la sfida

Salute digitale, cosa ci ha insegnato la pandemia? Gli esempi per non “sprecare” il PNRR

Il SSN, dove l’intreccio di problematicità regna sovrano, ha ora l’occasione di virare verso il digitale grazie al PNRR. Ma come gestire la transizione? Per risolvere problemi complessi, servono soluzioni altrettanto complesse. Gli esempi di Usa, Uk e Australia

Pubblicato il 03 Set 2021

Sergio Pillon

Vicepresidente e responsabile relazioni istituzionali AiSDeT, Associazione italiana Sanità Digitale e Telemedicina

Photo by Ashkan Forouzani on Unsplash

Qualche mese fa ho scritto un articolo su questa testata affermando “la telemedicina è fatta, ora bisogna fare i telemedici, i teleinfermieri, i teleoperatoratori sanitari”. La sfida, ora, è salita di livello: con il PNRR bisogna infatti fare il Sistema Sanitario Nazionale Digitale.

Ma in che modo? Da dove partire? Cosa ci ha insegnato, davvero, questa pandemia? Proviamo a vedere come in altre nazioni si sta metabolizzando l’esperienza del Covid per trasformare il sistema.

Serve una Sanità basata sui dati: per vaccinare e curare meglio

La missione (impossibile?) del PNRR in ambito sanitario

A leggerlo superficialmente, il PNRR nella “missione salute” parla di tre tematiche, ormai arcinote da integrare con la rete ospedaliera esistente:

  • le centrali operative territoriali, che hanno il compito principale del telemonitoraggio,
  • le case della comunità, che erogano servizi “ambulatoriali”,
  • gli ospedali della comunità che fanno da ponte tra gli ospedali per acuti e i servizi domiciliari, con ricoveri a bassa intensità assistenziale.

Tutto questo però deve essere integrato con i servizi sociali, non serve il telemonitoraggio se non si può supportare il paziente fragile anche nelle esigenze quotidiane, non solo quelle sanitarie. Le case della comunità non sono solo ambulatori, ma sedi di servizi socio-sanitari, gli ospedali della comunità dovranno prendersi carico, quasi certamente, di anziani e fragili che non hanno la possibilità di un immediato inserimento in residenze sanitarie assistite o che sono in attesa di ausili per le autonomie.

Come può essere gestito un sistema così complesso, dove un paziente può essere parte di tutti i servizi, in momenti diversi della sua storia di vita, senza ripetere esami inutili, senza perdere di vista la persona nel suo insieme, integrandosi poi con il medico di medicina generale ed il pediatra di libera scelta? Si tratta di un problema non solo “complicato”, dal latino “cum plicae”, un problema con pieghe e risvolti, che però avrebbe il vantaggio di poter essere spiegato, “ex plicato”, da una patologia, ad esempio un diabetico con complicazioni circolatorie e nerurologiche. Qui tratta di persone con patologie multiple, in setting assistenziali differenti, con condizioni sociali, logistiche familiari, organizzative ben differenti. Sono problemi complessi, “intrecciati”, che non hanno soluzioni semplici ma debbono essere affrontati nel loro insieme con soluzioni in cui il digitale può fare la differenza ma anche essere esso stesso il problema. Ma dirlo è molto più facile che metterlo in atto.

Risposte complesse per problemi complessi

Alberto Felice De Toni è uno dei “guru” della gestione della complessità, professore ordinario di ingegneria economico-gestionale presso l’Università degli Studi di Udine, direttore scientifico di CUOA Business School e presidente del comitato ordinatore della Scuola superiore ad ordinamento speciale della difesa e ha espresso molto bene le sfide da affrontare: “A situazioni complesse vanno trovate risposte altrettanto complesse, che non possono derivare dai modelli di decisione tradizionali fortemente centralizzati e gerarchici(…) Oggi tutti parlano di trasformazione digitale, una vera rivoluzione che attraversa tutte le aziende”, osserva De Toni, “ma non teniamo in conto che digitalizzare significa aumentare in modo esponenziale il livello di complessità delle nostre organizzazioni. E a situazioni complesse vanno trovate risposte altrettanto complesse, che non possono derivare dai modelli di decisione tradizionali fortemente centralizzati e gerarchici. Le soluzioni oggi possono venire da un lavoro collettivo che si svolge soprattutto in periferia, non al centro. Eppure, oggi continua a succedere il contrario (…) La complessità aumenta continuamente e come si fa ad affrontarla in maniera strutturale ed efficace? La tesi che sostengo da anni è: aumentare il decentramento nelle organizzazioni. In questo modo aumenta la quantità di intelligenze mobilitate – molte menti invece di poche – si mette più intelligenza dentro al sistema, in modo distribuito, con la possibilità di individuare molto prima il problema e di conseguenza la soluzione. Questo modello si chiama «auto-attivazione»: non più una struttura gerarchica con decisioni che scendono a cascata fino alla base, ma un modello policentrico in cui ogni gruppo di lavoro collabora con gli altri in autonomia e concorre al risultato finale. In due parole: autonomia e cooperazione”.

Il fascicolo sanitario elettronico regionale, integrato con i dati anagrafici e sociali potrebbe essere la base da cui prendere ed inviare i dati, che poi vengono passati agli applicativi gestionali integrati, dalla banale televisita alla valutazione multidimensionale, dalla teleriabilitazione al colloquio con gli assistenti sociali, i dati di una dimissione ospedaliere integrati con i dati del medico di medicina generale. Naturalmente serviranno algoritmi di valutazione, se vogliamo possiamo chiamarli strumenti di data mining, di intelligenza artificiale, strumenti di controllo di gestione non solo di appropriatezza delle richieste di esami strumentali ma soprattutto indirizzi e strumenti di supporto nazionali, non solo tecnologici ma anche indirizzi nazionali “digitali”.

Fin qui, la situazione del nostro Paese. Ma come si stanno muovendo gli altri?

Stati Uniti

Negli Stati Uniti il Veteran Affairs (VA) sovrintende alla Veterans Health Administration (VHA) che, con oltre 300.000 dipendenti in 1.200 strutture, è il più grande sistema sanitario integrato d’America. Il VHA ha creato una struttura denominata Innovation Ecosystem (IE). Il motto: cambiare vite, salvare vite. VHA Innovation Ecosystem (VHA IE) è il catalizzatore per consentire la scoperta e la diffusione dell’innovazione sanitaria orientata alla missione per far progredire la fornitura di cure e servizi che superano le aspettative, ripristinano la speranza e creano fiducia all’interno della comunità dei veterani. VHA IE si appoggia su quattro elementi critici necessari per creare le basi per rendere operativa l’innovazione in un contesto sanitario:

  • Capacità della forza lavoro per realizzare l’innovazione: investire nei dipendenti VHA per fornire loro gli strumenti e le competenze necessarie per portare a compimento le idee innovative
  • Infrastruttura organizzativa resiliente: istituzionalizzare l’innovazione attraverso percorsi di cambiamento integrati, sistematici e ripetibili
  • Cultura dell’innovazione: cambiare la mentalità per immaginare l’innovazione come responsabilità di tutti per migliorare l’erogazione dei servizi e creare una nuova normalità migliore
  • Partnership e collaborazioni strategiche esterne: l’innovazione non può essere realizzata isolatamente e richiede nuove partnership intersettoriali che facciano emergere nuove idee e aiutino a catalizzare un cambiamento nello status quo

Uno dei punti chiave emersi è che solo una minoranza dei veterani con più di 45 anni utilizza i servizi di telemedicina disponibili ed è partita una campagna di formazione per insegnare ad usare questi servizi, attraverso i quali il servizio assistenziale è nettamente più efficace secondo i datai del VHA

Sarebbe così difficile immaginare questi concetti come “istituzionalizzati” attraverso specifici responsabili ed azioni dedicate in una regione italiana o in una ASL?

Regno Unito

Il sistema sanitario nazionale inglese, NHS da alcuni anni ha sviluppato un settore specifico, denominato NHS Digital, con il motto: “Dati e tecnologia che migliorano la vita: supportiamo il personale del SSN al lavoro, aiutiamo le persone a ricevere le cure migliori e utilizziamo i dati sanitari della nazione per guidare la ricerca e trasformare i servizi”. La struttura organizzativa, complessa ed articolata ha una governance su cinque assi principali:

  • Strategia e pianificazione: definiamo la strategia di NHS Digital e ci assicuriamo che il nostro approccio tecnico soddisfi le esigenze in evoluzione del sistema sanitario e assistenziale.
  • Tecnologia, policy e architettura: ci assicuriamo che i nostri servizi digitali siano sostenuti da architetture e policy comuni e utilizzino le giuste tecnologie.
  • Governo clinico: assicurare che NHS Digital offra programmi e servizi digitali sicuri, efficaci e di valore per pazienti, cittadini e per il persole sanitario.
  • Privacy, trasparenza ed etica: garantire che NHS Digital sia un rifugio sicuro per i dati dei pazienti.
  • Comunicazione: aiutiamo il pubblico, il personale sanitario e sanitario e i nostri principali stakeholder a capire cosa fa NHS Digital e come utilizzare e ottenere il massimo dai prodotti e servizi digitali. Le nostre comunicazioni interne forniscono al nostro personale le informazioni di cui hanno bisogno per lavorare in modo efficace.

Un Digital SSN in Italia sarebbe probabilmente troppo per poterlo persino immaginare, magari nel dipartimento per l’innovazione digitale?

Australia

Concludo con l’ultimo esempio: l’agenzia per la salute digitale del governo australiano. Il portale dell’agenzia ha due facce, quella per il paziente, che espone servizi e formazione specifica e quella per gli operatori sanitari. Il concetto di base è sempre lo stesso, raccontato nella pagina iniziale: Connettere l’Australia a un futuro più sano. La necessità di un sistema sanitario connesso è più grande che mai: accessibile, progressivo e sicuro. Un migliore utilizzo dei dati e della tecnologia sta aiutando le persone a vivere una vita più sana, con un maggiore controllo e un migliore accesso a importanti informazioni sulla salute. Le iniziative sono molte, in fondo non diverse da quelle di tutti i paesi, centrate sui sistemi di telesalute, sul fascicolo sanitario elettronico, sulla ricetta elettronica. La vera rivoluzione è una gestione della strategia dell’innovazione digitale, ad esempio sul sito si espone il “Servizio Nazionale di Terminologia Clinica”.

Il National Clinical Terminology Service (NCTS), gestito dall’Australian Digital Health Agency, è responsabile della gestione, dello sviluppo e della distribuzione delle terminologie cliniche nazionali e dei relativi strumenti e servizi per supportare i requisiti di salute digitale della comunità sanitaria australiana. Esistono molti servizi informativi, una newsletter di approfondimento sull’uso dei servizi digitali per gli operatori sanitari e si fanno innumerevoli iniziative di formazione on line.

Una cosa facile da replicare anche da noi, sicuramente utilissima.

Conclusioni

In conclusione, come è chiaro, non esistono “soluzioni” digitali, esistono sfide e modelli per sviluppare le soluzioni ma senza una struttura, nazionale, regionale e all’interno delle ASL che si prenda carico delle sfide e lavori quotidianamente per supportare alle soluzioni man mano che si presenteranno, con un approccio non gerarchico ma di corresponsabilizzazione di tutti gli attori coinvolti il 2026, la fine del PNRR, rischia di arrivare piena di rimpianti per le occasioni perdute.

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