Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e i relativi stanziamenti sono un’occasione unica per poter chiudere alcuni capitoli aperti da tempo che, per motivi diversi, non hanno portato al perseguimento degli obiettivi prefissati, primo fra tutti il Fascicolo Sanitario Elettronico(FSE).
Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) rappresenta uno dei pilastri della Sanità digitale, secondo il DPCM n.179/2015 è “l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l’assistito”.
È quindi lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola, quando necessario, con i professionisti sanitari così che, a loro volta, possano erogare cure mirate e più efficaci, nel rispetto dei principi di efficienza e sostenibilità economica tutelando la privacy.
A parole sembra qualcosa di semplice realizzazione, ma qual è il reale stato dell’arte?
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Fascicolo Sanitario Elettronico, una situazione disarmante
Intanto va evidenziato che a seguito della riforma costituzionale del 2001 che ha innovato l’Art.117, oggi la competenza è regionale, pertanto la situazione è molto difforme e variegata, in alcune Regioni il FSE, anche se incompleto, è disponibile da qualche anno, altre hanno dovuto ricorrere alla sussidiarietà.
Ma la situazione sull’utilizzo è disarmante, poco più del 20% degli aventi diritto lo ha attivato ed è conosciuto da solo il 40% dei cittadini; nel secondo trimestre 2021, nonostante alcune regioni hanno approfittato dell’emergenza sanitaria per indurre i cittadini a utilizzare il proprio FSE, rendendolo l’unico sistema utile per poter accedere al proprio certificato vaccinale, circa la metà degli FSE regionali hanno avuto un accesso da parte degli aventi diritto quasi nullo.
Ci si chiede se le caratteristiche del fascicolo, così come si presenta oggi – ancora poco pratico, completo e facile da utilizzare, dunque poco appetibile per il cittadino medio (considerando anche l’incidenza della popolazione over 60) – possa minare il suo potenziale rischiando di rallentare il percorso di digitalizzazione e innovazione verso la sua reale concretizzazione.
Perché il FSE non decolla
La pandemia da COVID-19, inoltre, ha messo in evidenza un sistema sanitario ancora ospedale-centrico, con una bassa integrazione ospedale-territorio, un contesto dove il pieno utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei cittadini e degli operatori sanitari, sarebbe una leva incredibile verso l’integrazione dei servizi sanitari e verso i percorsi diagnostici terapeutici.
Disporre di una Cartella Clinica Elettronica completa (CCE) all’interno degli ospedali e di un Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) per ogni assistito, consentirebbe di migliorare la qualità dei servizi sanitari, rendendoli più tempestivi aumentando l’outcome complessivo e riducendo drasticamente il numero di esami inappropriati o ripetuti, con un indiscutibile risparmio di tempo e risorse.
I motivi per i quali il FSE stenta a “decollare” sono i seguenti:
- Basso livello di competenze digitali da parte dei cittadini, poco informati e poco capaci di procedere autonomamente all’ottenimento delle credenziali di accesso al FSE (SPID), questo problema è emerso chiaramente quando è stato richiesto ai cittadini di utilizzare gli strumenti digitali per ottenere il certificato vaccinale.
Uno dei principali obiettivi da perseguire è lo sviluppo nel personale sanitario e nei cittadini di cultura e competenze digitali di base;
- Incompletezza della documentazione sanitaria presente all’interno del FSE e mancanza di un’organizzazione efficace dei documenti (Patient Summary).
In molte Regioni i FSE sono incompleti, poveri di informazioni, questo ovviamente non li rende attraente né nei confronti dei cittadini né degli operatori sanitari.
La soluzione di questo problema è complessa e passa dai Sistemi Informatici Ospedalieri (SIO) che dovrebbero essere le principali fonti alimentanti del FSE: a oggi quanti ospedali dispongono di un SIO che gestisce in maniera esaustiva la produzione e archiviazione di tutta documentazione clinica? Vi sono ancora problemi di certa e univoca identificazione dei pazienti e ontologie diverse?
La Cartella Clinica Elettronica
Per poter realizzare il FSE ci sono dei pre-requisiti che vanno soddisfatti, il più importante è che tutti gli ospedali dispongano di una Cartella Clinica Elettronica (CCE) che gestisca la documentazione clinica prodotta nei vari setting assistenziali in forma elettronica, secondo una ontologia condivisa e dei formati standard per definiti.
Per arrivare a questo risultato bisogna definire una roadmap e stanziare gli investimenti necessari affinché in pochi anni si abbia un’omogenea informatizzazione delle strutture ospedaliere che permetta in primis di avere una Cartella Clinica Elettronica (CCE) completa ed esaustiva.
Sarebbe poi necessario intervenire a livello normativo (flussi regionali, contratti di A/M, requisiti di gara, etc.), rendendo obbligatoria la trasmissione al FSE dei dati d’interesse da parte dei soggetti generanti (MMG, Ospedali, etc.).
Ogni documento sanitario generato dagli operatori sanitari (pubblici e privati) deve confluire nel FSE, e con il documento anche l’insieme dei dataset indispensabili a garantire un’efficacie programmazione, questo permetterebbe inoltre di disporre di base dati su cui basare analisi complesse (modelli matematici, statistici, machine learning, BI, etc.) anche nell’ambito della ricerca clinica.
- Basso livello di integrazione tra i vari FSE regionali, problema che in questa pandemia si è ancora più evidenziato, tanto che alcuni cittadini vaccinati in regioni non di residenza, non ritrovavano il certificato vaccinale nel proprio FSE.
Come uscire dall’impasse
Al fine di garantire a tutti i cittadini un equo accesso al proprio FSE, bisognerebbe uscire dalla logica regionalistica e puntare alla realizzazione di un FSE a livello nazionale.
Questo si può, ovviamente ottenere, o realizzando un unico repository centralizzato o tramite l’utilizzo di piattaforme di interoperabilità (più complicate nella realizzazione e nella manutenzione)
Un ruolo fondamentale in questa partita è ricoperto dalle principali software house che sviluppano e commercializzano soluzioni in ambito sanitario, che dovrebbero includere nelle soluzioni offerte il layer necessario a interagire con la piattaforma di interoperabilità.
La disponibilità di questo layer d’integrazione nelle soluzioni software di mercato, si potrebbe ottenere inserendo delle specifiche certificazioni e rendendo le stesse obbligatorie nei capitolati di gara per l’affidamento delle forniture;
Come sempre, il tema non è solo tecnico poiché le tecnologie digitali sono lo strumento a disposizione di tutti i soggetti che partecipano al processo (Cittadini, MMG, Medici specialistici, etc.). Il FSE dovrebbe divenire un repository di informazioni sulla salute del paziente ben definite e pre-determinate (Verbale di PS, Lettera di dimissione, referti ambulatoriali, etc.) accessibili in sicurezza dai soli soggetti titolati a farlo.
Conclusioni
In un mondo che va verso la di medicina delle 4 P: Preventiva, Partecipativa, Personalizzata e Predittiva – è oramai giunto il momento rendere concreti progetti di cui si parla da troppo tempo, e che sono la base su cui costruire la santità del futuro.
L’obiettivo comune è vincere la sfida e rendere il Sistema Sanitario italiano sostenibile e sempre più vicino al cittadino. Il miglioramento strutturale del fascicolo dal punto di vista tecnologico, ma anche della comunicazione più diretta e trasparente con il paziente non può che portare a una maggiore compliance ed engagement nell’affrontare i trattamenti clinico-terapeutici prescritti.
La salute deve restare un diritto di tutti e soprattutto accessibile “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”