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La Sanità nel PNRR: progetti promettenti, ma azioni e risultati non garantiti

Il PNRR sembra promettente ma, al di là dei vincoli imposti dalla CE sull’utilizzo delle risorse, il successo degli investimenti e delle iniziative collegati alle riforme non è garantito. I punti di forza e debolezza del sistema sanitario nazionale e le soluzioni proposte nel PNRR

Pubblicato il 03 Mag 2021

Anna Francesca Pattaro

Università di Modena e Reggio Emilia, Dipartimento di Comunicazione ed Economia

Anitec-Assinform: le tecnologie emergenti nella sanità digitale

Gli investimenti e le iniziative previste nel PNRR relativamente al settore della sanità dovrebbero servire all’ammodernamento e al miglioramento di alcuni aspetti prioritari ma in parte ancora deficitari del sistema sanitario nazionale come le differenze tra regioni e tra territori, la scarsa articolazione territoriale, lo scollegamento tra ospedali, sanità locale e servizi sociali, ma anche la sanità digitale in tutte le sue espressioni e strumenti potenzialmente a disposizione.

Il Piano offre sulla carta l’opportunità di risolvere alcune situazioni critiche che si sono create con l’emergenza sanitaria legata alla pandemia tuttora in corso, ma al contempo anche la possibilità di operare investimenti per fare quel salto di qualità di cui tanti settori della società, dell’economia e della pubblica amministrazione del nostro Paese hanno bisogno.

L’auspicio è che dai promettenti progetti derivino efficaci azioni e risultati.

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La missione 6 del PNRR sulla Salute

Per la missione che riguarda la salute, il PNRR intende indirizzare “risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del Sistema Sanitario Nazionale alle patologie infettive emergenti gravate da alta morbilità e mortalità, nonché ad altre emergenze sanitarie”.

Questa missione è caratterizzata dunque da linee di azione per rafforzare e rendere più sinergica la risposta sanitaria territoriale e ospedaliera, nonché per promuovere e diffondere l’attività di ricerca del Servizio Sanitario Nazionale. Le risorse complessivamente destinate alla missione ammontano a 19,72 miliardi di euro, pari al 9 per cento delle risorse totali del Piano (196,5 miliardi di euro a prezzi 2019).

Le linee d’azione puntano allo sviluppo della sanità di prossimità e una più forte integrazione tra politiche sanitaria, politiche sociali e ambientali al fine di favorire un’effettiva inclusione sociale.

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Un altro obiettivo dichiarato, coerentemente con le richieste della CE, è anche quello di investire nella digitalizzazione dell’assistenza medica ai cittadini, promuovendo la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico e la telemedicina, ma anche nell’adozione di tecnologie digitali nel settore dell’assistenza medica e dei servizi di prevenzione. Il piano prevede anche di avviare un investimento nell’ambito della cronicità e delle cure a domicilio, per superare le attuali carenze del SSN delle Residenze Sanitarie Assistenziali e dei presidi sanitari nelle aree rurali e marginali del Paese, in conformità alla Strategia Nazionale delle Aree Interne. Il principio che si intende realizzare è dunque quello della parità di accesso ai servizi sanitari e sociali, anche se non sono del tutto chiariti i procedimenti normativi e legislativi da implementare. È previsto anche un investimento a sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica. In questo contesto, anche le politiche e le iniziative di valorizzazione del personale sanitario assumono un’importanza cruciale.

Come per il resto delle missioni e dei progetti del PNRR, il primo 70 per cento delle sovvenzioni deve essere impegnato entro la fine del 2022 e speso entro la fine del 2023. Un primo prefinanziamento del 13% dell’ammontare complessivo delle risorse messe a disposizione dalla CE, che per l’Italia avrebbe dunque un valore di oltre 20 miliardi, dovrebbe già giungere tra luglio e agosto 2021. Il PNRR prevede che il rimanente 30 per cento delle sovvenzioni sia speso tra il 2023 e il 2025. I prestiti totali poi aumenteranno nel corso del tempo, in linea con l’obiettivo di mantenere un livello elevato di investimenti e altre spese, in confronto all’andamento tendenziale. Nei primi tre anni, la maggior parte degli investimenti e dei “nuovi progetti” è previsto sia sostenuta da sovvenzioni, mentre, al contrario, nel periodo 2024-2026 la quota maggiore dei finanziamenti per i progetti aggiuntivi si prevede sia finanziata dai prestiti.

Come evidenziato dalla stampa, il testo del PNRR anticipato in parte a marzo e inviato alla CE connette in modo più esplicito rispetto alla bozza di gennaio “investimenti” e “riforme” come leggi, norme e piani nazionali, a ognuna delle sei “missioni” e a ognuna delle sottostanti “componenti”. Oltre all’agenda digitale (con le relative declinazioni, come la Strategia nazionale per le competenze digitali del 2020) si trovano quindi nel PNRR il “Decreto Semplificazioni” (legge n.120/2020), la legge 106/2014 completata dalla legge di stabilità per il 2016 e naturalmente molte altre riforme settoriali per ciascuna delle missioni.

Così, della quota assegnata alla Missione Salute da 18,1 miliardi, al netto dei fondi per le altre missioni che riguardano la sanità, la spesa per la componente 1 (M6C1) “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale” dovrebbe valere 7 miliardi di euro, 4 milioni dovrebbero essere destinati per le Case della salute, 2 miliardi per gli Ospedali comunitari, e 1 miliardo per l’assistenza domiciliare. Gli investimenti sono distribuiti in sei anni per cui le cifre non sono poi così significative come potrebbero sembrare di primo acchito. Per cui è possibile che alcune di questi interventi siano in parte finanziati, come è accaduto in passato, anche dai Programmi operativi regionali (POR) e da fondi statali.

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I punti di forza e debolezza del SSN e le soluzioni proposte nel PNRR

Come sottolineato in precedenza, il PNRR cerca di mettere in relazione investimenti e riforme, sia quelle che riguardano l’intero sistema delle pubbliche amministrazioni, sia quelle più settoriali. Dunque, come evidenziato da altri osservatori ed esperti in ambito sanitario[1], si è partiti dagli elementi di debolezza del Sistema Sanitario Nazionale italiano:

  • le più volte sottolineate disuguaglianze in termini di servizi e risultati tra regioni del Paese,
  • le medesime differenze a livello territoriale e dunque tra aree urbane ed aree interne,
  • la diffusa sconnessione tra servizi ospedalieri, servizi sanitari locali – che in molti territori sono fragili – e i servizi locali così da rendere estremamente complessa e dispersiva la risposta a bisogni sanitari complessi o la diffusione dell’assistenza domiciliare ai malati cronici (che è sotto la media OCSE del 6%, posizionandosi intorno al 4%),
  • le difficoltà a portare avanti percorsi di prevenzione (per rischi ambientali, climatici, legati all’inquinamento per esempio) seri,
  • per non parlare dei limitati investimenti nel reclutamento (per esempio del personale infermieristico, ancora limitato rispetto a quello medico), gestione e formazione del personale sanitario e non (per esempio nell’impiego di macchinari diagnostici complessi o semplicemente nell’uso delle risorse offerta dalla medicina digitale),
  • nonché la digitalizzazione disomogenea nel territorio nazionale e in troppi casi poco sfruttata ed episodica.

Naturalmente i dati disponibili, che sono anche riportati nel PNRR, confermano le disparità regionali e territoriali: per esempio la mortalità infantile che in Italia è caratterizzata da tassi piuttosto lusinghieri anche a livello internazionale è intorno al 2,24 % nel nord-est e al 3,70 % nelle isole, mentre la speranza di vita in Campania è intorno a 81,4 anni mentre a Trento è circa 84 anni. D’altra parte, la qualità dell’aria incide negativamente sulla salute dei cittadini nelle zone altamente industrializzate e ricche della pianura padana e in altre città, con circa 30 mila morti da particolato, il 7% di tutti i decessi, incidenti esclusi.

Va da sé che il SSN italiano di tipo universalistico ha anche dei punti di forza, in quanto si è dimostrato, nonostante le inefficienze e le differenze tra scelte, modelli e potenziale di risposta a livello regionale, in grado di rispondere positivamente alla crisi legata alla pandemia da Covid-19.

Inoltre, bisogna ricordare che l’aspettativa di vita alla nascita in Italia (circa 83 anni – Istat 2019)è più elevata e rispetto alle medie Ocse, che il tasso di mortalità è il più basso fra i paesi OCSE (circa 10,5 per mille abitanti), nonostante una spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL relativamente contenuta (pari al 6,5%, contro il 7,8% della media europea, il 9,6% della Germania e il 9,4% della Francia) e nonostante un’incidenza della popolazione anziana sul totale elevata (23% circa di over 65 e 3,6% circa di over 80). Per di più il personale sanitario è generalmente considerato a livello internazionale come preparato ed esistono diverse strutture di eccellenza a riconosciute anche livello internazionale perfino come centri di ricerca.

Medicina territoriale e di prossimità

Per quanto riguarda il primo aspetto della medicina territoriale e di prossimità gli investimenti del PNRR sono orientati a potenziare gli strumenti di cura sul territorio, nonché presso le abitazioni stesse dei pazienti (per esempio con la telemedicina), soprattutto quelli cronici, per lasciare le cure ospedaliere solo quando veramente necessarie. Questo significa migliorare la diagnostica in termini di strumentazione e utilizzo, la formazione/aggiornamento del personale, coordinamento tra strutture di cura e accoglienza. Gli strumenti deputati a tutto ciò, e che dunque sono oggetto degli investimenti di potenziamento in molti territori, dovrebbero essere le case della salute o case di comunità, le cure a domicilio (home care) o assistenza domiciliare integrata, la telemedicina, ma anche le stesse RSA, gli appartamenti o le residenze protetti, i centri diurni.

Per quanto concerne la Sanità digitale, come diversi osservatori ricordano[2] il PNRR può fornire l’opportunità di potenziare tre elementi critici o fragili in questo ambito, che ho già ricordato in precedenza, concernono:

  • l’ammodernamento della strumentazione diagnostica e dei vari dispositivi, così da potersi avvalere in tutto il territorio nazionale di strumenti non più obsoleti ma al passo con lo sviluppo tecnologico e scientifico. Il valore di spesa dovrebbe essere di circa 2 miliardi di euro, a cui si aggiungono 1,41 milioni già disponibili, per un totale di 3,41 miliardi di euro.
  • gli strumenti ed iniziative che sfruttano le tecnologie digitali: Fascicolo Sanitario Elettronico, ricetta elettronica, telemedicina, ma anche iniziative di diagnostica e cura che si basino sui Big Data e sull’Intelligenza Artificiale, che sfruttino adeguatamente il cloud e le infrastrutture, anche quelle opportunamente aggiornate e potenziate.
  • Una adeguata formazione o aggiornamento sull’utilizzo di strumentazione aggiornata tecnologicamente e degli strumenti della sanità digitale a partire dagli studi universitari, per passare ai medici di medicina generale e al resto del personale. Il valore della spesa per la formazione nel PNRR dovrebbe essere intorno ai 200 milioni di euro a cui aggiungere 1,31 miliardi di euro di REACT-EU, che sembrerebbero però già stanziati e spesi durante la pandemia.

Conclusioni

Oltre a quanto ricordato nei paragrafi precedenti, vale la pena ricordare che il successo delle iniziative in ambito sanitario sembrerebbe dipendere anche dal ruolo strategico delle regioni nel dare applicazione agli investimenti del PNRR con particolare riferimento alla digitalizzazione delle attività della PA, dell’aggiornamento del personale, della formazione dei cittadini, dell’investimento nelle infrastrutture e macchinari, nella messa disposizione dei cittadini di servizi digitalizzati quanto più omogenei possibile nel territorio nazionale. Purtroppo, la governance del percorso di transizione digitale a livello nazionale appare ancora abbastanza disaggregata anche a livello politico-strategico.

Detto questo, il PNRR sembra promettente ma, al di là dei vincoli imposti dalla CE sull’utilizzo delle risorse, il successo degli investimenti e delle iniziative collegati alle riforme non è garantito. Nel contesto sanitario bisognerà anche tenere monitorato il comportamento degli attori privati, convenzionati o meno, a fronte delle riforme e delle innovazioni che coinvolgono il SSN. L’esperienza di cittadini utenti della sanità digitale ci insegna per esempio come in molti contesti locali a fronte di una performance buona di strumenti come il FSE da parte degli attori della sanità pubblica, quelli del privato convenzionato siano quasi totalmente avulsi dall’impiego di tali strumenti, fungendo da collo di bottiglia e bloccandone l’impego da parte dei cittadini potenzialmente interessati. Tutto questo è inaccettabile per un modello di sanità che non può fare a meno del contributo fondamentale del terzo settore, di strutture private for profit (o non profit) e naturalmente delle famiglie e della società civile in genere.

Un’ultima riflessione infine deve riguardare il ruolo dei cittadini, dei pazienti e delle relative famiglie e eventuali caregivers: una sanità efficace, competitiva ma anche innovativa e efficiente come richiesta dalla CE, non può trascurare il ruolo dell’utente come destinatario ma anche come soggetto attivo e potenziale co-designer e co-produttore del servizio stesso.

  1. Solo per citarne alcuni su Agenda digitale.eu:https://www.agendadigitale.eu/sanita/pnrr-la-missione-salute-sul-territorio-focus-su-assistenza-di-prossimita-e-telemedicina/; https://www.agendadigitale.eu/sanita/sanita-digitale-nel-pnrr-gli-interventi-e-i-dubbi-su-scelte-e-priorita/;
  2. Tra i quali Enrico Martial in https://www.agendadigitale.eu/sanita/sanita-digitale-cosi-il-pnrr-fara-la-differenza-i-tre-fronti-dintervento/

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