Lo studio annuale del Politecnico di Milano sullo stato della salute digitale in Italia ci restituisce, anche quest’anno, un quadro desolante. La ricerca mette in evidenza due aspetti critici: la carenza di risorse finanziarie, specie se confrontata con la spesa degli altri paesi europei, a cominciare dai vicini spagnoli e lo scarso uso dei servizi che le regioni hanno realizzato. Questo problema deriva non soltanto, come indica lo studio, dallo scarso coinvolgimento degli utenti cui i servizi sono o per meglio dire, sarebbero, destinati, ma da una carenza di idee e di strategie a tutti i livelli del sistema sanitario. Si continuano così a perseguire progetti, in modo acritico, anche in presenza ormai di riscontri negativi non solo da parte degli utenti professionali, ma anche dei cittadini.
I medici non hanno bisogno di fascicoli sanitari ma bensì di cartelle cliniche integrate, in cui trovare in modo rapido ed efficace, le informazioni cliniche provenienti dall’ospedale, dal territorio e dalle cure primarie organizzate secondo una logica medica e con cui gestire pazienti nei nuovi modelli assistenziali che sono trasversali ai tradizionali ambiti di cura.po
I medici non hanno bisogno di dematerializzare le ricette ma di conoscenze scientifiche al punto di cura per ridurre il rischio farmacologico, né di decreti per migliorare l’appropriatezza ma di strumenti di supporto alle decisioni per aumentare la consapevolezza e prendere le decisioni più efficaci e sicure.
I cittadini non hanno bisogno di accedere ai propri dati, ma di servizi per semplificare l’accesso alle cure e di strumenti per aumentare la consapevolezza sulla propria salute anche attraverso un’informazione corretta e personalizzata, nonché di piattaforme di partecipazione e condivisione per stabilire una nuova modalità di interazione con i propri curanti.
La salute digitale è concepita, nella stragrande maggioranza dei casi, come innovazione tecnologica applicata però ai tradizionali processi di assistenza e cura.
È certamente necessario creare delle infrastrutture di interoperabilità e di condivisione di informazioni, ma questo è il presupposto con cui costruire servizi innovativi di salute digitale, non il fine o l’obiettivo finale. Siamo insomma di fronte ad un grande equivoco: scambiare il mezzo con lo scopo, concentrando gli sforzi sulla infrastruttura abilitante (la strada), senza però avere idea di dove andare e per quale motivo.
Quante regioni, aziende sanitarie hanno un masterplan IT che definisca gli obiettivi, le strategie e i piani per raggiungerli? Fintanto che la tecnologia sarà il driver principale dell’innovazione ed il suo obiettivo, in un modulo autoreferenziale fine a sé stesso, quali benefici concreti sarà possibile ottenere dagli investimenti che, oltretutto, sono insufficienti e in diminuzione?
La tecnologia deve essere finalizzata a creare valore, nel senso più ampio del termine, ossia a realizzare “innovazione di valore”. Per ragionare con questa paradigma occorrono però idee nuove, la determinazione nel realizzarle, la capacità di pianificare e progettare nuovi servizi modificando i processi organizzativi ed assistenziali in funzione delle potenzialità che la tecnologia oggi ci offre. Come è avvenuto in altri settori, la sanità deve cambiare utilizzando le potenzialità e le funzioni che l’ICT mette a disposizione, ponendo per davvero il cittadino al centro del sistema e ridisegnando un’organizzazione che sia funzionale a questi obiettivi.