Il Recovery Fund è un’occasione unica e irripetibile per migliorare, attraverso la digitalizzazione, la sanità e realizzare un sistema sanitario moderno, efficace ed efficiente.
Ma a cosa serve, realmente, la digitalizzazione della sanità? Quale impatto può avere nel miglioramento dell’assistenza e la cura dei pazienti? Come può aiutare il management a migliorare la gestione delle aziende sanitarie?
Chiariamo gli obiettivi per non sprecare l’occasione.
Cosa prevede il piano
Il piano, allo stato attuale, prevede di “digitalizzare tutti i processi clinico-assistenziali ospedalieri delle strutture sede di DEA di II livello, con particolare riferimento ai sistemi di blocco operatorio, Laboratory Information System, risonanze, servizi di farmacia, pronto soccorso, sistemi di accettazione/dimissione/trasferimento, prescrizione e somministrazione farmaci, diagnostica per immagini, repository e order entry”.
Sono menzionati la maggior parte dei sistemi ospedalieri (ADT, PS, LIS, RIS-PACS, CPOE, sale operatorie, gestione terapia) a eccezione della cartella clinica elettronica.
L’obiettivo è di digitalizzare 184 strutture sanitarie sede di DEA. Per questo intervento sono stati previsti 3,41 miliardi di euro (comprensivi della spesa per le apparecchiature sanitarie).
La situazione attuale
Il livello attuale di copertura funzionale dei sistemi menzionati è estremamente eterogeneo negli ospedali, anche nella stessa regione. Semplificando e schematizzando possiamo affermare che ADT, PS, LIS e RIS sono già presenti in tutte le strutture pubbliche, sia pure con differenze a livello tecnologico e funzionale. Molto diffusi sono i sistemi di gestione delle sale operatorie, abbastanza presenti sono poi i repository e i sistemi di order entry (CPOE). Meno diffusi sono i sistemi di prescrizione e somministrazione della terapia farmacologica: sono ancora molti gli ospedali dove questo processo è svolto con schede cartacee.
Perché digitalizzare
La digitalizzazione, di per sé, non può rappresentare l’obiettivo di un piano di investimenti. La digitalizzazione può essere il mezzo attraverso cui migliorare la sanità qualora sia funzionale a raggiungere degli obiettivi concreti. Molte volte, invece, la digitalizzazione diventa l’obiettivo da raggiungere, confondendo così il mezzo con il fine.
Il PNRR non fa, purtroppo, eccezione. Se la digitalizzazione dei processi clinico-sanitari è fine a sé stessa, ossia rivolta a sostituire la carta con l’elettronica, non genera valore né per il sistema sanitario, né per i professionisti e nemmeno per i pazienti.
Questa errata impostazione è oggi assai comune. Il modo di misurare il valore dell’informatizzazione in sanità si basa infatti prevalentemente sul numero di funzioni o processi digitalizzati e sulle loro modalità di fruizione (mobile, virtualizzazione, cloud). Se ad esempio esaminate i modelli più in voga, sia italiani, sia internazionali, vedrete che queste scale o percorsi si basano su un insieme di funzioni o processi chiave, la cui digitalizzazione determina un livello o punteggio crescente, nonché sull’applicazione di alcune tecnologie.
Anche il modo in cui si esprime la domanda riflette questa impostazione. I capitolati di gara sono basati su un elenco di requisiti funzionali, nei quali sono descritte le funzioni o i processi che il software deve essere in grado di gestire, con differenti livelli di dettaglio (molto spesso piuttosto generici), e di requisiti non funzionali, in cui sono elencate le caratteristiche tecnologiche, come l’architettura, l’interfaccia utente, la sicurezza, la privacy e così via.
Gli obiettivi attesi che hanno determinato la gara sono di solito in premessa e sono molto generici, delle semplici enunciazioni di concetti come ammodernamento, digitalizzazione, controllo, etc.
Sanità digitale nel PNRR: gli interventi e i dubbi su scelte e priorità
Quali obiettivi
Proviamo per un attimo ad abbandonare la visione per processi e a ragionare su due aspetti chiave: il governo gestionale e il governo clinico delle aziende sanitarie.
Relativamente al primo, come può la digitalizzazione migliorare la capacità di pianificazione riguardo l’uso delle risorse, i beni e la gestione finanziaria? Come può consentire la simulazione di scenari di cambiamento della domanda o di modifica della rete ospedaliera e territoriale? Come supporta il monitoraggio della domanda di salute, la produzione, l’assistenza, la soddisfazione dei dipendenti e dei pazienti? Come può realmente incidere sulla riduzione della spesa? Quale aiuto fornisce per la compliance a leggi, regolamenti e obblighi?
Se parliamo invece di governo clinico, quale contributo la digitalizzazione può fornire all’incremento dell’efficienza, al miglioramento dell’appropriatezza, alla sicurezza, all’efficacia, al monitoraggio e alla partecipazione degli utenti?
Un cambio di paradigma
Perseguire questi obiettivi richiede un cambio di paradigma nel modo di concepire e realizzare la digitalizzazione della sanità. Significa guardare oltre gli orizzonti attuali dell’informatica medica e immaginare come le tecnologie ICT possano contribuire a migliorare le performance del sistema sanitario, ripensando in chiave digitale i modelli clinici e assistenziali.
Le applicazioni devono quindi evolvere da semplici contenitori di dati a sistemi di supporto alla pratica clinica e all’assistenza dei pazienti. Devono quindi essere “pro-attive” e “intelligenti”, ossia basate sulla conoscenza medica e assistenziale, così da aumentare la capacità di decisione dei professionisti e semplificare loro il lavoro, riducendo al contempo i rischi e gli errori.
Come si può ad esempio, far risparmiare tempo ai medici e agli infermieri con la cartella clinica elettronica rispetto all’uso della carta? La risposta è progettando dei software che guidino gli utenti, in modo pro-attivo, nelle scelte e nella documentazione delle loro attività, attraverso un motore di “logica clinica” che trasformi la cartella clinica elettronica da mero contenitore passivo di dati a strumento di supporto del percorso clinico (digital clinical pathway support).
Il valore che si può ottenere nella digitalizzazione di un processo dipende da come questa viene affrontata: se ci si limita a trasformare in digitale ciò che si faceva con altri media, ad esempio con la carta o anche con un foglio elettronico o un sistema di videoscrittura, il valore aggiunto è nullo o basso. Se viceversa si trasformano questi processi implementando e integrando logiche di conoscenza gestionale e clinica, utilizzando anche strumenti di intelligenza artificiale, si può realmente creare del valore con cui migliorare la sanità.
Dai processi ai workflow
Per ottenere i maggiori benefici possibili è poi indispensabile abbandonare la logica della digitalizzazione dei singoli processi; bisogna ragionare in termini di workflow basati o “abilitati” dal digitale. È necessario strutturare i sistemi informativi su cinque concetti chiave:
- Le osservazioni
- Le valutazioni
- Le decisioni
- Le azioni
- Gli effetti
Ciascuna di queste fasi deve essere non soltanto documentata e tracciata, ma supportata attraverso funzioni, conoscenze e algoritmi in grado di “potenziare” le capacità di medici e infermieri (“augmented medicine”).
Gli obiettivi si possono misurare
Spostando il focus dalla digitalizzazione fine a sé stessa a mezzo per raggiungere obiettivi clinici e assistenziali, cambiano completamente anche i criteri per misurare il successo di un progetto. Nel primo caso il buon esito è legato all’avvio in esercizio del sistema e al suo corretto funzionamento, aspetti piuttosto facili da descrivere, misurare e validare. Nel secondo questi aspetti rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente; il successo si misura se l’introduzione del sistema abilita un nuovo modello clinico-assistenziale o ne migliora le prestazioni in termini di efficienza e/o di efficacia.
Il successo di un progetto di digitalizzazione, in questo contesto, non è più soltanto materia per i tecnici informatici ma coinvolge i professionisti sanitari e il management delle aziende sanitarie.
Che investimenti sono necessari
A differenza dell’approccio sulla digitalizzazione come fattore di innovazione tecnologica, per il quale è più facile fare una stima del fabbisogno economico, la prospettiva di impiegare la digitalizzazione come strumento per creare innovazione di valore richiede, per effettuare una stima, una definizione a priori degli obiettivi.
Per entrambi i casi posso però affermare che i fondi previsti dalla versione attuale del PNRR non sono sufficienti.
I soldi, da soli, non bastano
La corretta dotazione finanziaria è, ovviamente, necessaria ma non sufficiente. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che, fondi a parte, esiste un problema culturale e la mancanza di un adeguato numero di risorse professionali in grado di progettare e realizzare un percorso di innovazione di valore attraverso la digitalizzazione.
Per ovviare a queste carenze è necessario, a mio avviso, operare su due fronti:
- Avviare un percorso di formazione degli stakeholder che devono essere coinvolti;
- Formare delle task force regionali e una task force di coordinamento e controllo nazionale formate dai migliori esperti di sanità digitale, di innovazione sanitaria e di processi clinici e assistenziali.