Dalla nascita della realtà virtuale (VR) ci sono stati enormi progressi nella tecnologia – sia hardware che software – che, nell’ultimo periodo, hanno potuto “sfruttare” la pandemia di coronavirus per accelerare la trasformazione digitale in corso nelle industrie farmaceutiche e sanitarie, sempre alla ricerca di soluzioni permanenti ed efficaci per migliorare le comunicazioni digitali ed affrontare il crescente spostamento di riunioni e conferenze in persona alle interazioni virtuali.
Del resto, la straordinaria crescita nelle comunicazioni digitali dall’impatto della pandemia è destinata a rimanere, poiché ora sono stati implementati sistemi utili che si adattano alle esigenze professionali attuali e future, facendo apprezzare, pur con gli evidenti limiti, la diversa esperienza digitale rispetto a quella in presenza.
Comprendere un argomento scientifico, come funziona il corpo umano o la struttura di una molecola o di un farmaco sono essenziali per la ricerca farmaceutica.
Essere in grado di “visualizzare” un concetto e calarsi nell’ambiente oggetto di ricerca può migliorare significativamente il modo di percepire e comprendere qualcosa.
La Realtà virtuale non solo può fornire un modo divertente per capire, ma può, cosa più importante per il settore della ricerca sanitaria, stimolare un maggiore livello di comprensione e di probabile intuizione, da sempre il motore delle scoperte scientifiche più importanti.
I benefici della realtà virtuale nel settore farmaceutico
Il settore farmaceutico, come accennato, sembra essere uno di quello che maggiormente beneficia di ciò.
Infatti, attraverso le tecnologie VR, l’utente viene trasportato in un altro mondo, rendendole uno strumento pressochè perfetto di visualizzazione scientifica, permettendo di seguire il viaggio di un farmaco attraverso il corpo umano o visualizzare la struttura molecolare da diverse angolazioni.
Questo tipo di narrazione, combinato con la tecnologia VR all’avanguardia, fa emergere messaggi intricati e altamente complessi, permettendo di ottenere una comprensione più profonda di ciò che si cela dietro il funzionamento di un prodotto medico o una malattia.
Un uso primario della VR nella ricerca farmaceutica è la sua implementazione per gli studi di interazione farmaco-bersaglio e la previsione dei risultati dell’effetto di un farmaco nel corpo. Attraverso la tecnologia VR è possibile vedere come le molecole interagiscono e si muovono nel corpo; ciò è estremamente vantaggioso per migliorare la scoperta dei farmaci e le fasi di ricerca preclinica, perché i ricercatori possono vedere interazioni e meccanismi, che vanno ben oltre l’immaginazione o l’attuale conoscenza umana, fungendo da supporto per la ristrutturazione e reingegnerizzazione di molecole e farmaci.
Cos’è la realtà virtuale
La realtà virtuale (VR) è quella tecnologia, capace di riprodurre un ambiente tridimensionale simulato al computer e creare un mondo artificiale coinvolgente ed immersivo, che da qualche tempo si sta facendo strada in diversi settori, tra cui quello sanitario.
La VR, infatti, non è solo per il gaming; tale tecnologia è stata utilizzata, in maniera avveniristica, anche nel settore sanitario per molti anni.
Ciononostante, molti lo considerano ancora un tema nuovo, per quanto la VR sta diventando uno strumento sempre più potente nell’industria farmaceutica, rivoluzionando e facendo progredire il modo di vivere e lavorare.
Secondo previsioni contenute nel global VR market di Morodor Intelligence, il mercato globale della VR valeva 17,25 miliardi di dollari nel 2020 e dovrebbe raggiungere 184,66 miliardi di dollari entro il 2026.
Esempi della realtà virtuale abbinata al settore farmaceutico
Tra gli esempi più straordinari, si possono indicare quello della chimica e imprenditrice Jackie von Salm (co-fondatrice e direttore scientifico di Psilera Inc., una società con sede a Tampa, in Florida), la quale ha recentemente “camminato” all’interno di un recettore nel cervello per ispezionare un nuovo composto farmacologico.
Attraverso una cuffia VR che utilizza la modellazione molecolare 3D, il cui software (realizzato da Nanome, una startup con sede a San Diego) incorpora dati sperimentali e teorici sulle strutture molecolari basati su metodi che includono la chimica computazionale e la cristallografia, una tecnica usata per identificare la disposizione degli atomi, von Salm ha potuto osservare oggetti colorati intorno a lei, e notare qualcosa di particolare, ossia che una parte della struttura atomica, una serie di spesse barre ed esagoni arancioni, sporgeva verso di lei in modo strano, suggerendo che il composto potrebbe essere efficace per trattare la dipendenza senza avere effetti allucinogeni, poiché la insolita posizione del composto potrebbe essere la forma giusta per agganciare i recettori della serotonina nel cervello che sono coinvolti nell’allucinazione e nella dipendenza.
Questa intuizione è stata possibile grazie a una tecnologia che comunemente viene abbinata più ai gamer che agli scienziati, i quali, invece, stanno usando la VR per osservare e studiare, in modi nuovi, le molecole che hanno visualizzato a lungo sugli schermi di computer, con l’obiettivo di indagare i sottili ed impercettibili cambiamenti nella distanza, nella forma e nelle proprietà chimiche delle strutture atomiche, dando indizi su quanto un farmaco potrebbe funzionare ed accelerando il processo di scoperta dell’efficacia del funzionamento dei farmaci.
Nella VR, le molecole di farmaci e le proteine, codificate a colori dagli scienziati, hanno dimensioni amplificate, ed attraverso controller manuali, si possono afferrare le strutture per ruotarle, ingrandirle, rimpicciolirle o dare un’occhiata più da vicino.
I composti dei farmaci sono geometricamente complessi, con decine o centinaia di atomi, separati da distanze misurate in Ångströms, ossia un decimiliardesimo di metro. Per trattare le malattie, molti composti farmaceutici devono inserirsi nelle strutture dei recettori proteici, recettori che possono avere decine di migliaia di atomi e una geometria unica.
Se gli inserimenti non avvengono nel modo giusto, il farmaco potrebbe non funzionare correttamente o potrebbe colpire il bersaglio sbagliato, causando effetti collaterali.
Inoltre, le molecole dei farmaci e le proteine non sono rigide, cambiano la loro forma nel tempo.
Realtà virtuale al servizio delle terapie mentali: ecco vantaggi e limiti
La VR e la ricerca di farmaci per il trattamento del cancro e malattie autoimmuni
C4X, un’azienda britannica pioniera nella scoperta di farmaci, sta progettando piccole molecole per trovare farmaci per il trattamento del cancro e malattie autoimmuni. L’azienda sta sviluppando la propria piattaforma VR, denominata “4Sight”, per aiutare a rendere la visualizzazione delle molecole di farmaci più veloce e più facile.
Dal 2018, i ricercatori dell’Università della California di San Francisco hanno usato la VR per capire meglio le mutazioni genetiche nel cancro che potrebbero rendere un paziente resistente al trattamento. Per esempio, era chiaro che il motivo per cui un farmaco non si legava correttamente alla sua proteina bersaglio nella cellula tumorale era a causa del movimento di una porzione della proteina chiamata P-loop. Il movimento era causato da una mutazione nel bersaglio ed il monitor di un computer, rendeva difficile vedere il minuscolo cambiamento nel movimento.
Tuttavia, oggi, ci sono ancora limiti alla quantità di contenuti che possono essere visualizzati in VR a causa delle enormi dimensioni dei file delle molecole di farmaci e delle proteine, così come delle simulazioni del loro movimento, che possono mettere a dura prova la potenza di elaborazione. I progressi nell’hardware, nel software e nella potenza di calcolo del prossimo decennio potrebbero fornire una valida soluzione.
La VR nella lotta al Covid
La VR è stata parte del processo di scoperta di farmaci per la lotta al virus che causa la Covid-19. Novartis ha utilizzato la VR per trovare una piccola molecola per riempire una tasca nella proteasi principale di SARS-CoV-2. La proteasi è una proteina di cui il virus necessita per assemblarsi all’interno di una cellula. Novartis è nelle prime fasi di test di un inibitore, o enzima, che potrebbe bloccare la principale proteasi in molti coronavirus, compresa la SARS-CoV-2, per fermare la replicazione del virus negli esseri umani.
È evidente come la VR sia uno strumento estremamente vantaggioso per l’industria farmaceutica.
Come detto, questa tecnologia innovativa ha il potere di comunicare informazioni complesse in un formato coinvolgente, emozionante e interattivo e se usata al suo pieno potenziale, può accelerare l’apprendimento e la comprensione, snellendo i processi produttivi farmaceutici.
La VR per un mondo senza farmaci: la ricerca
Le possibilità della VR sono infinite e nuove prospettive nell’industria farmaceutica e nel campo medico crescono ogni giorno. Mentre vengono fatti enormi progressi nella VR, gli ostacoli pratici vengono superati o limitati grazie alla tecnologia che diventa più accessibile e facile da usare, quanto conveniente ed efficiente.
Addirittura, l’uso della VR potrebbe arrivare ad eliminare del tutto i farmaci.
Infatti, i ricercatori della California hanno dimostrato che la tecnologia della realtà virtuale può fornire un modo senza farmaci per alleviare il dolore nei pazienti ospedalizzati.
La VR è già stata usata in ambito medico per aiutare ad alleviare l’ansia, distrarre i pazienti mentre vengono trattate le ferite e ridurre il dolore durante la terapia fisica nei pazienti ustionati.
Per saperne di più sull’efficacia del sollievo dal dolore della VR, i ricercatori del Cedars-Sinai Medical Centre di Los Angeles hanno condotto uno studio randomizzato, assegnando 120 pazienti con dolore moderato o grave a due gruppi. Un gruppo ha ricevuto una libreria di esperienze VR su un auricolare Samsung Gear Oculus, mentre l’altro gruppo ha sintonizzato la propria TV su un canale di salute e benessere che includeva rilassamenti guidati e letture di poesia.
Ai partecipanti è stato chiesto di usare l’attrezzatura VR o di guardare la TV per almeno tre sessioni di 10 minuti al giorno, per due giorni consecutivi. Le simulazioni VR disponibili includevano una meditazione guidata a tema naturale; un gioco che implicava sparare a bersagli animati e un volo simulato. Prima e dopo le sessioni, i pazienti hanno valutato il loro dolore su una scala variabile.
Lo studio ha scoperto che la VR era significativamente più efficace della TV nel ridurre il dolore.
I pazienti con dolore grave hanno effettivamente beneficiato maggiormente del trattamento, il che suggerisce che la VR potrebbe aiutare ad aumentare il sollievo.
Esattamente come la VR possa alleviare il dolore non è ancora stato compreso.
La spiegazione attualmente più accreditata sarebbe che l’esperienza piena e coinvolgente della VR impegna il cervello e travolge i sensi, limitando l’elaborazione dei segnali di dolore altrove nel corpo.
Se la VR è causa di malattia
Eppure, la VR non sempre aiuta a curare le malattie, ma a volte le causa.
Il malessere da realtà virtuale (noto anche come cybersickness) è un effetto collaterale sperimentato da alcuni quando si usa la VR.
I sintomi sono simili a quelli della chinetosi, tra cui nausea, disorientamento, pallore, mal di testa, sudorazione e persino vomito.
È opinione diffusa che ciò sia causato da un conflitto che avviene all’interno del cervello, dal momento che gli input sensoriali visivi e uditivi dicono che ci si sta muovendo nello spazio, mentre l’orecchio interno non rileva il movimento corrispondente.
Analogamente alla chinetosi, l’“area postrema” del cervello, percependo tale conflitto, suppone che si abbiano le allucinazioni come dopo aver ingerito accidentalmente una neurotossina e ordina al corpo di espellere la sostanza pericolosa al più presto.
Tale fenomeno è più probabile che colpisca i bambini tra i due e i 12 anni, ed è per questo che alcuni produttori di unità VR consigliano cautela o addirittura che le loro unità siano usate solo da bambini di 13 anni e oltre.
Fortunatamente, molti di questi effetti collaterali a breve termine sono stati ridotti dagli sviluppi tecnologici degli ultimi anni e continueranno a farlo col passare del tempo. L’aumento della risoluzione e della frequenza di aggiornamento dello schermo hanno avuto un impatto positivo, così come il design del gioco stesso, con gli sviluppatori che hanno acquisito una comprensione più profonda di ciò che rende un’esperienza VR veramente coinvolgente e stabile.
Oltre a ciò, capire veramente l’impatto neurologico a lungo termine della VR negli esseri umani richiederà tempo, e non vanno trascurate anche le implicazioni sociali. L’isolamento e il comportamento solitario, la depressione, il suicidio e persino i conflitti del mondo virtuale che si riversano nella violenza del mondo reale sono pericoli concreti.
Ciò che rappresenta una delle sensazioni più peculiari, trascorrendo molto tempo in ambienti di VR, non è tanto vivere nel mondo virtuale in quanto tale, quanto ciò che avviene dopo aver rimosso l’attrezzatura utilizzata, la quale da un lato consente di immergersi, mentre dall’altro decreta il ritorno alla solita quanto reale normalità, scevra della meraviglia e della onnipotenza del virtuale.
Le prospettive future
Le prospettive future prevedono, infatti, l’aggiunta del suono e dell’intelligenza artificiale alla VR che potrebbe, così, ulteriormente espandere il valore aggiunto della tecnologia.
Come quasi sempre accade con le nuove tecnologie, ci sono molte incognite e potenziali pericoli, in quanto i veri e potenziali effetti collaterali inerenti alla VR devono ancora essere pienamente compresi.
Sono necessari ulteriori studi su come la VR impatti le funzioni cerebrali per capire i potenziali lati positivi quanto quelli negativi, come pure le altrettanto importanti implicazioni sociali della tecnologia.
Come per la maggior parte delle tecnologie ci sono potenziali rischi, ma l’uso intelligente e benevolo della realtà virtuale potrà senza dubbio portare esperienze positive per milioni di persone.