play therapy

Giochi e videogiochi fanno bene alla salute? Modalità ed esempi

La play therapy è una pratica clinica che aiuta a risolvere problemi psicosociali: come funziona, l’evoluzione nella videogame therapy, il caso Pokemon Go, studi ed esempi

Pubblicato il 09 Feb 2022

Francesco Bocci

Psicologo, Psicoterapeuta ad orientamento Adleriano, esperto in psicologia dei videogiochi

Marco Lazzeri

Cyberpsicologo e formatore della didattica innovativa, esperto in realtà virtuale

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La Play Therapy è una pratica conosciuta ed applicata in molti Paesi tra Nord America, Nord Europa, Corea del Sud e Giappone.

È definita dall’Association for Play Therapy United States (APT) come l’uso sistematico di un modello teorico per stabilire un processo interpersonale dove un professionista della salute mentale utilizza i poteri terapeutici del gioco per aiutare i clienti a prevenire o risolvere difficoltà psicosociali.

Riconosciuto dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite come prerogativa di ogni bambino poiché fondamentale per lo sviluppo fisico, emotivo, sociale e cognitivo, il gioco è vitale anche per un sano sviluppo del cervello, fondamentale per la traiettoria dello sviluppo dell’infanzia.

Videogiochi per vivere meglio: un approccio psicologico

Attraverso il gioco i bambini imparano a interagire con il mondo che li circonda e iniziano a comprendere le relazioni sociali. È un modo per imparare ed esplorare il mondo in un ambiente sicuro mentre si acquisiscono nuove competenze.

Play Therapy: le modalità di intervento

Nella terapia del gioco vi sono diverse modalità d’intervento (Mochi, C. 2019). Negli interventi di tipo non direttivo, il Play Therapist seleziona con attenzione i giocattoli nella stanza dei giochi per aiutare i bambini ad esprimere una varietà di sentimenti e problemi. Sarà poi il bambino a scegliere quali giocattoli utilizzare ed anche il modo con cui intende giocarvi.

Il Play Therapist segue empaticamente l’iniziativa del bambino unendosi a giochi di finzione e immaginazione quando invitato dal bambino e fornisce nei momenti opportuni i limiti per tutelarne l’integrità fisica e favorire l’esercizio e lo sviluppo dell’autocontrollo.

Un’altra forma di Play Therapy è quella familiare: in questa tipologia di intervento è l’intera famiglia ad essere coinvolta in giochi e attività ludiche. Una forma particolare di intervento Familiare è la Filial Therapy ove i genitori divengono gli agenti principali nel trattamento dei propri figli.

Play Therapy: i principi terapeutici

I principi terapeutici della Play Therapy sono assimilabili non soltanto ai classici giochi, ma anche ai videogiochi, ai giochi online e ad alcuni mondi virtuali.

Tra questi troviamo:

  • Abreazione: le persone tramite il gioco o la Realtà Virtuale rivivono determinate esperienze traumatiche, questo permette, in maniera graduale, di avere un maggior controllo su di esse.
  • Catarsi: il rilascio emotivo è quasi universalmente riconosciuto come un elemento essenziale in ogni forma di psicoterapia. Coinvolge quelle forme emozionali in precedenza interrotte
  • Potere e controllo: nel gioco si può fare accadere quello che vuole, sentirsi potente e tenere la situazione sotto controllo permettendo di sviluppare un locus of control interno.

Videogames Therapy: cosa è e a cosa serve

Abreazione, catarsi, potere e controllo sono dinamiche fondamentali che ritroviamo anche nella Videogames Therapy o V.G.T, metodologia riabilitativa ideata da Francesco Bocci, psicologo e psicoterapeuta adleriano.

Questo ambito di intervento sviluppato dal collega è uno strumento usato che permette di intra-prendere un lavoro di contenimento emotivo, clinico e terapeutico, come di tipo supportivo ed espressivo, ricorrendo al videogioco commerciale.

Proprio come l’attività di “gioco” consente ai bambini di esprimere inconsciamente aspetti del proprio mondo interno ed esterno, anche i videogiochi garantiscono questo risultato amplificandolo, in quanto anche se sono un “gioco” in ogni modo, sono accessibili a utenti di età superiore a quella infantile. Inoltre, i videogiochi sono diventati un oggetto sempre più esplicito di comunicazione tra i giovani, le cui immagini sembrano assimilare sempre più elementi tipici del mondo dei videogiochi.

Nel videogioco si attivano molti elementi legati al nostro emisfero sinistro, dove risiede la nostra memoria di lavoro.

Essa attivandosi permette al gamer di vivere una sorta di “autocontrollo” di sé che lo porta a sentirsi “valido” e “capace”, seppur in un ambiente funzionale come quello del contesto videoludico, e di poter raggiungere un equilibrio tra le “sfide” che il gioco richiede e le proprie competenze e risorse, cognitive ed emotive (soft skills), messe in atto.

Si viene così a creare ciò che Mihaly Csikszentmihalyi chiama “stato di flow”, una condizione di benessere che ha un potenziale molto forte rispetto al contenimento emotivo.

Si riattiva così nel gamer, quel “Sé Creativo” (concetto coniato nel 1912 da Alfred Adler) che permette di riprendere il controllo della propria attenzione nel momento presente, così come dei propri vissuti proiettivi, che si attivano attraverso il gioco in quel determinato momento.

Capite bene come in questo tipo di setting le dinamiche inconsce legate a traumi passati o a ricordi specifici di vita, costitutivi dello “stile di vita” del soggetto (altro termine coniato da Alfred Adler ai primi del 1900), possano venire alla luce attraverso il “dialogo” tra gamer e caregiver (terapeuta) durante la sessione di gioco stessa.

Sull’utilità positiva dei videogiochi, James McGonigal, game designer e direttore “Ricerca e sviluppo” del settore game dell’Institute for the Future di Palo Alto in California, ha dimostrato, tramite le sue ricerche, come i videogiochi possono accrescere il benessere e migliorare le relazioni, influendo in tal modo sui nostri comportamenti e favorendo le capacità di crescita personale (Bocci, F., Sala, C., 2019).

Play Therapy: il caso Pokemon Go

Anche se sono diversi e numerosi i videogames che possiamo far rientrare a pieno titolo nella Play Therapy (“Life is Strange”, “Unravel 2”, “The Last day of June”, “Sea of Solitude”) vale la pena citare quando parliamo di videogames, il caso di Pokémon Go.

Nonostante la mancanza di principi come l’abreazione o la catarsi, questo videogioco si è dimostrato efficace in altri modi. Dalla sua uscita nel 2016, ha attratto più di 65 milioni di utenti (Serino, M., Cordrey, K., McLaughlin, L., & Milanaik, R.L., 2016)

La popolarità di Pokémon Go può essere compresa nel contesto della teoria degli usi e della gratificazione di Jay Blumler ed Elihu Katz. (Ruggiero, T.E., 2000), una delle teorie più citate per comprendere il consumo dei media.

Secondo questa teoria, le persone selezionano determinati media per soddisfare bisogni, come bisogni cognitivi, integrativi sociali, affettivi, di riduzione della tensione (diversione o fuga dalla noia) e bisogni integrativi personali (status sociale o credibilità). Più recentemente, questa teoria incentrata sul pubblico è stata applicata sia ai giochi mobili (Rauschnabel, P.A, Rossmann, A., & Dieck, M. C., 2017) che quelli online (Wu, J., Wang, S., Tsai, S. 2010).

Uno studio recente ha indicato che coloro che avevano un umore negativo prima di giocare a Pokémon Go si sentivano significativamente meglio dopo il gioco (Alloway T.P., Carpenter, R. 2021). Quindi, se stai cercando un rimedio veloce e salutare, Pokémon Go potrebbe essere un buon inizio, soprattutto ora che tutti possono sperimentare i suoi benefici per il miglioramento dell’umore.

Mentre ci sono prove iniziali che suggeriscono che Pokémon Go può ridurre l’umore negativo, i ricercatori dello stesso studio hanno scoperto che giocare a Pokémon Go migliora anche alcuni aspetti della cognizione, in particolare la memoria di lavoro, il sistema cognitivo che detiene temporaneamente le informazioni. Ci sono molti componenti della memoria di lavoro, ma nello studio i ricercatori hanno scoperto che la memoria di lavoro verbale, le informazioni relative a lettere e parole, sono migliorate dopo aver giocato a Pokémon Go. Lo studio non ha mostrato un miglioramento in tutti i componenti della memoria di lavoro, ma ha indicato che la funzione della memoria di lavoro verbale è flessibile e aumentata come risultato del gioco.

Quindi, dopo aver giocato per lunghi periodi di tempo, potresti notare un miglioramento nel modo in cui ricordi le informazioni verbali, per non parlare del fatto che potresti anche sentirti più felice di conseguenza.

Originariamente era stato ipotizzato che giocare a Pokémon Go potesse portare a una maggiore empatia, derivante da una maggiore interazione sociale e da una connessione più frequente con estranei (Jungselius, B. et al., 2015), tuttavia ciò non è stato evidenziato dal presente studio. Una possibilità per la mancanza di risposte empatiche in questo gioco potrebbe essere dovuta alla natura fantasiosa dei suoi personaggi lontani dall’aspetto originale in cui i personaggi erano basati su animali (Webster, A. 2016). Il realismo negli ambienti di gioco modera gli effetti che il gioco ha sul giocatore, sia nell’aggressività che nel comportamento prosociale (Krcmar, M., Farrar, K. M., & McGloin, R. 2011). Pertanto, questa mancanza di realismo potrebbe aver contribuito all’incapacità dei giocatori di adottare le prospettive degli altri giocatori o di dimostrare empatia.

In sintesi, i risultati dello suggeriscono che Pokémon Go non facilita l’empatia ma può migliorare l’umore. Questa scoperta ha importanti implicazioni per gli individui che lottano contro l’ansia e la depressione.

L’utilità positiva di Pokémon Go, tuttavia, non si ferma qui. Un altro esempio della sua funzionalità, in quanto tecnologia positiva, ci viene fornito dalla vicenda del C.S. Mott Children’s Hospital – Stati Uniti.

In questo ospedale pediatrico del Michigan, Pokémon GO viene utilizzato come terapia: bambini con una vasta gamma di condizioni mediche differenti (malati di cancro, disturbi dello spettro autistico, iperlessia) hanno l’opportunità di scorrazzare nella struttura alla ricerca dei loro mostriciattoli preferiti.

L’utilizzo di Pokémon Go, sebbene in condizioni alquanto singolari, è volto a migliorare le condizioni dei bambini, che attraverso il videogioco possono muoversi dal proprio letto e socializzare più facilmente. Il movimento, dice un membro del personale, aiuta i bambini dal punto di vista fisico, non lasciando atrofizzare gli arti, mentre il socializzare con gli altri li fa sentire meno soli. (Lazzeri, M. 2017)

Play Therapy: esempi nella pratica clinica

Sempre riguardo ai videogiochi, a livello internazionale le aziende che investono nel campo dei videogiochi o nei dispositivi hardware a loro connessi in campo sanitario sono molteplici. Facendo una ricerca su Pubmed Central con una parola chiave come “Wii”, per esempio, si nota subito come la stessa compaia in diversi studi che trattano aspetti come la riabilitazione fisica e cognitivo-comportamentale.

Di seguito qualche esempio (Pensieri, C. 2013):

EbaViR- Easy Balance Virtual Rehabilitation

EbaVir (Gil-Gomez, J. A., Lloréns, R., Alcaniz, M., & Colomer, C. 2011) è un sistema basato sulla tecnologia della Wii Balance Board Nintendo.

È stato progettato dai terapisti clinici per migliorare, attraverso esercizi motivazionali e adattivi, l’equilibrio in piedi e la postura dei pazienti con ABI (ovvero con lesioni celebrali acquisite).

Il sistema EbaVIR non utilizza nessun software commerciale.

Gli esercizi sono stati programmati con l’ausilio di un programma per la creazione di applicazioni 2D e 3D ed è stato progettato con l’aiuto di specialisti clinici della riabilitazione dell’equilibrio. Il sistema è stato sviluppato con il fine ultimo di ottenere un sistema valido per il recupero dell’equilibrio dei pazienti. Inoltre, esso mirava sia alla realizzazione di un sistema che rafforzasse la motivazione dei pazienti durante il processo riabilitativo e sia alla creazione di un sistema che fornisse ai terapisti dei dati oggettivi sull’evoluzione dei pazienti.

Wii Sports

Nella popolazione anziana la depressione subsindromica è molto diffusa, associata a una notevole sofferenza, disabilità funzionale, maggiore utilizzo di costosi servizi sanitari e una maggiore mortalità.

In uno studio (Rosenberg D, et al. 2010) dove sono stati campionati 22 individui (di età compresa tra 63 a 94 anni) e 19 di essi hanno completato le 12 settimane di studio con il gioco Wii Sports (contenente cinque giochi: tennis, bowling, baseball, golf e pugilato). I partecipanti hanno giocato alla Wii nella loro struttura residenziale o nel loro centro anziani per 35 minuti in tre sedute settimanali. L’indagine pilota di 12 settimane con questi videogiochi ha suggerito un alto tasso di adesione (84%), con un significativo miglioramento dei sintomi depressivi, del funzionamento cognitivo e senza grandi eventi avversi.

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Bibliografia

Alloway, T. P., & Carpenter, R. (2021), “Gotta catch ‘em all: Exploring the use of Pokémon Go to enhance cognition and affect”, Psychology of Popular Media, 10(2), 178–186. https://doi.org/10.1037/ppm0000283

Bocci, F., Sala, C. (2019), “Il videogioco come strumento creativo e terapeutico in Psicologia Individuale”, Riv. Psicol. Indiv., n. 86: 53-65.

Gil-Gomez, J. A., Lloréns, R., Alcaniz, M., & Colomer, C. (2011), “Effectiveness of Wii balance board-based system for balance rehabilitation: a pilot randomized clinical trail in patients with acquired brain injury”, Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation, 8, 30.

Jungselius, B., Weilenmann, A., & Rost, M. (2015), “Pokémon Go and mobile wellbeing: Initial observations on experiences and reported connection”, Data Science for Health, 19, 52-63.

Krcmar, M., Farrar, K. M., & McGloin, R. (2011), “The effects of video game realism on attention, retention, and aggressive outcomes”, Computers in Human Behavior, 27, 432-439.

Lazzeri, M. (2017), “Beyond the playful: pokemon go among captology, positive technology and emotional intelligence”, Retrieved from https://www.stateofmind.it/2017/02/pokemon-go-emotional-intelligence/

Mochi, C., VanFleet R. (2009), “Roles Play Therapist Play. Post disaster engagement and empowerment of survivors”, Play Therapy Magazine, Vol.4.

Pensieri, C. (2013), “Game therapy. L’uso dei mondi virtuali in campo sanitario”, UniversItalia: Roma.

Rauschnabel, P.A, Rossmann, A., & Dieck, M. C. (2017), “An adoption framework for mobile augmented reality games: The case of Pokémon Go”, Computers in Human Behavior, 76, 276-286.

Rosenberg D, Depp CA, Vahia IV, Reichstadt J, Palmer BW, Kerr J, Norman G, Jeste DV (2010), “Exergames for subsyndromal depression in older adults: a pilot study of a novel intervention”, Am J Geriatr Psychiatry. 18(3):221-6. doi: 10.1097/JGP.0b013e3181c534b5. PMID: 20173423; PMCID: PMC2827817.

Ruggiero, T. E. (2000), “Uses and gratifications theory in the 21st century”, Mass Communication & Society, 3(1), 3-37.

Serino, M., Cordrey, K., McLaughlin, L., & Milanaik, R.L. (2016), “Pokémon Go and augmented virtual reality games: A cautionary commentary for parents and pediatricians”, Current Opinion in Pediatrics, 28(5), 673-677.

Webster. A. (2016), “When you’re a kid, Pokémon Go is a portal to a magical world”, Retrieved from: https://www.theverge.com/2016/7/12/12159792/pokemon-go-for-kids-parents-magic.

Wu, J., Wang, S., Tsai, S. (2010), “Falling in Love with Online Games: The Uses and Gratifications Perspective”, Computers in Human Behavior. 26(6): 1862-1871. doi:10.1016/j.chb.2010.07.033.

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