l'analisi

PNRR, la Missione Salute sul territorio: focus su assistenza di prossimità e telemedicina

Realizzare una nuova salute territoriale è l’obiettivo della Missione 6 del PNRR, che segnala necessità e individua politiche di intervento prioritarie. Vediamo come si concretizza

Pubblicato il 23 Feb 2021

Gabriella Borghi

Cefriel – Esperta in progettazione e gestione progetti di sanità digitale

Loredana Luzzi

Direttore Generale Università degli Studi di Brescia e componente direttivo AisdeT

Carlo Zocchetti

Epidemiologo e ingegnere informatico

Anitec-Assinform: le tecnologie emergenti nella sanità digitale

Gli interventi ora indicati nella Missione 6 Salute del PNRR sembrano orientati a strutturare “fisicamente” una nuova “salute territoriale”, con obiettivi certamente condivisibili e scelte sono fondate su analisi di elementi noti della realtà italiana e così sintetizzabili:

  • elevata speranza di vita alla nascita (circa 83 anni – Istat 2019),
  • tasso di mortalità più basso fra i paesi OCSE (circa 10,5 per mille abitanti),
  • spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL relativamente contenuta (pari al 6,5%, contro il 7,8% della media europea, il 9,6% della Germania e il 9,4% della Francia),
  • incidenza della popolazione anziana sul totale elevata (23% circa di over 65 e 3,6% circa di over 80).

Le principali necessità del sistema

In questo contesto, le principali necessità del sistema che vengono segnalate nel Piano – ma anche dalla maggioranza degli osservatori – sono così delineate:

  • domanda di salute per bisogni complessi, che necessitano di una offerta di servizi integrati della rete di assistenza territoriale (sanitaria e sociosanitaria);
  • forte ritardo sulla diffusione dell’assistenza domiciliare rispetto agli altri Paesi OCSE (4% pazienti anziani rispetto alla media OCSE del 6%);
  • elevata disomogeneità fra regioni di tutti i servizi residenziali e di prossimità;
  • carente dotazione di risorse umane specializzate e di infrastrutture (in particolare tecnologiche e digitali)
  • risposta non sempre adeguata dell’assistenza territoriale e di quella ospedaliera (sebbene quest’ultima abbia mostrato nel complesso una buona capacità di “tenuta”);
  • numero di infermieri inferiore ai Paesi OCSE (5,8 per 1.000 abitanti rispetto alla media europea di 8,8) a fronte del numero dei medici (che nel complesso è superiore al valore europeo).

Le politiche di intervento prioritarie nel PNRR

A fronte di tutto ciò nel PNRR viene posta attenzione a queste necessità – definite politiche di intervento – prioritarie:

1. razionalizzare i ricoveri ospedalieri inappropriati (consolidamento e rafforzamento), demandando all’ospedale le attività a maggiore complessità e spostando a livello territoriale le prestazioni meno complesse;

3. prevedere interventi di ammodernamento in modo uniforme sul territorio nazionale del sistema ospedaliero, che manifesta ritardi in particolare riguardo alla carenza e formazione del personale, ma anche in termini di vetustà delle apparecchiature tecnologiche e delle dotazioni informatiche;

4. disporre di soluzioni digitali per piani di presa in carico multidisciplinari e multiprofessionali – in grado di integrare processi di cura ed assistenza, nonché di supportare la vicinanza e la comunicazione alle persone–per sostenere il processo di potenziamento e di omogeneizzazione dei servizi territoriali in tutte le aree del Paese nella fase post emergenziale;

5. ricerca scientifica, asset strategico su cui intervenire;

6. rafforzamento della compagine del personale sanitario, anche sotto il profilo formativo: è necessario colmare le carenze relative sia ad alcune figure specialistiche (in particolare in anestesia e terapia intensiva, medicina interna, pneumologia, pediatria) sia nel campo della medicina generale;

7. rafforzare il ruolo del Ministero della Salute e delle Regioni nell’attività di programmazione dei fabbisogni formativi;

8. rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario alle patologie infettive emergenti gravate da alta morbilità e mortalità, nonché ad altre emergenze sanitarie.

Componenti della missione, interventi, linee di azione

La missione si concretizza in due componenti per quanto riguarda gli interventi:

  • Assistenza di prossimità e telemedicina
  • Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria.

A loro volta gli Interventi sono “caratterizzati da linee di azione coerenti all’interno di un unico progetto di riforma, volte a rafforzare e rendere più sinergica la risposta territoriale e ospedaliera, nonché l’attività di ricerca del SSN:

  • Promuovere e rafforzare un’assistenza di prossimità, vicina ai bisogni dei cittadini, per consentire un’effettiva equità di accesso della popolazione alle cure sanitarie e sociosanitarie, attraverso la definizione di standard qualitativi e quantitativi uniformi, il potenziamento della rete dei servizi distrettuali, nonché il consolidamento di quella ospedaliera ad essa integrata.
  • Definire un nuovo assetto istituzionale di prevenzione Salute-Ambiente-Clima, secondo l’approccio “One-Health”, per promuovere la salute umana rispetto alle determinanti ambientali e ai loro cambiamenti, in sinergia con lo sviluppo economico e sociale del Paese.
  • Riformare il rapporto tra Salute e Ricerca, rivisitando il regime giuridico degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) e delle politiche afferenti al Ministero della Salute, sostenere l’attività di ricerca e rafforzare le capacità di risposta del SSN alle emergenze sanitarie, alla transizione epidemiologica e ai fabbisogni sanitari legati al quadro demografico.”[1]

Questo il quadro delle risorse destinate alle due componenti sopraindicate e agli interventi previsti per ciascuna componente: Risorse complessive pari a 19,72 miliardi di euro composte da nuove risorse per circa il 70%, a cui aggiungere le risorse in essere e 1,71 miliardi di € di risorse React Ue (Tabella 1).

Tabella 1 [2]

Considerate nel contesto complessivo del PNRR le risorse destinate alla Missione Salute rappresentano una quota pari all’8,8% dell’ammontare complessivo dello stesso (Tabella 2).

MISSIONERisorse (€/mld)
In essere (a)Nuovi (b)Totale

(c) = (a)+(b)

React EU

(d)

TOTALE NGEU (e) = (c) + (d)Quota %
Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura10,1135,2745,380,8046,1820,7
Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica30,1636,4366,592,3168,9030,9
Infrastrutture per una Mobilità

Sostenibile

11,6820,3031,9831,9814,3
Istruzione e Ricerca4,3722,2926,661,8328,4912,8
Inclusione e Coesione4,1017,1821,286,3527,6212,4
Salute5,2812,7318,011,7119,728,8
TOTALE65,7144,2209,913,0222,9100
Note: (b) include risorse FSC già previste, da finalizzare agli specifici interventi

Tabella 2 – Note: (b) include risorse FSC già previste, da finalizzare agli specifici interventi

Se le risorse messe a disposizione con questa missione le rapportiamo al fabbisogno sanitario nazionale[3] che nel 2020 è stato incrementato a 119.556 milioni di euro (+ 8,8% rispetto agli anni precedenti), otteniamo un incremento di risorse di oltre il 12 %.

In questo contesto proviamo ad approfondire, nell’ambito della componente “Assistenza di prossimità e telemedicina” almeno il primo intervento definito “Potenziamento assistenza sanitaria e rete territoriale”.

Innanzitutto, riteniamo poco esplicativo e certamente da meglio caratterizzare la “sotto riforma” per “Definire standard strutturali, tecnologici e organizzativi dell’assistenza territoriale”.

L’organizzazione dei servizi territoriali nella nostra nazione è molto variegata fra le regioni e nell’ambito delle stesse. Se guardiamo però la copiosa normativa nazionale e regionale, il territorio, fin dagli anni 80 (oltre 40 anni fa) viene descritto come il luogo centrale per erogare servizi sanitari, sociosanitari ed assistenziali: la realtà è sotto gli occhi di tutti: disomogeneità di offerta, di servizi, di modalità di erogazione sia in termini quantitativi che qualitativi nelle diverse regioni e all’interno delle singole. Proviamo comunque, con l’ottimismo che ci caratterizza a cercare di meglio capire gli interventi descritti nel PNNR.

Si citano tre ambiti: le case della comunità, l’assistenza domiciliare e le cure intermedie.

Casa della Comunità e presa in carico delle persone.

“La carenza di coordinamento negli interventi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali, le disomogeneità regionali presenti nell’offerta dei servizi di assistenza territoriale, soprattutto per le popolazioni che abitano in zone rurali o svantaggiate, costituiscono criticità superabili attraverso l’implementazione di strutture assistenziali di prossimità per le comunità, collocando nello stesso spazio fisico un insieme di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e sfruttando la contiguità spaziale dei servizi e degli operatori, consentendo anche percorsi di prevenzione, diagnosi e cura per ogni persona con un approccio basato sulle differenze di genere, in tutte le fasi e gli ambienti della vita.

Il Progetto nasce pertanto per potenziare l’integrazione complessiva dei servizi assistenziali socio-sanitari per la promozione della salute e la presa in carico globale della comunità e di tutte le persone, siano esse sane o in presenza di patologie (una o più patologie) e/o cronicità. Per realizzare tale integrazione, il progetto prevede la realizzazione di strutture fisicamente identificabili (“Casa della comunità”), che si qualificano quale punto di riferimento di prossimità e punto di accoglienza e orientamento ai servizi di assistenza primaria di natura sanitaria, socio-sanitaria e sociale per i cittadini, garantendo interventi interdisciplinari attraverso la contiguità spaziale dei servizi e l’integrazione delle comunità di professionisti (équipe multiprofessionali e interdisciplinari) che operano secondo programmi e percorsi integrati, tra servizi sanitari (territorio-ospedale) e tra servizi sanitari e sociali.

Dal punto di vista operativo, il modello proposto prevede l’identificazione di uno standard di riferimento comune, attraverso il quale distribuire in maniera capillare e omogenea tali strutture su tutto il territorio nazionale, indentificandole quale nodo, facilmente riconoscibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento, all’interno della più ampia rete di offerta dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali, e al tempo stesso come parte integrante dei luoghi di vita della comunità locale.

In questo senso, con questo intervento si intende definire un atto regolamentare preliminare e action plan entro il 2022, e realizzare entro il 2026 1 Casa della Comunità ogni 24.500 abitanti: si punta a realizzare 2.564 nuove Case della comunità con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi patologici.”[4]

Le case della salute

In questo ambito è necessario ricordare che nel Piano Sanitario Nazionale 2006 – 2008[5] era emerso con forza come obiettivo la riorganizzazione delle cure primarie, anche con il supporto della tecnologia e della telemedicina, e con servizi di cure intermedie, come l’ospedale di comunità. La successiva Legge 296/2006 (finanziaria 2007) art. 1, comma 806 poneva 10 milioni di € per la Sperimentazione da parte delle Regioni della casa della salute a cui seguivano linee progettuali [6], ben documentate in una presentazione di Agenas[7] già nel 2007. Questo per evidenziare che le poche righe inserite nel PNRR su questo intervento avrebbero dovuto indicare che la Casa della Comunità è al meglio un’evoluzione aggiornata della Casa della Salute. Le Case della Salute sono presenti in modo difforme e disomogeneo nei contenuti nei diversi contesti regionali, come evidenziato già nel 2015 dal Sumai-Assoprof con un’analisi su 8 progetti regionali (Sicilia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Lombardia, Campania, Marche, Puglia) che indicava “mancanza di un progetto comune, applicazione di facciata in alcune regioni, specialistica ambulatoriale non sempre rappresentata e sistemi informatici differenti”[8]. Si segnalavano anche i diversi nomi assunti dall’iniziativa nelle diverse regioni: Casa della Salute, in Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche e Puglia, PTA (Presidi territoriali di assistenza) in Sicilia, SPS (Strutture polifunzionali per la Salute) in Campania, in Lombardia dopo i CREG (Chronic Related Group) ora i PreSST (Presidio Socio-Sanitario Territoriale) a seguito della LR 23/2015.

In alcune Regioni, come ad esempio l’Emilia-Romagna[9] sono state attuate analisi mirate sia a rappresentare la situazione sul territorio (ad ottobre 2018, le Case della Salute funzionanti erano 105, di cui il 51% (53) a media/alta complessità e il 49% (52) a bassa complessità), sia a presentare il modello sia a valutarne gli esiti[10]. “Lo studio evidenzia che dove c’è la Casa della Salute si riducono del 16,1% gli accessi al Pronto Soccorso per cause che non richiedono un intervento urgente, percentuale che sfiora il 25,7% quando il medico di medicina generale opera al loro interno. Inoltre, calano (-2,4%) i ricoveri ospedalieri per le patologie che possono essere curate a livello ambulatoriale, come diabete, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica…Nei territori serviti dalle Case della Salute si è intensificata nel tempo (+9,5%) l’assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica”. Lo studio conclude quindi che “le Case della Salute iniziano a dare i frutti attesi sulle dimensioni indagate”. Si ricorda inoltre che sempre in Emilia-Romagna si sta attuando un Progetto che prevede la realizzazione e messa in produzione di un sistema di Telemedicina che si basa su una soluzione di comunicazione (middleware) in grado di acquisire dati sanitari da dispositivi medici forniti in dotazione al domicilio dei pazienti e alle Case della Salute.

Insomma, ci sono voluti almeno 12 anni anche in una Regione motivata come l’Emilia Romagna per vedere i frutti della proposta indicata nel 2007. Alla luce di questa esperienza la proposta di Case della Comunità potrà essere attuata nei tempi previsti e sull’intero territorio nazionale solo partendo dalle migliori pratiche in atto, e prevedendo adeguamenti che tengano conto della mutata situazione demografica, dei progressi della medicina e dell’evoluzione tecnologica.

Naturalmente, considerato che ci sono fondi da utilizzare, si tratterà anche di definire come distribuire a livello regionale la disponibilità di 4 miliardi di € previsti nel PNRR per le 2.564 nuove Case della Comunità (€1.560.062 ciascuna).

L’assistenza domiciliare

“L’assistenza domiciliare integrata (ADI) rappresenta oggi il setting assistenziale che meglio risponde ai cambiamenti epidemiologici della popolazione (invecchiamento, aumento della comorbilità e delle patologie croniche) e alle esigenze di sostenibilità economica del Servizio Sanitario Nazionale. Costituisce un modello di cura alternativo al ricovero ospedaliero, che consente la permanenza a domicilio di persone fragili e con patologie croniche e l’attuazione di percorsi terapeutici integrati dal punto di vista sanitario e sociale, garantendo nel contempo una adeguata socialità e la prossimità della rete dell’assistenza primaria. Attraverso tale progetto si intende promuovere e rafforzare l’assistenza domiciliare, incrementarne la diffusione e la qualità dell’offerta su tutto il territorio nazionale attraverso la riorganizzazione della gestione dei servizi di cure domiciliari integrate e lo sviluppo e implementazione locale di un modello digitale dell’ADI, che renda fruibili soluzioni e strumenti di telemedicina e connected care, fondamentali per la presa in carico al domicilio, il monitoraggio e la diagnosi a distanza dei pazienti. In questa prospettiva, il progetto si pone in stretta connessione con la progettualità sopra descritta della “Casa della Comunità”, in quanto nell’ambito della presa in carico globale che la Casa della Comunità realizza, uno degli strumenti necessari ad una integrata ed efficace gestione delle cronicità, soprattutto per i pazienti cronici anziani, è l’erogazione di prestazioni di assistenza domiciliare integrata con il supporto delle soluzioni tecnologiche e digitali e di telemedicina. L’obiettivo è quello di definire a livello nazione indicazioni per l’erogazione di prestazioni in telemedicina entro il 2022 e di implementare e mettere a regime un nuovo modello ADI entro il 2026, con 575 Centrali di coordinamento attivate, 51.750 medici e altri professionisti nonché 282.425 pazienti con kit technical package attivo. Risultati attesi: circa 500.000 nuovi pazienti over 65 Presi in Carico (PIC).”[11]

Anche in questo caso, con un intervento finanziato con 1 miliardo di euro non si tiene conto né del contesto in cui si andrà ad inserire l’intervento né del percorso che dovrà essere seguito, né conseguentemente delle modalità distributive delle risorse. Le cure domiciliari rappresentano infatti un ampio mondo che presenta al proprio interno una gamma di esigenze e soluzioni che sono state studiate nel tempo anche in rapporto con i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che devono essere garantiti sul territorio nazionale [12] e che sono monitorati con un flusso informativo (SIAD) dal 2008.

L’intervento sembra svolgersi in due tappe temporali:

  • la prima entro il 2022 per definire a livello nazione le indicazioni per l’erogazione di prestazioni in telemedicina
  • la seconda entro il 2026 per implementare e mettere a regime un nuovo modello ADI.

Se i due percorsi non saranno paralleli e ravvicinati nel tempo si rischia nuovamente di far partire ciascuno con modalità diverse con la conseguente difficoltà ad avere un confronto prestazionale sia in termini di costo sia di risultati. Questo sta già avvenendo con i percorsi per la cronicità dove non è possibile confrontare a livello nazionale esiti e costi fra i diversi sistemi regionali, come invece avviene per le prestazioni ambulatoriali e per i ricoveri.

L’intervento è orientato a dotare le Case della Comunità di 575 centrali di coordinamento (espressione che può voler dire molte cose), e prevede quindi una centrale ogni 4/5 Case: quale sia però il ruolo di questo oggetto e quali possano essere i suoi compiti non viene meglio precisato.

Connettere le persone e puntare sulla telemedicina. L’esperienza dell’azienda sanitaria di Trento

Un primo sguardo ai numeri potrebbe indicare la presenza di circa 20 medici per ogni Casa della Comunità e circa 110 pazienti con kit technical package attivo per Casa. Quindi sulla disponibilità di 1 miliardo di euro ne andrebbero circa 1.739.130 per Centrale, valore comprensivo sia di un’eventuale piattaforma, sia dei kit e del personale. È facile capire che questa soluzione possa essere stata costruita su un sottostante progetto di massima, ma la sua realistica fattibilità certamente oggi non è verificabile.

Da notare che si parla solo di personale medico, mentre per servizi domiciliari e/o di telemedicina per pazienti cronici/fragili l’esigenza maggiore dovrebbe essere quella di personale infermieristico adeguatamente formato per svolgere l’attività di case manager come indicato nel Piano nazionale della cronicità. Questo personale in grado di lavorare e gestire tecnologie non è al momento facilmente reperibile sul mercato e pertanto sarà necessario stanziare adeguate risorse per la formazione.

A tale proposito è altresì necessario ricordare l’importanza della presenza delle Università nella progettazione ed erogazione di detta formazione attraverso master di primo livello in modo da poter riconoscere crediti formativi e titoli spendibili su tutto il territorio nazionale ed europeo. Questo aspetto potrebbe anche consentire, considerato il ricambio generazionale in atto dei Medici di Medicina Generale, di ripensare la loro formazione[13] e il loro rapporto di lavoro, avviando un vero processo innovativo nella medicina del territorio che serva sia ai giovani professionisti sia ad una moderna gestione della sanità e del sociosanitario sul territorio[14].

Sviluppo delle cure intermedie

“Il progetto mira alla implementazione di presidi sanitari a degenza breve (Ospedali di comunità) che, interconnessi con il sistema dei servizi sanitari e sociali, svolgono una funzione “intermedia” tra il domicilio e il ricovero ospedaliero al fine di sgravare l’ospedale da prestazioni di bassa complessità che non necessitano di un elevato carico assistenziale e contribuire in modo sostanziale alla riduzione degli accessi impropri alle strutture di ricovero e ai pronto soccorso. Gli Ospedali di comunità sono, pertanto, strutture che si pongono ad un livello intermedio tra l’assistenza territoriale e l’assistenza ospedaliera, per fornire assistenza a tutti i soggetti che non hanno necessità di ricovero ma di un’assistenza e sorveglianza sanitaria che non potrebbero ricevere a domicilio.

Dal punto di vista operativo si prevede di definire entro il 2022 il piano d’azione per realizzare/adeguare le strutture a ospedale di comunità; il progetto si traduce nella realizzazione di posti letto in strutture di ricovero di breve durata (15-20 giorni), secondo uno standard uniforme su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è quello di realizzare e/o adeguare 1 ospedale di comunità ogni 80.000 abitanti – 753 ospedali – entro il 2026[15].

Questo intervento, pur non descrivendo il contesto attuale che vede realizzazioni già presenti in diverse Regioni, prende atto evidentemente delle iniziative già in corso e precisa che l’obiettivo è in primo luogo quello di definire un piano d’azione per l’Ospedale di comunità “secondo uno standard uniforme su tutto il territorio nazionale” e di conseguenza quello di “realizzare e/o adeguare” entro il 2026, con risorse pari a 2 miliardi di euro, un numero di 753 ospedali (un ospedale ogni 80.000 abitanti) con un costo unitario indicativo di 2.656.000 di euro.

La definizione di ospedale di comunità, prefigurata nel patto Salute 2014-16[16], era già presente nel decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70 (DM 70/2015) al punto 10.1 dell’Allegato 1. A questo aveva fatto seguito l’Intesa del 10 luglio 2014 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sui requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dell’Ospedale di Comunità. Tali requisiti sono però stati approvati solo con la successiva Intesa del 20 febbraio 2020[17] a cui si rimanda per i dettagli. Quindi se i tempi che sono stati necessari per giungere ad approvare i requisiti minimi sono stati di 6 anni, è veramente sfidante pensare di realizzare o adeguare in 5 anni tutti gli ospedali di comunità sul territorio.

Conclusioni

Per l’attuazione, è auspicabile una proposta nazionale si limiti a stabilire gli obiettivi da raggiungere e le regole di ingaggio da adottare, adottando un framework o modello condiviso a livello nazionale.

Necessario anche individuare una modalità adeguata per distribuire tali fondi ai diversi territori sulla base di indicatori condivisi per l’assegnazione, la verifica ed il controllo dell’utilizzo.

Approfondiamo la questione in questo articolo qui di seguito.

Missione 6 Salute del Pnrr, come attuarla: approcci possibili

____________________________________________________________________________

  1. PNRR – 12 gennaio 2021- pag.158
  2. Per Fondi REACT EU https://www.unioneeuropea.it/react-eu-commissione-europea-accoglie-con-favore-accordo-politico-per-la-ripresa-economica
  3. Si veda Camera dei Deputati Servizio Studi, Il livello di finanziamento del Servizio sanitario regionale, 11 novembre 2020 https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104197.pdf?_1591182412901
  4. Da PNRR pag. 161
  5. http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?id=1205 – “Nelle aree non urbane, nelle zone montane, nelle isole minori, o comunque caratterizzate da popolazione sparsa, nelle quali non sia ipotizzabile l’uso di sedi uniche è necessario promuovere l’uso dell’informatica medica, del telesoccorso e della telemedicina, per i quali vanno definiti standard qualitativi, quantitativi e di accreditamento. Va inoltre raccordato il sistema delle cure primarie con quello delle cure ospedaliere completando l’offerta dei servizi di Cure intermedie (intermediate health care) con lo sviluppo, là dove ne ricorrano le condizioni secondo l’organizzazione dei servizi regionali, dell’Ospedale di Comunità, a cura dei medici di assistenza primaria, quale struttura dedicata, all’attuazione di cure domiciliari in ambiente protetto ovvero al consolidamento delle condizioni fisiche o alla prosecuzione del processo di recupero in ambiente non ospedaliero di dimessi da unità per acuti o post-acuti.”
  6. https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=1&art.versione=1&art.codiceRedazionale=07A08580&art.dataPubblicazioneGazzetta=2007-10-10&art.idGruppo=0&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=1
  7. Mariadonata Bellentani – Sacile, 29 giugno 2007 – con illustrazione di modelli attuati in alcune Regione
  8. https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?approfondimento_id=6844
  9. Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna, Le Case della Salute in Emilia-Romagna 2018, https://salute.regione.emilia-romagna.it/normativa-e-documentazione/rapporti/case-della-salute/report2018_CdS.pdf
  10. Regione Emilia Romagna e ASSR, Valutazione di impatto delle Case della Salute su indicatori di cura 2009-2019 https://assr.regione.emilia-romagna.it/pubblicazioni/dossier/doss269
  11. Da PNRR pag. 162
  12. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_772_allegato.pdf
  13. Si veda anche Harari Corriere della sera 9.2.2021
  14. Luzzi, Borghi https://www.agendadigitale.eu/sanita/rivoluzione-territorio-per-la-sanita-digitale-cominciamo-dai-medici-di-base/
  15. Da PNRR pag.163
  16. Art.5 Assistenza territoriale -punto17 Presidi territoriali/Ospedali di comunità con indicazione di definire con Intesa di definire i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, minimi entro 31.10.2014
  17. http://www.regioni.it/newsletter/n-3786/del-26-02-2020/ospedali-di-comunita-il-testo-dellintesa-20870/
  18. Comitato di esperti in materia economica e sociale “Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, Rapporto per il Presidente del Consiglio dei Ministri, giugno 2020 – http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/comitato_rapporto.pdf
  19. Si veda pag.85 e 86 Piano Colao e quanto già segnalato da noi a settembre https://www.agendadigitale.eu/sanita/rivoluzione-territorio-per-la-sanita-digitale-cominciamo-dai-medici-di-base/

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