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La sanità digitale in Italia: programmi già avviati e aspettative future



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La penetrazione del digitale nella sanità è in corso ed è un richiamo per diverse strutture e programmi. Tuttavia, non è esente da difficoltà strutturali, tecnologie e normative sulle quali si è soffermato anche l’Osservatorio del Politecnico di Milano. Ecco a che punto è l’Italia della sanità e dove sta andando

Pubblicato il 26 lug 2023

Giuditta Mosca

Giornalista, esperta di tecnologia



National Cancer Institute
(Immagine: National Cancer Institute/unsplash.com/@nci)

L’ambito della sanità digitale in Italia è argomento complesso che tocca le corde di ciò che è prioritario per l’essere umano e che, anche in virtù di questa sensibilità, deve avanzare in modo spedito ma con i piedi di piombo. La tecnologia deve proliferare e imporsi, pure tenendo conto del fatto che i cittadini possono essere poco propensi ad affidare la propria salute a tecnologie che sembrano loro poco comprensibili.

A monte di tutto ciò, è utile comprendere quali sono i mezzi a disposizione per digitalizzare la sanità, cosa è già stato fatto, cosa si sta facendo e cosa si farà.

Per disegnare il panorama attuale e tratteggiare quello futuro, ci siamo avvalsi della collaborazione dell’Osservatorio Sanità digitale del Politecnico di Milano che ha monitorato la situazione nelle sue diverse dimensioni e, parallelamente, abbiamo approfondito alcuni aspetti con Chiara Sgarbossa, Direttrice del medesimo a cui ci affidiamo per introdurre l’argomento, chiedendole di valutare la situazione nel suo insieme e di considerare quanto il Paese stia raccogliendo l’opportunità di digitalizzare la sanità: “I fondi hanno rappresentato per anni la principale barriera all’innovazione digitale in Sanità. Ora, grazie al PNRR, i fondi dovrebbero esserci (parliamo di oltre 5 miliardi dedicati al digitale in Sanità), ma l’utilizzo di queste risorse si sta rivelando una sfida dall’esito tutt’altro che scontato. La capacità di comprendere come ‘mettere a terra’ questa opportunità è una delle più forti barriere all’innovazione digitale, secondo oltre la metà dei principali decisori delle strutture sanitarie, parliamo di Direzioni Strategiche e responsabili dei sistemi informativi. Dall’altro lato, una delle barriere più sentite dalle aziende sanitarie (52% dei casi) è quella della cultura digitale presente nelle organizzazioni, che si mostrano non ancora particolarmente pronte ad approcciare il cambiamento”.

Approfondiremo anche il corposo argomento dell’uso delle Intelligenze artificiali nella sanità, descrivendo l’uso che ne fa l’ospedale Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli di Roma, con l’ausilio del professor Vincenzo Valentini, Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia e Direttore dell’Unità operativa complessa di Radioterapia Oncologica.

Sanità digitale, quanto si spende e come

Nel 2022 la spesa per la sanità digitale ha raggiunto 1,8 miliardi di euro, in aumento rispetto agli 1,69 miliardi spesi nel corso del 2021 (+7%). Più del 70% di questa somma è uscita dalle casse delle strutture sanitarie (1,3 miliardi), seguite dalle Regioni che hanno effettuato bonifici per un totale di 420 milioni di euro.

Gli ambiti di investimento più sollecitati sono la cartella clinica elettronica e i sistemi di integrazione, peraltro propedeutici alla cartella elettronica, oltre alla cybersecurity e agli adeguamenti alle norme sulla privacy.

Trovano un collocamento specifico anche i servizi di telemedicina e i servizi digitali al cittadino, subordinati però agli investimenti nelle infrastrutture di rete, necessarie per erogare servizi a distanza.

Più in generale, rileva l’Osservatorio del Politecnico di Milano, dal 2015 a oggi gli investimenti nella digitalizzazione della sanità sono sempre aumentati, con l’unica eccezione del 2016.

Si va verso una digitalizzazione della sanità a 360 gradi, ma la spinta attesa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) tarda a farsi sentire, soprattutto perché i decisori sono davanti all’impasse di capire come investire per approfittare appieno della rivoluzione digitale e perché le risorse economiche non sono sufficienti a finanziare tutte le necessità.

Il ruolo della telemedicina per la Sanità digitale

Per restituire l’importanza che la telemedicina ricopre per la qualità della vita degli individui è utile fare un breve tuffo nello Smart working il quale, oltre a essere una modalità di lavoro, è occasione per un nuovo tenore di vita che permette di lasciare le città e trovare domicilio nei centri più piccoli, giacché la distanza geografica tra casa e ufficio diventa relativa. In un contesto del tutto simile si situa la telemedicina che consente a chi necessita di cure di concedersi uno stile di vita migliore anche se lontano dalle strutture sanitarie presso le quali è in cura. Il parallelismo apparentemente forzato da sanità digitale e Smart working viene confermato anche da Sgarbossa: “Il potenziamento della sanità territoriale previsto nella componente 1 della missione 6 del PNRR va esattamente in questa direzione. L’obiettivo è anche quello di far diventare la casa come primo luogo di cura e l’investimento di 1 miliardo di euro sulla telemedicina va proprio in questa direzione. Grazie alla Televisita o al Telemonitoraggio, ad esempio, i cittadini potranno evitare spostamenti quando non necessario. Oltre a rappresentare un vantaggio in termini di risparmio di tempo, la Telemedicina consente di migliorare la continuità di cura del paziente e un migliore monitoraggio del suo stato di salute”.

È opportuno approfondire il concetto di “casa come primo luogo di cura”.

Le funzionalità delle soluzioni digitali a casa del cittadino

Le soluzioni digitali rivolte ai cittadini sono destinate tanto ai pazienti quanto a chi se ne prende cura e si snodano in quattro ambiti, ossia:

  • prevenzione e stili di vita
  • diagnosi
  • cura
  • follow-up

Nelle misure digitalizzate per la prevenzione ci sono le tecnologie per il monitoraggio dei parametri ambientali, un corretto stile di vita può essere coadiuvato grazie a sensori e app per:

  • migliorare la nutrizione
  • migliorare il movimento
  • la meditazione e il relax
  • il controllo del sonno

La diagnosi viene supportata soprattutto mediante suggerimenti e point of care test, ossia analisi mediche effettuate in prossimità del paziente quindi, in questo contesto, presso il suo domicilio.

Più denso il capitolo delle tecnologie per le cure che includono il monitoraggio dei parametri vitali e il trattamento delle patologie.

Fanno parte del monitoraggio le tecnologie utili a:

  • rilevare i parametri vitali e clinici
  • rilevare l’aderenza terapeutica
  • rilevare i movimenti del paziente e le eventuali cadute

Sono invece ascrivibili al trattamento delle patologie tutte le tecnologie che:

  • coadiuvano le patologie specifiche
  • trattano le dipendenze
  • trattano i disordini cognitivo-comportamentali

Non da ultimo, vanno citate le app e i canali di comunicazione che facilitano le interazioni tra medico e paziente.

Il follow-up è invece sorretto da tecnologie per aiutare il paziente nel post-degenza. Si tratta quindi di strumenti per:

  • il suggerimento del dosaggio dei farmaci
  • il supporto alla riabilitazione
  • il supporto psicologico
  • il supporto ai caregiver

Solo facendo scorrere l’elenco degli ambiti coperti emergono le potenzialità e la praticità della digitalizzazione della sanità la quale, tuttavia, è ben altro oltre questo.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano ha coinvolto in un sondaggio 291 pazienti, 609 medici specialisti e 228 medici generalisti al fine di comprendere il grado di utilità delle app. Il 30% del campione ha espresso elevata soddisfazione e, a ciò, si aggiunge un’altra indicazione preziosa: “Occorre innanzitutto considerare che un altro 57% le reputa abbastanza utili. Complessivamente, quindi, c’è un buon livello di soddisfazione nel loro utilizzo. Tuttavia, si tratta spesso di app scaricate dagli store e utilizzate in autonomia da parte del paziente per monitorare lo stile di vita o tenere sotto controllo alcuni parametri. Non possiamo ancora parlare delle terapie digitali che, invece, potrebbero supportare il paziente nel trattamento o nella cura di una patologia e che dovrebbero quindi essere prescritte dal medico”.

Non ci sono soltanto le app, un campione di 205 pazienti ha permesso di misurare il loro interesse nei confronti di altre tecnologie per l’assistenza a domicilio.

Se ne evince che c’è una certa predisposizione (sempre superiore al 40% del campione) all’uso di Realtà aumentata o virtuale, di sensori e di assistenti vocali.

I robot assistivi, il cui uso non è del tutto sgradito al 42% dei pazienti, sono i meno quotati.

Il Fascicolo sanitario elettronico

Altra voce importante per la digitalizzazione, è quella del Fascicolo sanitario elettronico (Fse) attraverso il quale il cittadino può consultare la propria vita sanitaria e che ha un ruolo centrale nella sanità del futuro.

Per sondare il grado di popolarità e di utilizzo del Fse, l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha usato un campione formato da 1.000 cittadini e 278 pazienti, fornendo così un assist utile per valutare quanto la penetrazione delle tecnologie per la sanità varino tra cittadini che non hanno particolari problemi di salute e quelli che invece ne hanno. “Parliamo di due fenomeni che non sono tra loro in contraddizione e su cui occorre lavorare in parallelo. Da un lato, infatti, occorre comunicare e offrire maggiori informazioni ai cittadini sulle opportunità che la Sanità digitale può offrire loro. Ad esempio, abbiamo rilevato come il Fascicolo Sanitario Elettronico sia conosciuto da circa la metà della popolazione e che quindi serva uno sforzo per aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto all’esistenza di questo strumento e alla sua utilità. Dall’altro lato, l’introduzione di strumenti digitali nella pratica clinica deve essere accompagnata da una corretta gestione del cambiamento che consenta di far comprendere ai professionisti sanitari i benefici di queste nuove tecnologie e che elimini quindi alcune barriere culturali che, in alcuni casi, sono ancora presenti”, spiega Sgarbossa.

Nel corso del 2023, il 35% ha fatto almeno un accesso al Fse (+2% rispetto al 2022) e, nel 53% dei casi, l’accesso è stato in qualche modo legato al Covid e, nello specifico, per la consultazione dei certificati vaccinali e del Green pass. Passata l’emergenza pandemica, il Fse rischia di attraversare una fase di stallo.

Resta comunque strumento utilizzato per l’accesso alle ricette elettroniche e ai referti.

Come comunicano i medici

La comunicazione tra medici e, tra questi e i pazienti, avviene per lo più via email o WhatsApp, anche se stanno prendendo piede le piattaforme o le app specifiche del comparto sanitario, ai cui canali di comunicazione ricorre il 33% dei medici specialisti, il 38% di quelli di medicina generale e il 40% degli infermieri.

Le barriere da superare

Come scritto in apertura, uno dei limiti che sbarrano la strada alla digitalizzazione della sanità è la scarsa prontezza del comparto a fare il grande passo (52%) ma c’è anche quello che può apparire un paradosso, almeno a una prima lettura.

Infatti, il 48% delle strutture sanitarie limita la digitalizzazione per mancanza di competenze nell’uso delle tecnologie, logica che sembra stridere perché non avere le tecnologie rende impossibile imparare ad usarle. “Non penso sia un alibi. Dalla rilevazione che abbiamo fatto sui professionisti sanitari – continua Sgarbossa – emerge come ci sia un buon livello di competenze digitali nell’utilizzo di strumenti come il PC e lo smartphone, nell’invio di e-mail o nell’utilizzo di app di messaggistica e di vide-conferenza (parliamo della cosiddetta Digital Literacy), mentre ci sono ancora gap importanti nell’utilizzo di strumenti digitali legati all’attività professionale (quelle che abbiamo chiamato eHealth Competences). I nostri professionisti sanitari si trovano, infatti, a utilizzare strumenti per i quali non hanno ricevuto una formazione a livello universitario o di specializzazione e si stanno formando sul campo. Proprio per questo motivo anche il PNRR indirizza il tema della formazione del personale sanitario, anche per poter utilizzare al meglio i nuovi strumenti digitali. Si tratta di 740 milioni presenti nella componente due della Missione 6 salute), e investe sulla formazione nell’utilizzo di alcuni strumenti come il Fascicolo Sanitario Elettronico (su questo si prevede un investimento di circa 310 milioni di euro”.

La questione territoriale

Il PNRR, restando nel quadro della Missione 6, prevede delle strutture territoriali alle quali spettano diversi compiti, tutti sorretti però dalla digitalizzazione, tesa per lo più a fare ricorso alla telemedicina o a farvi le veci laddove non attuabile.

Le Case della comunità e presa a carico della persona, tra i quali obiettivi ci sono l’uso di tecnologie per le cure di prossimità e la digitalizzazione del registro sanitario, stando al PNRR, dovranno essere 1.350 entro la fine del 2026.

Le Centrali operative territoriali hanno funzione di coordinamento della presa in carico della persona e funge da raccordo tra professionisti per garantire l’accessibilità dell’assistenza sanitaria. L’obiettivo è quello di attivare 600 centrali operative entro la fine del 2026.

La realizzazione di 400 strutture sanitarie territoriali entro la fine del 2026, chiamate Ospedali di comunità, hanno invece lo scopo di fornire assistenza sanitaria in modo continuato laddove non è possibile applicare principi di telemedicina per questioni strutturali o familiari.

La situazione (dati aggiornati al 31 dicembre del 2022) relativa ai tre progetti è questa:

Le medie nazionali sono, rispettivamente, dell’8,7% per quanto riguarda l’attivazione di Case di comunità, del 3,6% per ciò che attiene alle Centrali operative territoriali e del 10,7% relativamente agli Ospedali di comunità. Quest’ultimo dato va letto nell’ottica in cui il Molise ha raggiunto il 100% dell’obiettivo, avendo di fatto poche strutture ospedaliere e, considerata la dimensione ridotta del territorio, queste sono già “di prossimità” per definizione.

Intelligenza artificiale nella sanità

Facciamo ricorso all’ampio capitolo dell’impiego delle AI nella sanità per chiedere al professor Valentini quale uso se ne fa, sul campo, presso il Policlinico Gemelli: “La parola AI è una parola ombrello, molto ampia e che racchiude tante tecnologie che vengono rappresentate dalle attività cliniche dei medici. Ci sono tecnologie che hanno molta AI e attività cliniche che ne beneficiano. C’è poi una grande sperimentazione in corso per capire dove le AI sono effettivamente un valore. Di conseguenza fare una sintesi è molto difficile, possiamo in un certo senso rappresentare due grandi ambiti. Uno di questi è legato dall’uso di tecnologie che hanno già una delega dal mondo medico, l’altro è il supporto decisionale.

Gli ambiti in cui le tecnologie hanno già avuto una delega sono tutti quelli in cui il supporto tech è già ampiamente diffuso, comunemente accettato e usato dall’uomo il quale, appunto, gli delega lo svolgimento di compiti e attività. “Si usa, per esempio, in alcune sale radiologiche per fare una Tac o una risonanza, dove si trova un’AI che posiziona il paziente nei macchinari nel modo ottimale senza l’intervento del tecnico. Il supporto alla decisione, per esempio, è fornito sul campo operatorio da robot che, mediante la realtà aumentata, suggeriscono dove si dovrebbe incidere per operare, fornendo così al chirurgo dati per metterlo in condizione di lavorare al meglio e lasciando a questo la decisione finale”.

Sono soltanto due esempi perché, come spiega il Valentini: “Tutte le patologie beneficiano delle opportunità che le AI danno. È chiaro che in tutte e due le soluzioni – delega o supporto decisionale – sono state fatte ricerche specifiche, si è quindi proceduto a un processo di validazione che conferma come le AI portino vantaggi e funzionino”.

Le AI, fatti salvi i parametri della delega e del supporto decisionale, vengono usate in qualsiasi ambito della medicina.

L’avvento di nuove tecnologie porta con sé una certa fallibilità ed è per questo che i processi di validazione siano fondamentali. Ci sono regole europee e nazionali che certificano il funzionamento dei macchinari AI affinché sia comprovato sia il beneficio che hanno per i cittadini, sia il loro impatto positivo per l’operatività del personale medico.

Il Policlinico Gemelli ha anche dei laboratori pensati per l’uso predittivo dei dati, certificati dal punto di vista della sicurezza e che sottostanno alle norme sulla privacy. I progetti di ricerca che usano dati devono essere approvati dal comitato etico. Quindi, al di là delle informazioni e delle tecnologie che possono essere acquistate, ci sono strutture sanitarie in Italia che provvedono anche alla ricerca tenendo conto però che le tecnologie autoctone possono essere portate a sistema soltanto sulla scorta di dati di alta qualità e quantità e si può fare di più perché, sottolinea Valentini: “Il sistema Paese ha ancora difficoltà ad avere dei dati interconnessi e interoperabili, ci sono progetti come la Cartella clinica digitale che stanno crescendo anche se in maniera un po’ asimmetrica nelle varie regioni”.

Conclusioni

La digitalizzazione della sanità procede, in alcuni ambiti in modo più spedito di altri ma è essenziale non mollare la presa. Le strutture sanitarie investono in modo massiccio, le componenti del PNRR arrancano nel loro dispiego e le criticità non mancano. Ci sono anche spunti positivi, per esempio la crescente disponibilità dei cittadini ad accettare tecnologie e AI in un comparto, quello della propria salute, intimo e riservato per propria natura.

Ci sono due pensieri che devono essere valutati per concludere, il primo è ribadito dal professor Valentini, secondo il quale: “Ogni tecnologia porta con sé proiezioni basate sulle attese e sulle paure dell’essere umano che si discostano da quella che è la conoscenza e la definizione del contesto in cui le tecnologie operano”.

C’è quindi una tendenza ad attendersi troppo dalle tecnologie oppure a temerle in modo irragionevole. La realtà si situa nel mezzo.

Il secondo pensiero è la Legge di Amara, secondo la quale tendiamo a sovrastimare le capacità delle tecnologie nel breve periodo e le sottostimiamo sul lungo periodo. Ci attendiamo una rivoluzione immediata che spesso delude, restituendone una più remota nel tempo potenziata e inimmaginabile.

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