In un panorama sanitario sempre più sfidante, la gestione dei pazienti cronici rappresenta una delle principali criticità per il sistema sanitario nazionale. L’innovazione tecnologica, con l’adozione di strumenti come la telemedicina e la teleassistenza, emerge come risposta efficace a tale problematica, offrendo nuove modalità di cura e monitoraggio.
Un esempio illuminante arriva dalla Sardegna, dove l’applicazione della telemedicina ha aperto nuovi orizzonti nel trattamento e nella gestione dei pazienti cronici.
Invecchiamento della popolazone e sostenibilità del SSN
Partiamo dal chiarire il punto di partenza. In Italia vivono circa 60mln di persone, un residente su 5 ha più di sessantacinque anni, fra 30 anni gli ultrasessantacinquenni saranno 1 su 3[1]. Questo progressivo invecchiamento della popolazione si porterà dietro delle patologie importanti, spesso associate, con costi indotti probabilmente oltre la soglia di sostenibilità del Sistema Sanitario. È chiaro che bisogna anticipare questi fenomeni e comprendere come poterli affrontare con modalità innovative.
L’invecchiamento della popolazione induce quindi una spinta al disequilibrio in quanto le modalità odierne di presa in carico si basano sull’attesa. Il medico di medicina generale attende il paziente nel suo studio, l’ospedale attende il paziente, i servizi territoriali attendono il paziente immesso in un percorso di cura, ecc.
Questo presuppone che la sanità interviene quando oramai vi è un problema sanitario conclamato. Ma così facendo è molto difficile contenere o limitare la diffusione delle malattie croniche, anche se in larga parte sono dovute a fattori epigenetici e comportamentali, è e sarà obiettivo strategico, viceversa, limitare l’insorgenza di comorbilità (o complicanze) gestendo le cronicità.
Conseguentemente, ad oggi i processi sanitari generano nei pazienti, un senso di “responsabilità attiva” rispetto al proprio stato di salute comportando, tra l’altro, frequenti (e impropri) accessi in PS e/o ricoveri ospedalieri oltre che il progredire/riacutizzarsi delle patologie croniche con elevato impatto sulla spesa sanitaria e aumento della morbilità e mortalità dei pazienti.
A questa analisi va sommata la grave carenza di professionisti sanitari in tutto il territorio Nazionale, situazione che si aggrava nei territori interni distanti dai grandi centri sanitari. Inoltre, spesso nelle zone interne delle diverse regioni, la viabilità risulta essere di difficile percorrenza a causa di strade provinciali non sempre perfette. Le aree interne risultano essere perciò aree disagiate a cui dare un’attenzione maggiore rispetto alle aree urbane.
Per superare le difficoltà sopra esposte occorre proporre una nuova modalità di presa in carico del paziente cronico che sia proattiva. Effettuare medicina di prossimità significa andare a casa del paziente e gestirlo prima che ci sia l’insorgenza di complicanze.
Telemonitoraggio e teleassistenza per l’assistenza ai pazienti fragili
Occorre dunque sviluppare sistemi di telemonitoraggio e teleassistenza per l’assistenza ai pazienti fragili, ultra65enni affetti da una o più patologie croniche (scompenso cardiaco, BPCO e diabete), garantendo però, una risposta sanitaria presso i territori di residenza del paziente.
Per sviluppare i sistemi di teleassistenza e telemonitoraggio occorre che questi siano compresi dalla popolazione, ma soprattutto dai dipendenti che li devono applicare. Al livello di management e di decisore politico, diciamo che oramai c’è consapevolezza diffusa, ma è al livello di middle management e di operatori che dobbiamo intervenire per rendere efficace il cambio di passo organizzativo.
L’importanza delle Comunità di Pratica
Un elemento non banale, a parere dello scrivente, è la necessaria creazione delle Comunità di Pratica (CdP) che avranno l’onere di accompagnare il cambiamento culturale/organizzativo. Le CdP devono essere chiamate a ridisegnare i processi clinici (PDTA) inserendo la medicina di prossimità. Creare o ridisegnare il PDTA dello scompenso cardiaco, ad esempio, non significa solo riscrivere la parte del documento che orienta il nuovo percorso organizzativo, ma anche creare le condizioni perché la CdP si incontri costantemente per attivare operativamente quanto scritto. Questo permetterà di avere per ogni patologia cronica un PDTA ed una CdP che si occuperà di implementare il nuovo modello organizzativo votato al telemonitoraggio, la teleassistenza e la telemedicina.
L’esperienza di telemedicina in Sardegna
Così in Sardegna la telemedicina è diventata realtà: nel primo mese sono stati oltre 150 i pazienti che hanno aderito al servizio di telemedicina ‘scompenso cardiaco’ implementato dalla ASL di Nuoro con il coordinamento dell’Azienda Regionale della Salute (ARES) Sardegna. Il servizio coinvolge mille over-65 affetti da scompenso cardiaco residenti nei Comuni appartenenti alla ASL Nuoro, con previsione di ulteriore estensione ad altre malattie croniche come diabete e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
La ASL Nuoro è così una delle prime realtà d’Italia a mettere a sistema in modo organico la telemedicina, integrandola nel PDTA (percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale) dello scompenso cardiaco, tra le principali cause di ospedalizzazione e disabilità negli anziani. L’obiettivo è stato quello di realizzare una gestione efficace della patologia sul territorio e garantire la continuità assistenziale ai pazienti a domicilio in post-dimissione, aspetti particolarmente rilevanti in una zona, come quella della provincia nuorese, formata da comuni di piccole dimensioni e localizzati in aree interne e montuose.
Come funziona il servizio
Il servizio si avvale di una centrale tecnologica, integrata ai sistemi informativi ospedalieri, che gestisce in telemonitoraggio i pazienti, dotati di un kit domiciliare di dispositivi che rilevano i parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, tracciato ECG, ecc.) e, tramite smartphone dotato di connettività Internet, li inviano alla piattaforma cui accedono gli specialisti cardiologi e gli altri professionisti coinvolti nella presa in carico. In caso di criticità, il personale sanitario interviene proattivamente, individuando il percorso più appropriato per il singolo assistito: dalla predisposizione di una visita di controllo, anche mediante videocomunicazione, all’invio di un infermiere di comunità al domicilio del paziente per un approfondimento diagnostico in collegamento remoto con i servizi specialistici ospedalieri.
L’intervento sui processi logistici
Intervenire sui processi clinici però non è sufficiente, infatti dobbiamo anche intervenire sui processi logistici. Uno dei processi logistici classici su cui intervenire è la piattaforma ambulatoriale. Ai sistemi di teleassistenza va legato infatti il potenziamento degli ambulatori territoriali dislocati nei vari distretti, che saranno il perno della strategia di presa in carico per i pazienti che avranno bisogno dei fast track ambulatoriali evitando di finire in Pronto Soccorso.
Ci saranno dei momenti in cui sarà necessario andare fisicamente al domicilio del paziente per monitorarlo dal vivo e per questo sarà necessario avere un buon team di infermieri di comunità.
Ovviamente non deve mancare la condivisione della strategia con Anci ed i comuni. Ci sono tante iniziative che possiamo condividere, un bell’esempio da seguire può essere la partecipazione all’attività fisica dei gruppi di cammino nei piccoli e grandi comuni con creazione di un clima di fiducia e distensione sociale.
Conclusioni
Si deve, insomma, inaugurare una nuova stagione progettuale che unisca le varie anime coinvolte, partendo dalla promozione dei sani stili di vita. I risultati attesi sociali o socio sanitari, devono necessariamente essere condivisi e cogestiti con i comuni, rilanciando una nuova stagione di co progettazione con Anci.
Se non oggi, quando?
Note
[1] Istat 2018, Il Futuro Demografico del Paese