La pandemia di COVID-19 ha prepotentemente riportato in auge il tema della tecnologizzazione e digitalizzazione della Sanità, in quanto nonostante i progressi in questa direzione siano per anni stati dichiarati fondamentali, non sono mai stati realmente percepiti come una necessità. Tutto ciò si è concretizzato in uno sviluppo e un’adozione talvolta sregolata di tecnologie e sistemi informativi sanitari. Quest’ultimi, peraltro, sono spesso caratterizzati da elevata frammentazione e incapaci di rispondere con efficacia ed efficienza alle recenti avversità.
Nel corso degli ultimi mesi, infatti, sono emerse evidenti difficoltà per i cittadini a contattare le ASL per la prenotazione dei tamponi, oltre a ritardi nell’effettuazione dei tamponi di negativizzazione che hanno spesso costretto molti pazienti a quarantene domiciliari prolungate. O ancora, si guardi ai pazienti sentitisi abbandonati dai propri medici di base, lasciati incolpevolmente soli a gestire un numero spropositato di malati a causa della paralisi nel meccanismo di presa in carico dei pazienti sul territorio.
Serve una Sanità basata sui dati: per vaccinare e curare meglio
Sanità digitale, l’integrazione che serve per farla funzionare
Affinché tale passaggio possa effettivamente garantire il miglioramento continuo della qualità dei servizi sanitari e il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza e stimolare e favorire la creazione di un ambiente caratterizzato da eccellenza professionale, si devono istituire meccanismi di integrazione tra i diversi enti che a vario titolo sono coinvolti nel settore, tendendo inoltre alla realizzazione di un’infrastruttura completamente paperless. Così facendo, sarà possibile ridurre rischi di possibili errori, difficoltà di gestione del cartaceo, ma soprattutto si potrà ottenere elevati livelli di monitoraggio delle prestazioni del sistema sanitario.
Infatti, è ormai ampiamente nota l’esigenza di meccanismi di razionalizzazione della spesa sanitaria, per via dell’aumento della domanda di servizi sanitari legato a fattori come il progresso scientifico e tecnologico, lo scenario demografico o l’allargamento della definizione di salute. Contestualmente, in Italia, tale necessità è amplificata dalla riduzione delle risorse economiche destinate al SSN che si è avuta in particolar modo nell’ultimo decennio. Più esattamente, le risorse assegnate al sistema sanitario sono aumentate di anno in anno, ma è diminuito il loro rapporto in relazione al PIL, generando quindi le difficoltà a far fronte a tale aumento della domanda di servizi sanitari.
La digitalizzazione rappresenta una grande opportunità per intervenire in tal senso, value-based, anche in un orizzonte temporale di medio-breve periodo. Quanto detto è stato effettivamente riconosciuto dal Governo Conte bis, in quanto nella Legge di Bilancio 2021 è stata prevista, per effetto dei processi connessi alla riorganizzazione dei servizi sanitari anche attraverso il potenziamento dei processi di digitalizzazione, una minore spesa pari a 300 milioni di euro annui già a partire dal 2023. Si tratta dunque di un risparmio, attribuito allo sviluppo e all’applicazione delle nuove tecnologie, nonostante sia difficile immaginare progressi sensibili in così poco tempo.
La spinta della pandemia
Difficile, ma non impossibile, se si considera anche la spinta in questa direzione generata dai cittadini nel periodo della pandemia. Si pensi, ad esempio, che fino allo scorso maggio erano stati attivati solamente 17 milioni di Fascicoli Sanitari Elettronici. A fine anno 2020, il dato era pari a 28 milioni di persone, cioè il 40% degli italiani. Pertanto, è lecito ritenere che anche buona parte della popolazione italiana abbia compreso l’importanza di aderire ad un sistema di telemedicina, raccolta dei dati e scambio di informazioni, nonostante in Italia non sia neanche presente ovunque la banda larga diffusa. Sono i dati, infatti, a raccontare di una cittadinanza che fa largamente uso di app e wearable device per la salute (il 41% dei cittadini italiani), comunica con il proprio medico curante via mail (19%), WhatsApp (17%) o sms (15%), prenota visite via web (23%) o paga online una visita (19%).
La blockchain applicata alla sanità
I veri limiti attuali risiedono, dunque, nella disomogeneità tra le regioni e nell’indisponibilità di documentazione digitalizzata e referti da inserire nei Fascicoli Sanitari Elettronici. Infatti, le strutture sanitarie, pubbliche e private, sono tendenzialmente dotate di software gestionali propri che mal si sposano con la necessità di condividere informazioni e creare database informativi. Una tecnologia in grado di rappresentare la risposta a tale frammentazione dell’informazione sanitaria è il sistema Blockchain, cioè una rete che consente di accedere ai dati da ogni nodo, i singoli computer, senza la necessità dell’autorizzazione di un’autorità centrale. L’applicazione della Blockchain costituirebbe un decentramento dei dati dei pazienti, consentendo a tutte le strutture sanitarie, pubbliche o private, di accedere a una cartella clinica unica e aggiornabile da ogni nodo. Inoltre, le informazioni inserite in Blockchain non sarebbero alterabili o cancellabili, sarebbero garantite da un più alto livello di privacy per via delle chiavi crittografiche utilizzate da tale sistema e i pazienti potrebbero direttamente controllare i propri dati in qualsiasi momento, verificando l’identità di chi vi abbia fatto accesso e come quest’ultimo abbia utilizzato tali dati.
Allo stesso modo, siccome le informazioni sulla Blockchain sono replicate in più nodi, non sarebbe possibile in alcun modo corromperle ed eventuali variazioni sarebbero visibili a ognuno dei nodi della rete. Dal punto di vista pratico, si riuscirebbe ad ottenere una Cartella Clinica Elettronica singola per ogni paziente, accessibile e modificabile da tutte le strutture e i professionisti sanitari che gli prestano assistenza. Un esempio europeo particolarmente avanzato riguardo tale applicazione di questa tecnologia è costituito dall’Estonia che ha iniziato ad implementarla nel 2012 e, oggi, il 99% di tutte le informazioni relative alle prescrizioni di farmaci nel Paese è digitale. Significativi miglioramenti si otterrebbero anche nella ricerca medica poiché si potrebbe coinvolgere negli studi clinici un numero maggiore di pazienti, proteggendo però ancor più efficacemente i dati sensibili. Infine, l’implementazione della Blockchain gioverebbe anche alla Telemedicina, in quanto pazienti e medici potrebbero trasmettersi in tempo reale e in modo criptato i dati rilevati dai device medici, prescrizioni di farmaci ed esami o altri documenti.
Proprio la telemedicina ha ricevuto un forte impulso a causa della pandemia ed è lecito aspettarsi che verranno fatti ulteriori e importanti passi in tale direzione. Infatti, nonostante molti medici ospedalieri, pediatri o medici di famiglia siano stati in grado di ridurre al minimo i contatti con e tra i pazienti attraverso sistemi di video-conferenza fai da te come Skype o Zoom, non essendo disponibili soluzioni pensate appositamente, sarà necessario dotarsi di un vero e proprio ambulatorio medico virtuale, al quale si dovrà poter accedere tramite prenotazione o una normale sala d’attesa, oltre a dover fornire altri servizi virtuali che possano provare a sostituire in tutto e per tutto l’erogazione face to face dei servizi sanitari.
Blockchain per il settore sanitario: casi d’uso e trend futuri
Gli esempi internazionali
Ciò che si vuole intendere è che l’applicazione di alcune soluzioni già esistenti e implementate con risultati positivi in alcune zone d’Italia e del mondo, deve essere ora estesa al resto del territorio nazionale. Sono molti, infatti, gli ambiti migliorabili grazie all’avvento della tecnologia. A partire dalla fase di diagnosi che, per le ovvie problematiche legate al Covid-19, è stata rivoluzionata attraverso l’introduzione di app di telescreening (ad esempio, “Luscii” nei Paesi Bassi) con cui effettuare pre-triage in remoto, analizzando i dati ricevuti dal paziente ed evitando che soggetti non candidabili al ricovero si rechino presso le strutture ospedaliere, o anche grazie allo sviluppo di tecnologie innovative che consentano di ottenere una diagnosi in tempi più rapidi, come la tecnologia singaporiana Verechip per la diagnostica molecolare, in grado di evidenziare la presenza di più tipologie di coronavirus in sole due ore, o i software sviluppati a Shanghai basati sull’Intelligenza Artificiale e che riescono a fornire in pochi secondi una valutazione quantitativa delle lesioni evidenziate in una TAC, operazione per cui in precedenza potevano servire alcune ore.
Per quanto riguarda la prenotazione delle prestazioni sanitarie, tutti i sistemi sanitari regionali dovranno attivare dei servizi di prenotazione online di visite specialistiche ed esami diagnostici, servizi di ritiro referti online, oltre alla dematerializzazione delle prescrizioni delle terapie farmacologiche. Infatti, attualmente tali servizi in Italia sono presenti a macchia di leopardo.
Tecnologie particolarmente utili sono, inoltre, quelle che possono evitare il contatto anche tra il personale infermieristico e i pazienti all’interno di una struttura ospedaliera, al fine di evitare il possibile contagio del personale sanitario. Nel Centro clinico di salute pubblica di Shanghai si sta applicando direttamente sui pazienti un sensore della startup ViaLNK per il monitoraggio continuo, a distanza, della temperatura.
In Israele, invece, la tecnologia Vitalerter, preesistente al Covid, è uscita rafforzata dalla pandemia per la possibilità di sorvegliare le condizioni del paziente senza il contatto diretto. Si tratta, infatti, di un sensore che informa gli infermieri sui parametri vitali del paziente e sui suoi movimenti, al fine di evitarne la caduta o segnalarne la necessità di movimento per impedire la formazione delle ulcere da decubito.
Stampa 3D e robotica
Per non parlare delle innumerevoli possibilità garantite dalla stampa 3D, la cui immediata applicazione si è già intravista nel corso della pandemia, con la trasformazione di maschere da sub in maschere da respirazione assistita o per la stampa su misura di mascherine anti-contagio.
Le soluzioni più suggestive e innovative sono ovviamente quelle proposte dalla robotica. In alcuni ospedali di Bangkok o nell’Ospedale di Wuhan si possono incontrare robot addetti alla misurazione della temperatura dei pazienti o al trasporto di strumentazione medica, mentre in Campania, al Covid Hospital di Boscotrecase, vengono utilizzati robot per la sanificazione degli ambienti.
Un settore così particolare come quello sanitario deve, quindi, aprirsi naturalmente all’introduzione delle innumerevoli soluzioni tecnologiche attualmente disponibili, non potendo più fare esclusivamente affidamento sulla presenza fisica dei professionisti sanitari. Devono essere messi a disposizione gli strumenti che consentano il rapporto medico-paziente e la gestione dei bisogni di quest’ultimo in maniera più agile e celere.
Stampa 3D nel futuro della Sanità: ecco gli usi pratici e i vantaggi
Il nodo della connettività
Tuttavia, le possibilità offerte dalla tecnologia possono essere facilmente messe in discussione in Italia, a causa dell’inadeguatezza della rete di telecomunicazioni nostrana. La quarantena forzata di 60 milioni di abitanti ha sovraccaricato l’infrastruttura italiana, evidenziando, con crash e rallentamenti, una lacuna che può rappresentare un grosso ostacolo allo sviluppo della digitalizzazione della sanità. Ma l’emblema dell’insufficienza delle infrastrutture è rappresentato dalle oltre 63mila persone in Italia che non hanno connessione internet perché vivono in zone in cui non arriva la linea fissa, di cui 16mila in aree in cui non prende neanche la rete mobile.
Il primo passo verso la digitalizzazione della sanità non può che essere, dunque, la ricerca delle soluzioni disponibili per compensare i limiti infrastrutturali di connettività in Italia.
L’esempio più recente di intervento rapido ed efficace in quest’ambito arriva da Wuhan, l’epicentro della pandemia di COVID-19. Il sistema sanitario cinese ha infatti collaborato con Huawei per garantire in soli tre giorni, grazie a semplicità di installazione e flessibilità di implementazione, la copertura del 5G a due ospedali, consentendo lo scambio di informazioni mediche e la collaborazione a distanza, facilitando la conoscenza degli effetti del virus in tempo reale e la gestione delle apparecchiature mediche. Inoltre, la tecnologia 5G di Huawei ha permesso le attività di diagnosi remota e sequenziamento del DNA, coinvolgendo circa 1850 medici, 3400 infermieri e quasi 10mila pazienti. Tutto ciò si è concretizzato in un incremento di efficienza dell’assistenza sanitaria e del tasso di guarigione dei pazienti. Per tale impegno, a Huawei è stato anche assegnato il premio “Most Innovative 5G Enterprise Partnership-Trial” dal 5G World 2020 Summit, organizzato da Informa Tech, in cui sono stati offerti riconoscimenti alle aziende di telecomunicazioni che hanno conquistato risultati straordinari nel campo del 5G.
Conclusioni
Per concludere, il ruolo preponderante della tecnologia nella riorganizzazione dei sistemi sanitari è già stato ampiamente dimostrato. È indispensabile che le istituzioni italiane, Aziende sanitarie locali e Ministero della salute, favoriscano l’applicazione della tecnologia e la digitalizzazione nel settore sanitario, a condizione che tale implementazione abbia quel carattere di integrazione che, ad oggi, è raramente riscontrabile nella sanità nostrana. In caso contrario, le prospettive di crescita e di rinnovamento del sistema sanitario continueranno ad essere modeste.
- Questo articolo è il primo di una serie di articoli della rubrica del VIMASS Lab per Agenda Digitale. Ogni mese sarà pubblicato un contributo sui temi più importanti relativi alla Sanità digitale, con particolare riferimento ai temi legati alle attività di ricerca del laboratorio.
VIMASS Lab – Valore, Innovazione, Management e Accesso nei Sistemi Sanitari https://disaq.uniparthenope.it/vimass/