La pandemia che ci ha costretto a due lunghi anni di restrizioni ci ha insegnato quanto sia importante poter contare su vaccini adeguati nel più breve tempo possibile. Nel caso del covid, quindi, abbiamo anche avuto modo di comprendere i vantaggi dell’intelligenza artificiale nel processo di individuazione e progettazione della giusta molecola di informazione, la proteina giusta in grado di produrre l’effetto desiderato.
L’intelligenza artificiale ha anche consentito una più efficace organizzazione della fase tre della sperimentazione umana che è quella più delicata.
Vediamo come è stato possibile e i possibili sviluppi.
L’RNA messaggero nella cura delle malattie
L’mRNA (RNA messaggero) è essenzialmente una molecola di informazione. Può essere rappresentato come un codice costituito da una sequenza di aminoacidi, che quando entra nelle cellule del corpo, produce una proteina che può svolgere una varietà di funzioni diverse nel tuo corpo: la cura di una malattia rara, la terapia per alcune forme di tumori, o anche un vaccino per combattere i virus come nel caso del Covid.
L’idea che sta alla base delle applicazioni del mRNA è semplicemente disarmante. Fino a oggi la medicina, attraverso i farmaci, ha cercato di correggere gli squilibri proteici che sono alla base di molte, se non della quasi totalità delle malattie. E quando questo non era possibile, la malattia risultava incurabile. In realtà il nostro organismo è in grado di produrre autonomamente qualunque tipo di proteina, se gli viene dato l’input giusto. Questo processo è mediato dal mRNA che dà alle cellule le istruzioni per costruire le proteine necessarie. Riuscire, quindi a creare un mRNA sintetico potrebbe in linea di principio trasformare il nostro organismo e le nostre cellule in una grande fabbrica di farmaci su misura in grado di curare qualsiasi malattia.
Già nel 2014 in un articolo pubblicato su Nature, Ugur Sahin, biologo di origini turche e attuale amministratore delegato di Biontech, Katalin Larikò e Oslem Tureci biologhe, rispettivamente di origine ungherese e turca, ipotizzavano la possibilità di sviluppare una nuova classe di farmaci e di terapie basate sull’uso di mRNA.
Vaccini anti-covid: così l’intelligenza artificiale ha accelerato la ricerca
Le prime sperimentazioni sui farmaci a mRNA
Le prime sperimentazioni sui farmaci a mRNA risalgono alla fine degli anni 80 e un primo risultato scientifico venne pubblicato nel 1990 con la dimostrazione della possibilità di ottenere una proteina attraverso una iniezione diretta di mRNA sintetizzato in vitro.
Questa prima inoculazione, tentata sui muscoli dei topi all’inizio riuscì, nel senso che l’organismo effettivamente recepì le istruzioni veicolate dal mRNA e produsse la proteina richiesta, ma subito dopo il sistema immunitario dell’organismo reagì all’inoculazione, identificandola come estranea all’organismo, e, di conseguenza, si sviluppò una potente risposta immunitaria e una potente infiammazione. Si era, quindi, in grado di far produrre all’organismo le proteine desiderate, ma al prezzo dello sviluppo di una tempesta citochinica. Passarono molti anni prima che i ricercatori riuscissero a progettare delle formulazioni del mRNA sintetico che ingannassero il sistema immunitario e che si recepissero degli opportuni vettori del mRNA sintetico, le nanoparticelle lipidiche, che potessero anche essere degli adiuvanti del processo.
La tecnologia mRNA nei vaccini contro il covid
I vaccini contro il Covid basati sulla tecnologia del mRNA sono stati il primo esempio di farmaco che utilizza l’organismo stesso per produrre le proteine desiderate. Questi vaccini sono stati un grande successo perché hanno dimostrato delle performance migliori degli altri vaccini (ad esempio quelli a vettore virale) con anche, minori effetti collaterali.
Ma la strada per produrli non è stata semplice. Il problema principale è in questi casi quello di individuare e progettare la giusta molecola di informazione, la proteina giusta, che produrrà l’effetto desiderato. Soprattutto nel caso dei vaccini lo sviluppo farmaceutico tendeva a essere un processo seriale abbastanza complesso. Si partiva da un’intuizione iniziale e si cominciava a testarla generalmente su piastre di Petri. Se i risultati erano confortanti si passava ai test preclinici. E se anche questi erano convincenti, si passava ai test sugli animali e, infine, attraverso diverse fasi di studi clinici in cui la fase tre è quella più importante, si dimostrava l’efficacia del vaccino.
Questo processo era estremamente costoso, poteva arrivare richiedere investimenti dell’ordine di alcuni miliardi di euro e richiedere anche fino a un decennio per portarlo a termine, spesso senza nessuna certezza sul risultato finale positivo. Quello della riduzione dei tempi era il primo obiettivo da raggiungere nel pieno di una pandemia, perché se il vaccino avesse necessitato di alcuni anni per sperimentarne l’efficacia, sarebbe stato di scarso aiuto concreto nell’immediato.
Il ruolo dell’intelligenza artificiale
L’innovazione che ha permesso lo sviluppo di vaccini in tempi così brevi è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la prima fase di sviluppo che consiste nell’individuazione delle proteine che devono essere utilizzate per attivare il sistema immunitario umano. Tutti i vaccini oggi in fase di approvazione hanno ridotto notevolmente i tempi di ricerca in questa prima fase utilizzando le capacità di deep learning dell’intelligenza artificiale. La fase di sperimentazione ha portato via molto più tempo, ma in questa fase non sono stati utilizzati, almeno su larga scala, metodologie di intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale ha anche consentito una più efficace organizzazione della fase tre della sperimentazione umana che è quella più delicata. Una frontiera che attraverso l’intelligenza artificiale può essere raggiunta nei prossimi anni è quella di svolgere in maniera simulata una gran parte delle sperimentazioni, diminuendo il numero dei test necessari per arrivare all’approvazione di un vaccino o di un farmaco.
Conclusioni
Quando il tempo di creazione di un vaccino potrà essere inferiore a 6 mesi, potremo ragionevolmente ipotizzare di poter affrontare con altro spirito e con altre armi le prossime pandemie.
I vaccini a mRNA sono stati un successo e sono stati il primo passo dell’umanità verso forme di biologia programmabile, molto promettenti dal punto di vista medico e scientifico, ma su cui ancora rimane molto da investigare e su cui alcuni interrogativi etici rimangono ancora da risolvere.