SANITA' DIGITALE

Ologrammi in sala operatoria: così il digitale trasforma la chirurgia

Intelligenza artificiale e potenza di calcolo alla base dei nuovi trend di ricerca. Strada spianata a interventi di super-precisione, in cui il medico potrà contare su immagini virtuali in 3D dell’organo, in grado di simulare l’esito delle operazioni. Ecco cosa ci aspetta

Pubblicato il 10 Dic 2019

ologramma-sanità

La digitalizzazione potrà lanciare la chirurgia verso nuovi scenari. In cui il medico sarà in grado di simulare un’operazione e di predire gli effetti di un intervento. Anche grazie ad ologrammi. Alla base, la capacità di analizzare, elaborare e utilizzare una notevole quantità di dati al di là della loro ubicazione o natura. Deep learning e big data i processi di apertura al nuovo mondo della Sanità digitale, con particolare riguardo alle tecniche chirurgiche.

L’elaborazione può essere di diversi tipi ed una di queste è la ricostruzione tridimensionale dell’oggetto d’interesse. I grafici tridimensionali possono essere sia di natura descrittiva (ad esempio la dimensione di sfera dimostra la quantità e le linee che uniscono altre sfere dimostrano l’interazione in quel sistema) ma anche la ricostruzione di una immagine, elaborando fonti digitali diverse (dalla RMN al microscopio ottico a quello elettronico), di un singolo elemento molecolare fino all’organo.

Dalle macchina anatomiche alla e-chirurgia

Una volta per conoscere la distribuzioni degli organi o parti in un cadavere si agiva in modo molto invasivo o, in alternativa, attraverso una ricostruzione postuma con materiali vari come le macchine anatomiche della cappella di Sansevero a Napoli che sono un mirabile esempio di ricostruzione tridimensionale dell’apparato arterioso venoso dell’uomo. Questo è stato realizzato con grande maestria successivamente alla morte e attraverso numerosissimi studi sul cadavere. In sostanza è una sintesi delle conoscenze accumulatasi nel tempo.

Oggi disponiamo degli strumenti per ottenere due obiettivi: il primo è quello di acquisire immagini tridimensionali elaborando informazioni digitalizzate attraverso diverse procedure anche combinate tra loro; il secondo è rappresentato dalla disponibilità di strumenti per vederle tridimensionalmente, quindi non solo in due proiezioni, imitando in questo la visione umana. Gli interventi con i nuovi robot chirurgici sono già in una realtà 3D.

Dunque elaborare e poi vedere. Per la prima fase entrano in gioco tecnologie di prelievo delle informazioni della struttura (organo o molecola) nella seconda l’elaborazione, la potenza di calcolo, la presentazione ed infine, per l’interfaccia con l’uomo, le neuroscienze, quindi immersione dell’uomo nella realtà aumentata.

Sanità digitale, l’ologramma in biomedicina

Per introdurre il concetto in biomedicina di ologramma, va ricordato come questo deriva da “holos” “completo” e “grammo” “messaggio;  in sostanza significa che ci restituisce un messaggio con molte più informazioni utili. Ed in effetti l’ologramma in biomedicina è una rappresentazione dinamica, il tempo come quarta dimensione, ricavata da un’immagine immateriale, prevalentemente in 3D, di un essere umano assente e vivente. Ovviamente anche questa definizione ha dei limiti.

L’esempio più facile è quello di una ricostruzione olografica del cuore del paziente su cui intervenire, avere l’organo a disposizione “fluttuante” di fronte all’operatore che può anche manipolarlo, operatore che può servirsi di altri elementi aggiuntivi utilizzando strumenti complementari come l’ecografia. In questa realtà “aumentata”, senza elementi aggiuntivi (occhiali per vedere l’immagini 3D), l’operatore dovrebbe avere un controllo del campo operatorio inimmaginabile fino a qualche tempo fa soprattutto in quegli interventi in cui la precisione è determinante.

Sono già stati usati sperimentalmente nelle procedure d’intervento nelle cardiopatie strutturali minimamente invasive in cui per 8 pazienti del Schneider Children Centro medico a Petach Tikva, Israele è stata usata una tecnologia di visualizzazione di RealView, già disponibile, per visualizzare immagini olografiche 3D.

L’ologramma 3D “predice” l’intervento

Un recente studio italiano (2019 su Urol.Int) con autori dell’Università di Brescia hanno presentato un lavoro “Holographic Reconstructions for Preoperative Planning before Partial Nephrectomy: A Head-to-Head Comparison with Standard CT Scan”: Lo studio aveva l’obiettivo di valutare le differenze nella percezione dell’anatomia renale tra ricostruzione olografica (HR) rispetto alla tomografia computerizzata (CT) nei pazienti candidati alla nefrectomia parziale.

In questi casi l’approccio è quello di verificare l’effettivo vantaggio dell’uso degli ologrammi per comprendere meglio l’anatomia del paziente e quindi nel concetto di modulare l’intensità dell’intervento nella misura necessaria per quel paziente e non per tutti. In una recentissima pubblicazione su Ann.Surg.2019 del 13 Agosto, Dipartimento di Chirurgia, Tokushima University, Japan, studia “Intraoperative 3D Hologram Support With Mixed Reality Techniques in Liver Surgery” sul fegato.

Lo scopo di questo studio era quello di cercare di valutare il potenziale di un ologramma 3D intraoperatorio, di un fegato modello di computer grafica, utilizzando tecniche di realtà mista nella chirurgia del fegato.

Secondo lo studio i meriti per l’applicazione di un ologramma per supporto chirurgico sono: 1) nessun monitor di visualizzazione sterilizzato; 2) migliore consapevolezza spaziale; e 3) immagini 3D condivise da tutti i chirurghi. Conclude: questa esperienza iniziale ha suggerito che un ologramma intraoperatorio con tecniche di realtà mista ha contribuito alla “simulazione dell’ultimo minuto”, non alla “navigazione”. L’ologramma intraoperatorio potrebbe essere un nuovo strumento di supporto alle operazioni di prossima generazione in termini di consapevolezza spaziale, condivisione e semplicità.

Questi studi in sostanza verificano un ologramma dinamico che interagisce con l’operatore, il quale attraverso l’ologramma aumenta la propria consapevolezza preoperatoria o operatoria contribuendo alla padronanza (“sognare l’intervento”).

Intelligenza artificiale al servizio della chirurgia

In sostanza l’uso della tecnologia per confermare le decisioni prese e verificarne la correttezza ma anche per avere una “visione” predittiva delle conseguenze, a seconda della scelta d’intervento che si vorrebbe prendere da un punto di vista non solo strutturale ma anche funzionale, soprattutto se l’ologramma è arricchito di informazioni sul comportamento dell’organo nella sua attività (attuale e quella successiva alla decisione chirurgica). In sostanza il sistema potrebbe restituire informazioni “attendibili” (questo ovviamente dopo sperimentazioni accurate) all’operatore che “pone una domanda” al sistema e riceve una risposta visibile delle probabili conseguenze della decisione in gioco.

Dunque non solo realtà aumentata ma anche visione sul cambiamento successivo alla decisione e dunque una intelligenza artificiale che elabora sulla base delle informazioni le conseguenze dell’ipotetico intervento.

Ovviamente è affascinante ma se il sistema è capace di prevedere le conseguenze di una decisione sarà anche “capace” di dare informazioni che hanno valore di diagnosi.

Ad esempio questo lavoro del 2019, dal titolo “Accuracy of fetal sex determination in the first trimester of pregnancy using 3D virtual reality ultrasound” che ha come referenza il Department of Obstetrics and Gynecology, Division of Obstetrics and Prenatal Medicine, Erasmus MC, University Medical Centre, Rotterdam, the Netherlands conclude affermando che “Our results indicate that accurate determination of the fetal sex in the first trimester of pregnancy is not possible, even using an advanced 3D US technique”. Questo lavoro non è rilevante per quello che studia ma lo si vuole citare in quanto è esempio di come la tecnologia può restituire un “valore” importante ma questo è strettamente dipendente dallo scopo reale che si può o si vuole raggiungere.

Tecno-simulazione per la didattica

Queste tecnologie non si prestano solo per aumentare la realtà, predire, imparare ed infine diagnosticare ma anche per insegnare. Il lavoro “Virtual Simulation in Enhancing Procedural Training for Fluoroscopy-guided Lumbar Puncture: A Pilot Study”, sempre del 2019, Department of Radiology, The University of Chicago, parte dalla premessa che l’esecuzione della procedura da parte di un operatore con esperienza limitata è associata ad un aumento del disagio del paziente, un aumento della dose di radiazioni, a tentativi multipli di puntura e all’aumento delle complicanze. Pertanto la simulazione nella sanità, campo in via di sviluppo, ha il potenziale per migliorare la formazione delle persone e il miglioramento delle procedure.

Descrivono non solo la progettazione ma vogliono anche dimostrare l’utilità di un simulatore di realtà virtuale per eseguire FGLP. In sostanza un modulo FGLP è stato sviluppato su una piattaforma ImmersiveTouch, che riproduce digitalmente l’ambiente procedurale con una proiezione simile ad un ologramma.

Da set di dati di tomografia computerizzata di spine adulte sane, hanno costruito un modello 3-D della colonna lombare e dei tessuti molli sovrastanti. Hanno assegnato caratteristiche fisiche diverse a ciascun tipo di tessuto, che l’utente può sperimentare attraverso il feedback tattile mentre fa avanzare un ago spinale virtuale. La fluoroscopia virtuale e le immagini 3D possono essere ottenute per la pianificazione e la guida procedurale.

È possibile calcolare il numero di tentativi di puntura, la distanza dal bersaglio, il numero di colpi fluoroscopici e la dose di radiazione approssimativa. I dati preliminari degli utenti che hanno partecipato alla simulazione sono stati ottenuti in un sondaggio post-simulazione. Le conclusioni “sensoriali” di coloro che si sono applicati hanno affermato che è molto simile alla realtà, lo consiglierebbero a un collega e nel post sondaggio su un massimo di cinque ha ricevuto un punteggio di 4,5.

Sanità digitale, il virtuale che simula l’organo

Ma queste potenzialità possono essere utilizzate anche per l'”High accuracy label-free classification of single-cell kinetic states from holographic cytometry of human melanoma cells”, lavoro del 2017 di Hejna e all. Department of Physics, University of Illinois at Urbana-Champaign, Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center, University of California, San Francisco ecc. Molto interessante lo scopo e il risultato di questo lavoro in quanto si ripeteranno un po’ tutti gli elementi fin qui descritti: poter vedere 3D materiale vivente, poterlo manipolare, poterne scoprire le sue peculiarità, saperlo identificare, far imparare ai sistemi a farlo, utilizzare le informazioni immagazzinate con logica per predire i comportamenti ecc.

Infatti il lavoro afferma che “la citometria olografica digitale (DHC) consente la visualizzazione libera e completa delle cellule aderenti. Decine di caratteristiche cellulari possono essere derivate dalla segmentazione di immagini derivate da ologrammi. Tuttavia, l’accuratezza della classificazione di singole cellule da parte di queste caratteristiche rimane limitata per la maggior parte delle applicazioni e la mancanza di “metriche di standardizzazione” ha ostacolato il confronto e la convalida sperimentali indipendenti.

Qui vengono identificate 26 caratteristiche derivate dal DHC che forniscono informazioni biologicamente indipendenti attraverso una varietà di transizioni di stato cellulare dei mammiferi. Se addestrati su queste funzionalità, gli algoritmi di apprendimento automatico raggiungono la classificazione di singole cellule con una precisione fino al 95%. “Utilizzando l’accuratezza della classificazione per guidare l’ottimizzazione della piattaforma, sviluppiamo metodi per standardizzare gli ologrammi ai fini della citometria cinetica a singola cellula”.

Medicina e algoritmi, il futuro della Sanità

Ma quale risultati ci sono o si prospettano? “Applicando il nostro approccio alle cellule di melanoma umano trattate con un panel di terapie antitumorali, monitoriamo i cambiamenti dinamici nel comportamento cellulare e nello stato cellulare nel tempo. Forniamo i metodi e gli strumenti computazionali per l’ottimizzazione del DHC per la classificazione cinetica di singole cellule aderenti”. Sci Rep. 2017 Sep 20;7(1):11943. doi: 10.1038/s41598-017-12165-1.

In ogni caso le promesse sono veramente interessanti e si possono, a mio parere, individuare in un aiuto concreto negli interventi ad altissima “precisione” come quelli, ad esempio al cervello, cuore ecc. Può essere di aiuto per “vedere”, in 3D, organi manipolati dopo l’applicazione di una ipotesi d’intervento attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Di fatto si supera la barriera del tempo reale, pulsazioni di un cuore, arrivando al “tempo guadagnato” come quello di vedere il comportamento dell’organo dopo una procedura chirurgica immaginata e non somministrata.

Da questo la possibilità di ricostruire organi non solo nello spettro visibile ma immateriale, ma anche in una realtà più concreta seguendo le medesime indicazioni provenienti dai dati restituiti dalla tecnologia e necessari alla ricostruzione 3D. Questo può essere usato per “esercitare e sperimentare” tecniche interventistiche di qualsiasi tipo e dunque con un altissimo valore didattico. Infine l’utilizzazione nel campo microscopico per riconoscere, classificare, osservare comportamenti dagli elementi cellulari alle molecole con la possibilità di nuove tecnologie non solo diagnostiche ma anche predittive.

Tutte le nuove tecnologie debbono però dimostrare un reale vantaggio nei confronti delle procedure attuali e molti studi sono necessari al fine di comprenderne bene il reale costo-beneficio della loro applicazione.

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