Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Europea basato sull’indice europeo DESI 2022 (Digital Economy and Society Index 2022), in ambito digitale l’Italia è quartultima in Europa per popolazione con competenze digitali almeno di base (46%), contro una media UE del 54%.
Quindi la necessità, a livello paese, di una formazione digitale mirata alla sanità sembra essere un’affermazione ed un obiettivo su cui l’accordo è sicuramente ampio.
Un obiettivo così complesso richiede però di essere suddiviso in singoli ambiti e che si definisca/trovi la strategia più adeguata per raggiungere ciascuno di essi. Diversi sono infatti i punti di partenza, i livelli di competenza necessari, il contesto e le risorse presenti o disponibili. I due grandi ambiti sono, come si intuisce, la formazione e l’aggiornamento dei professionisti sanitari e in secondo luogo, ma parimente rilevante, la formazione e l’informazione dei pazienti.
Formazione e aggiornamento dei professionisti sanitari
Nel primo caso, quello dei professionisti sanitari, è chiaro che per i “nuovi professionisti” in formazione, l’inserimento nei curricula universitari di formazione digitale specifica non sia più rinviabile. La popolazione scolastica attuale può essere considerata “nativa digitale” essendo certamente nata dopo il 1985, insieme quindi agli strumenti tecnologici e nell’epoca della connessione e degli accessi disponibili. Essere nativo digitale non consente però automaticamente di saper utilizzare la tecnologia nei percorsi di prevenzione, diagnosi e cura dei pazienti. Avere consapevolezza tecnologica non significa solo sapere usare, ma soprattutto poter disporre di strumenti culturali che consentano di capire, nel momento in cui arriva il mercato e mi offre prodotti nuovi, se questi siano effettivamente utili, positivamente innovativi e sostenibili nei processi di prevenzione, diagnosi e cura.
Da qui l’importanza di lavorare con le università per quanto riguarda i professionisti sanitari e quindi negli ordinamenti dei corsi di laurea a ciclo unico per medicina e triennali per le professioni sanitarie. Non si parte da zero perché ci sono esperienze in tal senso: ad esempio nel corso di laurea in Medicina all’Università Milano Bicocca ci sono moduli specifici che toccano il tema dell’utilizzo delle tecnologie nel percorso di prevenzione, diagnosi e cura o ancora e di più con il corso di Laurea MEDTEC in Medicina e Ingegneria Biomedica, in lingua inglese, attivato da Humanitas University e Politecnico di Milano, che consente in 6 anni di ottenere un doppio titolo: Laurea Magistrale a ciclo unico di Medicina e Chirurgia e Laurea Triennale in Ingegneria Biomedica. Quest’ultima esperienza sarà comunque da valutare perché non ha ancora completato il suo primo ciclo. Bisognerà cioè monitorare e capire come saranno effettivamente impiegati i suoi studenti e quale impatto sulla professione medica dia il possesso della laurea triennale in ingegneria biomedica, così come sarà interessante ragionare per le professioni sanitarie su possibili lauree magistrali che abbiano un profilo tecnologico e che possano mettere insieme anche studenti provenienti da lauree triennali diverse: dagli infermieri ai tecnici di radiologia, dai tecnici della prevenzione fino agli assistenti sociali e ai fisioterapisti, tutte figure ormai sempre più coinvolte anche nella sanità territoriale.
Ad oggi, nella così detta “alta formazione” (master di primo e secondo livello, corsi di specializzazione) troviamo un’offerta formativa che comprende elementi di sanità digitale.
C’è però, nell’ambito della formazione degli operatori sanitari, il rilevante problema del personale già in servizio per cui è necessario prevedere percorsi di aggiornamento e formazione in sanità digitale.
L’Educazione in Sanità Digitale è un tema cruciale per lo sviluppo delle capacità professionali di tutti gli operatori sanitari all’interno di uno scenario caratterizzato da organizzazioni sempre più digitalizzate e connesse e il PNRR ha previsto risorse specifiche nella missione 6 sulla formazione degli operatori e dei manager sanitari.
In questo contesto si pone il Programma di Sostegno “Structural Reform Support Programme”, curato dal Directorate DG REFORM della Commissione Europea. Il progetto – al quale partecipano il Ministero della salute, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD), il Programma Mattone Internazionale Salute (ProMIS) e Age.na.s e realizzato con il contributo di Deloitte – è di sicuro interesse e proprio finalizzato all’accrescimento delle Competenze Digitali dei professionisti sanitari e sociosanitari del SSN.
Uno dei deliverable dello stesso è il recente documento “Strategia Generale di Accrescimento delle Competenze Digitali – Digital skills to increase quality and resilience of the health system in Italy – Reform/SC2022/047”[1]
Particolarmente apprezzabile la strategia operativa delineata in sei Capitoli che descrivono un modello operativo completo per lo sviluppo e la gestione delle Competenze Digitali (Modello del Ciclo di Vita del Digital Upskilling) che ha l’ambizione di fornire una solida infrastruttura concettuale di supporto alla realizzazione di un sistema permanente di Educazione in Sanità Digitale (ESD).
Il documento si concentra anche sulla governance dell’ESD prevedendo una piena integrazione tra il livello nazionale, regionale, aziendale e quello individuale del singolo professionista[2].
Viene metodologicamente descritto il Modello del Ciclo di Vita del Digital Upskilling che si compone di sei Fasi, di cui quella di Governo è trasversale su tutte le restanti: Disegno, Indirizzo, Pianificazione, Esecuzione, Monitoraggio che vengono sistematicamente e precisamente descritte.
In Figura 1 riportiamo lo schema sullo “sviluppo delle competenze digitali dei professionisti che operano all’interno di una Regione e, in particolare, nelle Aziende sanitarie ospedaliere e territoriali del SSR”, dove vengono declinati i quattro livelli: nazionale, regionale, aziendale, dipartimentale e individuale, fornendo finalmente con una visione complessiva di sistema.
Di estremo interesse e ottima concettualizzazione la struttura del Portfolio nazionale delle Competenze Digitali del professionista sanitario e sociosanitario, di cui alla Figura 2, articolata in sei Dimensioni (aree di Competenze Digitali che compongono il Portfolio); sedici Ambiti (declinazione delle aree di competenza in aree tematiche); centoquaranta Linee (articolazione dell’Ambito che definisce le linee formative rispetto a cui è possibile sviluppare il percorso formativo). Si prevede che il Portfolio sia aggiornato a livello nazionale su base triennale dalla Cabina di regia per l’ESD insieme alle Regioni/PPAA e con il contributo delle Federazioni degli Ordini delle Professioni Sanitarie.
In Figura 2 evidenziamo la dimensione “Piattaforme di Sanità Digitale” che prevede le competenze tecnico funzionali necessarie nei tre degli Ambiti previsti: i) Telehealth skills: necessarie ad erogare i servizi di telemedicina previsti dal PNRR; ii) EHR-related skills: per l’utilizzo del FSE 2.0[3]; iii) Platform skills: per le piattaforme nazionali di supporto alla Sanità Digitale.
Analogamente interessanti sono le Matrici di Indirizzo generale dell’ESD che vengono declinate, partendo dalle professioni e dai ruoli pesati con l’età per consentire di fornire una misurazione, in linea con il framework europeo EQF[4] opportunamente descritto in relazione alle Competenze Digitali in Sanità. Così si distingue il livello di Competenze Digitali possedute dal professionista rispetto a quelle attese nel proprio “Ideale Digitale” individuando così il GAP di competenze e indicando i relativi obiettivi formativi personali.
La fase di Monitoraggio chiude il Modello del Ciclo di Vita del Digital Upskilling, il suo obiettivo è quello di verificare l’efficacia delle iniziative di ESD a tutti i quattro livelli del Sistema di governo e si propone di valutare se abbiano prodotto valore per i professionisti e per il sistema sanitario. La metodologia adottata, il Modello di Kirkpatrick, è tra le più diffuse per la valutazione degli interventi formativi perché consente di rilevare e valutare: Reazione, Apprendimento, Comportamento, Impatto. Per ciascuno di questi livelli il Documento fornisce suggerimenti operativi, diversi indicatori mirati e tempistiche di esecuzione.
Auspichiamo quindi che i contenuti formativi prefigurati possano trovare attuazione anche attraverso le risorse riservate alla formazione digitale nel PNRR.
Va, in ultimo, fatta menzione anche dei corsi offerti sul mercato per la certificazione di competenze informatiche e di sanità digitali, citando, ad esempio, i corsi offerti da EIPASS (che si dichiara ente riconosciuto MUR ai sensi della direttiva 170/16)[5] e a cui fanno riferimento, come offerta di corsi, anche altri Enti. Detti corsi offrono una certificazione informatica con diversi livelli di competenza, hanno durata e costi difformi e sono indicati come attestazione valida anche per concorsi: ci si augura che tale offerta possa trovare coerenza con la “Strategia Generale di Accrescimento delle Competenze Digitali” su descritta.
Inoltre, nell’ambito del modello concettuale proposto possono trovare adeguato collocamento anche tutte le iniziative sviluppate da associazioni volte allo sviluppo della sanità digitale, come AISDET[6], in collaborazione con le società scientifiche.
Formazione e informazione dei pazienti
L’altro grande ambito di formazione indicato si riferisce alle competenze del cittadino-paziente per la sanità digitale. Tale necessità si è resa più evidente durante la pandemia quando si è fatto ampio ricorso allo strumento della telemedicina per “mantenere le distanze” e curare, monitorare, assistere da remoto i pazienti. A dire il vero già le Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina del 2014 avevano posto l’attenzione sulla formazione digitale evidenziando, anche con preveggenza, tre ambiti di intervento: 1. Formazione e empowerment dei pazienti; 2. Formazione e aggiornamento dei professionisti sanitari; 3. Formazione di altri professionisti e nuovi profili professionali. Del secondo aspetto abbiamo già parlato e sul primo può essere interessante evidenziare il framework individuato dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano.
Il modello proposto è il risultato di un lavoro di ricerca volto ad individuare quali siano le competenze digitali che consentano a cittadini e pazienti un corretto utilizzo di strumenti digitali ormai richiesti per poter accedere od usufruire di prevenzione, diagnosi e cura nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale. Attenzione va anche posta al caregiver che svolge un ruolo fondamentale per l’assistenza ai pazienti cronici e fragili (sono 3 milioni i caregiver che si prendono cura di familiari non autosufficienti o con patologie croniche invalidanti). Le azioni dovrebbero essere quindi, a seconda dei casi e dei contesti, più orientate all’informazione, alla formazione e/o all’empowerment, tenendo presente però questa cornice di riferimento.
Inoltre, sempre l’Osservatorio del Politecnico, ha valutato l’utilizzo e la propensione per il digitale in un campione di 1000 cittadini per definire dei cluster relativamente all’autonomia di utilizzo, giungendo alla seguente suddivisione: Analogici (24%) •Età media: 69 anni Stato lavorativo: pensionato Titolo di studio: scuola primaria o secondaria di primo grado; Digital Basic (36%) •Età media: 52 anni Stato lavorativo: impiegato Titolo di studio: secondaria di primo o secondo grado; Digital Advanced (40%) • Età media: 42 anni Stato lavorativo: impiegato Titolo di studio: secondaria di secondo grado o laurea.
Se invece si guarda l’intero campione, in media solo il 21% usa e-mail e App di messaggistica, il 12% App o piattaforme regionali e il 5% altre piattaforme dedicate, ma questi valori risentono della presenza del cluster di analogici che raggiunge il 2% solo per e-mail e App di messaggistica non utilizzando altro. Solo il 35% del campione accede al FSE. Inoltre, vengono fatte queste considerazioni: “I digital advanced utilizzano il digitale per attività come prenotazione e pagamento di una prestazione o richiesta e ricezione di una ricetta elettronica nel doppio dei casi rispetto alla media. Tra gli analogici, l’utilizzo del digitale per attività legate all’accesso a servizi sanitari è praticamente nullo. I cluster più digitalizzati mostrano maggiore interesse anche verso altre tipologie di strumenti più specifici, come le App per la salute”.
Le competenze digitali dei cittadini
Per quanto riguarda i cittadini, secondo i dati Eurostat 2021, sono 24 milioni quelli, tra i 16 e i 74 anni, senza competenze digitali almeno di base: il 54% in Italia, rispetto ad una media UE del 46%. Di questi 24 milioni di cittadini, 9 milioni corrispondono a coloro che non utilizzano Internet. 20 milioni sono invece i cittadini, tra i 16 e i 74 anni, che sono in possesso perlomeno di competenze digitali di base: 46% in Italia rispetto ad una media europea pari al 54%. Di questi 20 milioni, oltre 10 possiedono competenze digitali avanzate. I dati esposti presentano un quadro critico per l’innovazione e l’inclusione digitale del Paese.
La carenza di competenze digitali, infatti, rappresenta un ostacolo allo sviluppo del Paese e non riguarda solo la vita privata dei cittadini, ha invece un impatto anche sulla loro occupabilità e sull’accesso all’ambiente digitale per l’aggiornamento continuo di conoscenze e competenze.
Facendo riferimento al report ISTAT cittadini e ICT 2019, si evince che la tipologia di titolo di studio conseguito è un elemento determinante rispetto al livello di competenze possedute in ambito digitale. Infatti, le persone con un titolo di studio più alto hanno tendenzialmente maggiori capacità di utilizzo di internet e dei servizi che ne conseguono. La percentuale dei laureati della generazione del baby boom che naviga in Internet, per esempio, raggiunge l’88%, mentre i baby boomer con titoli di studio bassi che navigano in internet corrispondono al 40,9%.
Tra le famiglie esiste un ampio divario digitale. I nuclei familiari composti da soli anziani tenderanno ad avere molte più lacune in ambito di competenze digitali rispetto a famiglie in cui è presente almeno una componente più giovane. Inoltre, alcune famiglie non hanno l’accesso ad internet a causa della mancata capacità nell’utilizzo (56,4%) o addirittura perché reputato uno strumento poco interessante e poco utile (25,5%).
Complessivamente, quindi il contesto conferma l’esigenza di investire sullo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini.
PNRR e formazione digitale
Come abbiamo detto nel PNRR sono state previste risorse per la formazione digitale per la sanità, pensando agli operatori e ai manager.
Nella missione 6, l’investimento 2.2 “Sviluppo delle competenze tecniche-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario” prevede 740 milioni di euro fra l’altro per quanto segue:
- Sub-investimento: M6C2 2.2 (c) Erogazione dei corsi di formazione per l’acquisizione di competenze e abilità manageriali e digitali –
- Risorse: 18 milioni di euro.
- Traguardi finali (target): 2026 > formazione per 4.500 professionisti del SSN per l’acquisizione di competenze e abilità manageriali e digitali
Il Ministero della Salute ha dato attuazione a quanto sopra con il Decreto del 29 marzo 2023[7] che individua AGENAS come organismo intermedio per l’attuazione dell’intervento e ripartisce le risorse fra Regioni e Province Autonome, come indicato nella tabella seguente.
Anche l’investimento 1.3.1 “Adozione e utilizzo del FSE da parte delle Regioni” prevede al proprio interno iniziative che fanno riferimento agli Ambiti di “formazione tecnica sugli applicativi” e “formazione generica”, riportate nei Piani Operativi delle singole Regioni/PPAA, per poter raggiungere gli obiettivi di uso del FSE previsti nel PNRR. Tutto ciò è ampliamente descritto nelle “Linee Operative di Formazione Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0”, a cui si rimanda, che contengono anche un Protocollo di Intesa DTD – Assinter Italia per la formazione ai formatori del FSE del 24 luglio 2023 e indicano i macro-contenuti formativi proposti.
Sul fronte della formazione dei cittadini/pazienti/utenti è invece importante la Missione 1 “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” chenella Componente 1 investe in modo trasversale nello sviluppo delle competenze digitali dei cittadini.
- Sub- investimento 1.7.2 “Reti di servizi di facilitazione digitale” per l’attuazione e/o il potenziamento dei presìdi/nodi di facilitazione digitale.
- Risorse: 195 milioni di Euro
- Traguardi finali: “Centri di facilitazione digitale” (obiettivo generale creare 2.400 nuovi punti di accesso in tutta Italia e di formare oltre 2.000.000 di cittadini a rischio di esclusione digitale Iniziativa) “Servizio Civile Digitale” -30/6/26
Regione Lombardia presenta un livello di digitalizzazione maggiore rispetto ad altre regioni. La percentuale di famiglie con accesso a internet rimane alta, pari al 79% rispetto alla media nazionale del 76%. I nuclei familiari che invece utilizzano internet tutti i giorni raggiungono il 58%, rispetto alla media nazionale del 54%. Nonostante ciò, permane una percentuale di soggetti con scarse o nessuna competenza digitale a causa della presenza di divari generazionali, territoriali e di genere in favore degli uomini (71,7% contro 64,2% delle donne), anche se questi divari tendono ad annullarsi tra la popolazione più giovane.
Nel quadro nazionale, Regione Lombardia primeggia nel DESI regionale, tuttavia, la distanza da colmare con la media europea resta significativa per tutte le regioni italiane, anche quelle che occupano le prime posizioni. Uno sguardo di dettaglio agli indicatori ci dice ad esempio che per il possesso di competenze digitali avanzate tra i cittadini la Lombardia è terza in Italia con il 26,4%, ma la media europea è del 31,1%. Anche per questo motivo, il sistema produttivo regionale necessita dell’introduzione e attivazione di una serie di investimenti in materia di digitalizzazione – e nello specifico, di competenze digitali – che contribuiscano a corroborare la competitività del territorio sia rispetto alle altre regioni italiane che più in generale agli altri paesi europei. Il gap con l’Europa si allarga per il numero di individui che hanno interagito online con la PA, che nel 2020 era del 38% in Lombardia, contro il 48% della provincia di Trento (prima regione italiana) e il 64,5% della media europea.
La Misura 1.7.2 “Rete di servizi di facilitazione digitale” si propone, dunque, come azione di sistema e duratura per sostenere efficacemente l’inclusione digitale, realizzando una nuova opportunità educativa, rivolta a giovani e adulti, che mira a sviluppare le competenze digitali di base richieste per il lavoro, la crescita personale, l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva, come definite nel quadro europeo DigComp. La finalità ultima è rendere la popolazione target competente e autonoma nell’utilizzo di Internet e dei servizi digitali erogati dai privati e dalla Pubblica Amministrazione, abilitando un uso consapevole della rete e fornendo gli strumenti per beneficiare appieno delle opportunità offerte dal digitale.
Si vuole con questa misura migliorare e rendere più accessibili i servizi digitali offerti ai cittadini, con servizi predisposti per i diversi ambiti della Pubblica Amministrazione, fra cui Comuni, Regioni, Scuole e anche Aziende Sanitarie. Ad esempio, i “Centri di facilitazione digitale” sono punti di accesso fisici, che forniscono ai cittadini formazione sia di persona che online sulle competenze digitali al fine di supportare efficacemente la loro inclusione digitale. Potrebbero servire anche nelle Case di Comunità? Questo investimento va certamente utilizzato anche per migliorare l’accesso e facilitare l’uso della sanità digitale, in primis gli strumenti di telemedicina, da parte soprattutto dei pazienti cronici anziani e dei loro care giver.
È stata aperta, già da fine luglio 2023, e chiusa il 26 febbraio di quest’anno una “Manifestazione di interesse per la sottoscrizione di accordi di partenariato finalizzati alla costituzione di punti di facilitazione digitale e all’erogazione di servizi di facilitazione digitale a valere sulla Missione 1- Componente 1 – Asse 1 – Misura 1.7.2 “Rete di servizi di facilitazione digitale” del PNRR.
Il 3 aprile scorso è stato pubblicato l’avviso al fine di realizzare servizi volti a sostenere l’incremento della percentuale di popolazione in possesso di competenze digitali di base, supportando le fasce più esposte alle conseguenze del digital divide, come ad esempio gli anziani, le persone con disabilità, i working poor, le persone in carico ai servizi sociali/sociosanitari.
Il bando si configura come azione di sistema per sostenere efficacemente l’inclusione digitale, realizzando una nuova opportunità educativa rivolta a giovani e adulti che mira a sviluppare le competenze digitali di base richieste per il lavoro, la crescita personale, l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva.
L’oggetto dell’Avviso è la concessione di contributi agli enti sottoscrittori degli Accordi di Partenariato – come individuati nella sezione 2 del presente avviso – che si renderanno disponibili all’attuazione e al raggiungimento degli obiettivi della misura 1.7.2 “Rete di servizi di facilitazione digitale” e, in particolare, all’attivazione di centri di facilitazione digitale sul territorio lombardo.
I destinatari finali della misura saranno i cittadini lombardi di età compresa tra i 16 e i 74 anni con nessuna o bassa competenza digitale. Per l’identificazione del target si considerano l’accesso a internet negli ultimi tre mesi e l’utilizzo di almeno uno dei servizi erogati online dalla Pubblica Amministrazione, al fine di includere anche il tema di cittadinanza e inclusione digitale.
I soggetti destinatari da intercettare rientrano nelle seguenti classi:
- cittadini residenti o domiciliati sul territorio regionale con nessuna o bassa competenza digitale;
- giovani (in particolare: NEET, giovani da famiglie con basso livello di istruzione e/o basso reddito);
- anziani (over 65);
- disoccupati, inoccupati o inattivi;
- persone in cerca di occupazione, iscritti al collocamento mirato e presi in carico dai servizi per l’impiego e/o dai servizi sociali territoriali specializzati non coinvolti in altre misure regionali aventi a oggetto percorsi inerenti alla diffusione delle competenze digitali;
- persone in carico/segnalati dai servizi sociali/sociosanitari;
- residenti di cittadinanza straniera;
- domiciliati di cittadinanza straniera;
- lavoratori fragili e vulnerabili o con minori possibilità occupazionali.
L’obiettivo è quello di “facilitare” 341.000 cittadini e ad attivare/potenziare 424 punti di facilitazione entro il quarto trimestre del 2025.
Conclusioni
Come ricordato, le Linee di indirizzo nazionali sulla Telemedicina del 2014 avevano già posto l’attenzione sulla formazione digitale evidenziando come terzo ambito di intervento “la Formazione di altri professionisti e nuovi profili professionali”.
A tale proposito risulta interessante ragionare e progettare un nuovo profilo professionale “laico”, cioè non appartenete alle professioni sanitarie, che possa davvero facilitare l’utilizzo e la fruizione dei servizi di sanità digitale.
A nostro parere è impensabile che medici e professionisti sanitari possano essere impiegati per formare i pazienti all’uso degli strumenti di telemedicina: si pensi, ad esempio, al collegamento fra i device, al caricamento e al download di dati ed informazioni, all’uso di specifiche App per la salute. Il “facilitatore per la sanità digitale” formato, ad esempio, con un corso di 400/600 ore potrebbe ben fornire tali servizi.
Il costo della formazione potrebbe anche essere sostenuto in parte dalle aziende produttrici dei device. Questo, inoltre, potrebbe rappresentare un percorso di formazione per i lavoratori coinvolti in crisi aziendali o gli inoccupati oggetto del programma GOL[8] che avrebbero l’opportunità di riqualificarsi e svolgere una attività lavorativa in un settore in cui vi è necessità di profili di supporto ai professionisti sanitari. Una visione di ampio respiro e non settoriale fra le diverse Missioni del PNRR potrebbe consentire di risolvere più facilmente e più adeguatamente sia la carenza di personale sanitario sia la ricollocazione professionale, presumibilmente con soddisfazione delle persone e con una maggior sostenibilità complessiva del sistema Paese.
Note
[1] Project funded by the European Union via the Technical Support Instrument, managed by the European Commission Directorate General for Structural Reform Support. 25 Ottobre 2023 – https://partecipa.gov.it/processes/CompetenzeFormazioneFSE/f/277/
[2] i professionisti sanitari hanno l’obbligo di mantenere/aggiornare la propria formazione e competenza professionale partecipando alle attività di Educazione Continua in Medicina (ECM) ai sensi dell’art. 16 quater del D. Lgs. n. 502 del 1992. A questo requisito formativo, indispensabile per mantenere l’abilitazione professionale ed esercitare sia come dipendente sia come libero professionista, è stato mantenuto un ruolo centrale all’interno del modello operativo di ESD, in analogia rispetto a quanto già avviene per il programma ECM
[3] 3 Relativamente alle competenze, abilità e conoscenze da sviluppare rispetto all’ambito FSE 2.0 si rimanda al paragrafo “5.2 Portfolio delle Digital Skills FSE 2.0” del documento Linee Operative di Formazione FSE 2.0, che rappresenta l’insieme delle skill, che ciascun professionista deve possedere per potere agire in maniera digitalmente fluente e responsabile la propria professione e per supportare l’organizzazione a raggiungere gli obiettivi FSE 2.0 definiti.
[4] Il framework EQF (European Qualifications Framework) è un sistema, approvato per la prima volta nel 2008 dal Parlamento europeo e dal Consiglio, sottoposto a revisione nel 2017, che permette di descrivere i risultati di apprendimento dei cittadini dei paesi europei secondo standard definiti, al fine di favorirne il riconoscimento, indipendentemente dal luogo e dal modo in cui sono stati conseguiti.
[5] https://it.eipass.com/certificazioni-informatiche/sanita-digitale/
[6] https://www.aisdet.it/
[7] www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2023&codLeg=93638&parte=1%20&serie=null
DM Ministro Salute 29/03/2023 – Articolo 2 Agenas stipulerà appositi atti d’obbligo con le Regioni e le Province autonome, soggetti beneficiari dell’investimento, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali in materia di formazione manageriale, secondo lo schema allegato al presente decreto. Le risorse stanziate per la realizzazione dell’investimento di cui all’articolo 1, pari complessivamente a € 18.000.000,00, sono distribuite secondo l’allegata Tabella A, sulla base del fabbisogno formativo delle singole Regioni e Province autonome, calcolato sul numero complessivo di personale di ciascun Servizio Sanitario Regionale, ponderato secondo quanto disposto dall’articolo 2, comma 6 bis, del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con legge 29 luglio 2021, n. 108. 2. Nell’ambito delle risorse di cui al comma 1, una quota pari ad € 710.400,00, determinata entro il limite del 4% del costo standard individuato per ogni partecipante, è destinata ad Agenas, quale organismo intermedio, per le attività necessarie all’attuazione dell’intervento su delega del Ministero della salute. 3. Nell’ambito delle risorse di cui al comma 1, una quota pari a € 240.000,00, è destinata all’Agenas, in qualità di organismo intermedio, per il finanziamento dei costi diretti nell’erogazione di due edizioni del corso pilota, per n. 60 unità di personale.
[8] Il Programma GOL si inserisce nell’ambito della Missione 5, Componente 1, del PNRR, la sezione del Piano dedicata alle politiche del lavoro. Si tratta del perno dell’azione di riforma nell’ambito delle politiche attive del lavoro, che oltre a GOL prevede il varo di un Piano per le nuove competenze, il potenziamento dei centri per l’impiego e il rafforzamento del sistema duale.