Per l’Italia la Sanità dovrebbe essere considerata un ambito di massima strategicità. È un settore che nei prossimi anni condizionerà lo sviluppo economico, la tenuta dei conti pubblici e la stessa coesione sociale del nostro Paese. Del resto, persino l’articolo 32 della nostra Costituzione afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Eppure, il dibattito pubblico appare lontano dall’esprimere questa consapevolezza.
Come crescerà il gap tra bisogni e risorse in sanità
Quello che probabilmente non “passa” è che la sostenibilità del nostro Sistema Sanitario, e soprattutto il suo carattere universalistico, verranno messi in discussione nei prossimi anni dalla progressiva divaricazione tra risorse disponibili e bisogni dei cittadini, una divaricazione destinata purtroppo a crescere nei prossimi anni in quanto:
- Nei prossimi anni l’invecchiamento demografico e l’aumento della speranza di vita faranno ulteriormente lievitare la domanda di cura: con il 21,8% dei cittadini over 65 e il 6,5% over 80, l’Italia è il Paese più vecchio in Europa e si posiziona al secondo posto nel mondo, preceduto solo dal Giappone. Si prevede che nel 2050 gli anziani sopra i 65 anni saranno il 34,6% della popolazione, mentre gli ultraottantenni raggiungeranno quota 14,9%. A ciò si aggiunge che l’aspettativa di vita in buona salute all’età di 65 anni in Italia è tra le più basse nei paesi OCSE, con 7,5 anni senza disabilità per le donne e circa 7,8 anni per gli uomini[1].
- Le risorse pubbliche disponibili sono sostanzialmente limitate: la spesa sanitaria pubblica, negli ultimi anni, è stata praticamente stabile, ma è cresciuta la componente a carico delle famiglie: nel 2016 in Italia sono stati spesi circa 150 miliardi di euro per la Sanità, di cui circa 112 a carico del Sistema Sanitario Nazionale e 34 di “out of pocket”[2]. Si tratta di una cifra complessiva apparentemente enorme, ma in realtà moderata se rapportata al PIL e confrontata con altri Paesi europei: infatti, rappresenta “appena” l’8,9% del reddito nazionale, una percentuale decisamente inferiore a quella di altri Paesi come Germania (11,3%), Francia (11%) e Regno unito (9,7%). Tale spesa è stata pressoché stabile negli ultimi anni, ma la spesa out of pocket ha aumentato la sua incidenza sul totale (passando dal 21,5% del 2012 al 22,7% del 2016).
Cresce la spesa delle famiglie e la disuguaglianza
Se, come risulta da stime recenti[3], la spesa sanitaria nazionale dovesse salire nel 2025 a 210 miliardi di euro, una larga parte degli ulteriori 60 miliardi necessari a coprire tale fabbisogno potrebbe essere a carico delle famiglie: molte di esse, anche nel cosiddetto ceto medio, si troverebbero nella sostanziale impossibilità di accedere alle cure, producendo fenomeni preoccupanti di disuguaglianza e degrado sociale che non sono degni di un Paese avanzato come il nostro.
Riempire il vuoto di soluzioni con l’innovazione
Il crescente divario tra bisogni dei cittadini e risorse a disposizione rende sempre più difficili le scelte di priorità e pone un problema di trade off tra sostenibilità economica e diritti individuali che è difficile e pericoloso affrontare. L’unica risposta per “spostare la frontiera del trade off” e riempire quel vuoto di soluzioni che si crea in questa divaricazione è l’innovazione. Un’innovazione che richiede un approccio multidisciplinare, in quanto per essere efficace deve toccare al tempo stesso diversi aspetti.
- Rinnovamento organizzativo e tecnologico: occorre ripensare i processi e i modelli organizzativi delle aziende sanitarie e delle Regioni, spostando le cure dall’ospedale al territorio e definendo processi di presa in carico dei sempre più numerosi pazienti cronici. Le soluzioni digitali possono contribuire enormemente a tali processi, grazie alla Cartella Clinica Elettronica, al Fascicolo Sanitario Elettronico, ai servizi digitali al cittadino e alla Telemedicina. Con i Big Data Analytics e l’Artificial Intelligence sarà, inoltre, possibile supportare le decisioni cliniche, migliorando l’appropriatezza ed evitando sprechi e possibili abusi.
- Empowerment del cittadino/paziente: il cittadino dovrà essere sempre più attivo e partecipe nella corretta gestione della propria salute. Anche in questo ambito il digitale può giocare un ruolo fondamentale: può giocare un ruolo fondamentale consentendo una maggiore informazione, l’accesso ai dati clinici tramite il Fascicolo Sanitario Elettronico, il monitoraggio dello stile di vita tramite le App e una migliore comunicazione con il proprio medico attraverso canali digitali.
- Sviluppo di nuove competenze per gli operatori sanitari: la cultura digitale e la conoscenza delle opportunità offerte dagli strumenti digitali tra i professionisti sono alla base della corretta promozione e della buona riuscita di nuove iniziative di Sanità digitale. Occorre sviluppare tali competenze già a partire dall’università, e continuare con formazione continua e apprendimento on the job.
Investimenti in Digitale ancora inadeguati
I dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità mostrano che la consapevolezza di queste priorità sta crescendo tra gli operatori, ma gli investimenti in Digitale sono ancora inadeguati rispetto alla posta in gioco. Nel 2017 la spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana è stata pari a 1,3 miliardi di euro (1,1% della spesa sanitaria pubblica, corrispondente a circa 21 euro per abitante), con un aumento del 2% rispetto al dato del 2016, anno in cui la spesa era stata stimata pari a 1,27 miliardi di euro.
In particolare, la spesa è così ripartita tra i diversi attori del SSN:
- 890 milioni di euro rappresentano la spesa sostenuta dalle strutture sanitarie;
- 320 milioni di euro sono spesi direttamente dalle Regioni;
- 72,9 milioni di euro spesi dagli oltre 47.000 MMG (pari a 1.551 € per medico;
- 16,7 milioni di euro è la spesa ICT del Ministero della Salute.
Sanità digitale, cresce l’attenzione e la spesa
La spesa per la Sanità digitale, dunque, è tornata a salire, dopo un 2016 che aveva visto un leggero calo rispetto all’anno precedente. Non si può parlare di una vera e propria inversione di tendenza, quanto di una maggiore attenzione da parte dei vari attori del settore alle priorità definite a livello centrale, tra cui l’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico e il Piano Nazionale Cronicità.
Ripensare processi, ruoli, modelli organizzativi
Ma questo non basta. Il senso di urgenza dovrà pervadere operatori della sanità, policy maker e cittadini stessi, spingendoli a superare barriere e inerzie che hanno in questi anni impedito il rinnovamento e cogliere appieno la profonda portata di trasformazione che il digitale può dare. Non si tratta di semplice apporto di strumenti e tecnologie, dunque, ma occasione di ripensamento dei processi, dei modelli organizzativi, dei ruoli e del modo stesso di concepire il prendersi cura dei cittadini.
________________________________________________________
Fonte: Health at a glance 2017 ↑
Fonte: ISTAT – Il sistema dei conti della sanità per l’Italia ↑
Fonte: 2° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale – GIMBE ↑