La conferenza stampa del Presidente del Consiglio del 26 aprile sul parziale ritorno alla normalità ha scatenato una ridda di voci sull’app Immuni e su un possibile accantonamento della stessa da parte del governo.
Non è così e possiamo spiegare perché. E perché non ci stupisce che qualche minuto fa il commissario Domenico Arcuri ha chiarito alla Protezione Civile che i lavori sull’app proseguono e che il contact tracing arriverà a maggio (anche se è più probabile giugno, per molti esperti, dati i tempi tecnici di update dei sistemi operativi, Ndr.). Tanto che l’app è in effetti evocata in un allegato del DPCM.
Chi legge queste pagine sa che ho assunto una posizione molto critica nei confronti dell’app, soprattutto per le note problematiche di trasparenza che tutte le testate hanno riportato in questi giorni, ciononostante non ci si può esimere dallo smentire vere e proprie fake news sulla presunta scomparsa dell’app nella fase 2 che, per intenti che dovrebbero essere approfonditi, sono state diffuse dopo la conferenza stampa del Presidente del Consiglio.
La presunta scomparsa dell’app dai radar del governo
L’app non è scomparsa (prima fake news), anzi viene nominata espressamente nel DPCM. Nell’originale diagramma di flusso allegato 10 al DPCM del 26 aprile è presente una precisa indicazione su possibili conseguenze su un ripristino del lock down in caso di difetto del tracciamento digitale.
Il Presidente del Consiglio non avrebbe potuto né nominarla né inserirla nel DPCM (seconda fake news) dal momento che le specifiche delle API di Google e Apple, che a quanto sembra si integreranno con la soluzione italiana, non sono ancora state rilasciate. Il rilascio dovrebbe avvenire oggi.
Inoltre l’app è in fase di testing presso due o tre regioni.
L’adozione formale dell’app
Ciò significa che l’adozione avverrà solo in un secondo momento, quando sarà attiva realmente la fase 2, e dopo aver effettuato i test di interoperabilità, il che sposta la data di adozione presumibilmente almeno alla seconda metà del mese di maggio.
A quella data, visto lo scaglionamento delle attività di parziale riapertura, ci sarà senz’altro un nuovo decreto.
Solo in quel momento si potrà parlare formalmente di una adozione dell’app e dunque il Presidente del Consiglio potrà adottare un atto normativo ad hoc.
Fermi restando gli obblighi costituzionali, sin qui elusi, di adottare norme a carattere primario.
Ma la ragione più forte per la mancata indicazione del Presidente del Consiglio appare essere la permanenza, tutt’altro che scontata, dell’autocertificazione nella “falsa” fase 2 che comincia il 4 maggio.
Come giustamente osservato, il download dell’app comporterà alcune conseguenze giuridiche sul cittadino, prima fra tutti la circostanza che lo stesso, se positivo, di fatto si autodenuncerà alle autorità.
Questo ha conseguenze molto rilevanti sul cittadino che potrà essere accusato in sede di autocertificazione di diversi reati: dal falso in autocertificazione, al reato di epidemia.
Non è pensabile, e non credo che i tecnici consultati possano aver sostenuto una cosa del genere, adottare insieme autocertificazione e app, perché questo creerebbe un vero e proprio marasma, molto più di quanto sia accaduto con le disposizioni penali originariamente pensate per i divieti di spostamento, poi accantonati perché le procure italiane avrebbero avuto lavoro, su questi fatti, per i prossimi vent’anni.