SANITA' DIGITALE

Intelligenza artificiale contro l’Alzheimer, tutti gli strumenti in campo

In aumento l’impatto delle malattie neurovegetative sul sistema socio-sanitario. In assenza di terapie risolutive è la tecnologia a farsi avanti sul fronte della diagnosi precoce e dell’assistenza a pazienti e caregiver. Dal machine learning alla domotica, ecco le tecnologie a supporto della qualità di vita dei malati

Pubblicato il 29 Ott 2020

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Indicazioni nazionali telemedicina

L’Intelligenza artificiale è in grado di fornire contributi cruciali nella lotta alle malattie neurodegenerative, compreso l’Alzheimer, che da alcuni anni stanno avendo un peso crescente all’interno dei sistemi sanitari. La tecnologia può contribuire ad alleggerirne l’impatto sociale e supportando malati, famiglie, caregiver. Vediamo le applicazioni più efficaci.

Applicazioni di Intelligenza artificiale

Il primo ambito in cui l’intelligenza artificiale può rivelarsi utile è sicuramente quello della diagnosi precoce. In assenza di farmaci efficaci e risolutivi, la diagnosi precoce è lo strumento che permette di rallentare la malattia, anche attuando tutta una serie di norme comportamentali che possono contrastarne l’evolvere. La diagnosi precoce attraverso l’AI può addirittura precedere di 10 anni la diagnosi clinica e può essere realizzata con più strumenti.

Il primo strumento è quello dell’analisi dei referti radiologici (Tac e risonanze) che, realizzato attraverso algoritmi di machine learning, permette di individuare con grande anticipo i soggetti che svilupperanno la malattia.

Il secondo strumento è basato sullo studio dei micromovimenti che, opportunamente colti attraverso filmati ed elaborati dall’intelligenza artificiale, sono in grado di cogliere con un anticipo di anni i segni precoci del decadimento neurologico.

Il terzo strumento è costituito dall’analisi grafologica eseguita attraverso algoritmi di intelligenza artificiale in grado di individuare i segni del declino cognitivo a partire da particolari evidenze grafologiche. Ma l’intelligenza artificiale non limita il suo ambito di azione alla diagnosi. Sempre attraverso gli algoritmi si possono individuare terapie personalizzate, andando a selezionare i pazienti più responsivi a determinate strumenti terapeutici, riuscendo così a rallentare significativamente l’evoluzione della malattia, soprattutto se questi interventi terapeutici sono precoci.

Strumenti a supporto dei caregiver

È però nella gestione della malattia, sia da parte del malato, sia da parte dei caregiver che la tecnologia può permettere di fare passi avanti notevoli, migliorando significativamente la qualità di vita del malato.

Sono, ad esempio, stati costruiti dei visori a realtà aumentata per addestrare i caregiver a vedere il mondo con gli occhi dei malati e, quindi, prendere consapevolezza delle loro reali sensazioni e paure nei diversi aspetti della vita quotidiana.

Device intelligenti, indossabili o portabili, possono migliorare la qualità della vita aiutando la persona nei momenti di difficoltà o permettendole di superare barriere fisiche e psicologiche.

La realtà aumentata può inoltre avere un ruolo importante nel ridestare i ricordi e rallentare il declino cognitivo, rafforzando il ruolo di altri mezzi terapeutici come la musicoterapia.

Filmando, infine, i micro movimenti dei malati con telecamere è possibile prevenire e ridurre il rischio di cadute che costituiscono una delle cause di incidente più frequente per coloro che sono affetti da malattie neurodegenerative e che possono anche rivelarsi fatali se causano una frattura del femore, evento abbastanza probabile per i pazienti di una certa età.

La progettazione di case intelligenti, costruite a misura dei bisogni dei malati di malattie neurodegenerative e in grado di supplire attraverso l’intelligenza artificiale alle loro carenze cognitive, è ormai una realtà su cui si può investire pesantemente.

Interessante è, poi, la sperimentazione di Chat Yourself, chatbot con la quale i malati di Alzheimer possono dialogare e che ha una duplice funzione: in primo luogo quello di facilitare le singole azioni quotidiane, ad esempio riconoscere le persone, orientarsi, avere a disposizione dei promemoria di cose da fare. In secondo luogo la chatbot si rivela utile anche per garantire una quasi-normalità di vita al malato, cosa che ritarda il decadimento cognitivo e la malattia.

Telemedicina e IOT: vantaggi per gli assistiti

L’Internet delle Cose, consentendo di connettere fra loro i device, capaci di intercomunicare e di adattare il loro comportamento ai dati e alle informazioni che ricevono, può dar vita a veri e propri sistemi intelligenti e integrati, grazie all’elaborazione dell’informazione che monitorano e ottimizzano e che possono essere molto utili nel caso di gestione di malattie neurodegenerative.

Più in generale è necessario affinare gli strumenti della telemedicina per focalizzarli sui bisogni dei soggetti affetti da malattie neurodegenerative. La telemedicina può rappresentare la frontiera per seguire questi pazienti, integrando device e strumenti innovativi, rendendoli autonomi il più rapidamente possibile e agevolandone l’autogestione (autosufficienza nella propria casa, nel “quartiere” in cui si sono abituati a vivere).

A livello internazionale la telemedicina viene considerata la migliore soluzione possibile per fronteggiare le esigenze dell’assistenza sanitaria in termini di efficienza, di attenzione alla persona e di contenimento della spesa. Nel caso delle malattie neurodegenerative può essere uno strumento in grado di abbattere in maniera forte il grado di disabilità dei malati, consentendo di mantenere un livello di condizioni e di qualità della vita accettabile.

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