L’avvento del digitale in campo sanitario ha portato progressi importanti nel trattamento dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (quali dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia). Fortunatamente, queste problematiche vengono sempre più spesso identificate già nei primi anni di scuola, consentendo di intervenire in modo precoce con migliori risultati in termini di efficacia. Proprio per questo, fornire un intervento tempestivo attraverso una piattaforma online sta rappresentando un’interessante opportunità per abbattere le lunghe liste d’attesa spesso presenti nei servizi pubblici e garantire un’azione terapeutica con il giusto timing.
La nuova offerta si basa su esercizi automatizzati, tarati in modo autoadattivo, ma monitorati a distanza dal clinico, il quale comunica da remoto in modo sia sincrono che asincrono. In questo modo gli incontri in presenza con genitori e bambini divengono occasioni periodiche per aggiornare il training all’uso della piattaforma, sostenere la motivazione al perseguimento degli obiettivi, discutere i risultati raggiunti o le difficoltà incontrate.
L’introduzione di questa nuova strategia chiama ad un progressivo adattamento, se non ad un vero adattamento culturale, di bambini, famiglie ed operatori.
Disturbi specifici dell’apprendimento: app e programmi che aiutano i bambini
La proposta ai genitori e le necessità di adeguamento delle famiglie
Grazie alla possibilità di un accompagnamento a distanza, il clinico può seguire più bambini contemporaneamente, lasciando lavorare la piattaforma per quanto riguarda l’adattamento della complessità dell’esercizio ai risultati raggiunti dal bambino. Questo però non significa che l’intelligenza artificiale sia in grado di svolgere in autonomia tutti i passaggi. La comprensione dell’esercizio, ad esempio, potrebbe non essere accurata, mentre per alcuni esercizi specifici (esercizi di lettura, pronuncia, ecc.) i software non sono ancora in grado di rilevare automaticamente gli errori. Proprio per questi motivi l’affiancamento di un adulto di riferimento in fase di esecuzione degli esercizi è comunque necessario, come anche la predisposizione delle condizioni ambientali e strumentali che garantiscano al bambino di potersi concentrare ed ottenere una buona prestazione. Se ne deduce che il risultato terapeutico può essere conseguito solo attraverso l’integrazione tra potenzialità digitali, acquisizione di nuove competenze da parte dei clinici e dalla capacità di accompagnamento da parte di famiglie e genitori.
Alla prima proposta di un intervento a distanza le famiglie in genere si mostrano positive, talvolta entusiaste. La prospettiva di non dover accompagnare settimanalmente il figlio al centro, l’idea di vederlo intrattenersi davanti al pc con un videogioco che, per una volta, promette anche risultati terapeutici, appare attraente. Alcuni esprimono le loro perplessità rispetto alla richiesta di passare ulteriore tempo davanti allo schermo: l’esperienza della DAD durante il lockdown è ancora fresca ed ha dato nuove consapevolezze, anche ai ragazzi, di quanto possa essere stressante questa esperienza.
In altri casi può anche essere difficile far comprendere alle famiglie come gli strumenti proposti siano pensati e testati sulla base di evidenze scientifiche e prove di efficacia. Le perplessità possono manifestarsi ancor più quando si spiega ai genitori che il lavoro da svolgere sarà intensivo (si richiedono sessioni di 15-20 minuti per 3-4 volte a settimana, per periodi di 2-3 mesi) e che tutte le sessioni dovranno essere accompagnate da un adulto di riferimento, che a sua volta ha compiti specifici da espletare in base all’esercizio svolto. È necessario quindi un addestramento iniziale sia del piccolo che del familiare, che sarà verificato periodicamente negli incontri con il clinico. Si instaura così un paradigma collaborante della cura che prevede la partecipazione attiva dei tre attori: bambino, famiglia e clinico.
Un’esperienza in corso di realizzazione presso la Asl Toscana sud est
Proprio per far fronte a questa trasformazione metodologica, oltre che culturale, i servizi si stanno adoperando per pianificare le nuove strategie di intervento. Un’esperienza dai risultati rilevanti è quella messa in atto presso l’Azienda USL Toscana Sud Est, a partire dal servizio di Salute Mentale Infanzia adolescenza di Arezzo. Qui, fin dal 2019 l’uso della teleriabilitazione per i disturbi dell’apprendimento è stato adottato in via sperimentale per migliorare l’offerta clinica e, al contempo, far fronte agli eccessivi tempi di attesa per il trattamento.
L’azienda sanitaria ha quindi stipulato un contratto per l’utilizzo della piattaforma Ridinet, sviluppata dalla Cooperativa Anastasis, con la collaborazione di diversi esperti del mondo accademico e clinico, e considerata una di quelle con efficacia maggiormente documentata. Tutta l’equipe multidisciplinare (psicologi, neuropsichiatri, logopedisti) ha ricevuto una formazione specifica all’utilizzo della piattaforma ed ha quindi avviato la somministrazione ai giovani pazienti. Oltre alle competenze tecniche di gestione del software, buona parte della formazione si è necessariamente concentrata sulle modalità di proposta alle famiglie: il tempo “di prova” concordato per prendere confidenza con lo strumento, la consegna di materiali illustrativi, la pianificazione di massima di orari e tempi per l’esecuzione degli esercizi. Tutti elementi che di fatto rappresentano la formulazione più o meno esplicita di un vero e proprio patto terapeutico, il cui oggetto è la fornitura di uno strumento tecnologico la cui efficacia può essere garantita solo tramite un sufficiente livello di utilizzo e di collaborazione tra gli attori in campo.
Con l’avvento della pandemia da COVID, sono stati immediatamente evidenti gli ulteriori vantaggi della strategia di teleriabilitazione a distanza: grazie allo strumento è stato possibile proseguire nell’erogazione del trattamento, senza ritardi rispetto a quel periodo di maggior efficacia previsto dagli studi, rendendo al contempo possibile la tutela della salute dei pazienti e quella degli operatori rispetto al possibile rischio di contagio.
Covid-19: Progetto Proteneuco
Sulla base di queste esperienze è stato proposto un progetto di ricerca specifico con la collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze (Protocollo di Tele-valutazione e tele-riabilitazione per minori con disturbi del neurosviluppo adottato in fase di emergenza Covid-19: Progetto Proteneuco, CUP C89C20000290002). Il progetto mira ad evidenziare non solo i vantaggi di efficacia clinica, ma anche ad analizzare le linee guida e le best practices emergenti. Non si tratta quindi solo di osservare i risultati clinici in particolari condizioni di utilizzo (come quelle relative alla pandemia), ma anche di comprendere come l’uso della piattaforma possa essere proposto e concordato nel modo che meglio lo rende fruibile ed accettato dalle famiglie. Con il progetto di intendono individuare tutte le strategie e le soluzioni in grado di massimizzare l’impegno dei genitori, dei giovani pazienti e le migliori modalità di supporto clinico. Vengono così definiti specifici protocolli che tengano conto di variabili sia cliniche che di contesto nella fornitura del trattamento digitale.
Quali osservazioni emergono
Gli studi di efficacia previsti nel progetto mirano soprattutto a verificare il buon funzionamento della piattaforma in particolari situazioni di utilizzo, come ad esempio l’aggiunta di una valutazione diagnostica inziale, anch’essa da remoto. L’analisi dei protocolli di utilizzo e delle variabili contestuali sta già portando alla luce alcuni elementi di riflessione, grazie all’apporto delle diverse osservazioni provenienti dall’equipe di lavoro:
- Le opinioni dei genitori sono in larga parte positive e molti hanno potuto constatare con mano i risultati ottenuti in breve tempo dai propri figli. Questo non significa però che non ci siano resistenze o problematiche legate alla specifica modalità di trattamento: non solo la richiesta di impegno ed affiancamento, ma anche la necessità di competenze digitali minime e di una strumentazione sufficiente, rimane un problema. I temi del time management genitoriale e del digital divice tornano ad essere ancora una volta potenziali gap da colmare.
- L’uso corretto della piattaforma da parte dei clinici richiede un’elevata competenza professionale ed una formazione dettagliata, che consenta di impostare correttamente gli esercizi, interpretare adeguatamente l’andamento delle prestazioni ed integrare il software con gli interventi ambulatoriali. Diventa fondamentale lo stabilirsi di un vero e proprio patto terapeutico tra famiglia e genitori, chiamati ad operare un intervento diretto, esplicito e “misurabile” sul processo di cura del bambino. Le competenze comunicative, relazionali e motivazionali assumono centralità.
- Al superamento del digital divide delle famiglie corrisponde un parallelo bisogno di adeguamento delle infrastrutture, sia hardware che software. Questo significa anche la realizzazione di buone partnership pubblico-privato, in cui le esigenze specifiche delle equipe cliniche siano immediatamente traducibili in customizzazioni da parte dei fornitori dei servizi.
- All’interno dei servizi interessati a padroneggiare il nuovo paradigma è necessario costruire un percorso di condivisione d’equipe per consentire la messa a punto in itinere delle procedure, adattando progressivamente la prassi alle nuove strumentazioni. Ciò significa anche assegnare un nuovo ruolo alla ricerca, usata come strumento di riflessione che si avvale di dati istantaneamente rilevabili (tramite la piattaforma) per produrre adattamenti step by step nella procedura.
In conclusione
Il cambiamento richiesto per beneficiare al massimo della tecnologia della teleriabilitazione non riguarda solo l’accesso e la padronanza delle risorse digitali (rete, device adeguati, ecc.), ma anche un ripensamento culturale da parte dei servizi sanitari e delle famiglie. Possiamo facilmente immaginare come le aspettative verso la tecnologia possano tradursi nel falso mito dell’automatizzazione dei processi, terapeutica di per sé ed in grado da sola di ridurre a zero il peso del fattore umano. È invece proprio grazie alla sinergia tra il nuovo approccio alla digitalizzazione e l’attenzione alla relazione che si ottiene il miglior sviluppo nei percorsi di cura.