Asl Perugia

Sanità 4.0, troppe “isole” nella gestione dei dati: le vie per l’integrazione

Tecnologie di ultima generazione, team multidisciplinari, formazione degli operatori a tutti i livelli le chiavi per gestire le informazioni in modo strategico. L’analisi del panorama italiano e la best practice Perugia

Pubblicato il 11 Mar 2019

Marco Mencacci

Dirigente “Sviluppo Infrastrutture Tecnologiche” – Comune di Firenze

Alfiero Ortali

Consulente ICT

Fabrizio Ruffini

Staff Direzione Generale - Ufficio Controllo di Gestione e Sistema Informativo Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia – Perugia

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La gestione dei dati è al centro della digital transformation delle aziende: un passaggio strategico per l’evoluzione del business e degli orizzonti di crescita del Paese. Si tratta però di un percorso complesso: tanto più nella Sanità, dove gli ostacoli sono molteplici. E questo, a fronte di forti vantaggi per l’efficacia dei servizi al cittadino e della ricerca scientifica. Ecco lo scenario.

La conoscenza e la condivisione delle informazioni, degli obiettivi e dei dati di attività, rappresentano ormai elementi imprescindibili per la governance di un’organizzazione.

Un’organizzazione sanitaria moderna, Asl o Azienda Ospedaliera, non può più prescindere dall’innovazione tecnologica per poter rispondere in maniera più adeguata possibile ai bisogni di salute della popolazione. Allo stesso tempo, deve incentivare un cambiamento culturale dei propri professionisti, attori sempre più importanti in un sistema in continua evoluzione.

I cambiamenti di qualsiasi natura devono essere intercettati in maniera rapida e, per far questo, servono degli strumenti informatici capaci di trasformare gli innumerevoli dati quotidianamente raccolti in informazioni sintetiche, e facilmente leggibili, a disposizione di chiunque sia deputato a prendere decisioni, in modo che tutti, non solo il top management ma anche gli strati intermedi, possano rispondere in maniera tempestiva e consapevole ai sempre più frequenti cambiamenti.

Troppe “isole” nel pubblico

Le aziende commerciali sono indubbiamente avanti nell’implementazione di questi strumenti. Data warehouse e cubi OLAP sono una vecchia conoscenza del marketing di grandi e piccole imprese. In sanità invece, complice la lenta e difficile transizione dal cartaceo al digitale, i dati a disposizione sono sempre stati esigui, disomogenei e retrospettivi. Nelle Aziende Sanitarie, in particolar modo, la peculiarità dei compiti svolti non ha favorito l’adozione di sistemi unici e integrati come nell’industria ma, piuttosto, di “isole” ovvero banche dati molto specifiche e del tutto indipendenti le une dalle altre. Di conseguenza, gli strumenti per correlare ed elaborare fonti così eterogenee, sono stati per forza gestiti da pochi professionisti specializzati, esperti informatici o statistici, a cui la Direzione o i professionisti hanno continuamente dovuto rivolgersi per avere risposte alle loro domande.

Il salto verso la Sanità 4.0 è rappresentato da tre pilastri:

  1. L’adozione di strumenti tecnologici di ultima generazione (data visualization, business intelligence, big data analysis), in grado di raccogliere dati in tempo reale (o near real time) da tutte le fonti in cui sono prodotti, aggregandoli, ripulendoli da bias ed errori, pseudonimizzarli e trasformandoli in informazioni sintetiche, grafiche e navigabili online, dal dato macro fino al dettaglio più granulare, attraverso drill down (scomporre il dato da una visione generale ad una più analitica), roll up (risalire dal particolare alla categoria superiore), filtri e link. Creando una dashboard multidisciplinare, quello che secondo la definizione formale è “un sistema più o meno articolato di supporto al processo decisionale che fornisce al decisore tutte e solo quelle informazioni necessarie rappresentandole in un determinato formato” (Yigitbasioglu. Velcu, 2012).
  2. La creazione di un team multidisciplinare, composto da medici, ingegneri, informatici e statistici, in grado di dominare il mare magnum dei possibili dati, selezionando solo quelli significativi. Solo così le informazioni possono essere messe a disposizione di tutti, in maniera semplice, intuitiva, versatile e appropriata. Mentre gli ingegneri conoscono le fonti dati, la loro struttura e le tecnologie per presentarli, gli statistici/informatici comprendono il loro significato ed il significato delle possibili aggregazioni. I medici infine ne conoscono il vero valore, in ottica clinica, epidemiologica e di ricerca scientifica.
  3. La formazione degli operatori a tutti i livelli sul come consultare le informazioni. In un’era in cui tutto è misurato con indicatori numerici, non solo economici ma anche di performance (epidemiologici, demografici, organizzativi, ministeriali), è fondamentale che tutti gli attori coinvolti comprendano e condividano in quale maniera tali indicatori siano costruiti e possano, in maniera semplice, verificare quanto la loro attività sia aderente o meno agli standard e agli obiettivi da raggiungere.

La “democrazia” del dato non ha soltanto vantaggi in termini di cultura manageriale e miglioramento costante delle performance ma rappresenta anche un volano per migliorare l’intero processo della transizione al digitale. Se l’utente percepisce l’impatto del caricamento dati nei sistemi informatici è più motivato a caricarli nel modo giusto, con la consapevolezza che quello che sta facendo è importante. I professionisti sanitari sono ovviamente concentrati sul paziente e, molto spesso, subiscono l’informatizzazione come una inutile burocratizzazione del loro lavoro. Mostrare ai professionisti come i dati da loro caricati possano essere utili a migliorare la loro attività, possano contribuire a studiare fenomeni e tendenze, da approfondire poi con studi clinici, è la miglior leva per cambiare il loro punto di vista sugli strumenti a disposizione: da spettatori passivi ad attori protagonisti.

Questo mettere a fattor comune esperienze, conoscenze e dati di attività, abbattendo l’asimmetria informativa tra professionisti e management, porta all’adozione di scelte e strategie condivise, supportate da dati oggettivi, indicatori e informazioni di sintesi, oltre a responsabilizzare e rendere più consapevole chiunque operi nell’organizzazione.

I dati, un tesoro da scoprire

Il vero valore dei dati, anche quelli storici caricati in tutti questi anni, è ancora tutto da scoprire. Rispetto al passato abbiamo ora gli strumenti per minare questo tesoro. Più precisamente, come recita la definizione formale di data mining “estrarre conoscenza nuova e precedentemente sconosciuta dai dati”. Strumenti sempre più accessibili a basso costo e sempre più semplici da utilizzare, tecnologie associative in grado di mettere in relazione dati eterogenei e scoprire, ad esempio, correlazioni difficilmente immaginabili sfogliando pile di cartelle cliniche cartacee. In molti articoli, anche su PubMed (banca dati di riferimento per la letteratura scientifica e biomedica), l’analisi dei Big Data entra a far parte delle metodologie di studio. In un articolo “Epidemiology in the era of big data”[1], la possibilità di accedere in tempo reale a grandi dataset, provenienti da fonti eterogenee, è una prospettiva potenzialmente rivoluzionaria per la ricerca scientifica.

Le tecnologie da sole però non bastano. Per dar valore ai dati è necessario un cambiamento culturale. Occorre che le informazioni siano condivise e partecipate tra professionisti a tutti i livelli, non più chiuse in una torre d’avorio, appannaggio di pochi tecnici ed alti dirigenti, molto spesso, purtroppo, autoreferenziali.

Il “cruscotto” dell’Azienda ospedaliera di Perugia

Un’esperienza in tal senso è quella dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, che dal 2017 ha istituito un team multidisciplinare, costituito da medici di Direzione Medica, statistici esperti nel Controllo di Gestione, ingegneri ed informatici. Il gruppo ha sviluppato internamente un “cruscotto direzionale”, basato su una piattaforma di data visualization, che ogni notte preleva i dati aggiornati dai database dei principali software clinici aziendali (Pronto Soccorso, Cartella Clinica Elettronica, laboratorio analisi, microbiologia, prescrizione e somministrazione, blocchi operatori, sale parto, …), li pseudonimizza e li aggrega, per poi presentarli sotto forma di grafici, tabelle ed elementi interattivi. Il tutto realizzato con risorse interne, senza ricorrere ad un particolare fornitore di software, con indubbi vantaggi sia in termini economici che di flessibilità negli sviluppi. Nel corso del 2018 sono stati coinvolti e formati circa 900 professionisti tra dirigenti medici e coordinatori infermieristici, per renderli autonomi nella navigazione dei dati.

L’esperienza si è rivelata estremamente positiva, sia perché ha risvegliato la curiosità e il desiderio di conoscenza dei professionisti sanitari, sia perché il monitoraggio costante di determinati fenomeni sta portando ad un progressivo miglioramento dei comportamenti degli operatori, in un’ottica di incremento della qualità assistenziale fornita, delle performance rispetto ai target nazionali e regionali e di sicurezza.

L’interesse e la partecipazione degli addetti ai lavori hanno portato alla realizzazione del convegno “I Big Data: una opportunità necessaria per una governance della salute 4.0”, evento che, oltre alla presentazione di quanto realizzato dall’Azienda Ospedaliera e dei risultati ottenuti, ha visto gli interventi di professionalità dall’Università Bocconi, LUISS, CNR e Università degli Studi di Perugia.

  1. Mooney SJ, Westreich DJ, El-Sayed AM. Commentary: Epidemiology in the era of big data. Epidemiology. 2015;26(3):390-4

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