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Nuovo governo alle prese con la Sanità digitale: che c’è da fare

Dall’implementazione del nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico fino alle Piattaforme di Telemedicina Nazionale e Regionali (con le capofila Lombardia e Puglia), gli ingranaggi della strategia governativa iniziano a muoversi. Non mancano, tuttavia, alcuni nodi che dovranno essere affrontati

Pubblicato il 14 Ott 2022

Giacomo Bandini

Competere

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Le ultime battute prima del passaggio di consegne e, chissà, forse anche di nuove nomine ai vertici della sanità nazionale e regionale riguardano tutti i pilastri della strategia di trasformazione digitale del settore sanitario pubblico.

Dall’implementazione del nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico fino alle Piattaforme di Telemedicina Nazionale e Regionali (con le capofila Lombardia e Puglia), gli ingranaggi della strategia governativa iniziano a muoversi. E ci sono progressi importanti che vanno incoraggiati. Non mancano, tuttavia, alcuni nodi che dovranno essere risolti il prima possibile.

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Sanità digitale, le strutture portanti per l’Italia al 2026

Come emerge anche dalla relazione consegnata dal ministro Vittorio Colao, Italia Digitale 2026, la spesa per la strategia Sanità Digitale dovrebbe essere pari a 2,3 miliardi di euro. Le iniziative portanti di tutta l’architettura sono:

  • 1. Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) nativo digitale come unico punto di accesso alla sanità online su tutto il territorio nazionale attraverso cui si potrà accedere digitalmente alla propria storia clinica, eliminando documenti cartacei o pluralità di portali web, accedendo a servizi essenziali online come prenotazioni, visite, consulti e cure da remoto.
  • 2. Piattaforme sicure per l’accesso e la condivisione dei dati, secondo regole definite e modalità di trattamento dei dati rispettose della privacy. Rientreranno nel perimetro del Polo Strategico Nazionale (PSN) e dovranno essere utilizzati a fini di ricerca medico-sanitaria e per la gestione della prevenzione e del governo sanitario.
  • 3. Prestazioni di telemedicina omogenee sul territorio nazionale per le quali è previsto lo sviluppo di tecnologie interoperabili e innovative, evitando la frammentazione in molteplici soluzioni software che impedirebbero agli assistiti di accedere alle cure di cui necessitano su tutto il territorio nazionale.

A che punto è il FSE e i prossimi passi

Per quanto riguarda il FSE, la prima fase di aggiornamento e miglioramento sembra procedere in modo abbastanza spedito. Dopo la pubblicazione delle Linee Guida che includono le indicazioni tecniche in relazione ai servizi, ai contenuti, all’architettura e alla governance, per la creazione dell’infrastruttura sul territorio nazionale, la prima fase di sperimentazione è entrata nel vivo.

Sei Regioni pilota sono state coinvolte con l’obiettivo di incrementare l’alimentazione dei fascicoli e la portabilità tra Regioni per i cittadini che si trasferiscono. I risultati, soprattutto sul lato dell’alimentazione, mostrano notevoli miglioramenti (la Basilicata passa dal 27% al 95%).

Il passaggio successivo prevede il coinvolgimento di tutte le altre Regioni, affinché si possa raggiungere la tanto agognata omogeneità. Investimenti previsti: 610 milioni già stanziati dall’uscente governo Draghi.  

Telemedicina: status e prossimi passi

La componente 2 della missione 6 del PNRR prevede invece un investimento di un miliardo di lire sulla telemedicina il cui soggetto attuatore è Agenas. 250 milioni di euro dovrebbero essere previsti per la realizzazione della piattaforma nazionale di telemedicina (il costo sarà variabile in base ai progetti), mentre 750 milioni sono destinati per le soluzioni regionali. Agenas ha pubblicato, a pochi giorni di distanza, sia la documentazione relativa alla gara per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina (dopo la presentazione del progetto da parte di Poste Italiane, Engineering, Dedalus, Althea e Almaviva), sia le Linee di Indirizzo per i Servizi di Telemedicina Regionali.

Il PNRR prevede infatti che due Regioni capofila, Lombardia e Puglia, promuovano delle gare per individuare e valutare le soluzioni di mercato conformi alle linee guida per i Servizi di Telemedicina. Tutte le Regioni e Province autonome avranno la possibilità di attivare soluzioni di telemedicina la cui conformità sarà già stata verificata mediante il processo descritto. Ma cosa prevedono queste nuove Linee di Indirizzo?

Intanto per ogni servizio sono previste le modalità di prescrizione, di prenotazione e consultazione della documentazione. La prenotazione nel caso della Televisita o del Teleconsulto può essere effettuata anche direttamente dal paziente (un bel passo in avanti). Per quanto riguarda il Telemonitoraggio e il Telecontrollo, la popolazione di riferimento viene suddivisa in cinque categorie specifiche per patologia tra cui: diabete, patologie respiratorie, patologie cardiologiche, pazienti oncologici e pazienti neurologici. Ognuna delle categorie avrà anche un ingaggio differente a discrezione del medico di riferimento del singolo paziente (sia MMG, sia specialista).

Un piano operativo per ogni Regione

Inoltre, ogni Regione dovrà presentare un Piano Operativo per l’implementazione delle rispettive piattaforme. Nel documento sarà necessario indicare:

• Il fabbisogno relativo ai servizi di telemedicina che verranno erogati attraverso l’infrastruttura regionale nonché le tempistiche di realizzazione della medesima;
• Quali servizi previsti dalle Linee Guida possono essere coperti con soluzioni di telemedicina già esistenti e attive;
• Quali componenti del fabbisogno totale la regione intende acquisire nell’ambito del sub investimento 1.2.3.2;
• Le fasi e i processi operativi con cui ogni regione intende raggiungere almeno il 70% degli enti e dei professionisti sanitari del SSR.

Sanità digitale, i problemi

Non tutto è oro quello che luccica. Questi ultimi punti hanno sollevato alcuni dubbi e richieste da parte della Conferenza Stato-Regioni. In particolare, per quanto riguarda le soluzioni di Telemedicina, non è chiaro lo spettro di autonomia regionale rispetto alle piattaforme implementate dalle regioni capofila, Lombardia e Puglia. Il testo governativo infatti prevede che per ottenere il finanziamento PNRR, le Regioni e Province autonome i cui piani operativi sono stati approvati, possono attivare le soluzioni selezionate esclusivamente attraverso le gare delle Regioni capofila o attraverso lo sviluppo e la messa a regime delle soluzioni già presenti nel territorio regionale/provinciale. Questo potrebbe generare uno scontro acceso soprattutto in quei territori dove progetti di telemedicina sono già stati avviati e finanziati da mesi.

Inoltre, poco ancora si sa riguardo al tema delle competenze e delle risorse umane. Molti enti locali lamentano non solo una carenza numerica degli operatori che dovranno occuparsi anche della telemedicina, ma anche la necessità di assumere personale qualificato e di formare quello già presente nelle strutture. Sono stati previsti anche in questo caso investimenti a livello centrale da redistribuire alle regioni. Non è tuttavia ancora chiaro come verranno spesi e quali sono i reali fabbisogni in termini di professionisti della telemedicina. Saranno ancora una volta le regioni a programmare. Senza linee guida, però. Questo potrebbe provocare ancora più dislivelli regionali e inficiare la qualità del SSN che in Italia, è bene ricordarlo, è ancora universale.

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