoli disuguaglianze tra le regioni italiane nella modalità di gestione delle prenotazioni e dei tempi di attesa, ragion per cui il 25% dei pazienti che soffrono di una malattia rara è costretto spostarsi dal proprio luogo di residenza per curarsi.
La telemedicina potrebbe rappresentare una soluzione a tale problema, ma il 73% ritiene che siamo ancora indietro nella diffusione di questo tipo di servizi, che potrebbero invece essere di grande aiuto nell’accesso alle cure e nel favorire l’aderenza terapeutica soprattutto per quei pazienti che vivono in aree meno avvantaggiate. Qual è l’approccio dei medici in tal senso? In generale, emerge interesse e apertura al mondo digitale, tuttavia – anche in questo caso – ci sono alcuni ostacoli da superare.
Il che ci porta alla terza problematica.
Il gap digitale
Anche nell’ambito della digitalizzazione si evidenziano molte differenze e disuguaglianze sul territorio nazionale, fra Regione e Regione e anche all’interno di una stessa Regione, con conseguenti disparità di servizio e trattamento per i cittadini di aree in cui esiste ancora un gap tecnologico e digitale.
Inoltre, molti medici, pur essendo favorevoli all’uso di strumenti digitali per ridurre i carichi burocratici e guadagnare tempo per l’attività clinica, lamentano da un lato una scarsa formazione sull’uso di questi strumenti e, dall’altro i pericoli che questo gap tecnologico può comportare: pensiamo ad esempio al problema sempre più diffuso delle autodiagnosi su internet.
In altre parole, i medici sono pronti a formarsi sul mondo digitale ma spesso è il sistema a non essere, o non sembrare, ancora pronto.
Le opportunità future
In primo luogo, la digitalizzazione aiuta a raggiungere e monitorare i pazienti: pensiamo per esempio ai consulti online, che hanno, per ovvie ragioni, avuto un boom durante il periodo del Covid ma che tuttora sono ampiamente utilizzati da molti pazienti che non hanno necessità o non possono presentarsi di persona alle visite, per raggiungere il proprio medico da qualunque luogo.
Inoltre, i sistemi di prenotazione online facilitano il lavoro di MMG e specialisti, diminuendo il numero di attività ripetitive e le telefonate in studio consentendo al medico di guadagnare tempo per l’attività clinica e la vita personale e al paziente di ottenere un servizio utile, rapido e più “qualitativo”.
Le possibilità offerte dal mondo digitale consentono anche una migliore comunicazione e coordinazione tra diversi specialisti o tra medici di famiglia e specialisti, per esempio grazie all’utilizzo di cartelle cliniche e schede pazienti digitali e condivise. Una comunicazione e un accesso alle informazioni più rapidi e completi sono e saranno di grande aiuto come strumenti di raccordo tra medicina generale e specialisti oppure, all’interno di centri medici e cliniche, tra diversi specialisti o tra specialisti e personale amministrativo.
Infine, è giusto ricordare l’importanza che il digitale riveste già da oggi nella formazione dei medici: per restare nel tema della digitalizzazione come risorsa per il medico e per il rapporto medico-paziente, ad esempio, è ormai sempre più comune l’uso di piattaforme online per informare e formare i professionisti sanitari.
In conclusione, gli strumenti digitali assumono un ruolo centrale nella comunicazione medico-paziente e possono essere uno strumento importante per rinsaldare il rapporto di fiducia tra le due parti. Inoltre, diventano la porta di accesso ai servizi sanitari e un’occasione di formazione e di miglioramento per i professionisti stessi.
Tuttavia, per ritrovare e rafforzare il rapporto tra cittadino e sistema sanitario è necessario che le occasioni nate dalla pandemia, PNRR in primis, non vadano sprecate. Affinché ciò accada, è necessario tanto mettere al centro il paziente e la sua esperienza, quanto dare ai professionisti strumenti e percorsi adatti, ascoltando le loro necessità e il loro riscontro su efficacia, all’opportunità e al funzionamento degli stessi. Solo in questo modo si arriverà a una sanità più sostenibile, accessibile, e realmente focalizzata sui bisogni di medici e pazienti.