sanità digitale

Il PNRR è fatto, ora facciamo la telemedicina: cosa serve per un vero salto di qualità

Le prestazioni di telemedicina sono certamente utili in alcuni contesti, come emerso durante la pandemia ma hanno valore solo se collocate in una gestione nazionale e regionale della sanità che va rivisitata in linea con le esigenze dei pazienti e degli operatori sanitari e con gli strumenti e le conoscenze attuali

Pubblicato il 17 Set 2021

Gabriella Borghi

Cefriel – Esperta in progettazione e gestione progetti di sanità digitale

Loredana Luzzi

Direttore Generale Università degli Studi di Brescia e componente direttivo AisdeT

Photo by National Cancer Institute on Unsplash

Il termine “telemedicina[1], poco noto fino all’emergenza Covid è ora inflazionato. Tutto è avvenuto proprio quando si incominciava a dire che forse il termine “telemedicina” si poteva anche considerare superato in quanto si trattava di uno strumento che, come altri riconducibili alla sanità digitale e all’e-health, segnava il percorso di evoluzione e innovazione della medicina e della sanità.

Ora invece la telemedicina, in particolare con le televisite e i teleconsulti, è entrata nel linguaggio di operatori sanitari e pazienti, essendo stata oggetto di “Indicazioni nazionali”[2] e di significativi richiami nella Missione 6 Salute del PNNR. Il fatto di parlarne però non evita che il contesto applicativo continui a caratterizzarsi per una significativa frammentazione. Frammentazione di esperienze, fra regioni e all’interno della stessa regione; frammentazione delle informazioni e dei dati generati dalle tecnologie utilizzate e dai sistemi di raccolta, difficilmente riconducibili al paziente e disponibili per studi; frammentazione della spesa in quanto nella maggior parte dei casi riconducibile a progetti o a finanziamenti mirati e non a sistema.

Telemedicina: quanto e da chi è usata? Il punto, per una strategia post pandemia

Il monitoraggio delle esperienze

Per cercare di ovviare a tale frammentazione da molto tempo sono state effettuate ricognizioni con questionari volti a conoscere le esperienze in atto sia a livello europeo, sia nazionale sia regionale. Traeva spunto proprio dalla Comunicazione UE sulla Telemedicina citata l‘Osservatorio Nazionale “e-Care” per la valutazione e per il monitoraggio delle reti, progetto finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Settore Salute, cui partecipavano anche le Regioni che nel 2008 censiva oltre 700 progetti intesi come reti di telemedicina, teleassistenza, telesoccorso, e-data, e-information.

Nell’ambito dell’Osservatorio era stato realizzato anche un portale, ora non più attivo, che si caratterizzava come un sistema web di consultazione, partecipazione, condivisione di esperienze di e-Care e che dal 2009 approfondiva le reti di telemedicina che arrivano direttamente al domicilio o nell’ambiente di vita del cittadino. Una Scheda consentiva di analizzare e catalogare in modo sistematico le applicazioni e-Care di telemedicina per contribuire alla diffusione delle cosiddette “buone pratiche” dal punto di vista organizzativo, clinico-assistenziale, tecnologico, economico. Il dettaglio informativo sulle esperienze era ampio.

Nella figura in alto è illustrata ad esempio la situazione che emergeva nel 2011. Poi il progetto non è stato più finanziato e si è concluso, ma quanto analizzato in quel contesto ha presumibilmente creato le premesse per le Linee nazionali di indirizzo sulla Telemedicina del 2014.

I diversi questionari di ricognizione

L’Istituto Superiore di Sanità, che ha attivato un “Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali”, nel 2018 dà il via ad un “questionario di ricognizione sui programmi di telemedicina presenti sul territorio nazionale nel periodo 2014-2017”.

Nel frattempo, il recepimento delle Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina (oggetto di Accordo Stato-Regioni nel 2014) veniva valutato in sede di adempimenti LEA fino all’anno 2017 al fine di verificarne l’adozione e dal 2018 si constata che tutte le regioni hanno recepito, con proprie delibere, le linee di indirizzo stesse.

Nel 2019 il Ministero della Salute ha avviato una mappatura nazionale delle esperienze regionali rilevando 282 esperienze di telemedicina attive sul territorio nazionale nell’anno 2018[3].

Il questionario chiedeva alle regioni anche se le esperienze di telemedicina erano state oggetto di valutazioni effettuate sul modello MAST (Model for the ASessment of Telemedicine). Emergevano però pochi casi con esperienze di valutazione di quanto attuato: 31 esperienze hanno effettuato tutte le valutazioni di cui 29 esperienze attive e 2 concluse. Fra le prestazioni attuate hanno maggior peso il teleconsulto (29%), la telerefertazione (23%), il telemonitoraggio (22%). Le televisite rappresentano solo il 4%, essendo il questionario relativo al 2018. Gli ambiti specialistici più coinvolti sono cardiologia, radiologia, pneumologia e i servizi sono rivolti principalmente ai pazienti cronici. Per l’analisi più dettagliata degli esiti si rinvia al sito del Ministero della Salute citato.

In ogni caso emerge che tutte le regioni sono coinvolte, molte con esperienze sperimentali, poche con regole a sistema.

Indicazioni nazionali e iniziative regionali

Probabilmente anche questa rilevazione, avviata a dicembre 2019, in prossimità dell’esplosione del COVID19 ha creato le premesse per le diverse indicazioni per l’utilizzo della telemedicina: dalle indicazioni dell’ISS[4], a quelle sulla televisita del settembre 2020 e infine alle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina” del dicembre 2020, queste ultime oggetto di Accordi Stato Regioni.

Le singole regioni hanno poi direttamente attivato iniziative volte a facilitare le cure a domicilio nel contesto emergenziale. Rilevazioni su tali attività in atto, anche con focus sulla telemedicina vengono ora svolte ad esempio da alcune università: dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari ALTEMS dell’Università Cattolica con gli “Instant REPORT”[5], dal Politecnico di Milano con l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, o dal CERGAS (Centro di ricerche sulla Gestione dell’assistenza sanitaria e Sociale) dell’Università Bocconi.

Sono poi state attuate analisi di situazioni regionali da parte di studiosi o di realtà associative come, ad esempio, quella della Toscana[6] e quella della Lombardia da parte di Assolombarda, ma i casi potrebbero essere diversi e contribuirebbero a fornire ulteriori descrizioni di possibili valide risposte fornite ad esigenze di cura a distanza con il supporto delle tecnologie.

Il problema a questo punto non sembra più essere quello di attivare nuove rilevazioni/censimenti che offrono al meglio un’istantanea che riflette l’ottica del rilevatore e fotografa un momento di una realtà in continua evoluzione su molti fronti, fronti in cui il processo di innovazione è molto veloce: dalla medicina alla tecnologia. Tali analisi infatti, attuate su contesti organizzativi anche molto difformi, finiscono per essere poi difficilmente confrontabili e quindi restano al meglio solo descrittive. Se solo si raffrontano le rilevazioni/mappature svolte prima dall’ISS e poi dal Ministero della Salute si constata ad esempio, almeno a livello di regione Lombardia, che le strutture che dichiarano esperienze sono indicate diversamente: il singolo presidio ospedaliero di un’unica Azienda non viene ricondotto a questa, ma contato individualmente. In altri casi sono presenti lacune significative di esperienze e si tralasciano situazioni che hanno indubbio valore e che sono anche validate in letteratura.

I rischi di ricominciare ogni volta daccapo

In effetti queste rilevazioni partono ogni volta da capo e risentono di volta in volta dell’interesse di chi affronta l’indagine, spesso con molteplici domande a risposte aperte, con assenza di alcune codifiche, come quella che individua precisamente la struttura, senza attenzione al fatto che sono rivolte sempre alle stesse persone che hanno molteplici attività in atto e non sempre conoscono a fondo il tema oggetto di indagine. Quindi anche le informazioni raccolte risultano essere frammentate e poco comparabili sia sulle esperienze descritte sia sugli aspetti tecnologici coinvolti, sia in termini di costo.

Queste riflessioni emergono da quanto rilevato in Lombardia dove nella mappatura ministeriale mancano all’appello, ad esempio realtà qualificate o sono riportate esperienze di teleconsulti intra aziendali che sono la norma certamente in un numero molto più elevato di realtà aziendali con più presidi.

Si può quindi confermare che a questo punto non servano ulteriori questionari, censimenti, mappature perché la realtà e le esigenze sono sufficientemente conosciute anche se non sistematizzate in modo uniforme e completo. Analogamente richieste regionali generiche di indicare le esperienze già in essere fornendone una descrizione non sembrano poter fornire soluzioni poi integrabili e comparabili nel sistema sanitario nazionale.

In tal senso è certamente più interessante la proposta formulata con la dgr 568 del 2020 da Regione Veneto[7] “di riconoscere agli Enti del SSR la possibilità di erogare servizi sanitari con modalità di Telemedicina, in coerenza con le Linee di indirizzo nazionali di cui all’Intesa del 20 febbraio 2014 (rep. atti n.16/CSR), con contestuale comunicazione alla Direzione Programmazione Sanitaria – LEA e a Azienda Zero delle misure attuate e degli strumenti tecnologici implementati, idonei a garantire la sicurezza del sistema e l’appropriatezza nel processo di erogazione, per eventuali valutazioni di competenza, mediante una relazione scritta”. Lo stesso provvedimento precisa “di incaricare Azienda Zero alla redazione del documento di definizione degli standard di servizio propri delle prestazioni di Telemedicina, nonché dello sviluppo, della realizzazione e del monitoraggio del progetto di Telemedicina, da sottoporre all’approvazione della Giunta Regionale”. A seguito di ciò è stato predisposto, in modalità web, un “questionario” per la comunicazione della prestazione che codifica con una serie di domande anche descrittive il servizio al fine di ricondurre la prestazione all’analoga prestazione sanitaria presente nel Nomenclatore Tariffario Regionale della specialistica ambulatoriale, precisando che tali prestazioni saranno identificate attraverso l’aggiunta alla descrizione delle prestazioni in uso dell’opzione “eseguibile in Telemedicina”.

Una soluzione forse semplicistica, ma che intervenendo dopo le “indicazioni nazionali per la telemedicina” del dicembre 2020 sembra facilitare le possibilità di avvio di prestazioni innovative consentendone la retribuzione. La soluzione dovrebbe anche fornire a livello regionale di disporre di un quadro mantenuto sempre aggiornato sui servizi attivati. Il quadro potrebbe essere più completo se tali informazioni fossero rese disponibili al sistema regionale affinché le idee migliori possano essere rese accessibili e duplicabili in altri contesti. È auspicabile, pertanto, che questa sia solo una tappa di un percorso in itinere.

I pericoli e gli abbagli della metafora della “telemedicina”

Ma quali possono essere i pericoli o gli abbagli attribuibili al continuo riferimento alla metafora[8] della “telemedicina” che ora è presente nella comunicazione pubblica, anche legata alle risorse presenti nel PNRR.

Come prima cosa emerge certamente un forte interesse degli operatori privati ad utilizzare queste opportunità offerte dalla tecnologia, per offrire servizi, per lo più al di fuori del SSN, in tempi celeri ma quasi mai inseriti in un coerente contesto di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione: emblematico in tal senso anche il cartellone pubblicitario in aeroporto o il sito web che propone esami a domicilio dalla radiologia tradizionale, all’holter e all’ECG e televisita, senza alcun riferimento ad una prescrizione medica o ad un percorso diagnostico terapeutico: “Evita le sale d’attesa affollate. Prenota una video consultazione con uno dei nostri medici generici per ricevere una prescrizione, una valutazione medica, un’analisi dei risultati degli esami o una raccomandazione per qualsiasi altro servizio sanitario da casa”, recita l’avviso on line. Ma è questa l’evoluzione auspicabile?

Forse è il caso di ricordare che, la nostra Costituzione, all’art. 32 riconosce e “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”

Le prestazioni sanitarie fornite con il supporto della telemedicina devono essere inserite in un contesto organico e, come ben sottolineano le linee di indirizzo nazionali fin qui approvate, in condizioni cliniche che lo consentono; si pensi ad esempio ai requisiti previsti per la televisita, per lo più in casi di paziente conosciuto o, come avvenuto in tempo di pandemia, per inquadrare alcune situazioni e consentire la possibilità di posporre la visita “fisica” in presenza.

Le prestazioni fornite con il supporto della telemedicina, quindi, sono certamente utili in alcuni contesti, come ad esempio è emerso chiaramente durante questa emergenza, ma servono solo a risolvere problemi precisi di precisi target di pazienti e hanno valore solo se correttamente collocate in una gestione nazionale e regionale della sanità che va rivisitata in linea con le esigenze attuali dei pazienti e degli operatori sanitari e con gli strumenti e le conoscenze attuali.

Non sprechiamo l’occasione del PNRR

Nel documento del consiglio europeo dell’8 luglio 2021 relativo alla decisione di esecuzione del consiglio relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia si richiama, tra l’altro, l’intervento della missione 6 relativo alla “Telemedicina per supportare al meglio i pazienti con malattie croniche (Investimento 1.2.3) – L’investimento mira a 1) finanziare progetti che consentano interazioni medico-paziente a distanza, in particolare la diagnostica e il monitoraggio, 2) creare una piattaforma nazionale per lo screening di progetti di telemedicina (in linea con quanto previsto dall’investimento 1.3 della missione 6 componente 2), e 3) finanziare iniziative di ricerca ad hoc sulle tecnologie digitali in materia di sanità e assistenza”. Tutti gli interventi relativi alla Missione 6, compreso il potenziamento della telemedicina, sono finanziati dalla seconda e nella decima rata nella modalità “sostegno sotto forma di prestito”.

Un gruppo di ricercatori di diverse Università[9] , alla fine di maggio ha individuato dieci proposte operative e tre fattori abilitanti per mettere in atto con successo la Missione Salute del PNRR, per sostenere il SSN evidenziandone criticità e punti da migliorare. Alcuni temi quali il ruolo della medicina generale, delle strutture di prossimità, della gestione della governance, della formazione del middle management, sono temi non solo condivisibili ma presenti “sul tavolo” da anni, ma questo punto non rinviabili.

Non ci stancheremo mai di sottolineare che è necessario poter mettere a sistema le conoscenze e le esperienze sviluppate nelle aziende e nelle regioni affinché gli strumenti metodologici e tecnologici possano essere utilizzati diffusamente a regime, senza procedere con l’ennesima survey volta a censire e catalogare le esperienze progettuali.

Il PNRR rappresenta un’occasione unica per consentire al nostro SSN di fare quel salto di qualità verso lo sviluppo e l’utilizzo delle tecnologie che da anni auspichiamo.

Note

  1. EU (COM 2008/689) «La telemedicina è la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso alle TIC, in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località. Essa comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. La telemedicina abbraccia un’ampia varietà di servizi.»
  2. Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina del 17/12/2020(rep. atti n.215/CSR) – http://www.statoregioni.it/media/3221/p-3-csr-rep-n-215-17dic2020.pdf
  3. https://www.salute.gov.it/portale/ehealth/dettaglioContenutiEHealth.jsp?lingua=italiano&id=5524&area=eHealth&menu=telemedicina
  4. https://www.iss.it/rapporti-covid-19
  5. https://altems.unicatt.it/
  6. https://www.agendadigitale.eu/sanita/telemedicina-in-toscana-per-la-gestione-del-covid-e-oltre-iniziative-e-sviluppi-futuri/ – M.Provvidenza, A.Taddei, Telemedicina in Toscana, per la gestione del covid e oltre: iniziative e sviluppi futuri, in Agenda Digitale, giugno 2021
  7. https://salute.regione.veneto.it/web/telemedicina/documentazione
  8. Gianrico Carofiglio, Con parole precise. Breviario di scrittura civile, Laterza, 2015
  9. https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=95923

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