In attesa dell’approvazione definitiva della Legge di Bilancio ci sono alcuni nodi ancora da sciogliere rispetto alla competitività del sistema Paese e, in particolare, allo stato della salute in Italia. Di certo pesa ad oggi lo spettro della recessione economica e dell’aumento dell’inflazione, tuttavia alla base di molte riflessioni sulla governance del Servizio Sanitario Nazionale condotte negli ultimi due anni e imposte dall’emergenza sanitaria da Covid-19, c’era già la necessità di ripensare le modalità sostanziali di organizzazione e finanziamento dell’assistenza sanitaria alla luce della rinnovata consapevolezza che la salute rappresenta un asset strategico.
Non solo, quindi, utile a garantire una buona qualità della vita per la popolazione ma anche a sostenere la competitività dell’intero sistema in quanto in grado di influenzare il benessere sociale ed economico e la sostenibilità.
Salute e competitività: il ruolo del digitale
Come sottolineato nell’ultimo rapporto annuale di I-Com “Salute e competitività. Strategie ed investimenti per vincere le sfide del recovery e della crescita”, le innovazioni attuali sono di natura multiforme e spaziano da innovazioni puramente radicali (dagli ATMP alle terapie digitali) a innovazioni incrementali (come le VAM o le combinazioni di farmaci e dispositivi), ma nella multidimensionalità dell’innovazione terapeutica il digitale svolge ormai un ruolo strategico in numerosi ambiti.
La sanità rappresenta uno dei terreni più fertili dove le tecnologie possono fare la differenza. L’applicazione delle tecnologie digitali a supporto dell’innovazione del sistema sanitario rende più efficace l’erogazione dei servizi, snellisce la comunicazione tra strutture sanitarie e cittadini, semplifica i sistemi di prenotazione e molto altro. Complice la pandemia che ha messo in evidenza le criticità del nostro sistema sanitario, si rileva un trend di crescita positivo che sembra destinato a continuare proprio grazie ai fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Terapie digitali: perché l’Italia non può perdere quest’opportunità
La spesa in ICT delle strutture sanitarie nazionali
La spesa complessiva per beni e servizi ICT da parte delle strutture sanitarie nazionali registra una crescita costante da quattro anni a questa parte, con un tasso medio annuo del 13,8%. Il 2022 registra una stima complessiva di €874,6 milioni di euro di spesa, per un tasso di crescita del 14% in cui si inizia ad avvertire l’effetto PNRR su alcune voci di investimento. In questo contesto è interessante come la voce di maggiore incidenza della spesa, quella relativa alla manutenzione di hardware e software dei sistemi, sia in costante calo negli ultimi anni, passando dal 48% del consuntivo del 2019 al 41% del 2022. Come conseguenza dell’emergenza pandemica e della spinta alla digitalizzazione in corso, invece, a partire dal 2021 la spesa per l’acquisto di licenze, di servizi di sviluppo e di hardware ha iniziato invece a intensificarsi.
L’ascesa delle digital therapeutics
Oltre all’interoperabilità dei dati, il legame sempre più stretto tra digitale e salute sta inoltre aprendo la strada ad approcci terapeutici innovativi. Ne sono un esempio, all’interno della digital medicine, le digital therapeutics (DTx). Si tratta di tecnologie sanitarie che, a tutti gli effetti, erogano un trattamento e sono sviluppate attraverso sperimentazioni cliniche randomizzate (RCT) e controllate volte a dimostrarne l’efficacia clinica. Sono terapie all’avanguardia, nelle quali il principio attivo è, di fatto, un algoritmo. Veri e propri interventi terapeutici, dunque, indicati per una specifica malattia e volti a modificare il comportamento, talvolta disfunzionale, di un paziente in modo da migliorarne la prognosi. Il percorso che devono seguire le terapie digitali prima di essere autorizzate e immesse sul mercato è esattamente lo stesso seguito dai trattamenti farmacologici tradizionali: trial clinici controllati e randomizzati con la finalità di verificare sicurezza, efficacia, effetti collaterali e benefici sulla salute individuale validati con le opportune misurazioni.
Il valore del mercato delle DTx
Per introdurre le tecnologie digitali per la salute e la malattia la Germania è ricorsa nel 2019 a una legge, questo ci porta ad immaginare che sarà necessario agire anche nel nostro Paese per essere pronti ad accogliere le innovazioni che saranno disponibili attraverso gli opportuni strumenti e senza perdere terreno anche in termini di competitività. Infatti, il valore di mercato delle digital therapeutics per i prossimi anni è stimato arrivare a circa 56 miliardi di dollari a livello mondiale nel 2025, ma nel nostro Paese le cose procedono lentamente.
Gli ostacoli all’adozione delle DTx
Tra i principali ostacoli da affrontare ci sono la mancanza di una cultura adeguata da parte dei medici verso le nuove tecnologie e, soprattutto, la carenza di una regolamentazione precisa per queste terapie. Non si può dire che manchi la visione, dato che il PNRR investe con convinzione nella transizione digitale della Sanità pubblica, ma manca una strategia univoca e forse mancheranno le risorse, oltre il PNRR, per accogliere e sostenere la velocità dell’innovazione scientifica.
Alcuni driver del sistema economico italiano rappresentano, peraltro, ancora oggi dei fattori di freno per le scelte di investimento. In generale è proprio il contesto macroeconomico di crescita dell’economia, in particolar modo legato alla presenza industriale sul territorio e all’innovatività del sistema, la determinante più rilevante nel guidare le scelte di investimento delle imprese nel nostro Paese.
Il nodo della valutazione del valore in sanità
Proprio per la sanità pubblica l’accesso all’innovazione rimane un tema cruciale e delicato. Lo sviluppo di nuove tecnologie e farmaci può rappresentare una svolta estremamente significativa nella cura dei pazienti ma, allo stesso tempo, terapie sempre più sofisticate e mirate hanno costi elevati che rispecchiano gli sforzi in termini di investimenti in ricerca e sviluppo e produttivi nel tempo. Queste dinamiche pongono il nostro Servizio Sanitario Nazionale sotto una pressione crescente in termini di sostenibilità ed equità di accesso ed è proprio in questo contesto che la valutazione del valore in sanità gioca la sua parte. Per quanto riguarda i farmaci, ferma restando la necessità di una normativa strutturata, appare sempre più evidente il bisogno di flessibilità dei sistemi di valutazione, soprattutto in uno scenario in rapida evoluzione come quello dell’innovazione terapeutica.
La pandemia ha probabilmente segnato il definitivo punto di svolta nel processo di digitalizzazione della sanità, evidenziando tutte le lacune attuali e sottolineando la necessità di velocizzare la trasformazione digitale. È evidente che per una realtà multidimensionale come quella dall’innovazione terapeutica non sia più sufficiente utilizzare un unico modello di valutazione perché il valore delle cure è ormai sempre più un tema trasversale che trascende la accademica distinzione tra innovazione radicale e innovazione incrementale.
Conclusioni
La domanda “quale è il modello più adatto a valutare ogni tipo di innovazione, anche dal punto di vista economico?” è ancora aperta, ed ha inevitabilmente effetti sulla capacità del nostro sistema di recepire e incentivare l’innovazione in tutte le sue forme e garantire l’accesso dei pazienti alle migliori soluzioni terapeutiche. Di certo la apparente mancanza di una visione di lungo periodo nel finanziamento della Sanità pubblica che emerge dal testo della manovra per il triennio a venire desta alcuni dubbi sulla centralità del tema per il futuro del nostro Paese.