L'approfondimento

Metaverso e benessere mentale: quali rischi si corrono e come superarli

Il metaverso si basa sull’adattamento del nostro cervello, che percepisce la realtà virtuale come reale. Ma senza un’analisi dei bisogni latenti, potrebbe essere un regno delle illusioni: una realtà perfetta, con un sé idealizzato, per sfuggire alle frustrazioni. Come evitare di finire nella nuova caverna di Platone

Pubblicato il 04 Mag 2022

Alessia Caricato

pedagogista esperta nei processi educativi e formativi, giudice onorario Tribunale per i minorenni di Roma

Metaverso industriale: un mondo virtuale per risolvere i problemi dell'industria reale

Il metaverso è la versione moderna di “Alice nel Paese delle Meraviglie”? La famosa favola di Lewis Carroll è pregna di significati simbolici che toccano il rapporto tra razionalità e immaginazione, la lotta contro il tempo, il cammino verso l’età adulta e la crescita interiore, mentre il metaverso appare come un sogno dove è possibile creare mondi alternativi, duplicati, ripetuti, dove far vivere desideri, impulsi e sensazioni amplificate e percezioni idealizzate.

Vediamo i possibili impatti su benessere e salute mentale.

Realtà virtuale e metaverso per curare i disturbi dell’immagine corporea: le prospettive

Metaverso e benessere mentale: gli interrogativi

Il dibattito tra gli esperti sulle conseguenze di utilizzo delle tecnologie metaversiche è aperto: queste tecnologie, infatti, da una parte vanno a sostituire comportamenti legati al benessere per la salute mentale, come l’esercizio fisico, l’impegno concreto nelle relazioni sociali, il tempo trascorso nella natura; dall’altra creano un mondo virtuale perfetto dove si rischia di essere ciò che si vuole, ovvero di coltivare una idealizzazione di sé e del mondo.

Del resto, oggi si vive in un sistema in cui la vita virtuale e la vita reale si mischiano continuamente. Senza dimenticare poi quanto i giovani, anche precocemente, adottano in modo non regolato le nuove tecnologie e trascorrere molto tempo in un ambiente digitale può nuocere alla salute mentale.

Se, oltretutto, il successo del metaverso è in continua espansione, c’è da chiedersi il livello di qualità misurata a tale evoluzione. Questa espansione, infatti, non garantisce la misura di un valore, magari ne esprime il suo potere o un’esagerazione.

Se, infatti, esploriamo il potere attrattivo del metaverso potremmo tentare di capire se questo si sposa con il mondo dei bisogni ricercati, impliciti, latenti o non soddisfatti. Attrazione, fascino, suggestione, piacere, esaltazione, possono essere gli ingredienti seduttivi che catturano quella fetta notevole di mercato.

La realtà virtuale, è indubbio, ha un suo fascino, la dimensione ludica poi le dona quegli elementi di entusiasmo e divertimento singolari, tipici del gioco.

Inoltre, come accade per altri contesti digitali, anche nel metaverso si sono potenziate le relazioni sociali, dando l’illusione di annullare le distanze, mentre di fatto si è soli in uno spazio proprio.

C’è da chiedersi allora: può questa condizione rappresentare l’illusione di risolvere la propria condizione, magari non consapevole, di solitudine? L’illusione di una realtà in cui si amplifica tutto, anche la percezione di stare insieme all’altro, garantisce un sollievo? Può essere una scorciatoia nella modalità di incontrare gli altri?

La disconnessione con la realtà è direttamente proporzionata all’essere connessi nel virtuale?

Metaverso e benessere mentale: etimologia dell’avatar

Nel metaverso è possibile associare la propria identità ad un avatar, ovvero il personaggio digitale di sé stessi.

Precisamente, la parola Avatar, in lingua sanscrita è originaria della tradizione induista e ha il significato di “incarnazione”, in un corpo fisico da parte di un dio (avatar: “Colui che discende”); per traslazione metaforica, nel gergo di Internet si intende che una persona reale che scelga di mostrarsi agli altri, attraverso una propria rappresentazione.

Tale immagine può raffigurare un personaggio di fantasia (ad es. un cartone animato o un fumetto) della realtà (ad es. il proprio cantante o attore preferito, o anche la propria immagine). Il luogo di maggiore utilizzo degli Avatar sono, oltre i forum, i giochi di ruoli online, dove è d’uso crearsi un alter ego.

Ebbene, la scelta della terminologia incuriosisce e stimola ad esplorare delle associazioni di idee. È indubbio che il termine Avatar è di suprema nobiltà ed è curioso come un’immagine così alta penetri nel lessico comune, nello specifico nel digitale e virtuale.

Appunto, nella religione induista, Avatar è un dio che incarna un corpo fisico per svolgere il ruolo di conservazione e difesa del mondo, nei momenti più bui della storia discende sulla terra per ristabilire quella divina giustizia di cui è garante, incarnandosi in un Avatar. Dunque, possiamo chiederci: nel metaverso questa scelta lessicale può rappresentare la velleità dell’uomo di voler assomigliare a degli dei, i cui poteri sono divini?

Metaverso e benessere mentale: l’illusione di una realtà perfetta

Se si prova ad esplorare la dimensione delle illusioni, supportati dal processo di adattamento immediato del cervello che percepisce la realtà virtuale come reale, allora tutto diviene più semplice.

E perciò è possibile creare parallelamente una realtà perfetta, creare il proprio avatar con le fattezze che si preferisce, magari corrispondente all’immagine di sé migliorata e speculare ai propri limiti: un avatar alto e magro scelto da persone con una certa robustezza fisica oppure persone insicure con una stima bassa, creano tratti per apparire più sicuri.

La persona può diventare, quindi, il modello perfetto di ciò che desidera. Così, è lecita la libertà di creare una nuova identità, un sé virtuale, che corrisponde ad una versione idealizzata di sé, perché migliore. Quanto piuttosto la vera libertà corrisponde a poter coltivare le nostre nobili qualità interiori?

Pertanto, la sostanza di questo processo non è l’aspetto quasi giocoso del trasformare la rappresentazione di sé in ciò che più piace, piuttosto è il modo in cui la manipolazione dell’apparenza personale modifica i processi cognitivi e sociali umani, in tal caso sembra avere spazio un “falso sé”, inteso come adattamento compiacente alle richieste dell’ambiente, in contrapposizione con il vero sé, sede più autentica della persona. Non molto lontani sono i rischi di comparsa di disturbi di personalità legati all’identità.

Il percorso delle illusioni si apre davanti a noi. L’antichità insegna ampiamente che le illusioni distolgono dalla realtà ed hanno un potere preciso. Nell’antica Grecia, Platone parla dell’illusione in cui vive gran parte dell’umanità, attraverso il famoso mito della Caverna dove le ombre proiettate si scambiano per oggetti veri.

Anche il filosofo greco Demostene ricordava la facilità con cui l’uomo si illude: “Nulla è più facile che illudersi, perché ciò che ogni uomo desidera, crede anche che sia vero”. E ancora: “L’uomo non conosce altra felicità se non quella che egli si va immaginando, e poi, finita l’illusione, ricade nel dolore di sempre”.

Il tema dell’illusione è rappresentato anche nella letteratura, nelle opere di William Shakespeare (“Sogno di una notte di mezz’estate”).

Le illusioni consentono di confermare il “come io mi voglio”, di riconoscersi come si desidera essere, magari belli e capaci. Ma di certo sono condizioni effimere, comode e compensatorie. Voler vedere ciò che più ci dà benessere, ma al tempo stesso ci evita frustrazioni, che richiedono impegno per essere superate.

Ci si rifugia nel fantastico, magari con effetti speciali e luci variegate, per non vedere il buio e l’incerto. Ma basta distogliere lo sguardo per vedere più internamente e riconoscere che, è nella profondità del buio che il seme viene alla luce.

Siamo in una società dove continuo è il tentativo di rimuovere il dolore, lo si evita, lo si rifugge, si va altrove, mentre la vita è fatta di inciampi e di sofferenza, di prove ed errori, di scoperte e successi grazie a tutto ciò.

Metaverso e benessere mentale: il senso di vuoto e il bisogno di controllo

Un altro elemento significativo associato all’illusione sembra essere il controllo: nel metaverso la simulazione della realtà può garantire una prevedibilità ed evitare rischi, un controllo che probabilmente governa le incertezze vissute nella vita quotidiana e le rinsalda nella cornice del mondo virtuale perfetto.

Va ricordato tuttavia che il controllo, nel mondo moderno è un ostacolo all’evoluzione dell’essere umano; dunque, siamo richiamati ad occuparcene in modo consapevole per non essere vittime dei timori che sono celati dietro di esso.

Ebbene, l’uomo per vivere ha bisogno di speranze o di illusioni? Di aspirazioni o di idealizzazioni?

Il realismo virtuale, se si fa un parallelismo in letteratura, anche in questo caso appare scevro da significati rilevanti, diversamente è stato per la corrente del Realismo nel XIX secolo, quando si avvertiva la necessità di riprodurre la realtà quotidiana, per coglierne il risvolto sociale e politico, così come nell’arte si rappresentava la realtà evitando ogni forma di idealizzazione.

Accanto a questo scenario si intuisce poi che, attraverso l’uso virtuale della tecnologia, può dimorare anche il bisogno di fare, di riempire, di muoversi incessantemente, come se riempire incessantemente diventasse l’anestetico per non sentire il vuoto e il silenzio.

Sicuramente una sensibilizzazione culturale è necessaria per educare e raccontare come la tecnologia può esserci più utile. Come adulti, dotati di responsabilità e buon senso, si potrà promuovere uno sviluppo sano della tecnologia; da ciò dipenderà anche la crescita evolutiva del metaverso.

Metaverso e benessere mentale: l’importanza del corpo e del concreto

Occorre una saggia educazione del virtuale, offrendo una visione chiara della realtà ed insegnando a discriminare tra reale e virtuale.

Di certo i punti di riferimento dovranno essere interni e non esterni.

L’uso del nostro corpo, dei nostri sensi non potranno essere relegati ad una dimensione virtuale dove, rimane l’illusione di toccare, vedere le cose reali, di sentire un odore.

Coltivare e ritrovare il contatto con la terra, con la natura, che nutre il corpo, la mente, l’anima. Soprattutto dar voce in maniera appropriata a quei bisogni di immersività, intensità, profondità, vicinanza, incontro, presenza, che tanto vengono ricercati in una dimensione personale nel metaverso.

La sfida è saper usare in modo intelligente, equilibrato, sapiente e consapevole i mezzi che abbiamo a disposizione, per vivere meglio e non per illuderci di vivere meglio.

Il bisogno di giocare con la fantasia, con la creatività e l’immaginazione, tanto presenti nel mondo virtuale, si possono far vivere nella vita reale. Si tratta canalizzare i bisogni delle istanze più nobili dell’uomo. Attenzione a come questi vengono canalizzati, a come evitare di rimanere fermi ad un mondo adolescenziale, dove si vince perché ci si è stimolati da emozioni forti e dove tutto è possibile perché fantastico.

L’equilibrio tra realtà e virtuale è la necessità più attuale, anche in considerazione dei notevoli fondi destinati nella recente manovra finanziaria, agli investimenti alle tecnologie digitali, al virtuale e all’intelligenza artificiale. Occorre dunque un bilanciamento.

E il crinale tra opportunità e rischi è dato dalla consapevolezza, dalla discriminazione, dal fine e dal movente, che deve tener conto del saggio ed etico utilizzo delle tecnologie a servizio della vita, senza sostituirla con un’altra parallela.

Conclusioni

Siamo già impegnati in una realtà che ci pone sfide importanti e preziose, una doppia e parallela vita virtuale o ci metterebbe nella condizione di raddoppiare e vanificare tutti i nostri sforzi o di sacrificare la vita reale, ovvero relazioni vere ed esperienze concrete.

La creatività, la fantasia, l’immaginazione, il gioco, il “come se” sono opportunità preziose, sono nutrimento per la nostra mente e la nostra anima, perciò possono essere usate in modo intelligente, saggio e geniale, ma soprattutto stabilmente in tutti gli aspetti della propria vita.

Tale “meta” da perseguire, garantisce l’appartenenza all’universo intero che costantemente e incessantemente crea e ci mostra la realtà più bella che siamo richiamati a vivere.

La citazione di uno dei più grandi pensatori della storia, Giacomo Leopardi, ci può ispirare a coltivare “L’infinito” che abbiamo dentro il nostro animo e fa vivere tutte le sue sfumature nella nostra vita e oltre.

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Bibliografia

Dionisio J.D.N., et al., “3D Virtual Worlds and the Metaverse: Current Status and Future Possibilities”, ACM Computing Surveys, Vol. V, 2001

J. Dewey, “Come pensiamo”, Firenze, La Nuova Italia, 1961

Petere Rubin (autore), Roger Wayne (narrator), “Future Presence: How Virtual Reality Is Changing Human Connection, Intimacy, and the Limits of Ordinary Life”, Library Edition, Audio CD – Edizione integrale, 17 aprile 2018

Sitografia

https://www.carraro-lab.com/home/

https://digitalcommons.lmu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1004&context=cs_fac

https://www.hafricah.net/riabilitazione-cognitiva-realta-virtuale/

https://it.wikipedia.org/wiki/Avatar_(realt%C3%A0_virtuale)

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