L’epigenetica è una branca della biologia che studia le modificazioni del DNA e delle sue proteine associate, senza alterare la sequenza del DNA stesso. Queste modificazioni possono influenzare l’espressione dei geni ovvero se e come un gene viene trascritto e tradotto in una proteina.
In altre parole, l’epigenetica studia i meccanismi che regolano l’attivazione e l’inattivazione dei geni, determinando quali geni vengono “accesi” o “spenti” in un dato momento e in un dato tessuto o organo.
Ecco quali sono le sfide, le criticità di questa disciplina, ma soprattutto cosa servirebbe in Italia per non perdere questo importante treno carico di innovazione, opportunità per i nostri ricercatori scientifici e soprattutto per aprire nuovi mercati su cui puntare e far crescere il Pil italiano.
“L’epigenetica è un ambito di cui si parla molto”, commenta Marco Pregnolato, PhD e ricercatore in biologia molecolare, “ma molti meccanismi sono ancora poco chiari, ed è ancora necessaria moltissima ricerca”.
Le modificazioni epigenetiche possono infatti essere ereditate da una generazione all’altra, ma su di loro esercitano influenza anche fattori ambientali, stili di vita e malattie. L’epigenetica svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo, nell’invecchiamento e nella comparsa di malattie.
Poiché le modificazioni epigenetiche possono influenzare l’espressione dei geni e quindi contribuire allo sviluppo di malattie, la loro comprensione può fornire nuove opportunità terapeutiche. Questa disciplina che studia la modulazione dell’espressione dei geni tramite meccanismi che non coinvolgono mutazioni del DNA, ha un ruolo crescente anche nella scoperta di nuovi farmaci.
Epigenetica: un campo emergente e promettente di ricerca scientifica
L’epigenetica è un campo emergente della ricerca scientifica che esplora lo studio dei cambiamenti dell’espressione genica che avvengono senza alterazioni della sequenza del DNA stesso.
Processi come la metilazione del DNA, le modifiche degli istoni, gli RNA non codificanti e il rimodellamento della cromatina spesso guidano questi cambiamenti. I fattori ambientali possono influenzare le modifiche epigenetiche, svolgendo un ruolo cruciale nella regolazione genica, nello sviluppo e nella “suscettibilità alle malattie”, offrendo spunti per la medicina personalizzata e potenziali strategie terapeutiche.
La comprensione dell’epigenetica offre agli operatori sanitari e ai ricercatori una visione dei processi molecolari che influenzano la salute e le malattie, portando potenzialmente a una migliore prevenzione delle malattie, a una diagnosi precoce e a trattamenti più mirati.
La disease susceptibility
La disease susceptibility si riferisce alla predisposizione di un individuo a sviluppare una particolare malattia. Ogni persona ha una diversa suscettibilità alle malattie, determinata da una combinazione di fattori genetici e ambient
ali.
I fattori genetici possono influenzare la suscettibilità alle malattie attraverso le varianti genetiche che possono aumentare o diminuire il rischio di sviluppare una determinata condizione. Per esempio, alcune mutazioni genetiche possono aumentare la suscettibilità a malattie come il diabete, il cancro o le malattie cardiache. Occorre tuttavia notare che la suscettibilità alle malattie non è determinata esclusivamente dai fattori genetici. Fattori ambientali, come l’esposizione a sostanze tossiche, l’alimentazione, lo stile di vita e lo stress, possono influenzare anche maggiormente la probabilità di sviluppare una malattia.
La comprensione della disease susceptibility è fondamentale per la medicina personalizzata, in quanto consente di identificare le persone a maggior rischio di sviluppare determinate malattie e di adottare misure preventive o terapie mirate per ridurre tale rischio.
Epigenetica: i punti salienti
L’epigenetica si concentra sulle modifiche della struttura e della funzione del DNA e delle proteine associate che influenzano l’accensione e lo spegnimento dei geni e i loro livelli di attività senza modificare il codice genetico stesso.
La regolazione genica è fondamentale per lo sviluppo, la specificità dei tessuti, le risposte agli stimoli ambientali e i processi patologici. L’epigenetica svolge un ruolo significativo nel controllo e nella regolazione dell’espressione genica, utilizzando la metilazione del DNA e le modifiche degli istoni per determinare se i geni sono attivi o silenziati.
La metilazione del DNA è un processo che prevede l’aggiunta di un gruppo metile a siti specifici su una molecola di DNA, una modifica che in genere reprime l’espressione genica impedendo il legame di proteine attive, influenzando l’accensione o lo spegnimento dei geni.
La modificazione degli istoni è l’aggiunta o la rimozione di gruppi chimici, come i gruppi acetile o metile, alle proteine istoniche. Le proteine istoniche svolgono un ruolo nell’impacchettamento del DNA nella cromatina.
Sia la metilazione del DNA che le modificazioni degli istoni regolano l’attività dei geni, rispondono a fattori ambientali, influenzano la suscettibilità alle malattie, hanno un impatto sull’invecchiamento e possono anche essere ereditate da una generazione all’altra, influenzando l’espressione genica e la salute.
Il ruolo nella salute e nelle malattie
L’epigenetica svolge un ruolo fondamentale in diverse condizioni di salute e malattie, tra cui il cancro e i disturbi neurologici.
Nel cancro, i modelli epigenetici come la metilazione del DNA e le modifiche degli istoni sono noti per silenziare i geni soppressori del tumore o attivare gli oncogeni, portando a una proliferazione cellulare incontrollata.
Le nuove terapie epigenetiche, come gli inibitori della DNA metiltransferasi e gli inibitori dell’istone deacetilasi, mirano a invertire questi cambiamenti e ad arrestare la crescita del cancro.
I disturbi neurologici come l’Alzheimer, il Parkinson e la schizofrenia sono influenzati da modifiche epigenetiche che hanno un impatto sull’espressione genica legata alla neurodegenerazione e alla plasticità sinaptica.
L’epigenetica sta dunque emergendo come un campo di grande interesse nella scoperta di nuovi farmaci. La comprensione delle modificazioni epigenetiche, con la loro capacità di influenzare l’espressione dei geni e quindi contribuire allo sviluppo di malattie, può fornire nuove opportunità terapeutiche.
Un approccio comune nella scoperta di farmaci epigenetici è quello di mirare agli enzimi coinvolti nella modifica delle modificazioni epigenetiche, come le DNA metiltransferasi e le istone deacetilasi. Inibendo queste enzimi, è possibile ripristinare l’espressione normale dei geni e correggere eventuali alterazioni associate a malattie.
Inoltre, l’epigenetica può anche essere utilizzata per identificare biomarcatori utili nella diagnosi precoce di malattie o nella valutazione dell’efficacia di un trattamento. Le modificazioni epigenetiche possono essere rilevate utilizzando tecniche avanzate come il sequenziamento del DNA e l’analisi del profilo di metilazione del DNA.
In definitiva, l’epigenetica offre nuove prospettive per la scoperta di farmaci mirati e personalizzati, che possono avere un impatto significativo nel trattamento di varie malattie, compresi i tumori, le malattie neurologiche e le malattie cardiovascolari.
L’epigenetica nella farmacologia: pro e contro
I ricercatori hanno scoperto che le differenze negli stati epigenetici tra tessuti sani e malati possono servire come preziosi biomarcatori di malattia.
L’epigenetica ha avuto un impatto significativo sulla scoperta dei farmaci, con diversi farmaci e terapie che mirano alle modifiche epigenetiche ora disponibili.
“I farmaci epigenetici che conosciamo sono due inibitori usati in ambito oncologico: funzionano entrambi, anche se non agiscono su singoli geni, ma su delle proteine che regolano a loro volta moltissimi geni nel nostro DNA“, sottolinea Marco Pregnolato: “Sono farmaci quindi che, invece di agire in maniera specifica e mirata, agiscono in maniera più globale. Tramite la ricerca poi, e ovviamente ai trial clinici, si è
capito che sono utili per alcuni tipologie di tumore”.
“Non siamo però ancora al punto di poter sviluppare farmaci epigenetici per regolare
esattamente i geni che vogliamo, a differenza dei farmaci più tradizionali dove possiamo decidere di colpire proteine ben definite e che sappiamo essere importanti per le diverse patologie (quando la chimica e le proteine in questione lo permettono, cosa tutt’altro che comune, purtroppo)”.
Approcci innovativi nell’epigenetica
Nonostante il numero limitato di farmaci approvati in questa categoria, i ricercatori stanno esplorando approcci innovativi, come i degradatori di proteine (PROTAC) e i coniugati anticorpo-farmaco, per migliorare l’efficacia e ridurre gli effetti collaterali degli inibitori epigenetici.
Si stanno valutando strategie che coinvolgono CRISPR/Cas9 e la costruzione di assemblaggi multitarget per correggere le mutazioni genetiche e fornire maggiori effetti antitumorali. Il futuro della scoperta di farmaci epigenetici appare promettente, con il potenziale per l’ingresso di nuovi agenti negli studi clinici e per un’ulteriore crescita terapeutica.
“L’epigenetica oggi ha un nome altisonante, dunque il rischio è che si inizino a vendere prodotti ‘epigenetici’ per puri scopi di marketing”, mette in guardia Marco Pregnolato, “quando in realtà siamo ancora lontani dall’avere un controllo così preciso dei meccanismi epigenetici del nostro corpo”.
“Mentre le terapie basate su Crispr, e quindi su editing genetico, causano modifiche irreversibili al DNA dei pazienti”, continua il ricercatore in biologia molecolare che AgendaDigitale ha intervistato, “i farmaci epigenetici hanno effetti reversibili, a causa della reversibilità delle modifiche epigenetiche. Il vantaggio è che tendono ad essere più flessibili, ma la loro reversibilità può rappresentare anche un limite“.
“Possiamo pensare a queste modifiche come un equilibrio fra una matita e una gomma”, spiega Pregnolato: “Può essere utile cancellare ciò che si scrive, ovvero l’azione del farmaco, ma se il nostro organismo ha una gomma molto efficace,
finirà per cancellare subito tale azione, prima ancora che possa dare l’effetto sperato sui pazienti”.
Casi di studio e storie di successo
I composti nucleosidici, i primi tipi di inibitori della metilazione, hanno trovato applicazione nel trattamento del cancro. Uno di questi composti è la 5-azacitidina, nota con il nome commerciale di Vidaza, che è stata scoperta con effetti citotossici sulle cellule tumorali già nel 1968, anche se il suo meccanismo d’azione è stato svelato solo di recente.
Questo farmaco è un analogo della citidina, in cui un atomo di azoto sostituisce il carbonio 5. Una volta all’interno di una cellula, il farmaco subisce un’azione citotossica. Una volta all’interno della cellula, subisce una fosforilazione e diventa parte del DNA durante la replicazione. Il DNMT1 riconosce l’analogo e avvia il consueto trasferimento del gruppo metilico. Tuttavia, la sostituzione dell’azoto nella quinta posizione determina un legame irreversibile tra DNMT1 e l’aza, portando alla degradazione dell’enzima e a estese riduzioni della metilazione.
Questa integrazione durante la replicazione del DNA lo rende particolarmente efficace contro le cellule tumorali in rapida divisione. Sebbene sia approvato dalla FDA, c’è spazio per miglioramenti in quanto è relativamente instabile, può avere effetti collaterali tossici e non è disponibile in forma orale.
RG108
RG108 è un nuovo composto di piccole molecole progettato per inibire la metilazione del DNA. A differenza di altri farmaci, non si integra nel DNA bersaglio né interagisce con il gene DNMT1. Si lega invece direttamente all’enzima DNMT1, responsabile della metilazione del DNA, ostacolandone l’attività.
Testato in laboratorio con linee cellulari tumorali umane, RG108 ha dimostrato la capacità di invertire la metilazione del DNA e di riattivare il gene soppressore del tumore p16, rallentando così la crescita delle cellule tumorali. Ciò che rende l’RG108 particolarmente promettente è il suo meccanismo d’azione unico, che ne riduce la tossicità rispetto ad altri farmaci. Ha inoltre il vantaggio di lasciare inalterate alcune regioni del DNA, migliorando la stabilità della cromatina ipometilata.
Queste caratteristiche rendono l’RG108 un farmaco antitumorale potenzialmente efficace per il futuro.
Le sfide e le considerazioni etiche
Nonostante le sue promesse, la scoperta di farmaci epigenetici presenta diverse sfide e dilemmi etici. Una delle preoccupazioni è il potenziale di effetti fuori bersaglio, in cui i farmaci possono influenzare geni o processi non previsti in origine.
“L’epigenetica avrebbe il potenziale di essere molto più precisa, ciò che occorre è sviluppare delle applicazioni, delle terapie che possano essere più mirate. Ma ciò non è facile perché bisogna ancora sviluppare la tecnica, ma, ancora prima, bisogna capire le
regole che governano tutti i processi epigenetici“, illustra Marco Pregnolato: “Ci mancano ancora grandi pezzi delle fondamenta: è un grosso campo di studio che richiede maggiore ricerca di base.
Mentre per l’editing genetico di Crispr possiamo cercare di agire su malattie genetiche più note, per l’epigenetica bisogna studiare di più: principalmente perché Crispr è una forbice molecolare che ci permette di tagliare il DNA dove vogliamo, permettendoci quindi di agire in maniera chiara sui geni di nostra scelta, mentre l’epigenetica è una rete molto intricata di meccanismi che sono ancora molto difficili da manipolare e le cui conseguenze non sono totalmente prevedibili, proprio perché molti dettagli sono ancora sconosciuti”.
Gli effetti a lungo termine dell’uso di farmaci epigenetici sono attualmente sconosciuti. È possibile che questi farmaci inducano cambiamenti duraturi nella regolazione genica, sollevando domande sulla loro sicurezza e sulla possibilità di implicazioni per la salute in seguito.
L’accesso equo alle terapie epigenetiche è un’altra sfida. Man mano che i trattamenti vengono sviluppati e commercializzati, si pone il problema dell’accessibilità e della convenienza economica. Il costo potenzialmente elevato di queste terapie innovative può limitare la portata di gruppi di persone svantaggiate o emarginate.
Il futuro dell’epigenetica
Il futuro della ricerca epigenetica e della scoperta di farmaci è promettente, con una forte attenzione ai trattamenti su misura e alla medicina personalizzata.
Questo approccio utilizza il profilo epigenetico unico di un individuo, il che significa che le strategie mediche possono essere messe a punto per fornire trattamenti più efficaci con meno effetti collaterali. L’epigenetica apre inoltre la strada a terapie mirate, offrendo spunti per combattere patologie come il cancro, i disturbi neurologici e le malattie autoimmuni. Tuttavia, è essenziale affrontare le questioni etiche, garantire un accesso equo e proteggere la privacy dei pazienti.
“Dal punto di vista clinico e terapeutico, ci sono un paio di farmaci utilizzati, quelli menzionati prima, ma l’applicazione più specifica e mirata richiede appunto ancora molto studio, così da capire come funzionano determinati processi e poterci, a quel punto, mettere mano con farmaci dedicati”, avverte Marco Pregnolato.
Conclusioni
Per poterne sfruttare tutte le potenzialità, “servirebbe in Italia un polo nazionale dedicato alla biologia molecolare, e quindi anche all’epigenetica. Lo Human Technopole di Milano, che sta attraendo molti fondi, è un ottimo esempio ed è importante che si affermi sempre di più, magari ispirando la nascita di altri centri simili“, auspica Pregnolato.
“Tuttavia, in Italia sono purtroppo bassi i fondi per assumere ricercatori, attrarre talenti e per pagare salari adeguati, oltre a fare ricerca e comprare macchinari, costosissimi. In particolare, sono molto costose le tecniche di ricerca di base legate al sequenziamento di nuova generazione del DNA”, evidenzia il ricercatore in biologia molecolare: “Non sono tanti i laboratori che possano permettersi ricerche in campo
epigenetico: in molti istituti mancano i macchinari, molto costosi, anche se i prezzi si sono ridotti notevolmente rispetto agli esordi; costa molto acquistarli, ma anche mantenerli e usarli.
Epigenomica e relative tecniche sono applicazioni che richiedono investimenti importanti rispetto ad altre tecniche di biologia molecolare”. E l’Italia dovrebbe puntare sul futuro della ricerca scientifica per non perdere questa opportunità. “
“In generale, occorre rendere i salari più competitivi, creare nuove strutture, fare ricerca, ma bisogna soprattutto mettere più soldi per poter fare ricerca“, conclude Marco Pregnolato.