Il rapporto tra lo sviluppo della sanità digitale e l’aggiornamento degli standard di gestione a essa correlabili (a livello amministrativo, legale, sindacale ed etico) è già fortemente asimmetrico, a danno, purtroppo, dei secondi.
In un ecosistema in cui l’integrazione con piattaforme terze (a partire dai GAFA – Google, Amazon, Facebook, Apple) sarà irrinunciabile, pena la perdita di efficienza su ampia scala, il legislatore italiano sarà sufficientemente forte da salvaguardare prima il diritto alla salute dei pazienti e, solo in un secondo momento, le esigenze commerciali degli operatori?
Proviamo a fare il punto sui cambiamenti che, in misura sempre maggiore, saranno innescati dall’uso nelle nuove tecnologie in sanità, e – di conseguenza – sui fattori a cui prestare maggiore attenzione.
Intelligenza artificiale e vulnerabilità del sistema sanitario
Le soluzioni sanitarie oggi presenti sul mercato, che sfruttano sistemi più o meno spinti di intelligenza artificiale, mostrano infatti, fin d’ora, le potenziali vulnerabilità del sistema nel suo complesso. Se il piano italiano di transizione alla medicina digitale sarà realizzato secondo i tempi annunciati, e dal prossimo giugno le Regioni potranno conoscere le linee guida per accedere ai due miliardi di euro stanziati apposta nel PNRR, queste vulnerabilità devono essere considerate, a pieno titolo, punti di attenzione sui quali è doveroso ragionare. Finché il terreno è di modeste dimensioni e non fittamente popolato, disinnescare le mine risulta più semplice.
Sanità digitale, calma con l’entusiasmo: servono prove di efficacia
I tre “salti di funzione” abilitati dall’IA a cui fare attenzione
Per individuare i bug, serve partire dalle rivoluzioni presto innescate dall’uso più diffusivo e sistemico dell’intelligenza artificiale nell’ambito dei servizi sanitari. Principalmente tre:
- il progressivo “alleggerimento” del ruolo del medico nel processo iniziale di diagnosi;
- la conversione dell’ambiente in cui interagiscono curante e paziente;
- il vantaggio competitivo che scaturisce dall’analisi (e, dunque, anche dal possesso) dei dati su coorti sempre più dettagliate di individui, come mai è stato possibile prima d’ora.
Da ciascuno di questi tre “salti di funzione” derivano alcuni rischi, nascosti nelle inedite opportunità che, senz’altro, offre l’intelligenza artificiale. Iniziamo dal primo salto.
I problemi legati ai servizi di symptoms checking
Oggi sul mercato italiano principiano servizi di symptoms checking. Economici, erogati da operatori privati, concepiti in chiave di triage, teoricamente fungibili con la scelta di ricorrere al Pronto Soccorso, salvo casi gravi. Il paziente interroga un’app o un programma web based proprietario, e inserisce anche i dati di esami già effettuati, se disponibili, per ottenere una prima indicazione. Quale? Può essere la proposta di una visita specialistica, l’adozione di un periodo di osservazione, la conferma della terapia adottata, più raramente l’indicazione di una nuova.
È qui che suona un primo campanello d’allarme. Nonostante il futuro dei servizi privati di symptoms checking sia probabilmente il canale B2B (ad esempio il settore assicurativo) è immaginabile che in futuro possano essere inclusi a pieno regime nel SSN, facile intuire anche in quali Regioni. Come saranno modificati i criteri di accreditamento per tali nuovi operatori privati del mercato sanitario, e sulla base di quali standard? Dovranno essere uguali tra tutte le Regioni, anche in virtù della nascita di una piattaforma nazionale comunitaria e interoperabile a livello locale, come annunciato dal Ministro Colao?
Di campanello, però, ne suona anche un secondo. Il SSN sarà in grado di sopportare, in termini di numeri, le richieste di esami o visite generati dall’integrazione con sistemi IoT, dispositivi wearable e symptom checker lasciati ciascuno alla propria teorica infallibilità? È il tema dei falsi positivi. Inoltre, il ricorso a device di autodiagnosi, capaci di inviare in automatico e istantaneamente tracciati ecografici e dati, è in crescita perché sempre più suggerito dagli stessi medici di base.
Gli impatti della telemedicina
Come abbiamo detto, la transizione alla medicina digitale attiva anche un secondo salto: la conversione dell’ambiente in cui interagiscono curante e paziente, con la telemedicina. La visita a distanza apre scenari che impattano sia sull’aspetto professionale del sanitario sia sulla dimensione individuale dell’assistito. E sono aspetti oggi ancora trascurati.
Pensiamo al primo aspetto, quello squisitamente medico. Come sarà regolamentata, dal punto di vista contrattuale e da quello delle relazioni sindacali, l’attività professionale svolta esclusivamente (a tendere) online? Quali nuovi profili dovrà assumere la responsabilità medica del professionista che esercita, nei fatti, in uno stato di parziale privazione, ovvero senza poter disporre, almeno a uno stadio iniziale, del corpo del paziente, oggetto delle sue analisi? E ancora: sarà motivante lavorare a distanza? Come dovrà essere aggiornata la formazione continua?
In ultimo ma non ultimo, quale fine per l’intuizione, all’origine delle più importanti milestones della storia della medicina? Nel mio libro Immuni alla verità. Cosa (non) dobbiamo sapere del potere digitale (ed. Guerini, marzo 2022) ho scritto: «Quale spazio avrà l’intuizione nella pratica medica del futuro? Pensate al Paziente Zero di Codogno. Solo l’intuizione della dottoressa Annalisa Malara, anestesista, permise di scovarlo. Andò contro le regole, sottoponendolo a tampone anche se le indicazioni del Ministero della Salute non lo avrebbero permesso. Intuire è, per un algoritmo, andare oltre la regola data, ovvero sbagliare. Qualsiasi algoritmo non ci sarebbe arrivato».
Anche dal punto di vista del paziente, è bene chiarire alcuni punti, prima che sia troppo tardi. Per il SSN una visita medica erogata con telemedicina avrà lo stesso valore di una visita effettuata in presenza? Ormai è risaputo e provato da studi scientifici che l’attenzione di un essere umano davanti a un monitor inizia a calare dopo soli 30 minuti. In basi a quali criteri il paziente avrà diritto di richiedere una visita in presenza? Lo Stato la considererà una soluzione di frontiera, quando, non addirittura, un lusso?
Il vantaggio competitivo legati all’analisi e al possesso dei dati
Infine, disinneschiamo i rischi derivanti dalla terza, ciclopica, rivoluzione: il vantaggio competitivo che scaturisce dall’analisi (e, dunque, anche dal possesso) dei dati su coorti sempre più dettagliate di individui, come mai è stato possibile prima d’ora. Come ha spiegato di recente Bart de Witte, tra i più conosciuti esperti di transizione digitale in campo sanitario nonché attivista dei nuovi diritti democratici nella medicina 5.0, «i dati stanno seguendo la concentrazione di capitali» mettendo a dura prova quell’inclusività che ha reso la sanità europea un sistema, anche di valori, invidiato da tutto il mondo.